San Libero – 121

Se noi avessimo la fortuna di essere nemici d’Israele – se fossimo giulivi europei senza memoria, se ci bastassero telefonino e bancomat a riempirci la vita, se fossimo i felici idioti che cercano di farci diventare – se noi fossimo tali, per noi non ci sarebbe momento più fortunato di questo. Perchè questo è il momento in cui Israele distrugge Israele, in cui comportamenti e valori alternativi sopravvissuti per migliaia di anni vengono rinnegati e trasformati selvaggiamente in qualcosa d’altro. Saremo finalmente liberati dai maestri: ragazzi feroci finalmente liberi di schiacciare la testa agli uccellini o di uccidere i gatti senza che nessuno c’infastidisca più con le sue prediche noiose.
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Era davvero intollerabile, l’esistenza di un popolo giusto. Un’accusa lunghissima, per il resto del mondo. Procuratori romani e inquisitori cattolici e commissari zaristi e stalinisti e ufficiali della Werhmacht: tutti i potenti del mondo hanno riso, nel corso dei secoli, di questo piccolo popolo. Ma tutti sono passati via, mentre esso – che non aveva potenza – è sopravvissuto. Ora s’è piegato anch’esso al realismo di quei potenti: bisogna uccidere per primi, per non essere uccisi. Questo è ciò che alla fine sta succedendo, il sentimento che regna in milioni di – fino a ieri umanissimi – esseri umani. Non è spontaneo, perchè senza gli orrori dei terroristi e l’abilità dei politici non si sarebbe mai sviluppato: è solo dal settembre dell’anno scorso, vale a dire dopo la provocazione al Tempio di Sharon e dopo otto mesi di repressioni e attentati, che i sondaggi fra gl’israeliani danno la prevalenza ai fautori della pulizia etnica. Ma ora è questo.
Oltre il cinquanta per cento dei cittadini, secondo i dati del centro studi strategici dell’università di Tel Aviv, esige la definitiva espulsione dei palestinesi. Dieci anni fa la percentuale era del trentotto per cento. Questa differenza di dodici punti percentuali è il risultato del buon lavoro di marketing svolto dagli “opposti” – ma alleati – terrorismi di Hamas e di Sharon.
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Ritorna l’antisemitismo in tutta Europa. Certo, gli antisemitismi sono due – i carri armati a Ramallah sono antisemiti quanto le bombe a Gerusalemme – ma quello che torniamo a vedere qui da noi è proprio il vecchio antisemitismo antiebraico dei Maurras, degli Interlandi, degli Streicher, della feccia d’Europa: le svastiche, le scritte sulle sinagoghe, le minacce, l’odio agli ebrei. Neanche per un momento cediamo alla tentazione di bilanciare, di dare ragioni e torti e giustificazioni. Non c’è assolutamente nulla che possa giustificare una sola scritta su un negozio di ebrei in Europa. Perchè la malattia è profonda, non viene dalla Palestina o dagli arabi ma proprio dal cuore cattolico europeo: Hitler era un disciplinato apprendista dei teologi, non un esaltato occasionale. E dunque, vigilanza strettissima, senza sconti a nessuno e senza illusioni.
Diventa secondario persino l’uso politico, in malafede, che gli uomini di Sharon fanno di questo rigurgito da essi stesso provocato. Diventa patetica, e da compatire, persino la povera furbizia degli estremisti della destra ebraica romana, che non trovano di meglio (essi che ormai dialogano tranquillamente con gli ex fascisti italiani, dimenticando il Quarantatrè) che manifestare contro la sinistra “antiebraica” e filopalestinese. Ogni europeo civile, nel momento in cui c’è la sia pur minima minaccia, per prima cosa deve difendere gli ebrei.
Ma difendere qualcuno non vuol dire permettergli di ammazzare altri. Non c’è nessuna ostilità preconcetta nella sinistra – contrariamente a quanto si dice per propaganda – verso lo Stato d’Israele. Anzi. Le giustificazioni e le attenuazioni e attenuanti che sono state trovate – che noi stessi cerchiamo disperatamente di trovare – per l’orribile comportamento di quello che una volta era l’esercito e il governo d’Israele non sarebbero state trovate per nessun altro esercito e nessun altro governo al mondo.
Sono penetrati nei ghetti, hanno umiliato i ghettizzati, hanno rastrellato, hanno cacciato con disprezzo e arroganza i poveri dalle loro baracche; hanno rifiutato freddamente le offerte di pace, hanno proclamato di infischiarsene di quello che ne pensava il mondo. Cosa sarebbe stato mai detto se fossero stati gli americani o i russi a fare una cosa simile, se fossero state truppe vietnamite o inglesi o cubane o indiane o di un qualunque altro esercito del mondo a invadere un paese vicino con tanta prepotenza?
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Negli occhi dell’ambasciatore israeliano c’era un senso di sincero sgomento – non solo nei suoi – mentre descriveva l’ultimo orrore del terrorismo, i sedicenni che si fanno esplodere per uccidere degli ebrei (fra le risorse tecniche militari adesso si contano tranquillamente gli aerei, i carri armati, e i suicidi). “La colpa è vostra, che educate i vostri figli a fare i kamikaze”.
No, signor ambasciatore. Non è così. Quando l’esercito è entrato per la prima volta in Ramallah, un altoparlante ha ordinato a tutti i maschi dai quindici ai quarantacinque anni di venir fuori dalle baracche, nudi, e di stendersi coi documenti in mano per terra. Questo, crea i terroristi sedicenni. Statisticamente, è impossibile che fra mille esseri umani sottoposti a questa umiliazione non ce ne sia almeno uno che decida di morire. Questo è ciò che oggi – a differenza che un anno fa – forma i terroristi, o la maggior parte di essi. Non il fanatismo, non l’ideologia: l’umiliazione.
Io temo che, per i peggiori fra i politici israeliani, questo meccanismo sia perfettamente chiaro e previsto, e auspicato. Più terrorismo ci sarà, più il governo sarà libero di portare avanti la pulizia etnica e di ottenere alla fine un Israele perfettamente libero dai palestinesi, abitato solo da ebrei anche se non – ma questo, il gretto materialismo d’uno Sharon non può comprenderlo – dallo spirito d’Israele. È un’utopia, naturalmente, e non può funzionare. Ma quanti milioni sono stati uccisi in nome di utopie.

