11 agosto 2003 n. 191
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Estate. “Associazione a delinquere di stampo antimafioso”: è il reato contestato dal governo – secondo la nuova normativa – all’ex procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli. Secondo alcuni pentiti, l’uomo si sarebbe più volte incontrato col boss antimafioso Giancarlo Caselli, del clan Procura di Palermo. Il Caselli, noto agli inquirenti da parecchi anni, era stato uno dei principali complici del noto Giovanni Falcone, di cui avrebbe continuato a portare avanti gli “affari” dopo che il Falcone perse la vita in un incidente autostradale nei pressi di Palermo. “La nuova legge – ha dichiarato il portavoce di Forza Nostra – intende stringere il cerchio attorno ai cervelli occulti dell’antimafia”. “L’antimafia – ha incalzato il responsabile giustizia di Cosa Italia – non è composta solo da sbirri e carabinieri ma anche da insospettabili “colletti bianchi” che ne sono in realtà l’elemento più pericoloso”.
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Palle. Il calcio, naturalmente, in Italia non esiste più da diversi anni ed è semplicemente una delle tante branche della “new economy”: bilanci falsi, giochi in borsa e attività fasulle. “Panem et circenses”: con la differenza che il panem, in euri, costa il doppio di prima e per vedere i circenses spendi un sacco di soldi per la pay-tv. Forse si salva il Chievo, ma tutti gli altri sono bande di imbroglioni. Perciò non varrebbe la pena di parlare degli “scandali” (in realtà, la normale imprenditoria italiana, che qui si mostra più al naturale). Mi diverte moltissimo pensare che i primi a uscire nudi dello scandalo sono stati gli imprenditori-manager del Catania. Una squadretta da serie D, con l’unico atout d’una tifoseria più teppista di altre, che a un certo punto pretende di salire in serie B, non avendocela fatta a pedate, a colpi di carta bollata. La federazione calcistica (altra bella cordata di marpioni) cartabolleggia di rimando; e qui scoppia la guerra.
A Catania la brava ggente, che vota senza un rimorso al mondo per i peggiori ladroni e a volte per i mafiosi, sul calcio si mobilita in massa: urla, cortei, vagoni di coglionazzi che partono tutti incazzati per protestare a Roma. Il “caso Catania”, appunto. Di caso Catania, per la verità, i nostri sette lettori ne sentono parlare da tre anni: magistrati che hanno rapporti con mafiosi, politici che li sostengono, Procura porto di mare, i pochi giudici che protestano minacciati a furor di politici di deportazione. Va bene. E dopo tre anni di questa storia, finalmente esce una dichiarazione di un magistrato catanese: e non un magistrato qualunque, ma nientepopodimeno che il procuratore generale della repubblica, Ecc.mo Dott. Proc. Giacomo Scalzo. “Giustizia! – proclama il valoroso togato – Sul caso Catania deve alla fine prevalere la giustizia!”.
Era ora! Una città non può andare avanti con un palazzo di giustizia sospettato, col “caso Catania” appunto. Meglio tardi che mai, ma alla fine almeno uno dei responsabili del Palazzo se n’è accorto, e ora finalmente alza la voce a chiedere giustizia.
Disgraziatamente, il caso Catania per cui il dottor Scalzo s’entusiasma non è affatto quello di politici e mafiosi, ma quello della squadra di calcio. Per la squadra di calcio, e non per la giustizia sputtanata, il magistrato catanese alza la voce. “Il minacciato o paventato decreto legge Urbani renderebbe un cattivo servizio al principio di legalità, creerebbe confusione!”. E uno: il massimo magistrato cittadino mobilitato come un ultras qualunque per il Catania Calcio. “Per fortuna – aggiunge Scalzo – un uomo politico con alto senso dello Stato, il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, è contrario al decreto”. E due: un giudice in servizio che corteggia un politico, senza vergogna. E tre: l’intervista in questione esce sul quotidiano locale che da almeno vent’anni difende tutti gli imprenditori collusi. Ma c’è un quarto punto, il più desolante di tutti. “Avanzo una modesta proposta: devono andare via i quattro Cavalieri dell’apocalisse, Pescante, Petrucci, Carraro e Matarrese, i quali per il bene dello sport devono essere allontanati”.
A Catania, l’espressione i “quattro Cavalieri dell’apocalisse” ha una sua storia precisa, e insanguinata. “I quattro cavalieri dell’Apocalisse” è il titolo che Giuseppe Fava sparò in prima pagina sui Siciliani per denunciare i quattro imprenditori collusi – Rendo, Graci, Costanzo e Finocchiaro – che “con la complicità della mafia” (come disse il generale dalla Chiesa) portavano avanti i loro affari. Dalla Chiesa fu assassinato pochi mesi dopo aver detto queste parole. Giuseppe Fava fu ucciso esattamente un anno dopo quella copertina. Decine e decine di giovani, centinaia di cittadini, fecero – dopo la morte di Fava – di quelle parole la loro bandiera. Lottarono e lavorarono, con sacrifici immensi ma sempre illuminati da quel dovere, finché i “quattro Cavalieri dell’apocalisse” non furono spazzati via. Nè il palazzo di giustizia catanese, nè in particolare il dottor Scalzo, ebbero gran parte in quella battaglia, che lasciarono isolata e negletta per oltre dieci anni. E ora, tanti anni dopo, finalmente Scalzo s’accorge dei Cavalieri; ma non i Cavalieri veri, quelli che facevano paura, bensì i cavalieri pallonari.
