fototesto di Giovanni Caruso
I settanta giorni del “nostro sogno”, non segnarono la fine di un’esperienza di lotta civile, ma l’inizio di un percorso nuovo lungo vent’anni.
Quel maggio del ’92 fu “bruciato” da una strage, quella di Capaci dove furono uccisi il magistrato Falcone , la moglie e l’intera scorta.
Una strage che noi non volemmo accettare, che vivemmo come un evento insopportabile e che ci spinse a reagire con passione civile, umiliando la cattiveria umana, con lo strumento della parola e del fare partendo dal basso, partendo da una società reale.
Infatti, quando quel 30 agosto del92, chiudemmo, alle nostre spalle il portone della scuola Doria di via Delle Calcare, sapevamo in pochi, che nel riaprirlo, tutto sarebbe cambiato.
Fu così, che le riunioni mensili si svolsero sempre in quelle aule, fu così, che le relazioni, con i ragazzini e gli uomini e le donne del quartiere di San Cristoforo, si strinsero in una reciproca comprensione.
Imparammo, a conoscere la “lingua”, i modi comportamentali, la mafiosità indotta agli abitanti del quartiere per renderli schiavi, dalla cattiva politica, dell’ingiustizia sociale e della mafia.
L’ambiente, con le sue strade, le sue case, le sue piazze abbandonate e regalate allo spaccio, e da una opprimente illegalità istituzionale portatrice di disoccupazione e povertà, insomma era inaccettabile e per tutto questo saltammo il muro!
Per immergerci fra le nebbie di San Cristoforo.