“Pronto” “Chiama la polizia! Due ragazzini sono entrati per rubare”
di Giovanni Caruso
Due volanti, un cortile sterrato, gente di quartiere.
“Cosa è successo?”
“A rubanu! Sono entrati dal tetto”
“Ma cu fu?”
“Sempre iddu!”
Entriamo, luci accese, una grata sfondata e una porta forzata.
Nell’aula doposcuola, i tavoli sono ingombri, di quelle povere attrezzature.
Le macchine da cucire, del laboratorio di sartoria, sparse in disordine, insieme ad altre cose anche esse povere.
“Andiamo a controllare il “gapannone””
È dal nove marzo che nessuno va e nessuno ha rimesso in ordine.
Sporco, disordinato, ma in un angolo, due foto di due vite spezzate, montate, in un altarino spontaneo.
C’è un tricolore che richiama a “dio, patria e famiglia”. Non sono i valori antichi di quando trentadue anni fa arrivammo a San Cristoforo, allora, le parole d’ordine erano diritti, giustizia sociale e lotta alla mafia. Lo sono ancora e ancor di più.
Ma la cosa che vediamo e ci inquieta, sono quei lumini votivi accesi.
Perchè i piccoli ladri li hanno accesi? Sono stati loro? O altri che sono entrati dopo? Forse per dirci “noi entriamo quando vogliamo!
Usciamo, siamo nuovamente in cortile e la gente chiacchiera, due giovani atleti si avvicinano e ci dicono, “eravamu di passaggio e abbiamo visto tutto, e sapemu cu fu! Ma non dicemu nenti, ni facemu l’affari nostri!”
La polizia è andata via dopo averci invitato a sporgere denuncia. Lo faremo come abbiamo fatto sempre.
***
È cronaca di una settimana fa, del 18 aprile di quest’anno di pandemia che ci tiene “prigionieri”.
Non è una cronaca strana: non è la prima volta, nè l’ultima sarà.
Aggressioni, telefonate minatorie, atti vandalici, furti di auto, proiettili sparati contro la porta, minacce “Ti tagliamo la testa!” perchè – abbiamo osato dire – “i beni confiscati alla mafia son di tutti e tutte e non dei mafiosi!”
***
Torniamo il giorno dopo, in un silenzioso pomeriggio.
Controlliamo cosa manca nella sede.
Nulla di importante, un computer e un vecchio video registratore.
Il tempo di sistemare e aggiustare la porta.Poi usciamo per andar via.
Ma ancora una volta c’è qualcosa.
Le ruote posteriori della macchina ora sono scoppie o sgonfie.
Il ragazzino è là che ci guarda con sfida.
Sappiamo che è stato lui ma “non avete le prove”.
Avrà agito da solo? O l’ha “usato” qualcuno? Da uno o più persone che non vuol bene al gapa di una volta?
Per paura che torni quello di una volta? Quando si lottava per una piazza o un parco abbandonato dalle istituzioni e consegnato alla mafia?
Be, sappiate che quell’antico gruppo esiste e resiste!
Ogni giorno è per noi è venticinque aprile: contro il nazifascismo di ieri, contro l’occupante mafioso di oggi.
Lo ricordiamo, non a quel ragazzino ma a chi lo manovra, vigliacchi senza scrupoli, lo ricordiamo a coloro che pensano di averla vinta e che basta un ballo e un piatto di pasta per conquistare chi ha fame.
La giornata si conclude con un atto di gentilezza.
Un ragazzo del quartiere ci gonfia le ruote e si va via.