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Giustizia 1. Su tredici pubblici ministeri della Procura di Agrigento (una delle più impegnate nella lotta alla mafia) dieci hanno presentato richiesta di trasferimento. “Con un governo orientato a fare queste riforme – dice Roberto Terzo, un veneto che da anni fa il pm in Sicilia – è meglio mettersi con un piede già fuori della porta. Se dovesse passare la separazione delle carriere ci carebbero meno garanzie per il cittadino e il pm avrebbe le funzioni di commissario di polizia”.

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Giustizia 2. Intanto il ministro della giustizia annuncia che secondo la sua opinione i giudici (parlando non da ministro, precisa, ma da padano) in futuro saranno eletti dai cittadini, all’americana: ogni anno si voterà per lo sceriffo della contea e per il procuratore dello stato. I giudici staranno attenti ad adeguarsi al “buon senso popolare” – Sassonia anni Trenta, Alabama anni Cinquanta – e per più speditezza, naturalmente, i processi principali veranno fatti in televisione. Con quest’ultima, anzi, s’è cominciato già.

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Cristiani. Il più ortodosso dei cardinali di curia, Ratzinger, ha dichiarato che secondo lui sarebbe una bella cosa se il prossimo papa fosse un africano. Qualcosa soffia anche – e persino – nelle botteghe più oscure.

