La resistenza oggi

di Ivana Sciacca, foto archivio Giovanni Caruso

liberazione-25-aprileLa Repubblica Italiana affonda le sue radici nella Resistenza, quel movimento che nel 1945 accolse al suo interno varie correnti politiche ma soprattutto semplici cittadini che trovarono un unico comune denominatore nella lotta contro i fascisti a livello interno e in quella contro i nazisti sul versante esterno.

Per la prima volta nella storia italiana ci fu un risveglio di coscienze che portò il popolo ad interrogarsi sulla propria identità e a lottare per proclamare quei valori universali che ancora oggi rappresentano i pilastri portanti della nostra Costituzione nonché della nostra stessa democrazia.

Purtroppo i tentativi di trasformare la nostra legge fondamentale in carta straccia continuano ad essere molteplici da parte di politicanti avvoltoi di ogni area politica. C’è di buono che la nostra è una Costituzione rigida e in quanto tale richiede lunghe procedure prima di poter essere manomessa a piacimento dalla follia del politicante di turno. Insomma: la nostra Costituzione resiste, o almeno ci prova. Ma è anche vero che rimane un orizzonte, un insieme di ideali a cui anelare quotidianamente. Ma siamo fortunati: quest’orizzonte che i nostri nonni, bisnonni e trisavoli hanno conquistato con tutte le loro forze (e a volte con la loro stessa vita) in molte altre zone del mondo non si riesce ancora a scorgere.

Alla luce di queste considerazioni e visto che il 25 aprile ricorrerà il 69° anniversario della Liberazione d’Italia, ho chiesto a diverse persone se secondo loro oggi resistiamo ancora a “qualcosa”. Le risposte sono state tra le più disparate. Qualcuno ha detto che resistiamo al potere economico della Germania che in Europa continua a fare da padrone surclassando tutti gli altri Paesi, compreso il nostro. Qualcun altro ha sostenuto che resistiamo per evitare il ripetersi di tragedie legate alle discriminazioni razziali. Qualche mamma ha orgogliosamente asserito che resiste per il futuro dei suoi figli. Infine qualcun altro ancora ha dichiarato come sia assurdo paragonare i nostri tempi con quelli della Resistenza visto che “oggi nessuno muore più di fame”.

Per resistere si dovrebbe avere un minimo di consapevolezza riguardo a ciò a cui si resiste. E non sempre questa consapevolezza esiste. In molti sono disposti a lamentarsi, a criticare o a rifuggire gli argomenti seri dribblandoli come per sbarazzarsene, come se così sparissero. Come se la nostra vita, i nostri bisogni, i nostri diritti non fossero qualcosa di serio.

Per accorgersi davvero a cosa possiamo resistere, bisognerebbe contaminarsi con il mondo: uscire dalla propria gabbietta di miserie personali e spalancare lo sguardo sull’umanità. Ma questa è una scelta che richiede coraggio e in molti questo coraggio non ce l’hanno, visto che preferiscono cullarsi nel fatto che “le cose non cambieranno mai” o, peggio ancora, che “oggi nessuno muore di fame”.

E’ evidente che i partigiani non hanno lasciato molti eredi nelle generazioni successive alla loro. Oggi manca la loro consapevolezza, la loro presa di coscienza che fece degli italiani un vero popolo unito contro le ingiustizie. Oggi manca quel collante rappresentato dalla forza di lottare, dalla speranza di poter vivere da esseri umani. Oggi regna sovrana la rassegnazione.

54

Ma non bisogna generalizzare per semplificare. C’è una piccola percentuale di persone, giovani e meno giovani, che invece di perdersi in chiacchiere sterili si rimbocca le maniche per conquistare quell’orizzonte prefigurato nella nostra Costituzione che ancora è abbastanza lontano ma non affatto irraggiungibile.

Persone per cui resistere non è solo un verbo, ma una vocazione, una meta da raggiungere quotidianamente. Persone che non si stancano mai di resistere al disagio sociale, alla disoccupazione, alla precarietà, all’indifferenza dello Stato, alle mafie e a tutto ciò che ogni giorno attenta la nostra dignità cercando di stritolare ogni nostra speranza, cercando di farci dimenticare che la nostra dovrebbe essere una Repubblica fondata sul lavoro, sull’uguaglianza e sulla giustizia.

Persone che resistono al dolore per tutti quei morti che il Mediterraneo accoglie nel suo grembo meglio di quanto sappiano fare le istituzioni, ancora incapaci di comprendere la disperazione di quei popoli che sfuggono a guerre, fame e carestie. Persone che resistono alle discriminazioni e ai soprusi dei potenti prepotenti che pensano che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani sia qualcosa di assimilabile alla Dichiarazione dei redditi: qualcosa che si può eludere e sfruttare per arricchirsi a discapito del prossimo, chiunque sia il prossimo.

Questi piccoli grandi eroi della quotidianità li trovi nei luoghi più disagiati dove regnano la povertà, l’indifferenza, il cinismo e tante altre tragedie. Questi piccoli grandi eroi resistono perché l’alternativa sarebbe soccombere ma essendo vivi preferiscono non segregarsi in quella tomba chiamata rassegnazione.