20 gennaio 2003 n.162
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Undici, ventotto e (soprattutto) novanta.
Undici. “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”
Ventotto. “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, dagli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”
Novanta. “Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.”
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Sono tre articoli della Costituzione italiana: una legge, buona o sbagliata, ancora formalmente in vigore e dunque produttrice – almeno quanto i regolamenti della Regione Lombardia – di effetti giuridici. Chi viola la legge commette reato ed è dunque punito con le pene previste dalla legge. I reati commessi dai presidenti della Repubblica sono previsti con precisione: si chiamano attentato alla Costituzione. Cioè fare o permettere qualcosa che la Costituzione proibisce. Se guerra ci sarà – e sarà una guerra con morti, non un gioco – dopo la guerra il governo nuovo per prima cosa dovrà chiamare chi l’ha permessa a rispondere delle sue responsabilità penali, ai termini della legge (in questo caso la Costituzione) che è molto chiara. Non deve finire con un balletto politico: e questo si deve sapere già ora.
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Ora, la Costituzione italiana non è che vieti la guerra. Non la proibisce. Non dice che è sbagliato farla. Non dice che bisogna pensarci due volte. No: usa una parola selvaggia: la “ripudia”. A fare una guerra, ordina formalmente la Costituzione, non ci dovete pensare nemmeno. Non vi deve passare neanche per l’anticamera del cervello. Dovete provare schifo rabbia e disgusto alla sola idea di una guerra: ripudiare significa esattamente questo. E la Costituzione è tirannica: vuol essere ubbidita.
“Ripudia”. Il povero contadino siciliano, all’epoca dei Savoia, fu preso dallo stato e mandato a conquistare la Libia. “Vai Brasi! Ammazza quei mussulmani beduini!”. Era l’alba del secolo: l’Europa viveva in pace, fra Belle Epoque e riforme. Ma degli stronzi maledetti, per sentirsi un po’ meno straccioni, scatenarono la prima guerra del secolo. Quegli stronzi eravamo noi italiani.
La guerra italo-libica, nel 1912 (l’Italia non guadagnò mai un cazzo dalla Libia: buttò milioni e miliardi, mentre a Caltanissetta l’acqua arrivava una volta al mese) scatenò una dopo l’altra le quattro guerre balcaniche (croati e serbi hanno cominciato a scannarsi giusto lì). E alla fine delle guerre balcaniche, e in diretta conseguenza di esse, arriva l’attentato di Sarajevo e la Grande Guerra.
Noi non abbiamo idea neanche lontanamente di che apocalisse sia stata quella guerra. Mio nonno ce la faceva appena a raccontare. La prima guerra grossa dai tempi di Napoleone, la prima in cui tutti dovevano stare in trincea senza eccezioni: e questo in un mondo pacifico fino a un istante prima. Immaginate una guerra a morte fra America ed Europa, una Croazia in tutt’Europa che duri cinque anni. L’Italia, fra tutti i paesi europei, era l’unico che poteva evitare la guerra. Ma gli intellettuali italiani, gli Sgarbi e i Ferrara di allora, insorsero: “La guerra è bella! Viva il sangue rigeneratore! Viva la morte!”. E vai, Brasi! Il re – il Parlamento non voleva – mandò la cartolina e il contadino siciliano partì un’altra volta. E sono due.
Dalla guerra i giovani – che erano partiti cristiani – tornarono inferociti. Ci fu il fascismo. L’impero! Non si poteva assolutamente stare senza un impero (a Caltanissetta l’acqua continuava ad arrivare una volta al mese). Guerra fra selvaggi e civili, fra italiani e abissini. I civili si difesero a colpi di lancia, i selvaggi buttarono gas velenosi sui villaggi. I selvaggi eravamo noi, gli italiani. Fra di loro, per ordine del podestà del paese, in prima fila marciava il contadino siciliano. “Vedrai, Brasi! Alla fine ti daremo la terra!”. E tre.
