San Libero – 120

Tecnicamente, è l’assalto a un ghetto. L’assalto al ghetto è una delle consuetudini più organiche a una civiltà occidentale (le epoche senza pogrom sono parentesi della storia) e s’inserisce perfettamente nel clima di raccoglimento spirituale del periodo pasquale. I fedeli dentro il recinto, con la loro identità-religione ad uso interno, che li rassicura. Gli altri sospinti fuori, in un deserto impreciso, da dove forse torneranno un giorno ma oggi ribollono in odio impotente. Oggi, con i malvagi sotto pogrom e i buoni sostenuti dalla Forza, il mondo è luminoso: possiamo tranquillamente sgozzare i nostri agnelli al nostro totem, nella gloria della nostra tribù, finchè la ruota ci tiene in alto e il favore del dio ci accompagna.
Così cinquemila anni fa, e così adesso. Cambiano dei e tribù e apparenza di nomi, ma la sostanza resta. Una umanità senza dei e senza totem, un mondo in cui le tribù siano rese ridicole dalle città e dalle piazze, è un mondo, con ogni evidenza, ancora di là da venire. Arafat o Geremia, il Tempio o Ramallah, i carri armati di Tshal o le catapulte della Quinta Legione – tutti i particolari si fondono, con evidente equivalenza, nella mente che vorrebbe essere post-tribale e moderna e che non riesce a percepire altro che una continuità primordiale e terrificante. Si fondono le immmagini dei ragazzi, dei giovani, delle donne a cui gli dei tribali non lasciano, come ultima affermazione di vita, che un suicidio di massa per morire liberi e uccidendo.
Gli zeloti adolescenti di Giuseppe Flavio, di cui i romani non trovarono, nell’ultima fortezza conquistata, che i corpi insanguinati e immobili, sgozzatisi l’un l’altro per non finire schiavi, sono con ogni evidenza i precursori e i fratelli delle ragazzine che oggi si trasformano in bombe per uccidere uomini, donne e bambini della tribù nemica. Per generazioni, e forse ancora in questo momento, le reclute dell’esercito israeliano sono state condotte là, fra le rovine di Masada, a riflettere sulla storia del loro popolo e a giurare fedeltà ad esso. Ma anche l’altra tribù ha le sue Masada, adesso.
Gli dei hanno sete, gli dei unici e gelosi del deserto. Mandano il disperato con le sue bombe, mandano l’auriga del carro armato, esigendo da entrambi il loro nutrimento di sacrifici umani.
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Non so se Arafat sia ancora vivo in questo momento, ma è certo che, già ora, è morto il popolo palestinese. Il popolo più civile del mondo arabo, quello che non aveva prodotto nè sharia nè pogrom, quello che non è mai stato padrone di giacimenti petroliferi o ma semplicemente di sorgenti ai margini del deserto, quel popolo sta sparendo dalla storia, come sparirono gli ebrei. Tornerà certamente, come tutti i popoli tornano prima o poi. Ma trasformato in un’altra cosa.
Nel medesimo istante, ciò che non riuscì agli eserciti arabi per tre decenni – la distruzione dello Stato d’Israele – sta riuscendo finalmente al peggiore nemico che Israele abbia mai avuto, il governo di Gerusalemme. C’era una cosa ed una soltanto che garantiva in ogni circostanza la sopravvivenza d’Israele attraverso le traversie del mondo. Non erano i carri armati, nè i Mirage nè i Phantom nè le protezioni politiche – di per sè contingenti – che i potenti del mondo si degnavano, per proprio interesse, di accordare. L’unica cosa che veramente garantiva Israele era la continuità della sua storia, da Gerusalemme a Gerusalemme.
Per oltre duemila anni, attraverso le traversie, il popolo d’Israele era rimasto se stesso, in una continuità commovente e invincibile che ogni essere umano era in grado di riconoscere a prima vista. Israele-Europa, Israele di Einstein, Israele di Chagall e di Freud, cuore del mondo e mente dell’occidente: tutto questo s’è rotto, e la continuità s’è spezzata.
Lo Stato d’Israele, oggi, non rappresenta più che se stesso. Non più la lunga storia degli Ebrei, non più l’Olocausto: solo uno dei tanti staterelli mediorientali, mezzo tecnologici mezzo tribali, che cercano di farsi strada verso un potere regionale di cui, al resto dell’umanità, non importa niente. La Grande Siria, la Nuova Turchia, il nuovo impero iraqeno, la Grande Israele: di tutte queste puerili e sanguinose costruzioni politiche – tipicamente mediorientali – nessuna, a nessuno di noi, dice niente. Nessuna di esse ha alcunchè in comune con Einstein o con Freud, o con la cultura yddish, o con Anna Frank. Equivalenti una all’altra, la loro sopravvivenza è affidata alla fortuna militare di questo o quel momento, e a null’altro che questo.
Fino a pochi anni fa, non era così: gli errori d’Israele venivano considerati con uno sguardo diverso da quello degli altri, da Israele ci si aspettava sempre – alla fine – qualcosa di diverso e di umano. Ora non più.
Questo patrimonio, disperso da Sharon, è quello che Israele, e solo Israele, e a carissimo prezzo, possedeva. È stato gettato via. E tutti ne prendono atto.
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I meccanismi, nelle fasi finali, si semplificano. E quello che ora governa Israele/Palestina è di una semplicità nitidissima, visibile a ciascuno che non vi sia dentro. Vi sono due bande di assassini, i capi di Hamas da un lato e gli uomini di Sharon dall’altro. Questi due gruppi, che considerano i rispettivi popoli nient’altro che carburante per le due guerre sante, si sostengono, con ogni evidenza, a vicenda. Uno ammazza innocenti per dar modo all’altro di ammazzarne alla sua volta, e dunque avere il pretesto per ammazzare ancora. Non è possibile che costoro non abbiano, in questa coincidenza di interessi, dei rapporti clandestini fra loro. Sono infatti, con ogni evidenza, alleati. Coloro che si opponevano (i Rabin e gli Arafat dei due campi) sono stati da tempo o emarginati o uccisi dai rispettivi falchi.
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Esistono trentasei uomini sulla terra sui quali l’occhio di Dio si posa quando medita di porre fine al mondo. Il sangue e l’odio crescono, e il vecchissimo Dio ne è molto stanco: forse è stato un errore creare gli uomini, forse l’orrore umano non verrà tollerato più a lungo. Sono solo in pochissimi, fra i creati, a vivere secondo la pietà e la legge; sono questi pochissimi – la tradizione chassidica ne fissa il numero in trentasei – a chiedere compassione per tutto il mondo. Ignorati da tutti, senza potere, oscuri, i Trentasei si accollano tutti gli odi e le ingiustizie di tutti, senza chiedere nulla, trattenendo col proprio esistere l’apocalisse già pronta nella mente del dio. Quando ne muore uno un altro – affinchè il numero sia sempre pieno – si avanza a prendere silenziosamente il suo posto. E così il mondo, nonostante tutto, sopravvive ai suoi delitti.
Questi giusti, oggi, hanno i volti anonimi dei vecchi soldati d’Israele che a viso aperto rifiutano di sparare sulla folla “nemica”, o dei giovani pacifisti che da ogni parte d’Europa vanno con immenso coraggio a interporsi fra la carne viva e i fucili. Nessuno di loro è un vincitore, adesso, nè può materialmente opporsi ai carri armati e alle bombe. Ciascuno di loro però è una testimonianza d’Israele, dell’Israele come fu vissuta per duemila anni in giro per tutto il mondo e tramandata nell’esilio e sognata “un giorno a Gerusalemme”; ben diversa dalla feroce caricatura di ora. Forse, grazie a quei giusti, da tutto questo macello un giorno sopravviverà qualcosa. È l’unica speranza, poichè tutte le altre sono ormai fallite.

