Quando uno spazio abbandonato diventa una risorsa per la città
di Miriana Squillaci
Da molti anni ho una fortuna, una meravigliosa amica di penna napoletana, conosciuta su internet, con la quale confrontarmi e raccontarmi spesso. Un mese fa questa amica, mi ha scritto entusiasta raccontandomi cosa stava succedendo a Napoli: dei ragazzi avevano occupato l’ex Ospediale Psichiatrico Giudiziario (OPG), chiuso dal 2008, nel rione Materei.
Un luogo totalmente abbandonato e caduto in roviana, con storie di repressione e dolore alle spalle, è stato restituito alla città, trasformandolo adesso in un centro d’incontro e cultura aperto a tutti.
Dopo aver cercado più informazioni e visualizzato la loro pagina facebook “Ex OPG Occupato – Je so’ pazzo”, ho deciso di contattare uno dei promotori dell’iniziativa, che, meglio di me potrà raccontarvi l’inizio ed il futuro di questa iniziativa.
A chi è venuta è perché l’idea di occupare l’Ex OPG ?
Salvatore- L’idea è venuta a tutto il collettivo che ha occupato. L’occupazione è stata fatta da un gruppo politico di Napoli che si vedeva già in un locale autogestito nel centro storico che si chiama Me-Ti. Tutti quanti volevamo un luogo più grande per realizare le nostre attività, fare un discorso sulla riappropriazione degli spazi abbandonati all’interno della città, e non ultimo, visto che seguivamo le questioni della salute mentale, e questo era un ex OPG, abbiamo riconosciuto in questo posto la contradizzione più grande di Napoli: uno spazio così grande, nel cuore del centro storico, un luogo segnato dal dolere che andava liberato anche dal suo stesso passato.
Come ha reagito la gente all’occupazione, vi ha appoggiati?
Si, molto. A Napoli, in genere, non c’è mai molta ostilità verso le occupazioni, perché si sa che in realtà ci sono molti posti sprecati, quindi le persono tendono ad essere favorevoli ed appoggiare. Il problema è che molto spesso tendono ad essere fredde “ Fate bene ma fatelo voi”, invece questa volta si è creato qualcosa di unico . La gente si è avvicinata portandoci materiale utile per fare i lavori, per cucinare, mangiare, ci hanno dato contributi economici senza che noi lo chiedessimo, altri si sono offerti per pulire o, ex imbiachini in pensione, ci stanno aiutando a fare dei lavori di muratura.
La participazione alle iniziative è molto alta, sin dall’inizio, alle assembree pubbliche hanno partecipato centinaia di perone. Alla presentazione del programma, il 22 Marzo, 3 settimane dopo dall’occupazione, hanno partecipato 250 persone.
Chi organizza e come vengono gestite le attività? Avete ricevuto appoggio da altre associazioni?
Alcune attività vengono organizzate da noi ma da subito si sono aggregate persone, che fanno parte di altre associazioni, e decidono, nel loro tempo libero, di donarci le loro competenze per riuscire a mettere assiame il progetto. Non ci sono al momento associazioni esterne che si sono unite al progetto ma tanti singoli, che non facevano parte del gruppo che ha occupato, si sono aggregati strada facendo. Si è creata davvero una bella rete di solidarietà, perché altrimenti da soli, anche se in 60-70 provenienti da più collettivi (Studenti Autorganizzati Campani, Collettivo Autorganizzato Universitario, Clash City Workers, Laboratorio Politico Kamo) non saremmo riuciti.
Anche da altri centri sociali del resto d’Italia è arrivata solidarietà e molti hanno aderito all’appello contro lo sgombero che avevamo lanciato.
A proposito di sgombero, come hanno reaggito le instituzioni?