Poi i contadini votarono (ma lontano, in Ispagna: da noi era vietato) e cambiarono il governo. Chiedevano, pensa un pò, di coltivare le terre. E i padroni fremevano, perché la legge e il governo non erano più loro. Allora, non sapendo che fare, chiamarono dei banditi: “Vi pagheremo bene! Ma aiutateci ad ammazzare quei contadini”. E i banditi arrivarono, e ci fu un massacro: un milione di morti, per lo più fucilati. Chi erano quei banditi? Noi italiani. La Spagna fu la nostra quarta guerra (nessun altro, in Europa, ne aveva ancora fatte così tante). E Brasi, a due euri al giorno, sparava “volontario” contro gli altri contadini. E quattro
Poi la Francia, la Grecia, l’Albania… Il conto delle guerre si perde. Ha mandolini e chitarre, l’italiano, e poesie e statue antiche e chiese e cose belle dappertutto. Eppure questo popolo così gentile fu quello che fece più guerre. I suoi re, i suoi duci, i suoi generali, i suoi preti! “Vai Brasi!”. E Brasi partiva ad ammazzare dappertutto: i greci che difendevano le loro montagne, i francesi che già erano a terra e noi li accoltellavamo, gli inglesi (“Reclamo l’onore di bombardare Londra!”) che ci avevano aiutato a fare l’Italia e tutti gli altri. Alla fine, poiché l’odore del sangue fa sentire leoni pure gli sciacalli, eravamo in guerra con tutti quanti: i russi, gli americani, i cinesi, i canadesi, i polacchi, persino il Brasile. Gli unici amici che avevamo erano i tedeschi feroci e neri, loro i padroni e noi i servi.
Brasi, quando finalmente tornò al paese, non aveva più fucile. E mai più voleva vederne uno. E questo gli disse ai politici: a tutti i politici, d’ogni tipo e partito. Allora, i partiti erano due: o la falcemmartello dei poveri, oppure la croce del Signore. E ciascuno sceglieva. Ma una cosa era certa: nessuno dei due voleva guerra. Tutto potevano fare: rubare, fare intrallazzi, litigarsi gli avanzi. Ma guerra no: perché Brasi era vivo, e lui la guerra – fin troppo – la sapeva.
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Adesso, in questo preciso momento, i nipoti di Brasi – chi veneto, chi siciliano, chi abruzzese: tutti belli puliti, ma ognuno con un nonno soldato che sorride impacciato dalla foto ingiallita – stanno sbarcando dall’aeroplano della guerra. E questi sono i primi (gli alpini, come sempre), ma tutto è già preparato anche per gli altri. Sette guerre in un secolo non gli sono bastate, ai re e ai duci (che ora si chiamano politici e mànagger, ma sono sempre la stessa razza). Vogliono battere il record, col secolo nuovo: siamo ancora allo zerotrè, e loro già sono pronti per la prima guerra.
Rubate, cacciate i giudici, promettete imbrogliando ponti e stretti, fate tutto quel che volete e magari ogni tanto (ma questo non c’è bisogno che ve lo diciamo noi) fate anche un pò i mafiosi: siamo uomini di mondo e non ci scandalizziamo. Una cosa sola, a qualunque costo, non vi lasceremo fare: un’altra guerra.
(L’acqua a Caltanissetta, fra l’altro, d’estate arriva ancora una volta al mese).
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Cultura. E’un pamphlet antisemita (“La rabbia e l’orgoglio” di Oriana Fallaci), il libro più venduto in Italia nel 2002. Seguono, distaccati, Mntalbano e Allende. Gli italiani, d’altra parte, anche a quei tempi leggevano molto più Pitigrilli che Montale.
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Italia. Rapidamente data e rapidamente dimenticata la notizia dell’improvviso crollo dei Bot (sotto il due per cento: mai successo). La spiegazione ufficiale è che si tratterebbe di “distrazione di un operatore”. Dibattito chiuso.
