Giovanni Caruso
8 settembre 1943: alla radio si ascolta il generale Pietro Badoglio, capo del governo. Le sue parole sono chiare, e comunicano al popolo Italiano che la guerra contro gli avversari anglo-americani è finita. Il 3 settembre è stato firmato l’armistizio.
Il re Vittorio Emanuele III e i rappresentanti del governo fuggono lasciando le forze armate italiane allo sbando e senza direttive. Il nemico cambia adesso. Gli avversari sono l’esercito nazista e i fascisti della Repubblica Sociale Italiana, guidata da Benito Mussolini. L’Italia è spaccata in due, la linea gotica ne segna il confine tra nord e sud.
Gli operai, gli studenti, i contadini e molti soldati rimasti senza comando formano le prime bande partigiane. Per organizzare e coordinare la lotta contro i nazi-fascisti, tutti i partiti antifascisti, dai comunisti ai socialisti, dai popolari cattolici ai repubblicani e persino i monarchici, pur essendo diversi, fanno fronte e costituiscono il C.L.N. (Comitato di Liberazione Nazionale).
Dopo le stragi di cittadini e cittadine, dopo i cruenti combattimenti sulle montagne e nelle città liberate dalle bande partigiane del C.L.N., l’Italia è libera, repubblicana e con una nuova Costituzione che garantirà gli uomini e le donne della nuova repubblica. Dopo una guerra di resistenza durata dal 1943 al 1945, l’Italia si libera dagli invasori. Era il 25 aprile.
Settantuno anni sono passati, e dal ‘68 al ‘77 fino ad arrivare al G8 di Genova, si sono alternate diverse “nuove resistenze”, necessarie per via dei vari governi che molte volte non hanno rispettato la Costituzione e i diritti sanciti da questa.
Ingiustizia sociale, una politica istituzionale corrotta e degradata, una oppressione mafiosa infiltrata in tutti gli strati sociali e l’abbandono delle fasce più deboli che vivono nei quartieri popolari e periferici della nostra penisola, hanno spinto molti movimenti sociali a riprendersi il ruolo dei nuovi partigiani. I nemici non sono solo le nuove forme di fascismo, ma anche la mafia borghese che è cambiata e, dopo le stragi del ‘92, ha deciso di non uccidere più, preferendo “la pax mafiosa” che si infiltra nella politica e nell’imprenditoria, privata e pubblica, per il controllo del potere politico ed economico su tutto il territorio italiano.
Anche la nostra Catania vive gli stessi disagi, le stesse ingiustizie sociali e una ancor più forte oppressione mafiosa. Mai come negli ultimi anni questo si tocca con mano, si respira nell’aria, con grave danno per la democrazia.
Democrazia che viene calpestata giorno per giorno dalla Giunta Bianco e da un consiglio comunale coperto da “nubi grigie” di mafia e mafiosità. Cosa rispondere e come reagire a questa, non nuova, invasione? Noi crediamo che l’unica risposta che si possa dare è resistenza! Ma per costruire la resistenza, che ci hanno insegnato i padri partigiani, c’è un solo modo: un nuovo C.L.N., o se volete un “fronte comune” che dia il via alla nuova resistenza.
Ma la Catania dei movimenti e delle organizzazioni sociali, delle associazioni e dei comitati, non ne vuol sapere di stare uniti per battere chi si contrappone a una democrazia condivisa e partecipata. Preferisce non tagliare quel “cordone ombelicale” che hanno con questa Giunta, oramai degradata e precipitata nell’illegalità più assoluta. Preferiscono andare da soli e per i propri interessi, con la schiena piegata e con il cappello in mano. Per cosa? Per un locale in comodato d’uso gratuito, per un bene confiscato alla mafia, per un patrocinio sulle iniziative che legittimano l’antimafiosità del sindaco Bianco, o quattro soldi promessi e chissà quando consegnati.
Ma sì! Così si fa! Chi se ne importa degli altri! Chi se ne importa dei quartieri, di chi non ha una casa e un lavoro, chi se ne importa dei minori e degli adolescenti dei quartieri in mano alla manovalanza mafiosa? Insomma, ognuno pensi per sé, e gli altri spingano la carretta!
Solo una novità nei mesi scorsi ci ha dato un flebile auspicio: la costituzione del coordinamento “Catania libera dalle mafie”. Esiste ancora? Per noi che crediamo nello spirito di questo nuovo “fronte comune” sì, gli altri si sono persi nei loro egoismi e interessi privati.
Ma essere resistenti è anche restare in “quattru e u baddu!”, per continuare un duro percorso che unisca anche altri quattro e poi quattro ancora. Questa è per noi la nuova resistenza, una resistenza non armata, ma disobbediente alle ingiustizie e al potere della “mafia politica” da combattere con il potere della parola e della verità. Solo la verità.
Uomini e donne di Catania siete disposti a salire sui “monti” e a riprendere la lotta partigiana tutti e tutte uniti? Noi ci siamo, e voi?