di Daniela Calcaterra, foto Ivana Sciacca
Auguro a tutti cittadini e cittadine “co’ saccu e senza saccu” una festa di sant’Agata nel segno della fede, quella vera… non come quella del calcio Catania!
Auspico il malfunzionamento di tutte le apparecchiature elettroniche come Iphone, Ipad, tablet, smartphon ecc. ecc. per circa una settimana, perchè è assurdo osservarvi mentre guardate attraverso questi schermini, sperando di immortale cosa?
Ma usate i vostri occhi, le vostre orecchie per ascoltare la vostra coscienza.
La statua della “Santuzza” è sempre la stessa, unicamente ogni anno si aggiunge, a quel volto, un velo di nerofumo, tanto che questa mattina ho pensato: “Talia che niura… pari siddiata!!”
La tanto amata statuina è un manufatto artistico del 1376, realizzata da Giovanni Di Bartolo, al suo interno è custodita una cassa toracica, ossa per intenderci, la bellissima corona che indossa è un dono di Riccardo Cuor di Leone e anche qui al suo interno si custodisce un teschio, ossa! L’importante è che si capisca che è sempre la stessa statua.
Ma questo non importa al devoto tipo, quello che conta per lui è raggiungere la propria personale missione, che consiste nell’indossare “u’ saccu” (che si dovrebbe indossare nei seguenti casi: richiedere una grazia o a grazia ricevuta), ma i devoti lo indossano perchè è figo, la “missione continua”, quindi, il devoto tipo compra una candela, l’accende, ma non è detto, si fuma una sigaretta, si fa una foto che pubblica su un socialnetwork, risponde ad una serie di telefonate tipo: “seee a Santa ie arruvata ca’”, “sugnu tuttu ruttu”, “avi da stamatina e tri ca sugnu susutu”, “non ti viru, c’è troppu budellu, statti femmu ca vegnu ju”, “ni mangiamu m’paninu ca canni di cavaddu a via ppebbiscito?”. Ormai il fercolo è a pochi passi, quindi il devoto tipo, passa all’azione e inizia a spingere, va avanti a gomitate e “taliate mateliche” fissando il devoto che sta ritto sulla vara pronto a ricevere le candele che sistematicamente verranno depositate al prossimo incrocio. Ma il nostro devoto non ha ancora finito la sua missione, obiettivo ultimo è quello di tirare, il cordone (la lunga corda che traina il fercolo), fare un pò di confusione, farsi fotografare, urlare le varie rime a cui si risponde: “cittadini, cittadini evviva sant’Agata” e “cettu cettu”, poi si “sdivaca” a terra sfinito e attende “u’focu do futtinu” e “u’ focu do buggu”.
Allora, tornado a noi… ai devoti co’ saccu e senza saccu vi auguro una buona festa di sant’Agata, meditando sull’esempio di vita della nostra “Santuzza” e sul suo coraggio di poter scegliere d’essere una donna libera e sul rispetto verso questa città, perchè: “Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est”, Non offendere il paese di Agata, perché è vendicatrice di ogni ingiustizia.