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Europa. “Un inmigrante muere y otros 13 desaparecen tras naufragar una patera cerca de Fuerteventura. El cadáver de una inmigrante ha sido hallado hoy en la playa de Solana Matorral, en el sur de Fuerteventura, y Salvamento Marítimo busca a otros 13 desaparecidos. Todos viajaban en una patera, con 26 personas a bordo, que ha naufragado cerca de la costa” (El Pais).
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Beppe Panella wrote:
< E meno male che c’è rimasto Sciascia! Di Meli si può fare a meno (se non si studia storia della letteratura italiana),ma di Sciascia no.Come pure di Pasolini che era probabilmente agli antipodi di Sciascia ma ugualmente essenziale nell’Italia anni ’70. Ora che non ci sono più se ne sente veramente la mancanza >
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Franco Mistretta wrote:
< Caro Sergio, magari non ce la farai: in realtà prego gli dei (essendo ateo li prego tutti per non sbagliare) che invece ce la faccia e noi con te. Ma già il solo fatto che D’Alema e Bertinotti si spacchino il egato dall’invidia mi riempie di gioia e mi porta a prometterti tutto il mio impegno per tutto il tempo che sarà necessario >
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Fronte Internazionalista per la Liberazione del Tapiro wrote:
< “Il fatto è che oggi ci sono in movimento più donne. Non come noi, che eravamo maschilisti. Noi avevamo il coraggio dei passamontagna, delle bandiere, degli Erri De Luca. Loro hanno il coraggio mite, “femminile”, di Agnoletto in Palestina…”.
Ma è possibile che per un pezzo di poesia come la storia alla guisa di A.C. su ciò che sostiene la Sicilia, Ella (come diceva Togliatti) ci debba ammorbare con una così gommosa e fetente massa di retorica? >
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Daniele wrote:
< “Adel Smith (…) la prossima volta ci scapperà il morto”. Secondo me siamo anche alla vigilia di Matteotti, caro Riccardo. Sto meditando se non sia il caso di andare in giro con una stella a sei punte fatta di due triangoli di kefia…>
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Jibril Mandel wrote:
< “Il fanatico “islamista” picchiatore e picchiato – tutto in diretta, alla tv – è musulmano, mi pare, quanto lo sono io…”.
Io invece sono musulmano; e come musulmano non posso giudicare il grado della fede di un altro essere umano: solo Dio lo può. Tuttavia posso emettere una diagnosi – c’è uno psichiatra che sia inibito in questa sua possibilità? Ci mancherebbe – Ecco la diagnosi: questo individuo è uno psicopatico, particolare devianza psichica detta anche sociopatia. Qualsiasi dizionario di Psicologia dà una descrizione esauriente dello psicopatico, descrizione che si attaglia del tutto a questo individuo. Quel che ci vuole, allora, è un manicomio. Cordiali saluti >
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“Un italiano indisgnato” wrote:
<Carissimo Sig. O., sono adirato nel vedere che tutti Voi giornalisti continuate ancora a scusare, scusare e scusare questo cancro interno che ha l’Italia. Nella mia cittadina per colpa dei “tanto cari” mussulmani nelle scuole sono stati tolti i crocifissi, non si serve più certa carne nelle mense, le feste paesane verranno cambiate perché non è giusto festeggiare le nostre tradizioni ma invece bisogna aprirsi alle altre comunità ed essere rispettosi con loro. Ma io mi domando, loro sono rispettosi con noi?. Io sono stufo di essere in una nazione che fra un po non potrà essere più considerata tale, ma come un CALDERONE! Ha mai sentito dire “Si stava meglio quando si stava peggio?”. Forse con qualche metodo diverso da quelli perbenisti che in 50 anni di Comunismo sono stai fatti, le cose cambierebbero. Se forse si pensasse di più a Dio, alla Famiglia ed alla nostra Italia, le cose sarebberò + giuste per NOI ITALIANI! Concludo col dire che Forza Nuova si sta battendo contro tutti per far si che certi valori tornino a splendere alla luce del sole e non a farli stare oppressi all’ombra di una falce e di un martello.
