Campo Gapa, passeggiando verso la quercia.
di Giovanni Caruso
Giacomo: “Signora Maria, sa puggiassi a mia che la strada è lunga e in salita”
Si avvicina anche Jenni “l’accumpagnu magari io”
La signora Maria, la quasi ottantenne, volontaria del gapa accetta volentieri.
In ordine sparso, ragazzi e ragazze che partecipano al campo gapa 2018, camminano lungo il sentiero che porta al grande albero, l’Ilice di Carrinu, un antico leccio vecchio diversi secoli.
La salita è dolce e divertente.
Quando siamo vicini alla meta, davanti a noi, il sentiero si fa stretto.
Toti “adesso facciamo questo ultimo pezzo di sentiero in silenzio, ascoltando, i rumori del bosco, e per ascoltare meglio, vi propongo di bendarci tutti e tutte è farci guidare da Ugo il cane guida di Giovanni”
Composti è in fila con le bende sugli occhi attraversiamo lo stretto sentiero.
Una volta arrivati Toti, ci fa mettere in semicerchio, davanti al grande albero.
“Adesso potete togliere le bende!”
Tolte le bende dagli occhi, il silenzio, da il posto ad una espressione verbale, “hoooo che bello, ma è veramente enorme!”
Infatti, una chioma di circa quaranta metri ci fa da ombrello, sostenuta da un tronco di almeno di quattro metri.
Passato il momento dello stupore, ci sediamo qua e la mentre i più piccoli e meno piccoli incominciano ad esplorare e raccogliere foglie secche, legnetti e sassi, per il diario dell’esploratore.
Lo scopo e il tema del campo gapa, è stato quello di mettere in contatto con la natura della nostra montagna, e non solo.
Ognuno ha avuto “la sacca dell’esploratore” che contiene, un quaderno per annotare ciò che ha visto e per raccogliere oggetti.
Si fa colazione, seduti sulle radici del grande albero, immersi in quella natura libertaria e composta, con le sue regole senza regole è in pieno equilibrio con se stessa.
Si, questo campo è stato costruito in sintonia con la natura e con il libero pensiero, con il libero sentire, insomma, un campo gapa libertario!
Abbiamo voluto provare o sperimentare l’autodisciplina, ci siamo riusciti?
Forse si!
Dai pochi telefonini usati, dalle notti passate guardando le stelle, dalla preparazione dei pranzi e cene, dal non disturbare chi preferiva andar ha dormire presto, il riunirsi, degli adolescenti, che si raccontavano amori desiderati o forse già perduti.
LA MAGIA DELLE OMBRE…
Valeria, ha lavorato tutto il pomeriggio per montare le luci e stendere un grande lenzuolo nella parte alta del campo, cosa avrà pensato di proporci?
È finita la cena e Valeria ci chiama ha raccolta “fozza carusi venite con me e la notte delle ombre magiche!”
Davanti a noi un lenzuolo illuminato da dietro.
“Iara, tu pensa alla musica, gli altri tutti seduti e ascoltatemi. Adesso accadrà qualcosa di magico, ognuno e ognuna di voi potrà andare dietro il lenzuolo, e a suon di musica, può ballare o mimare ciò che vuole in piena libertà dando vita a qualunque cosa vi dirà il vostro corpo”
Molti raccolgono l’invito e la libertà del movimento prende vita.
Forme strane diventano ombre dietro a quel lenzuolo, forme che diventano grandi o piccole.
Il pubblico che è anche protagonista si diverte e ride.
Persino Ugo si esibisce più volte, avrà capito lo spirito di ciò che facciamo?
Anche i grassoni come Toti e Giovanni e tanti altri e altre si esibiscono.
Ridere, ridere con gusto e in libertà senza condizionamenti per dar vita a la magia di quella notte.
Arriva il momento dell’ultimo pranzo e poi si va via!
Vicino alle auto già cariche di bagagli e immondizie varie, il consueto saluto finale “Campo gapa 2018, un campo forse diverso è finito e c’è lo siamo tolto dalle palle!”
Un coro di pro pro! e si va via
Lele “papà perchè stiamo tornando a casa? È stato così bello questo campo!”
Campo GAPA 2018: libertà, libertà!
di I. Sciacca
“Quest’anno dove lo facciamo il campeggio?” a turno, durante l’anno, riaffiorava tra i nostri bambini e ragazzi questa domanda. E perché no? Anche il desiderio di evadere, staccare la spina da una quotidianità che ci priva di tante cose. E che, nonostante tutto, tante altre continua a regalarcene. Come il senso di appartenenza a una comunità, che fa sentire meno soli, più forti.
La mattina della partenza nel nostro vicoletto c’è Simona che ha il trolley preparato da giorni. Kevin arriva con un cerotto alla testa “Se andremo a mare devo stare attento a non bagnarmela”. Tornano anche Roberto e Manuel. E addirittura il secondo giorno ci raggiunge Santo, che frequentava il GAPA tanti anni fa. Adesso è grande ed è venuto con la moglie e i suoi bambini. La famiglia GAPA non fa che crescere!