Partiamo dal fatto che la proprietà del luogo è del demanio, e quindi dello Stato. In particolare questo bene era stato dato in concessione alla Polizia Penitenziaria 60 -70 anni fa per farci il manicomio penitenziario, poi con la chiusura degli OPG, il bene sarebbe dovuto andare all’amministrazione comunale per organizzare attività sociali. Ovviamente, tutto questo passaggio si è bloccato a causa della burocrazia, per cui la custodia era ancora dell’Amministrazione Penitenziaria. Quando siamo entrati per loro è stato un problema perché il posto era stato devastato e noi, attraverso le immagini, abbiamo mostrado subito che c’era una resposabilità di chi avrebbe dovuto aver cura del posto. Per questo la loro risposta è stata dura, già il giorno dopo e venuto il direttore del carcere di Secondigliano per provare a sgombrarci; successivamente, hanno contattato la Digos e la magistratura…in sostanza è stata fatta una denuncia per l’occupazione ed è partita la dinamica dello sgombero. Da alguni giorni lo stiamo già aspettando…
Ciò che ci ha salvato è la partecipazione popolare ed il mettere in evidenza un problema reale: un posto abbandonato da 8 anni che può rappresentare una risorsa per tutta la città, dai campetti per i più giovani alla casa per gente che non la ha. Questo ha fatto si che l’amministrazione comunale si muovesse per evitare lo sgombero e l’abbandono dell’edificio. Inoltre questa situazione potrebbe aiutare aiutare lo stesso Comune ad avere in concessione lo stabile, cosa che anche noi preferiamo.
Che attività avete in programma per il futuro dell’ ex OPG?
Dietro tutte le attività c’è un progetto politico, il quale uscirà fuori a breve con un vero programma dove faremo conoscere la nostra linea e cercheremo mettere in campo un programma politico come quello greco con Syriza o spagnolo con Podemos….l’idea di una democrazia reale e popolare.
Dal punto di vista delle attività sociali vere e proprie, c’è già un progetto di sport popolare che include calcio, pallavolo e palestra popolare; il progetto di reciclaggio crativo per i bambini, per dare anche una cultura manuale; il progetto del comitato di lotta per la salute mentale, con uno sportello di appoggio per persone con disaggio mentale e un recupero della memoria del posto (si stanno copiando tutte le frasi che i detenuti hanno scritto sulle pareti); una compagnia teatrale sta sistemando il teatro dell’OPG per partire con un laboratorio che prevede il coinvolgimento dei ragazzi del quartiere; e non ultimo, un laboratorio organizzato da una associazione di astronomi per insegnare a vedere le stelle, sfruttando così la terrazza dell’OPG anche di notte con una attività transversale a tutte le generazioni.
Tutte queste attività richiedono grandi risorse umane e finanziare, come pesate di finanziarvi?
Noi ci siamo sempre autossati, ogni mese i militanti mettono 10 euro. Poi abbiamo sempre realizzato delle feste di autofinanziamto : cene, concerti, etc. All’OPG abbiamo già fatto braciate, vendendo ad un prezzo molto economico, così che tutti possano partecipare, salsicce e raccogliendo 200-300€.
Inoltre ci aiutano i contributi volontari ed il recupero dei materiali per evitare di comprare.
Contiamo di andare avanti così perchè è sinonimo di indipendenza e partecipazione. Non potremmo criticare le instituzioni se pedissimo loro dinero.
Mi piacerebbe potervi raccontare di più, trasmettervi tutto l’entusiasmo, positività, forza di Salvatore ma non credo che ne sarei capace. Per questo voglio lasciarvi con una sua frase, una che riassume tutto, l’idea politica e sociale di questo collettivo che ci invita a partecipare per poter rivendicare i nostri diritti e restituire alla società i suoi spazi.
“Non vogliamo sostituirci a quello che dovrebbe fare lo Stato e non fa. Vogliamo dimostrare che le cose si possono fare, e non per chiuderci là dentro, ma per pretendere dallo Stato, a cui paghiamo le tasse, che le cose che vengano fatte, anche più belle e funzionanti di quelle da noi organizzate solo con la nostra forza di volontà”.