Stancanelli, in campagna elettorale, fa propaganda con i beni confiscati alla mafia
di Giovanni Caruso
dal Giornale di Sicilia 28 novembre 2012
“Quanto avviene oggi – ha detto Raffaele Stancanelli – ha una valenza non solo simbolica ma anche concreta perché l’immobile confiscato fu realizzato con una copertura in amianto con rischi per la salute dei cittadini… questo è un segnale di legalità forte e chiaro da parte di tutte le istituzioni per lottare concretamente la mafia e le organizzazioni criminali. In sostituzione di questo rudere sorgerà una piccola piazzetta, recuperando uno spazio per la pubblica fruizione in uno dei quartieri più disagiati della città”
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Bravo! Il nostro sindaco Stancanelli è proprio bravo a fare queste dichiarazioni, peccato che in queste parole ci sono molte contraddizioni.
La prima, secondo noi e per i motivi raccontati alle cronache di questi ultimi anni, è che sicuramente Stancanelli e la sua amministrazione non brillano per legalità. La seconda contraddizione è tutta lì nel quartiere di San Cristoforo davanti a noi, davanti ai nostri occhi. Se il sindaco Stancanelli ha realmente a cuore la lotta alle mafie e all’illegalità dovrebbe guardare prima le illegalità istituzionali che si compiono quotidianamente nel quartiere di San Cristoforo: povertà, evasione scolare, chiusura per sfratto della scuola media Andrea Doria, le piazze abbandonate alla mafia e allo spaccio, come piazza Don Puglisi, piazza Don Bonomo e l’area verde attrezzata di via De Lorenzo, realtà che il sindaco Stancanelli non può negare.
Più volte abbiamo scritto in queste pagine le condizioni delle piazze citate che Sindaco, Municipalità, forze dell’ordine, Magistratura e Prefettura nonostante le denuncie, le tante parole scritte, le immagini mostrate fanno finta di non vedere e di non sentire.
Abbiamo qualche dubbio che quella stalla di via Caprera 28 confiscata alla famiglia Mazzei andasse abbattutta; ci sta bene che sia diventata una piazzetta, ma non ci starà bene se verrà abbandonata come le altre piazze che dovevano essere luoghi di svago e di libera fruizione per gli abitanti di San Cristoforo. Questo non avviene, perché la gente ha paura dei motorini che scorazzano, dei pusher che vendono tutti i tipi di droghe e molte volte anche sotto gli occhi delle forze dell’ordine.
Comprendiamo che le ormai prossime elezioni per il sindaco di Catania sono vicine e che il nostro “bravo sindaco” legittimamente si faccia la propria campagna elettorale e che mostri il suo “volto pulito” di buon amministratore; ma sappiamo anche che conosce la situazione di quelle piazze che non può o non vuole recuperare, o perché sa in quali situazioni disastrose versano o perché non vuole spezzare gli equilibri del controllo mafioso sul territorio.
Prendiamo per buone le parole del sindaco e gli chiediamo con fermezza di “liberare” e assegnare quei sessanta beni confiscati alla mafia che dovrebbero essere assegnati alle organizzazioni sociali, senza dover aspettare quindici anni come accaduto per via Caprera. Proponiamo e chiediamo al signor sindaco, alla Prefettura e alla Magistratura di essere coerenti e di accellerare in collaborazione con l'”Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata”, l’assegnazione di tali beni e l’attivazione di contributi per il restauro degli stessi, in modo da non costringere le associazioni a rivolgersi alle banche, a cui poco importa di finanziare cooperative e organizzazioni sociali. Chiediamo che due di questi beni confiscati siano assegnati, uno per adibirlo alla “Casa delle associazioni” prive di sedi, e una seconda alle testate giornalistiche cartacee e on line che tanta buona informazione danno a questa città, intotolandola al giornalista ucciso dalla mafia nel 1984, Giuseppe Fava; testate che sono reale alternativa, per un giornalismo di verità, al monopolio dell’informazione a Catania da parte del quotidiano “La Sicilia”.
Solo in questo modo le sue belle parole, caro signor sindaco Stancanelli, avranno un valore e nessuno potrà dire nei prossimi mesi che quelle dichiarazioni erano solo un comizio elettorale.
I beni confiscati alle mafie appartegono alla collettività, e possono creare lavoro ed essere volano per una nuova economia. Né il Comune né gli altri enti preposti alla loro assegnazione possono “incatenarle” con la burocrazia e tante altre scuse.
Sulla porta di quella stalla, in via Caprera, vi era scritto, ” Faveti i cazzi vostri”, l’intimidazione era chiara ma noi non ci facciamo intimidire né dalla mafia né dalla cattiva politica.
Al Procuratore della Repubblica di Catania, Giovanni Salvi chiediamo che attivi tutti i poteri di sua competenza per accellerare le procedure di assegnazione dei beni confiscati.
Scheda sul bene confiscato e abbattutto di via Caprera a San Cristoforo, Catania
Il bene confiscato alla mafia al numero civico 28 di via Caprera, di appena 32 mq, apparteneva alla famiglia mafiosa di Santo Mazzei, soprannominata “i carcagnusi”, famiglia legata alla cosca Santapaola.
Il bene fu confiscato alla suddetta famiglia nel 1992 ed era adibito a garage o stalla abusiva, dove si tenevano i cavalli per le corse clandestine. Rispetto a tutte le altre case questa piccola costruzione era ben curata.
Nel 1999 il bene confiscato fu assegnato al Comune di Catania, che avrebbe dovuto utilizzarlo come suggeriva l’Ente di recente costituzione “Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata”, per fini sociali.
Nella lista dei beni confiscati in possesso della Prefettura e in quelle del Comune di Catania il civico 28 risulta un rudere pericoloso per le case vicine e perché poteva essere utilizzato come deposito per nascondere armi o altri affari illeciti. Ma l’immobile smentiva le cose dette dal Comune. Eppure la legge, prima delle modifiche apportate dalla norma n. 50 del marzo 2010, non prevedeva la demolizione di un bene dello Stato. La concessione di poterla abbattere fu data a patto che l’area venisse utilizzata per scopi sociali.
Nell’elenco dell’Ente di recente costituzione al quale spetta in via esclusiva il potere decisionale sui beni confiscati, l’edificio di via Caprera risulta essere consegnato come sede per le organizzazioni sociali.
A nostro parere l’indicazione dell’Agenzia era più che giusta in quanto in quel luogo si sarebbe potuto creare un presidio di legalità e per la politica sociale.
Quello di via Caprera a Catania è solo uno dei sessanta beni, aziende escluse, confiscati nel Comune di Catania per un valore di quasi 8,5 milioni di euro. Di questi solo cinque sono utilizzati.
Fra i beni consegnati e utilizzati c’è quello di via Grasso Finocchiaro, 112 a Catania nel quartiere di Picanello al coordinamento provinciale dell’Associazione “Libera” di Catania e all’Associazione “Addio Pizzo”.
Quest’ultimo è un appartamento trovato in condizioni fatiscenti e che è stato recuperato e restaurato dopo diversi anni grazie ai contributi dei fondi speciali della Provincia Regionale di Catania la cui inaugurazione fu fatta alla presenza del presidente Castiglione.