di Don Ezio Coco
parroco della chiesa “San Cristoforo alle sciare”
Abbiamo tutti partecipato con clamore allo scandalo mediatico dell’inchino della statua della “Madonna delle grazie” dinanzi alla casa del boss Peppe Mazzagatti, durante la processione a Oppido Mamertina in Calabria.
È un gesto paradossale perché comprendiamo come strida questo segno “religioso” con il messaggio rivoluzionario del Vangelo che invece proclama, in maniera incontrovertibile, la liberazione dei poveri e degli oppressi. Sembrerebbe quasi che si sia “costretta” la Madonna a compiere questo gesto, ma tutto ciò ci fa sorridere, anzi ridere, uno scherzo beffardo, pensando all’immagine di quella giovane vergine che dice incondizionatamente “si” alla volontà di Dio per compiere il Suo progetto di liberazione a favore del Suo popolo.
Nonostante il mio modesto parere possa sembrare di parte per il ruolo che ricopro, ritengo che in queste occasioni si additi con faciloneria la Chiesa come unica responsabile, dimenticando però, che queste processioni popolari di statue e di fercoli, sono completamente gestite da gente che durante i percorsi cittadini si “appropriano”, nel vero senso della parola, di queste effigi di culto.
Un percorso che potrebbe aiutarci a comprendere con verità le posizioni della Chiesa in merito, sarebbe quello di rileggere alcuni ultimi eventi della storia della chiesa, partendo dall’omelia di Giovanni Paolo II il 9/5/93 ad Agrigento “convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”, all’Angelus del 26/5/13 di Papa Francesco, alla scomunica pronunciata da Papa Francesco il 21/6/14 “La ‘ndrangheta è questo, adorazione del male e disprezzo del bene comune. Questo male va combattuto, va allontanato! Bisogna dirgli di no! Coloro che nella loro vita seguono questa strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comunione con Dio: sono scomunicati!”; a livello locale, il presidente dei vescovi calabresi, “Bisogna fermare le processioni!”.
Tutto questo per indicare una direzione, un movimento, un desiderio a cui la Chiesa stessa tende. Ci affidiamo in modo speciale alla Vergine Maria, che non si inchina ai mafiosi, ma al contrario, ci sostiene nella lotta contro questo cancro sociale che tanto affligge e causa morte.
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L’articolo che avete letto è scritto da un uomo, da un prete di quartiere che, attraverso le parole del vangelo e della costituzione, combatte la mafia nel nostro quartiere.
Noi, con queste parole, vogliamo ricordare Paolo Borsellino, ucciso dalla mafia e da alcuni infedeli “pezzi dello Stato”, il 19 luglio di 22 anni fa.
Noi preferiamo, al di là delle celebrazioni ufficiali che lasciano il tempo che trovano, ricordare l’uomo ed il giudice giorno per giorno, con il nostro lavoro in questo quartiere, con le donne e gli uomini oppressi dalla ingiustizia sociale e dalla mafia, e crediamo fortemente che, un giorno, a San Cristoforo e in tutti i quartieri di Catania, si possa respirare un’aria fresca di libertà, senza le mafie.
GAPA