di Deina Garigale
Quando penso all’«argomento mafia», mi incastro inevitabilmente in una matassa disordinata apparentemente inestricabile. Prima ancora di incominciare una riflessione, i nodi di cui è costituita appaiono, almeno ai miei occhi ingenui ed ignoranti, difficili da sciogliere. Ma procediamo per gradi. Di mafia è possibile, per esempio, parlare seguendo ragionamenti generali, quasi astratti, ideologici, come spesso capita durante i discorsi istituzionali di politici e capi di Stato. Quando si parla di Stato in termini ideali, ci si riferisce anche a questi grandi esempi di impegno professionale contro l’illegalità e la criminalità organizzata. Secondo me, uno dei primi passi da fare è considerare la politica in un senso più ampio di quello che solitamente le attribuiamo. Proviamo a guardare gli eventi e le nostre vite quotidiane: ogni persona, ogni individuo è partecipe alla vita della società in cui vive, accettando o rifiutando le regole che sono state imposte. L’ordine sociale e mantenimento di tale ordine non può essere mantenuto e instaurato se non con la partecipazione di uomini e donne, che a loro volta lo determinano e in quell’ordine ci vivono.
Di mafia è possibile parlare, però anche in altri termini, all’apparenza meno politici e più vicini alla nostra quotidianità. Nel nostro piccolo angolo di esistenza, la sfida, a mio avviso, può consistere anche in piccoli cambiamenti, ognuno per quello che può. Spesso mi hanno detto: «I mafiosi sono al potere, sono i politici!» e non si discute. Ma anche noi possiamo fare qualcosa.
Una rivoluzione contro la mafia è possibile solo se risvegliamo il senso di responsabilità di ognuno di noi, e quindi di tutta la società: senza martiri o eroi, senza morti ammazzati. Per oggi, vi invito a guardare noi stessi e non gli altri. A volte sembra impossibile che alcune persone ci credano veramente, ma se ci si guarda intorno, se si butta lo sguardo anche dietro casa, potrete trovare gruppi di persone impegnate proprio in questa piccola ma importante azione di antimafia sociale. Infatti credo che il passo subito successivo è quello di incontrarsi, creare e vivere in gruppo , ‘con-vivere’ con chi vuole migliorare il nostro stile di vita. Solo attraverso la dimensione della collettività la speranza non potrà morire mai! L’elemento indispensabile è condividere con gli altri il potere che ha la nostra partecipazione al cambiamento. Insieme si hanno dei risultati concreti…dicevano gli antichi ‘na manu lava l’àutra e dui lavùnu a facci.
Ritorno alla quotidianità e l’ultima domanda che vi pongo, dopo aver scritto queste righe è : com’è la società che sogniamo?