Le porgo distinti saluti. So che la colpa di queste cose non è sua, lei fa un lavoro difficile, ma che cmq, apporta voce in capitolo >
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Gb wrote:
< Scrivi: “Non so se ora vogliono dare anche la medaglia ai brigatisti: in fondo, non erano che dei precursori. Si comincia sempre con un volantino”. La battuta finale sig Orioles è davvero infelice, e non fà nemmeno ridere… i brigatisti sono tut’ora rinchiusi nelle carceri borghesi ,mentre i fascisti vecchi e nuovi stanno seduti a Montecitorio o a diffondere quei volantini xenofobi e razzisti altro che paradosso!! Si comincia sempre con un volantino?? A fare che cosa? A raccogliere consensi in campagna elettorale? Per fare realmente controiformazione, il volantino dato davanti ad una fabbrica, una scuola , è una delle poche armi rivoluzionarie rimasta a chi crede realmente in un futuro migliore… non sminuiamo anche quella.!! >
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Davanti a una fabbrica o a una scuola sì di certo. Con roba xenofoba o razzista, naturalmente, no. Però nemmeno con le stelle a cinque punte. L’assassinio di Guido Rossa (per esempio) fu preceduta dai volantini che invitavano alla lotta armata. Forse andavano letti con più attenzione. Sono passati trent’anni, e io non sono diventato nè riformista nè berlusconiano: sono rimasto esattamente compagno come allora. Però adesso non chiamerei più compagni che sbagliano quelli là: che magari, umanamente e personalmente erano a volte anche brave persone. Ma qui stiamo parlando di politica, non di persone. Saluti communisti.
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mauritv wrote:
< Anche se Clarence è di chiara matrice sinistroide non trovo giusto che tu offenda gli appartenenti al partito di Forza Nuova definendoli ‘delinquenti’; oppure dicendo che è un gruppo che andrebbe sciolto perché se no bisognerebbe sciogliere anche il pci o quello che ne resta!Sarebbe anche giusto che tu pubblicassi lettere come queste! Poi volevo farti notare che è sbagliato definire i forzanovisti come naziskin! >
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Beh se uno va in banda di quindici a prendere a legnate un altro perché è islamista non si può aspettare di essere definito una persona perbene. Forse è il momento di mettere qualche distanza fra “politica” e legnate: il teppismo è teppismo, punto e basta. Quanto al Pci, tu puoi liberamente scrivermi e io posso liberamente risponderti anche perché in Italia c’è stato un Pci. Leggiti le lettere dei condannati a morte della Resistenza. Poi col Pci uno può essere politicamente in disaccordo (io lo ero abbastanza), ma rispetto a Forza Nuova non c’è proprio paragone. I forzanovisti non sono naziskin, è vero. I naziskin hanno molte giustificazioni, come la rozzezza mentale, la solitudine e l’ignoranza. Forza Nuova invece è un gruppo di politici lucidi, ricchi e bene organizzati. Sanno quello che fanno e sanno benissimo anche che si può giocare a qualunque gioco, a patto di non piagnucolare al momento di pagarne il prezzo.
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Riepilogo
Avevo diciannove anni quando fui chiamato
era l’anno della grande piena
e della Prima Guerra Nazionale
(o la seconda, forse)
e una delle vacche s’era enfiata di stomaco
e il nonno aveva preso due lepri in un giorno.
Quando sono partito c’era molto sole
e mio padre era orgoglioso di me
mia madre aveva polvere in un occhio.
Ci misero in fila ci lessero il proclama
il tenente ci disse che la patria
ma noi avevamo passato la notte sui vagoni
ed eravamo stanchi e non capimmo molto.
Due giorni dopo ci mandarono in linea
tre giorni dopo mi presi la pallottola in faccia.
(Mio figlio si chiama Pablo
ha diciannove anni ma è alto per la sua età
occhi e capelli neri
le orecchie a sventola
è sempre stato con noi in campagna
per questo è un poco timido in compagnia.
Se tu sei stato suo compagno in guerra
dimmi perché non torna).
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)
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