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Enza Panebianco wrote:
< Date: Sat, 30 Mar 2002 22:25:03 +0100
ore 9.30 – Mentre il gruppo di attivisti presente a Gerusalemme si sposta verso Ramallah, gli internazionali presenti a Betlemme si stanno muovendo verso Beit Jalla, dove è di stnaza l’esercito israeliano, e altri campi e vilalggi intorno a Betlemme. Più tardi anche la delegazione di action 4 peace di ritorno da Ramallah si muoverà per unirsi agli altri internazionali a betlemme.
30.3.2002 – ore 10.40 I compagni che si trovano a Ramallah si stanno muovendo per recarsi, tutti insieme, nel luogo in cui è stato ucciso Raffaele Ciriello per deporre dei fiori in memoria di chi, come Raffaele, è morto per la libertà d’informazione. L’iniziativa è sostenuta anche dalla Federazione Nazionale della Stampa Italia, e sarà attuata anche nel suo nome. Per la Fnsi, Paolo Serventi Longhi ha affidato ai disobbedienti il rilancio del messaggio con cui accompagna l’adesione all’iniziativa: “Chiediamo alle autorità militari israeliane sul campo – ha detto – di consentire quest’atto di testimonianza contro la violenza. Che le armi tacciano almeno per quegli istanti, che l’azione civile, il diritto di testimonianza e il dovere della comunicazione siano garantiti, che i free-lance che andranno in quel luogo tra gli altri attivisti possano rendere quest’omaggio al loro collega caduto per la libertà d’informazione, a nome di tutte le giornaliste e tutti i giornalisti italiani”.
Una manifestazione di circa 150 persone della presenza internazionale in Palestina è scesa in strada per manifestare contro l’occupazione davanti ai carri armati che si sono assestati alle porte di Betlemme.
(Stanotte a Deheshe)
La situazione ora sono le due e mezza di notte e ci giunge la notizia che i tanks si sono fermati a Beit Jala e che uno si èrovesciato a causa della strada…santa pioggia …è stata una giornata piena di tensione la ragazza che si è fatta saltare a Gerusalemme era di dheisha quindi è sicuro che prima o poi arriveranno qui.
Non osiamo sperare che la nostra presenza qui e tutto il casino di contatti che abbiamo avuto con tutte le agenzie stampa, giornali, deputati, gli altri delle delegazioni internazionali, il console, ecc….abbiano avuto il loro piccolo effetto di fermarli almeno per questa notte.Nel pomeriggio siamo riusciti a fare un piccolo corteo nel campo insieme al gruppo del Movimento di solidarietà internazionale e pensiamo di ripetere l’esperienza domani negli altri campi o forse di andare a Ramallah…è difficile fare programmi perchè la situazione cambia di ora in ora, comunque abbiamo invitato gli altri internazionali a venire qui per evitare che Betlemme diventi un’altra Ramallah…crediamo che stare nei luoghi che gli israeliani hanno intenzione di rioccupare sia l’unico modo di garantire i civili palestinesi e l’unica funzione che in questo momento noi possiamo avere nonostante la tensione che questo comporta.Il gruppo sta facendo un buon lavoro sia con i bambini delle scuole( bravissimi i giocolieri) che con l’informazione i nostri programmi, come potete ben immaginare, sono un po’ cambiati se la situazione non cambia non ci sarà possibile andare a Gaza….ma credo sia molto importante essere qui dentro i territori palestinesi e portarci più gente possibile essere il più possibile visibili non solo per la stampa,ma anche per la popolazione palestinese.
Betlemme 30/03/02
Questa mattina circa un centinaio di internazionali hanno manifestato davanti ai carri armati che si trovano sulla strada tra Betlemme e Beit Jala.
Con striscioni e cartelli con su scritto in tutte le lingue “stop occupation palestina libera – fermiamo il genocidio – no alla pulizia etnica” etc, la manifestazione ha attraversato Betlemme con l’intenzione di recarsi a Beit Jala dove nella notte si sono posizionati i carri armati israeliani.
Arrivati allo sbarramento un gruppo si è seduto davanti ai carri armati dai quali sono usciti i militari che mitra in pugno intimavano di andare via; hanno poi lanciato una bomba assordante, ma i manifestanti non si sono lasciati spaventare ed hanno continuato a gridare slogans. Dopo circa dieci minuti è giunto un altro carro armato che ha smitragliato in aria, sempre con l’intenzione di spaventare. Continuando ad urlare peace e stop occupation la manifestazione piano piano è rientrata a Betlemme. >

