I partigiani della Lunigiana

“La Resistenza fu un fenomeno di rivolta popolare e i suoi valori sono ancora vivi”

Paolo Parisi

partigiani-santino-1Il 25 luglio scorso, in occasione dell’anniversario della caduta del fascismo, presso il centro GAPA è stato rappresentato lo spettacolo di burattini “Il Partigiano Lampo”, realizzato dalla compagnia Le Calze Braghe dell’associazione Poltrona Rossa, prodotto dagli Archivi della Resistenza di Fosdinovo (MS), storie vere di partigiani che hanno operato nella zona della Lunigiana (ai confini di Liguria, Toscana ed Emilia). In quell’occasione abbiamo avuto l’onore di avere fra il pubblico il partigiano Santino Serranò, nato a Siracusa, fecente parte della 3’ compagnia Giustizia e Libertà, il quale ha combattuto contro i fascisti e nazisti proprio in quelle zone.

Santino è un uomo lucido che sembra molto più giovane rispetto ai suoi 92 anni, e con un linguaggio scorrevole racconta il suo vissuto di partigiano.

“Tutto inizia l’8 settembre del 1943 dopo l’occupazione degli anglo-americani e la firma dell’armistizio. Facendo il militare in Liguria nella Marina Militare mi ritrovai come tutti i miei colleghi senza ordini e senza riferimenti. Io mi fermai per un periodo a Valeriano (frazione del comune di Vezzano, provincia di La Spezia). Purtroppo assistevo ai continui soprusi dei fascisti, finché una sera trovandomi a ballare con la mia ragazza, poi diventata mia moglie, incontrai un fascista in divisa che sentendo il mio accento siciliano incominciò a insultarmi, dandomi delle pacche sulla spalla  e dicendo la prima, la seconda e la terza volta  Tu sei siciliano, vero? Per te ci vuole il manganello repubblicano. Dopo il ripetersi degli insulti non riuscii più a trattenermi e  ribellandomi malmenai il militare repubblichino scaraventandolo a terra. Lui alzatosi non ebbe il coraggio di reagire ed andò via. Però fui da lui denunciato. A quel punto unendomi ad altri giovani raggiunsi le montagne e mi aggregai ai partigiani di Giustizia e Libertà.”

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“Io avevo il compito di recuperare gli alimenti per la nostra brigata, così giravo per le case dei contadini e questi mi consegnavano cose da mangiare, io rilasciavo delle ricevute che venivano rimborsate con denaro dal comando quando l’agricoltore li esibiva. Tutto questo era pericoloso perché se scoperti venivano uccisi in luoghi pubblici e le loro case venivano bruciate. La Resistenza fu un fenomeno di rivolta popolare e i suoi valori sono ancora vivi.”

Alla domanda di quanti uomini era formata la sua brigata, Serranò risponde: “Il nostro gruppo era formato da 25 a 30 persone fra uomini e donne, il gruppo era guidato dal comandante Guerreri Amelio, giovane come tutti i componenti del gruppo, aveva 23 anni. Dei nostri compagni soltanto 4 uomini non hanno avuto la fortuna di invecchiare.” Santino continua il racconto parlando del suo comandante: “Il mio comandante Amelio era un eroe” dice con orgoglio, “gli è stata data la medaglia d’argento per il suo valore, con il suo comportamento ha sempre salvato tanti di noi ed in particolar modo durante la battaglia del monte Gottero, il 20 gennaio 1945. Quel giorno iniziò il temuto rastrellamento dei nazifascisti con circa 20000 soldati contro i 1000 partigiani che operavano in quella zona.

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Siamo stati accerchiati da nord, est e da sud, ma dopo il primo respingimento dei nazifascisti fu dato l’ordine di sganciarci per poi riorganizzarci successivamente, così il comandante ci guidò passando attraverso le linee dei rastrellatori, eravamo così vicini che sentivamo le voci dei soldati tedeschi. Nonostante la neve ed il freddo, attraversammo a nuoto il fiume gelato con tante difficoltà,  alcuni dei ragazzi ebbero un principio di congelamento, il comandante per ben cinque volte tornando indietro attraversò le acque per portare sull’altra riva i ragazzi che avevano difficoltà. Andammo a Valeriano, lì trovammo i fascisti con i tedeschi che ci aspettavano così ne seguì un altro conflitto a fuoco, che causò la morte di due dei nostri uomini. Evitammo di combattere nel centro abitato fuggendo per le campagne. Quella sera pioveva intensamente e mentre correvo per non farmi raggiungere ho incontrato due ragazze con  tre ombrelli, mi chiesero se fossi un partigiano e alla mia risposta affermativa mi diedero un ombrello e prendendomi a braccetto mi portarono in salvo in una casa dove rimasi finché quei criminali non andarono via”.

Chiedo se qualche volta aveva pensato di abbandonare tutto trovare  dei varchi e tornare al sud.

“Non l’ho mai pensato” dice con tono austero, “in quelle zone mi sentivo a casa mia, tutta la brigata viveva in armonia, c’era tanta umanità, il nostro rapporto era così forte che ogni anno, dopo la Liberazione,  la brigata si riuniva il 25 gennaio in occasione della festa della liberazione del Gottero, luogo simbolo della Resistenza della Lunigiana.”

Domando se ancora è in contatto con qualche partigiano della sua brigata.

“E’ rimasto soltanto Sergio Ferrara il più giovane del nostro gruppo allora aveva 17 anni, ci sentiamo periodicamente, mentre tutti gli altri non ci sono più, il comandante Amelio è morto 2 anni fa”.

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Conclude il suo racconto facendo una riflessione sulla situazione politica italiana odierna ed amareggiato dice: “Sono disgustato per l’attuale fase politica, ogni giorno stanno distruggendo quello che noi abbiamo costruito con il sangue. Fino agli anni ’60 i principi democratici hanno retto ma poi è iniziata una lenta e graduale erosione della Costituzione”.