Mentre si consuma la tragedia della mancanza di lavoro, il governo Renzi è impegnato a ridimensionare i diritti dei lavoratori
di Domenico Stimolo, foto Francesco Nicosia
Giorno 19 settembre una grande tragedia umana e sociale si è consumata a Catania. Salvatore La Fata di 56 anni, disoccupato da due anni, si è fatto diventare “torcia umana” in piazza Risorgimento a Catania, “gridando” dignità e lavoro. È morto, dopo dieci giorni di tremende sofferenze. Per vari decenni era stato un lavoratore edile specializzato, manovratore di escavatore in tanti cantieri. Poi, su di lui e la sua famiglia – moglie e due giovani figli – è “piombata” la disoccupazione. Un dramma che a Catania tormenta moltissime migliaia di uomini e donne.
Cercava di sopravvivere, arrangiandosi. Si era improvvisato venditore di frutta, in piazza Risorgimento. Giusto per “cercare di portare il pane a casa”. È un “irregolare”. Una condizione forzata operata da tanti disoccupati catanesi. Giornalmente metteva assieme pochi spiccioli, sufficienti, però, a non farlo sentire inutile. Quando sono arrivati i Vigili Urbani, con il sequestro delle sue poche cassette, tenta di spiegare il suo tremendo stato di necessità. Poi, sentendosi umiliato, prevale la disperazione. Si cosparge di benzina e si da fuoco. Il dramma umano e sociale si è consumato.
Un’altra vita di disoccupato si è troncata. Come tragicamente avvenuto in innumerevole volte nel corso di questi anni, in Sicilia e nell’Italia tutta.
Mentre la mancanza del lavoro, per milioni di cittadini – in particolare nel Sud – è l’emergenza assoluta, il governo nazionale di Renzi è impegnato a ridimensionare drasticamente i diritti dei lavoratori.
Ebbene, nel “Jobs act” (Atti sui lavori… per dirlo nella nostra lingua) vogliono modificare strutturalmente le dinamiche sancite dalla Legge vigente. Nell’ambito delle nuove assunzioni da regolare con il “contratto a tutele crescenti”, prevedono:
– di cancellare il diritto al reintegro come previsto nell’art. 18 per i licenziamenti illegittimi sostituendolo esclusivamente con un indennizzo proporzionato all’anzianità di servizio;
– il rimaneggiamento sostanziale sui controlli a distanza (art. 4);
– la manipolazione della qualifica del lavoratore – con le conseguenze sulla retribuzione – in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale (art. 13).
Sono, questi, alcuni dei principali diritti di civiltà democratica presenti nello Statuto dei Lavoratori. È la legge fondamentale delle lavoratrici e dei lavoratori italiani. Introdotto nel 1970. Si applica nei luoghi di lavoro con oltre 15 dipendenti. Lo “Statuto”, strutturato in trentasei articoli, suddivisi in sei Titoli fondamentali: “della libertà e dignità del lavoratore”, “della libertà sindacale”, “dell’attività sindacale”, “disposizioni varie e generali”, “norme sul collocamento”, “disposizioni finali e penali,” è di fatto il “Regolamento” operativo nei luoghi di lavoro di alcuni Principi fondamentali enunciati nella Costituzione italiana. In particolare il fondamentale art. 18 dello Statuto rappresenta per i lavoratori la principale protezione dagli abusi e dalle discriminazioni. O meglio, rappresentava nella sua interezza, prima delle importanti modifiche effettuate due anni addietro dal Governo Monti con la “riforma Fornero”. Con questo articolo di legge si prevede che il lavoratore licenziato senza “giusta causa” e “senza giustificato motivo” deve ritornare al suo posto di lavoro.
Questo principio fondamentale fu conquistato con le lotte dei lavoratori, quando il padronato tiranneggiava e il lavoratore era un oggetto. Ad uso e consumo. Un “attrezzo”, un “ingranaggio” usa e getta. Secondo i capricci del “padrone del vapore”. L’improvvisa “sentenza” ricorrente del minaccioso ricatto era scandita dal: “non scendere più domani mattina” …al posto di lavoro.
Si vuole ritornare a questo, per tutte e tutti? Mai più sudditi! Ma cittadini lavoratori, liberi e democratici, salvaguardati nella dignità e nei diritti, come sancisce la Legge fondamentale della nostra Repubblica: la Costituzione.