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Sense of humour. “Mi scuso perchè il mio sense of humour è superiore a quellodella media degli italiani” (il ministro Scajola, dopo aver fatto alcune battute non molto apprezzate su argomenti ameni come sparare sulla folla a Genova, togliere le scorte agli obiettivi dei terroristi, ecc.).

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Pubblicità. “Ponti d’oro ai capitali che rientrano. Una Guida allo Scudo Fiscale per I capitali all’estero a disposizione nelle nostre agenzie”.

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Pubblicità. “Uomini, donne, magri, grassi, iperattivi, apatici. Fai della loro esistenza un successo o rendila un inferno. Naturalmente per gioco”.

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Sicilia. Istituito dalla regione siciliana un tributo annuo di 124 milioni di euro sul metano che, dall’Algeria, attraversa la Sicilia col gasdotto Transmed per raggiungere il resto d’Italia. Gli esperti tributari della regione stanno studiando un nome da assegnare alla nuova gabella: si parla di “tubatico”. Ma, più tradizionalmente, è un pizzo.

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Italia 1. Decisa dopo lungo dibattito parlamentare la lingua ufficiale che verrà d’ora in poi parlata, ai sensi di legge, in Italia. È l’italiano.

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Italia 2. Nel corso del 2001 a Milano sono nate trentamila nuove aziende ma solo undicimila nuovi esseri umani.

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P2. Bloccata d’autorità la distribuzione del film di Giuseppe Ferrara sulla storia di Roberto Calvi “I banchieri di Dio”.

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Lettera ai giornali. “Pur avendo sempre pagato regolarmente l’affitto, ci stiamo trovando in una situazione di sfratto esecutivo. Dopo il decesso dei vecchi proprietari, hanno ereditato lo stabile dei preti (Missionari della Carità Contemplativi) I quali non si sa per quale ragione ci hanno comunicato lo sfratto esecutivo. La domanda che ci sorge spontanea è: che preti della misericordia sono? È questo l’esempio di fede cristiana? Che fine faremo noi? Abitiamo in via Prenestina 1163”.

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Nella solitudine immensa degli esseri umani

Nella solitudine immensa degli esseri umani
A volte improvvisamente una memoria li chiama
Gesti parole accordi – cose per cui non hanno
Dei nomi ma d’istinto nei simili le sanno