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Pianeta. Le dodici nazioni più ricche di biodiversità del mondo hanno siglato un accordo per proteggere le loro risorse genetiche dalla “biopirateria”, cioè dalle multinazionali che brevettano geni di animali e vegetali senza offrire alcun beneficio alle popolazioni che vivono nelle zone da cui quelle risorse provengono. I paesi aderenti al patto sono Brasile, Cina, Colombia, Costa Rica, Ecuador, India, Indonesia, Kenya, Messico, Perù, Sud Africa e Venezuela. I dodici paesi non vedono nella Convenzione sulla Biodiversità, firmata a Rio de Janeiro nel 92, sufficienti garanzie per la protezione delle loro risorse genetiche: la convenzione, dicono, offre troppe scappatoie, e gli USA non l’hanno neanche ratificata. Per questo si impegneranno a chiedere un trattato più severo al prossimo vertice sullo sviluppo sostenibile che si terrà a settembre a Johannesburg.
Info: Fabio Quattrocchi, fabiocchi@inwind.it

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Washington. Undici miliardi di dollari sono stati stanziati dall’amministrazione per ristrutturare completamente le strutture difensive al confine col Messico. Il confine, lungo 3200 chilometri, è in gran parte già protetto da una barriera metallica guarnita da raggi infrarossi e sensori di calore (“The Wall” per gli americani, “La Linea” per i messicani) che dal golfo del Messico si spinge fino a Tijuana e riprende poco più a est fino alla spiaggia del Pacifico. Pattuglie della polizia di frontiera – circa novemila uomini – perlustrano le zone circostanti, in particolare il deserto attorno a Tijuana dove i “coyotes” (organizzatori clandestini) trasportano carovane di “pollos” (emigranti illegali) verso i posti di lavoro – nero – del Texas e della California.
Nel 1998 Amnesty International presentò un terrificante rapporto (del tutto inascoltato) sulle “Violazione dei diritti umani nella zona di confine fra Messico e Usa” nel quale venivano denunciati numerosi casi di pestaggi e abusi sessuali da parte della Border Patrol. “Amnesty – si precisava nel rapporto – non prende alcuna posizione sul diritto degli Usa di pattugliare i propri confini, ma insiste che sia esercitato nel rispetto degli obblighi internazionali in materia di diritti umani”.
Il confine verrà adesso ermeticamente sigillato e protetto con le più avanzate tecnologie satellitari, con l’obiettivo di non permettere più il passaggio di neanche un clandestino. Il costo della ristrutturazione viene giustificato con l’impellenda della “lotta contro il terrorismo”, anche se è opinione comune che la vera emergenza sia in realtà costituita dall’emigrazione clandestina. In passato l’amministrazione americana si era espressa con estrema durezza contro operazioni analoghe portate avanti durante la guerra fredda (“Muro di Berlino”) dal governo dell’allora Germania Orientale.

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San Pietroburgo. A congresso i rappresentanti dei servizi segreti di trentanove paesi fra cui Giappone, Usa, Russia e Gran Bretagna. Al termine è stata rilasciata una dichiarazione congiunta sulla necessità di rafforzare in tutto il mondo i servizi segreti per garantire la sicurezza internazionale e la lotta al terrorismo. Fra i Paesi partecipanti al congresso, tuttavia, solo Russia e Usa sono direttamente governati da esponenti personalmente legati ai servizi (il russo Putin, agente del Kgb, e l’americano Bush, figlio di un autorevole direttore della Cia): si auspica che questo modello possa rapidamente diffondersi nel resto dei paesi civili, allo scopo di garantire la sicurezza internazionale ecc.

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Riposo interinale. Al mio paese, hanno appena privatizzato il cimitero.

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Titolo sui giornali. “Internet fa più danni della droga” (Occhiello: “Secondo gli esperti i maniaci della rete rischiano obesità, inappetenza e alienazione”).

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Cronaca. Roma. Extracomunitario aggredisce l’equipaggio della “gazzella” accorsa per soccorrerlo, poi si scaglia contro i medici del pronto soccorso e infine prende a morsi i carabinieri. Questi ultimi sono stati infine costretti a trarre in arresto il giovane K.D, ventiduenne di Princetown, Ohio..

