di Elio Camilleri
Di sicuro da Catania si era portata dentro il vulcano e come il vulcano non smise un solo istante di manifestare un’inesauribile energia, un’incredibile ed instancabile voglia di essere vulcano.
Nel suo DNA la libertà era il gene dominante, quel gene trasmesso dal padre e da lei stessa educato e coltivato fin da bambina e conservato ed irrobustito fino alla fine.
Goliarda Sapienza volle dare esiti mai sopiti alla sua curiosità ed allo stupore che può avvolgere un bimbo che ammira le mille luci di una giostra, non si è mai stancata di cercare la verità che si confonde con la menzogna, di raggiungere e attraversare i mondi misteriosi e sconosciuti che non distano migliaia di chilometri e che non sono pubblicizzati dalle agenzie di viaggio, ma che sono, invece, tanto vicini e dentro noi stessi e che sono la nostra stessa anima o, come direbbe Freud, il nostro Es.
Questa donna di Catania ha trovato la libertà in carcere, dove lei stessa è voluta finire per farci, magari, pensare se noi, fuori dal carcere, siamo davvero liberi.
Nacque a Catania il 10 Maggio 1924 e dai genitori, Giuseppe e Maria Giudice, ebbe la fortuna di sperimentare cosa significa essere liberi di crescere, giorno dopo giorno, nella conquista e nella soddisfazione di fare e di essere quello che si vuole essere e fare, come, per esempio, andare al cinema Mirone a vedere i film di Jan Gabin dopo avere raccolto, centesimo dopo centesimo, i soldi del biglietto.
I genitori, antifascisti e libertari, non la mandarono a scuola e Goliarda venne su come lei stessa sentiva di venire su: a sedici anni si iscrisse all’Accademia Nazionale di Arte drammatica di Roma, recitò in teatro interpretando personaggi pirandelliani, lavorò anche nel cinema con Lattuada e Visconti. Poi si dedicò alla scrittura, ma rimase incompresa e sconosciuta ai più per molto, troppo tempo. Morì a Gaeta il 30 Agosto 1996. Rinacque con il suo libro L’arte della gioia.