testo e foto di Mara Trovato
“Nun na visti nda facci! Aspetta ca mi spostu…” dicevano nel giorno della festa della patrona mentre si facevano largo tra la folla, ansiosi di rivederne il sorriso.
Sono uomini devoti tutti e sempre felici al passaggio di Sant’Agata. Osservandoli vien da pensare a quanti di loro riporteranno a casa dalle loro compagne lo stesso rispetto e amore. In quanti si ricorderanno del NO di Agata all’ amore forzato? O come il possessivo e tirannico Quinziano, vedranno nella loro donna solo una mente e un corpo da possedere?
“È più facile rammollire i sassi e rendere il ferro duttile come il piombo, che distogliere l’animo di questa fanciulla dall’idea cristiana. Le ho perfino offerto gemme ed ornamenti rari, vestiti tessuti d’oro. Io le ho promesso palazzi e ville, le ho messo dinanzi mobili preziosi e schiavi d’ogni sesso ed età. Ma come terra, che calpesta coi piedi, ella invece tutto disprezza” disse Afrodisia che invano cercò di convincere la giovane Agata a concedersi.
E allora accecato dall’ira e ferito nell’orgoglio, Quinziano ordina che sia torturata lentamente nelle mammelle per poi strappargliele del tutto e la sevizierà tanto da procurarle la morte. Cose d’altri tempi, direbbe forse qualcuno. E invece…
Uccisa a colpi di pistola dall’ex marito – Accoltellata e poi gettata nel pozzo – Strangolata e poi bruciata – Violentata e ritrovata morta – Sotto gli occhi del figlio uccide la moglie a coltellate – Uccisa con un colpo di pistola alla testa…Questi sono solo alcuni titoli di cronaca del 2018. Una carrellata infinita, un susseguirsi di atrocità. Da nord a sud, senza distinzioni di classe sociale e provenienza culturale, solo di genere.
“Si t’ammazzava mi ravunu cchiu picca!” (se ti uccidevo mi davano di meno), le dice scherzosamente il marito, riferendosi agli anni in carcere che si sarebbe fatto rispetto a quelli di matrimonio effettivo. Questa, che è una battuta divertente, si riferiva comunque ad una cruda verità. L’ art. 587 del codice penale, consentiva una riduzione della pena se il motivo che avesse spinto ad uccidere la moglie o la figlia o la sorella, fosse quello di difendere l’onore suo e della sua famiglia. E ancora l’articolo 544 che consentiva il “matrimonio riparatore”, sposarsi per sistemare tutto, disposizioni che furono abrogate nel 1981, non proprio una vita fa.
Immaginate una ragazza negli anni ’50-’60 in un paese dell’entroterra siculo, Alcamo. Lei si chiamava Franca Viola e fu la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. Violentata, sposando il suo aguzzino, avrebbe evitato a lui la condanna e a lei il disonore. “Non fu un gesto coraggioso” dichiarò Franca “ Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Io l’ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori”. Dovremmo essere più libere, sentirci più protette eppure…
Prima del femminicidio, lo stalking, una persecuzione tanto insistente da generare paure ed ansie tali da compromettere lo svolgimento della normale vita quotidiana: andare al lavoro, fare la spesa, ritornare a casa … E non meno frequenti e altrettanto gravi i maltrattamenti in famiglia, le violenze che avvengono tra le mura domestiche che invece di essere rassicuranti e amorevoli, diventano trappole.
Le statistiche sul femminicidio in Italia e i casi di stalking sono percentuali approssimative. Molte donne non denunciano a causa dei figli, che comunque soffrono nel vedere la madre picchiata, impaurita, denigrata e che molto probabilmente ne porteranno i traumi da grandi. Non denunciano perché hanno paura delle conseguenze non sentendosi protette dallo Stato, dai servizi a loro disposizione. Non denunciano perché non indipendenti economicamente e spesso è il compagno a non volere che la donna lavori, meglio che si occupi della casa, dei figli. Non denunciano perché ancora legate “a quello che può dire la gente, la famiglia” quando spesso è la gente e la famiglia che fa finta di non sentire, di non vedere.
E allora spesso si rimane intrappolate in un amore che ti vuole ad ogni costo, quello che ti sottomette, quello che ti fa marcire, quello che ti denigra, quello che ti fa deserto intorno per ferire come meglio vuole. Una lenta morte spirituale, affettiva, intellettuale, di non trascurabile gravità, che può portare alla morte fisica: un “amore malato”.