foto e testo di Sonia Giardina
Stavolta non li hanno portati, come circa due anni fa e altre volte in passato, al Palanitta, il centro sportivo di Librino. I 115 immigrati, provenienti dall’Egitto e sbarcati lo scorso 27 giugno a Catania, sono stati, infatti, stranamente trasferiti, per le procedure di identificazione, nel quartiere di San Cristoforo, e precisamente nella palestra sotterranea della scuola “A.Doria” che si trova all’angolo tra via Trovato e via Cordai. Più che una palestra, si tratta di uno scantinato, raramente utilizzato dalla scuola perché inadeguato alle attività ginniche degli alunni.
Perché hanno portato i migranti in questo scatolone interrato? Ma soprattutto, perché proprio a San Cristoforo, dove il degrado, la disperazione e la povertà stanno aumentando parallelamente all’escalation di un potere prevaricatore e mafioso che controlla i più grossi traffici di droga della città?
In realtà, è difficile dare risposte certe, possiamo solo formulare delle ipotesi sulla base di ciò che abbiamo vissuto in quelle 24 ore che hanno preceduto il rimpatrio dei migranti maggiorenni con un volo di linea egiziano la notte del 28 giugno.
In sole 24 ore sono stati perpetrati gli atti di più insana illegalità, istituzionale e criminale.
In sole 24 ore i migranti sono stati sbrigativamente identificati.
In sole 24 ore si è ripetuta l’ennesima violazione dei diritti umani.
In sole 24 ore è stato calpestato il Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea sui diritti umani che vieta l’espulsione collettiva di migranti.
Non è stata offerta alcuna forma di assistenza e di tutela, non sono state date informazioni sulle procedure di richiesta della protezione internazionale. Le organizzazioni umanitarie non sono state fatte entrare. Né l’Unhcr né il Cir hanno potuto incontrare i migranti e informarli sulla protezione internazionale.
Intanto, pare che molti fossero cristiani copti, una minoranza spietatamente perseguitata in Egitto. E per di più, pare che non tutti fossero egiziani. Che cosa gli sarà accaduto dopo il rientro in Egitto? Ancora non si sa… Ricordiamo però che i migranti, provenienti dall’Egitto e sbarcati a Catania nell’ottobre del 2010, celermente espulsi, sono stati condotti nelle prigioni egiziane.
Oggi, come nel 2010, tutto è avvenuto in piena violazione dei diritti umani, scagliando alla morte e alla persecuzione decine di vite umane.
Sono state adottate pratiche illegali. E la scelta di identificarli in un bunker nel cuore di un quartiere segnato dall’illegalità ha permesso solo di facilitare e velocizzare tutto.
Infatti il presidio di antirazzisti e di varie associazioni per la tutela dei diritti dei migranti, formatosi davanti alla palestra, è diventato presto una presenza scomoda, non solo per le autorità che stavano disponendo il rientro in Egitto, ma anche per chi in quella zona di San Cristoforo controlla traffici illeciti di droga.
A poco è servito, dopo il trasferimento dei minori in alcune comunità a Catania, il tappeto umano dei manifestanti che volevano impedire la partenza dei pullman per Fontanarossa. Il presidio è stato, infatti, rapidamente sgomberato non solo dai tutori dell’ordine, ma soprattutto grazie alle pressioni e alle minacce di chi aveva visto sospesi, quella sera, i propri traffici lucrosi. Lo dimostra il fatto che, a differenza del passato, non c’è stato il consueto massiccio dispiegamento di forze dell’ordine, anzi al contrario, quando è apparso evidente che la gestione e il ritorno alla normalità era di competenza altrui, sono rimasti solo circa cinque poliziotti, per lasciare la situazione in mano ai mafiosi e ai delinquenti della zona.
Il triste episodio dei migranti conferma come San Cristoforo continui ad essere un luogo abbandonato dalle istituzioni e dove le istituzioni sono sempre più complici del potere mafioso.