Jenny viene con lo zaino e due buste dove tiene le lenzuola e il cuscino. La mamma è un po’ titubante sino a un attimo prima della partenza ma alla fine riusciamo a rasserenarla, e anche Jenny è dei nostri. “Quannu arruamu?” continua a chiedere lungo il tragitto verso Milo, come se stessimo per smarrire tutti insieme il senso del tempo e quello dello spazio, per abbandonarci a quello della natura.
Le macchine sono colme: di valigie, attrezzi da lavoro, bambini, giovani e meno giovani, tutti pronti a esplorare.
Abbiamo poche regole, giusto i turni per cucinare, pulire, lavare le pentole e i bagni. E la sveglia al mattino. Poi tanti momenti liberi, dove ognuno può scegliere liberamente cosa gli va di fare, sulla scia di “Scuola e libertà” il progetto educativo che da tre anni a questa parte ha preso vita al GAPA. Decidiamo, anche durante il campeggio, di dare spazio ai bisogni di ciascuno, accogliendo ciò che ognuno ha da tirare fuori. E quindi si improvvisano partite di pallavolo o di calcio. Qualcun altro siede al tavolo e sotto la guida esperta di Valeria scopre come tirare fuori un viola acceso dalle more appena raccolte. Qualcun altro ancora cataloga foglie e sassi. Oppure di sera, durante la cena, scopriamo che Roberto è un cabarettista provetto. O che Gioele quando balla è di un’ironia insospettabile.
“Guarda come sto sbattendo le uova. Prima solo con lo zucchero, così la torta viene meglio” è professionale Simona mentre lo dice, intanto che prepariamo l’impasto per le torte. E il risultato anche qui, ce l’abbiamo sotto gli occhi. La naturalezza nel fare squadra senza innescare ad ogni costo scontri per dimostrare di essere il più forte, come ti insegna ogni giorno il quartiere.
E se sappiamo quanto il contesto sia importante nella crescita dei nostri ragazzi, quanto possa privarli di tante cose che pure gli spetterebbero di diritto (scuole, spazi per giocare, case accoglienti, un lavoro stabile per i genitori per soddisfare i bisogni primari, e tantissime altre sono le cose che mancano). Anche se le sappiamo queste cose, non ci arrenderemo mai al contesto. Con determinazione, pazienza e fiducia, ogni giorno apriremo quella porta in via Cordai per continuare a scalfirlo dal basso il contesto e quello che mafiosamente vorrebbe imporci.
Pippo Fava nel suo romanzo “La passione di Michele “ faceva dire a uno dei personaggi “Io pensavo che il mio paese fosse miserabile, io ho odiato quel paese e tutti i paesi così, finché il mio bambino è morto. Allora ho capito che c’erano quei bambini… taluni paesi esportano macchine, oppure petrolio o carbone, e così sono ricchi, noi non abbiamo niente, abbiamo solo quei bambini”. Catania non è mai stata Palma di Montechiaro, il paesino in cui il romanzo è ambientato, ma la stessa povertà in quartieri come San Cristoforo continua a esserci e a riversarsi nelle vite dei bambini, con il tacito benestare delle istituzioni, e boss e padrini vari che dettano la loro legge. Neanche noi abbiamo niente a San Cristoforo, abbiamo solo i bambini e sono tutto ciò su cui continueremo a scommettere per cambiare il mondo. Ognuno di noi a modo suo ci crede, e quindi il GAPA continuerà ad essere un presidio di gioia e libertà, com’è da trent’anni a questa parte. Anche in trasferta, anche in campeggio, ovunque! Le porte continueremo ad aprirle, e sugli alberi continueremo ad arrampicarci per scorgere ancora, sempre, nuovi orizzonti.
Impressioni del campo Gapa
di Valeria
Mi sono avvicinata al G.A.P.A. e i suoi bambini e ragazzi poco e da artista l’ho fatto a modo mio con meraviglia guardandomi intorno: i bi-sogni, le inclinazioni di ognuno, carpendo con l’empatia le sfumature delle anime e l’equilibrio tra gesto e parola, insomma guardando tutto senza perdermi nulla.
Ho visto silhouette meravigliose, dietro un telo bianco tra gli alberi, ho sentito passi festanti nel cammino verso l’Ilice, ho visto pietroline e foglie custodite come tesori, ho assistito a partite spettacolari, ho visto piccole mani scrivere libere su quaderni preziosi, ho visto tanto e percepito molto di più: il Campo G.A.P.A. 2018 è stato una scommessa di autonomia e convivenza di gruppo, ci siamo stupiti tutti e questo per me è un grande traguardo, per me che sento e non sento, vedo e non vedo: tutto.