Se così non fosse ci crollerebbe addosso…
di Ivana Sciacca
Oggi racconterò di quella che sarebbe dovuta essere una storia d’amore. Ai protagonisti ho affibbiato dei nomi inventati, Giovanna e Salvatore, due nomi così usuali proprio per sottolineare che l’argomento trattato è più comune di quanto possiamo immaginare. Due nomi che probabilmente hanno i loro equivalenti in molte culture, così come in tante culture, purtroppo, esistono ancora storie d’amore così drammatiche.
Quando Giovanna decise di sposare Salvatore sui volti dei familiari di lei si dipinse un’espressione luttuosa invece che di gioia. Alla sorella di Giovanna spuntarono le lacrime il giorno prima che l’unione tra i due venisse consacrata in chiesa. “Contenta lei…” diceva, ma traspariva fin troppo bene che nessuno fosse contento di quella scelta.
Il motivo non era difficile da immaginare. A parte i molteplici precedenti per rissa, per spaccio, per furto e per chissà cos’altro ancora, Salvatore aveva un rapporto micidiale con l’alcool: bastava una capatina in qualunque bar della zona ed eccolo lì: barcollante, aggressivo, senza senno. Aveva giurato centomila volte di smettere ma puntualmente era ricaduto nella trappola.
Qualche mese dopo il matrimonio Salvatore, mentre era ubriaco fradicio, ebbe una lite così furiosa con i suoi consuoceri che ci scappò addirittura qualche coltellata. Il giorno dopo lui non ricordava niente ma Giovanna, che rimase lo stesso al suo fianco, dovette privarsi dell’amore della sua famiglia.
D’altronde, cos’altro poteva fare? Lei aveva scelto di sposarlo e per nulla al mondo sarebbe potuta tornare sui suoi passi. Per amore? Beh, non solo per quello. Soprattutto per paura: Salvatore la picchiava regolarmente dopo ogni sbronza e Dio sa quante volte aveva minacciato di ammazzarla. Insomma: non sembrava esserci scampo. E come se non bastasse, Giovanna qualche tempo dopo rimase incinta e diede alla luce una splendida bambina.
Spesso l’essere umano, specie se indebolito, crede che possa essere qualche evento esterno a mutare le sorti del proprio destino e non si rende conto che, se non è lui stesso a prenderne le redini, il destino lo travolgerà inevitabilmente. Lo sforzo che certe situazioni richiedono è sovraumano, è vero, ma è solo attraverso esso che si può compiere un balzo in avanti scansando la fossa. A volte la fossa della morte.
Quando nacque la bambina le cose non cambiarono molto. Una rissa seguiva l’altra e sembrava non arrivare mai un epilogo. Una notte, dopo i soliti calci e pugni, Salvatore spinse Giovanna dalle scale perché aveva cercato di proteggere la bambina dai suoi lampi di follia. Giovanna ebbe diverse fratture.
Quando arrivarono i Carabinieri lui disse che era caduta da sola perché si ostinava a usare tacchi troppo alti.
Fu a quel punto che Giovanna cercò di compiere quello sforzo sovraumano: quando si rese conto che a rischio non c’era più solo la sua vita ma anche quella della sua bambina. Lo denunciò e chiese aiuto ad un centro antiviolenza dove venne accolta e protetta.
Lui nel mentre cercava qualcuno che potesse testimoniare a suo favore nel processo. Non finiva lì.
Se fosse finita lì, sarebbe stato un lieto fine, nonostante tutto. Ma a distanza di qualche anno, corre voce che Giovanna tornerà a casa da quello stesso uomo che l’ha mortificata e umiliata, lo stesso uomo che più volte ha minacciato di ucciderla.
Io non mi chiedo perché. I sentimenti non hanno nulla di razionale.
Però credo che il destino lo scriviamo noi, tutti insieme. Questo vuol dire che a volte “non mettere il dito tra moglie e marito” può equivalere a rendersi complici della violenza e, in casi estremi, anche della morte di queste donne fragili. Ogni parola non detta e ogni gesto non compiuto può rivelarsi letale.
Quando si parla di violenza domestica e femminicidio, alcuni trovano ancora il coraggio di storcere la bocca come se si trattasse di un “film” partorito dalla fantasia perversa di qualche femminista incallita. Purtroppo però i dati parlano chiaro e sono agghiaccianti: secondo un’indagine ISTAT del 2006, 6.743.000 donne sono state vittime di violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita; e dal 2005 al 2012 ben 900 ne sono state uccise.
Non c’è qui spazio sufficiente per discutere le cause culturali, né i timidi passi delle istituzioni in questo frangente. Ma apprezziamo coloro che lottano per evitare ulteriori mortificazioni e stragi di donne. Ricordiamo inoltre il numero verde antiviolenza che è stato istituito nel 2009: il 1522.
Ma tutto questo può bastare? Non è il gesto simbolico del dono della mimosa per l’8 marzo a dimostrare che davvero “le donne sorreggono l’altra metà del cielo” (Mao Tse- Tung). Se davvero vogliamo dimostrare che sia così, ognuno di noi deve aiutare qualunque donna ne abbia bisogno in qualunque momento ne abbia bisogno perché solo così potremo essere degni di stare sotto questo cielo. Questo cielo che non possiamo che sorreggere tutti insieme e che altrimenti rischierà ancora una volta di crollarci addosso…