Il signor Liborio “Maestro d’Ascia”, uno dei pochi artigiani che resistono all’evoluzione dei tempi
foto e testi di Paolo Parisi
“Mio nonno Liborio era un Mastru d’Ascia. Artigiani chiamati così perchè tagliavano il legno con l’ascia quando non esistevano attrezzi elettrici. La nostra ditta svolge questa attività da tre generazioni, mio padre ha continuato questo mestiere e dopo la sua morte ho pensato di intraprendere anche io questo lavoro.” Racconta con orgoglio il signor Liborio. “Ho preso questa decisione principalmente perché la ditta della mia famiglia aveva sei operai e se io non avessi continuato l’attività i dipendenti dopo anni che svolgevano questo mestiere si sarebbero trovati in mezzu a ‘na strata.”
Il signor Liborio è un artigiano di via Barcellona che realizza manici di zappa e pale di legno in un piccolo capannone, egli è uno dei pochi artigiani che resistono all’evoluzione dei tempi esercitando uno dei vecchi mestieri del quartiere. Entrando in questo laboratorio si nota tanta polvere di legno prodotta da un operaio mentre taglia un tronco d’albero con una grande sega a nastro realizzando dei listelli quadrangolari. In diversi angoli del capannone ci sono altre macchine con accanto cumuli di segatura.
“Una volta si realizzavano ruote per carretti ed in particolare si costruivano raggi e mozzi, quest’ultimi venivano creati con il muddìa (noce), legno morbido ma resistente, e si realizzavano pure le aste per carretti o calessi. Poi con il passare degli anni, con il cambiare delle abitudini e degli usi delle persone e con lo scomparire dei carretti la produzione si è trasformata. Adesso realizziamo manici di zappa e pale con legno di arancio e lo scarto viene venduto per legname da ardere per forni, stufe e camini”.
Poi ritornando ai prodotti realizzati dalla sua ditta spiega: “I manici di zappa e le aste delle carrozze una volta, prima dell’arrivo delle macchine, si realizzavano manualmente con un attrezzo detto raspa da taglio composto da una lama in acciaio affilatissima con due pomelli all’estremità del metallo tagliente”, così dicendo si allontana e ritorna mostrando questo attrezzo lungo circa 30 centimetri, lo mostra e fa vedere come veniva usato su due punti d’appoggio dove veniva inserito il listello di legno. “Questo attrezzo serviva per togliere la corteccia al legno ed arrotondarlo. Veniva usato facendo forza all’indietro e dovevi fare molta attenzione altrimenti rischiavi di tagliarti la pancia.. Oggi, invece, dopo avere tagliato e squadrato un pezzo di legno, questo si mette dentro una macchina in un apposito alloggio e si fa uscire rotondo.” E mostra con fierezza la sua macchina.
Poi fa vedere un altro attrezzo con cui si realizzano le pale di legno e dice: “Una volta i vecchi artigiani non mostravano ai clienti il modo come venivano realizzati i loro prodotti per non farsi rubare il mestiere.” Scopre una macchina, coperta da un panno di stoffa, con cui crea le pale di legno. “Queste ancora oggi vengono usate per prendere il mosto insieme alle vinacce, per fare staccare il peduncolo dalle nocciole spingendole verso l’alto, e per separare la paglia dal frumento dopo la trebbiatura, prendendo il grano con la pala e facendolo saltare in alto.” A questo punto ripete una filastrocca che dicevano i contadini: “Veni veni, veni ventu, portati via a paghia e lassa u frumentu.”
“Adesso molte cose sono cambiate. C’è poca richiesta di questi arnesi, inoltre tutto arriva dalla Cina a costi bassissimi ed è difficile competere con i loro prezzi, poi la crisi fa si che nessuno più acquista, la gente è senza soldi. Così per competere con la concorrenza si abbassano sempre più i prezzi, però per potere guadagnare qualcosa tanti artigiani sono costretti a cancellarsi dalla Camera di Commercio e lavorano in nero , i contributi e le tasse sono troppo onerose!”