I mille “incendi” di Catania
Salvatore Ruggieri
La Biblioteca di Alessandria brucia per volere del cristianissimo Teodosio I nel IV secolo d.C., nel 2001 i talebani bombardano i due Buddha Bamiyan del V secolo d.C., probabilmente i camorristi mettono a fuoco i capannoni della Città della Scienza a Napoli qualche giorno addietro.
Un unico filo conduttore muove l’insieme di queste azioni: la paura che infonde la cultura, come possibilità di liberazione e di emancipazione dalle catene dell’oppressione.
E Catania? Nella città do liotru la cultura viene abortita prima ancora di vedere la luce. Pochi sanno che un omonima “Città della Scienza” è stata inaugurata in via Simeto, non lontano dal polo culturale delle Ciminiere, nel 2012. Ricavando la struttura dalla ristrutturazione di una ottocentesca raffineria dello zolfo, le Università di Catania e Lecce, sfruttando dei fondi europei avevano dato vita ad un progetto che valorizzasse il sapere scientifico e naturalistico. Conclusi i lavori però, il Museo interattivo, ha aperto le sue porte solo sparute volte. Ricordiamo, tra le poche, una in cui il neo Assessore della Giunta prof. Zichici pronunciò una lectio magistralis (speriamo che anche il noto fisico ricordi questo episodio, cosicché possa portare sollevare la questione al Governo Regionale e all’Ars, piuttosto che fantasticare su pseudo centrali atomiche sicure e Muos portatori di benessere).
La scusa addotta, ancora una volta, è rappresentata dalla mancanza di fondi necessari a tenere aperta e funzionante la struttura. E la Città della Scienza di Catania rimane bella e inaccessibile, come così chiudono spesso le loro porte le Terme della Rotonda per mancanza di personale. Così come il Palazzo della Musica, soprannominato “Ciminiere 2”, sempre sul Viale Africa, non aprirà mai i battenti. Una struttura quasi portata a termine dopo anni di lavoro e lasciata lì a marcire, che cade sotto i colpi inclementi delle piogge, delle radici degli alberi che ne hanno invaso la struttura, dei ladri di rame e di altri materiali. Unica funzione, perlomeno, è stata quella di riparare le teste di qualche disperato che ha messo su casa lì.
Nessuno di questi tagli o assenza di fondi può però essere comparata allo scempio gravissimo che colpisce lo scrigno più prezioso della cultura: la scuola. Un folle piano di ridimensionamento che cancella a Catania istituti con esistenza decennale. Molti tra loro, veri presidi di legalità, saranno cancellati dalle mappe dai calcoli di qualche geometra dipendente comunale in nome di un’austerity e di una spending rewiev immorale.
Religione, amministrazioni, mafie, tutti appaiono terrorizzate dalla potenza della cultura.
A Cosa Nostra fa di certo più paura una scuola in più che dieci arresti.