Giovanni Caruso
La signora prefetto di Catania, Maria Guia Federico, non nega che alcuni consiglieri siano imparentati con personaggi vicini a cosa nostra ma questa parentela “non ha influenzato in nessun modo le decisioni del Consiglio comunale stesso” dice, e quindi è inutile fare altre indagini. Sulla base di cosa lo sostiene? Non ci è dato saperlo.
Tutto iniziò il 14 gennaio scorso. Nell’aula del palazzo degli elefanti, i consiglieri di maggioranza e opposizione, si unirono compatti – come mai tanta unità? – per dire che la mafia nel Consiglio comunale è… impensabile! Sugli organi di stampa intanto uscivano i nomi dei consiglieri indagati dalla Commissione antimafia regionale. E mentre il consigliere Manlio Messina difendeva il collega Mirenda “Se il mio collega è mafioso lo sono anche io!” diceva. Lo stesso giorno a Roma il sindaco Bianco veniva ascoltato dalla Commissione parlamentare antimafia. Alla domanda “Sapeva che il signor Ciancio, quando le parlava al telefono, era indagato per concorso esterno in associazione mafiosa?” Bianco rispondeva “Io? Ma io non lo sapevo!”.
Intanto al Consiglio comunale tutti erano indignati per le presunte accuse che minacciavano l’onore del senato catanese. Intanto sulla stampa si continuavano a leggere i nomi dei consiglieri in odor di mafia. Riccardo Pellegrino, ex Partito delle Libertà e pupillo di Berlusconi, avrebbe una “segnalazione” che lo denuncerebbe per il reato di voto di scambio, nella tornata elettorale 2013. Inoltre, il Pellegrino è fratello di Gaetano Pellegrino che è stato arrestato nel 2014 per associazione mafiosa: faceva parte del clan guidato da Santo Mazzei, denominato “i carcagnusi”. Erica Marco, lista il megafono di Crocetta, è figlia dell’imprenditore Fabio Marco, denunciato per associazione mafiosa. In odor di mafia anche il presidente della sesta municipalità di Librino, Lorenzo Leone – fratello di Gaetano Leone, condannato col 416 bis a quindici anni per associazione mafiosa. Su quest’ultimo caso la signora prefetto vuole andare avanti con le indagini che potrebbero portare allo scioglimento per mafia la municipalità di Librino.
Noi non siamo certo dei giudici a cui tocca far giustizia su questi fatti. Indagherà e deciderà la magistratura, noi vogliamo solo verità. Come cittadini e come giornale, ci piacerebbe che la signora prefetto verificasse se ci sono realmente infiltrazioni mafiose nel consiglio comunale, per accertare che davvero queste parentele non abbiano influenzato le decisioni che sono state prese. Accertarsi su ogni singolo consigliere, non solo su quello di Librino.
Nel mentre una cosa la possiamo dire: dov’è l’etica dei partiti politici? Ogni partito dovrebbe avere un codice etico e morale che impedisca ogni possibilità a certi personaggi di avvicinarsi al partito. Ma ai partiti e alla politica catanese questo importa poco, lo dimostra il centrodestra che si sposta a sinistra, o il “cambio di casacca” per un posto in un’azienda municipalizzata. Per cui non ci sorprendiamo se troviamo i presunti mafiosi a governare Catania, se questi personaggi stanno dentro i partiti, se i partiti quando accadono fatti del genere non dicano ai collusi “Vattene! Dimettiti! E non mi frega nulla dei voti che porti”.
Ma intanto, in tutto questo, quanta responsabilità ha la società civile? Divisa, litigiosa, concentrata solo sui propri interessi, che continua a non capire che solo uniti si può battere mafia e mala politica. Noi pensiamo che la società civile ne abbia tante di responsabilità, nel mentre continuiamo ad assumerci le nostre, aspettando che ogni singola associazione e movimento faccia la sua parte.