Morire in solitudine

 

I Vigili del Fuoco hanno forzato la porta trovandolo morto da una settimana

testi e foto di Paolo Parisi

Abbiamo parlato di lui nel numero 10 di Novembre 2010 de “I Cordai”. Il signor Grasso Francesco detto Turiddu, nome affettuoso con cui veniva chiamato nel quartiere, una persona molto conosciuta a San Cristoforo. È scomparso alla fine del mese di novembre del 2011, è stato trovato a casa sua morto da circa una settimana.

“Ogni mattina veniva al bar verso le 5,30” racconta il signor Enrico Smeraldo titolare del bar di via Plebiscito “mangiava qualcosa e poi aspettava che qualcuno venisse a prenderlo. Erano operatori ecologici con cui egli collaborava, arrivavano con un’auto lo facevano salire in macchina e andavano a lavorare. Lo lasciavano nelle strade dove dovevano effettuare le pulizie e a fine giornata gli davano un compenso di 10 Euro. L’ultima volta che è venuto al bar era circa metà novembre era pallido si vedeva che stava male, io gli dissi di andare in ospedale e che lo avrei fatto accompagnare da qualche cliente, dato che Turiddu non aveva un’auto. Lui mi rispose che ci sarebbe andato da solo. Però conoscendolo sarà andato a casa”. Il barista continua: “Non vedendolo arrivare nei giorni successivi ho mandato una persona a casa sua, questi ha bussato alla porta ma inutilmente. Nei giorni successivi, vedendo il perdurare della sua assenza, la stessa persona è tornata a casa di Turiddu ha bussato alla porta con più energia, ma invano non rispondeva nessuno, così ha chiesto ai vicini se per caso lo avessero visto ultimamente, ma la risposta è stata negativa. A questo punto ho ritenuto opportuno che era il caso di chiamare i Carabinieri ed i Vigili del Fuoco. Questi arrivati hanno forzato la porta trovandolo morto da circa una settimana, e pare anche che fosse stato rosicchiato dai topi. È morto in solitudine così come ha vissuto tutta una vita”.

Chiedendo notizie ai clienti del bar apprendo che Turiddu aveva avuto poca fortuna nella vita. Sin dalla nascita era stato adottato, e quando i suoi genitori adottivi morirono egli incominciò a vivere senza una fissa dimora. Ha fatto tanti lavori senza averne uno stabile finché ha trovato una sistemazione con il signor Nicolosi, maniscalco di via Madonna dell’Aiuto (morto anche lui nel mese di ottobre 2011). Per tantissimi anni ha collaborato ferrando i cavalli, e usando la bottega per dormire.

Poi Enrico Smeraldo interviene dicendo: “Turiddu era una persona amata da chiunque lo conoscesse, veniva aiutato da molti. Spesso si verificava che qualcuno gli dava vestiti per potersi cambiare, lui li prendeva con gratitudine però senza indossarli. Così lo spronavamo ad avere cura di sé. Lo invitavo a fare una doccia nel retro del bar e lui si lavava volentieri e poi si cambiava, in quanto nella sua casa non c’erano i servizi igienici, mancava l’acqua e non c’era neanche la corrente elettrica. Era una casa a piano terra, ma più che una casa era un locale abbandonato da anni, e che lui occupava gratuitamente. Comunque non si poteva chiamare abitazione”.

Un cliente del bar racconta che tempo fa ha avuto contatti con i servizi sociali, ma la sua condizione di povertà e solitudine non è cambiata. Per fortuna spesso la gente che ha bisogno si ritrova accanto qualcuno che gli sta vicino, lo aiuta e non lo fa sentire solo, sostituendosi alle istituzioni che sono completamente assenti nella nostra città. È normale che una persona viva in questo stato e che gli organi preposti non intervengano?