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Cronaca. Todi. Rapinata da due banditi con taglierino la sede di piazza Duomo della Banca Popolare di Todi. Dopo il colpo i due rapinatori sono fuggiti in bicicletta, dileguandosi fra i vicoli del centro. Istituiti posti di blocco da polizia e carabinieri.

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Cronaca. Scicli. Soccorsi dai volontari locali e posti in salvo cinque delfini che a causa probabilmente di una mareggiata si erano arenati sulla scogliera di Timperosse, in contrada Donnalucata. Hanno collaborato al recupero la locale Capitaneria di Porto, l’Associazione studi cetacei, il Fondo siciliano per la natura, l’Associazione Marevivo e i Vigili Urbani Morabito e Cuzzupè.

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Cronaca. Messina. Un senzacasa è morto d’inedia mentre chiedeva l’elemosina su un marciapiede della centralissima via Roma di Barcellona (Messina). Soccorso da un’ambulanza, è stato trasportato all’ospedale Sant’Andrea dove però è giunto cadavere. Non mangiava da diversi giorni. Dai primi accertamenti i carabinieri ritengono trattarsi di un uomo fra i trentacinque e i quarant’anni.

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Stefano Pravettoni wrote:
< Oggetto: Bravo! – Trovo geniale, soprattutto in questi tragici giorni, chiamare “banditi” i propri avversari politici, gente da “mandare a casa” per – scrivi – “liberare il paese da ciò che l’infesta adesso”. Un po’ di moderazione e buon gusto (non tutti sono in grado di valutare e, scusa il verbo orrendo, contestualizzare correttamente le parole) non guasterebbe. >
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Ho adoperato queste parole, in una Catena di due settimane fa, a proposito di un governo. Stefano ha ragione di allarmarsene, perchè è un pessimo segnale che un signore di cinquant’anni usi parole come queste per parlare di politica in un paese occidentale. Non sono parole che di solito mi venga spontaneo usare. Spero che la colpa sia mia, e non della situazione.

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L. wrote:
< Cucirò una stella gialla sulle mie giacche,
sui miei giubbotti, sulle mie felpe. Ora.
Andrò al ghetto, nei bar, nelle panetterie,
nei negozi di pasticceria,
come sempre quando voglio comprare a buon mercato
o assaggiare cose vertiginosamente buone.
Farò questo e continuerò a dire il mio dolore
per la Palestina e per Gerusalemme
e le mie ragioni contro Sharon.
Odio la semplificazione della guerra e del terrore:
la no man’s land è sempre incredibilmente più larga e popolata.
Cucirò una stella gialla sulle mie giacche,
sui miei giubbotti, sulle mie felpe. Ora.
Andrò nei ristoranti libanesi, egiziani, africani,
nei take away dove ho i miei panini al kebab
e dove bevo tè con i miei amici.
Cucirò una stella gialla sulle mie giacche,
sui miei giubbotti, sulle mie felpe. Ora.
Andrò alle manifestazioni dove sventolano
le bandiere della Palestina. Ma io non riesco
a vedere più i colori delle bandiere,
tutte di sangue, tutte uguali. Io
non ho ragioni. Non ne distribuisce la guerra.
Io ho solo uno sconfinato dolore e una immensa paura. >

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Curzio Malaparte, sul Corriere della Sera del 5 luglio 1941, in una corrispondenza dal ghetto di Varsavia (lui era con i tedeschi che rastrellavano) wrote:
< Basta spingersi nei quartieri poveri per rendersi conto del pericolo sociale che rappresenta la enorme massa di questo proletariato giudaico. È infatti dai tuguri di quei quartieri che sono partite le prime fucilate contro i soldati >

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Turoldo_ps22@bibl.it wrote:
< …Ma perchè mi hai abbandonato,
Dio mio assente e lontano!
Così piango nel mio lamento:
io ti chiamo di giorno e tu muto,
senza pace io urlo la notte>