di Giovanni Caruso
“Buongiorno ragioniere Farsaperla!”
“Sabenerica a lei geometra Mancuso, ha letto il giornale?”
“Perchè? Che notizi potta?”
“C’è scrittu che hanno rinviato a giudizio l’editore e imprenditore Mario Ciancio, per concorso esterno in associazione mafiosa”
“U padruni do giunnali?”
“Sì iddu è!”
È proprio così: il 20 marzo del 2018 ci sarà la prima udienza al signor Mario Ciancio. Crediamo che non sarà un processo solo a lui, ma a tutta la città di Catania. E in particolare: alla classe dirigente della città. Alla finanza che gestisce l’economia catanese. Agli imprenditori collusi con mafia e politica. Alle amministrazioni che hanno governato Catania negli ultimi quarant’anni. Dalla Democrazia cristiana alle giunte di centrosinistra a quelle di centrodestra: una vera e propria “mescolanza” di casacche variopinte, pronte a spostarsi dove meglio conviene a secondo le convenienze personali o di gruppo, e per i propri interessi – non certo per il bene di Catania.
Ma sarà anche a quella parte di cittadini e cittadine, vuoi per menefreghismo vuoi per povertà, pronta a svendersi per un voto, in cambio di “una manciata di pasta”. Sarà processata anche la cosiddetta società civile fatta da associazioni pronte a girarsi dall’altra parte e che ancora oggi pensano che il quotidiano “La Sicilia” sia utile per comunicati stampa o interviste che danno visibilità. Società civile che mai ha pensato di boicottare l’unico quotidiano che controlla e monopolizza l’informazione, determina la politica e gestisce, con l’influenza dell’editore-imprenditore, i comitati d’affari.
Al punto che qualche tempo fa il sindaco Bianco, il governatore Crocetta e imprenditori, si sono ritrovati, non in un luogo istituzionale, ma nell’ufficio privato del signor Ciancio. Il motivo? Rilanciare l’economia della Sicilia, non con una finanza sostenibile, ma ancora una volta con una speculazione edilizia selvaggia.
Noi ne siamo consapevoli e seguiremo tutte le fasi del “processo alla città” e solo perché una volta per tutte vogliamo sapere la verità. Ci piace pensare che nel frattempo la magistratura provveda al sequestro e poi alla confisca dei beni immobili del signor Ciancio, e che questi possano diventare case per chi non ha un tetto sulla testa. Ci piace pensare che i diciassette milioni di euro – parte di quei cinquantaquattro milioni di euro conservati in Svizzera – i giudici li sequestrino per costruire scuole nei quartieri popolari. Ci piace pensare che la sede del quotidiano “La Sicilia” venga messa sotto la gestione di un amministratore giudiziario per far lavorare giovani giornalisti liberi di narrare la verità, attraverso un’informazione libera.
E a quei giornalisti che scrivono per Ciancio e che hanno firmato una lettera di solidarietà per il loro “padrone” diciamo di ripensarci e comportarsi da liberi cittadini e liberi giornalisti.
Non c’è voglia di vendetta ma di verità: la verità sui quarant’anni di oppressione che ha subìto Catania, da parte di chi ha comandato e comanda ancora. Aspettiamo anche il sindaco Bianco, quando dovrà testimoniare al processo, auspicando che non menta come ha fatto durante l’audizione alla Commissione parlamentare antimafia nel 2015, sulle intercettazioni telefoniche, di quando sindaco e editore conversavano sull’affare PUA (Piano urbanistico attuativo) dove Ciancio avrebbe interessi di tipo speculativo su terreni alla Playa. E infine ci appelliamo agli “intellettuali” catanesi. È il momento di parlare e di non tacere più.
Prendi posizione. La neutralità favorisce sempre l’oppressore, non la vittima. Il silenzio incoraggia sempre il torturatore, mai il torturato. (Elie Wiesel)