Un giudice viene mandato via da una città quando il suo comportamento risulta “incompatibile” con la città per comportamenti magari non illegali ma comunque non usuali. Nel caso di Scalzo, vale l’oppposto: egli è fin troppo compatibile con la Catania peggiore, quella che fa casino per una squadra di calcio e nel frattempo tollera gli affari più loschi e più penosi. Non possiamo pertanto chiedere, al Csm o al Presidente Pertini, l’allontanamento di Scalzo. Per coerenza, chiediamo dunque che egli venga invece nominato d’autorità sindaco di Catania. In quale lista? “Forza Catania” o “Falange rossazzurra”, a sua scelta.
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A darmi la prima notizia di questo scandalo è stato un coraggioso collega catanese, il giornalista Marco Benanti. Tre anni fa fu già tra i primi a smascherare il caso Catania, quello vero. Da allora, egli è oggetto di una fredda e calcolata persecuzione per impedirgli di scrivere e possibilmente di fare il giornalista. Attualmente per sopravvivere – mi dicono – quando può fa l’operaio. Segnalo questo caso alla Federazione della Stampa, se esiste ancora. Alla Federazione ricordo che già otto giornalisti antimafiosi sono stati assassinati dalla mafia in Sicilia senza che essa abbia mosso un dito, durante la loro vita, per sostenerli. E adesso c’è Benanti. Colleghi del Sindacato, non copritevi di una nona vergogna.
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Bavaglio. Adesso lo vogliono imporre a Peacelink, il principale sito pacifista italiano. Un certo Corrado Daclon ha chiesto cinquantamila euri di danni per la pubblicazione di un appello pacifista (già largamente diffuso in rete) nel quale per errore era stato messo fra i firmatari. “Io faccio il consulente per la Nato – s’è incazzato il tale – Se passo per pacifista perdo il lavoro!”. In effetti il signor Daclon è uno degli individui più militaristi che si possano incontrare. Gira con un Winchester calibro 22, porta sempre l’elmetto, nei periodi di ferie va a caccia di arabi nella giungla, lavora al progetto “Stermina e Spara” della Armaggedon Foundation e in pausa pranzo il suo passatempo preferito è di sparare col fucile a piombini ai colombi che becchettano sui davanzali. Un mangiafuoco, insomma: del resto ha appena ricevuto il “Premio Tartarino” assegnato ogni anno dalla città di Tarascona. Ci sembra che tutte queste testimonianze – che siamo pronti a ripetere in tribunale – rendano piena giustizia al signor Darlon, che a questo punto potrebbe facilmente ritirare la sua querela. Se tuttavia dovesse insistere saremmo costretti a dar mandato al nostro legale (il compagno Pecorella del Soccorso Rosso) per una richiesta di danni per cinquecentomila euri nei confronti della Nato. Il termine Nato infatti è legalmente detenuto da me da oltre cinquant’anni e ciò è facilmente riscontrabile dai miei documenti d’identità, in cui figura esplicitamente la dizione “Riccardo Orioles, NATO a Palermo ecc.”. Evidente l’appropriazione indebita del marchio da parte della multinazionale balistica americana, di cui il signor Daclon dichiara di essere un esponente.
Bookmark: www.peacelink.it
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Soggettivamente. “Sono povero”: lo pensa un italiano su due, secondo un’indagine Isae sulla “povertà soggettiva”. Per il 51,4% degli intervistati lo stipendio “non basta mai”. Beh, non si può dire che questo sia uno scoop.
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Oggettivamente. A Milano, secondo la Camera di commercio, qualunque impiegato è in condizioni di comprarsi una casa. Basta impegnare l’intero stipendio per circa sedici anni, rinunciando a mangiare e vestirsi per questo lasso di tempo.
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Americhe. Assassinato a Barranquilla Carlos Barrero, 45 anni, delegato sindacale. Freddato mentre tornava a casa da killer degli “squadroni della morte”, formazioni paramilitari diffuse in quasi tutta l’America Latina. E’ il 497mo sindacalista ucciso in Colombia negli ultimi tre anni.
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Cronaca. Molta ironia sui giornali per il ragazzino bergamasco – molto abbronzato – picchiato al grido di “sporco negro” da un branco di razzisti a Rimini. Cent’anni fa i bergamaschi venivano picchiati al grido di “macaronì”, in Francia, anche se erano chiari di pelle. Il colore è un optional, basta aver l’aria di un povero per risvegliare certi istinti.
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ivanvirgilio@virgilio.it wrote:
< A proposito della sinistra e delle “tolleranze” con la mafia. Non capisco una cosa. Quando Claudio Fava è stato Segr. Regionale Ds la lotta alla mafia è sicuramente diventata la priorità della sinistra siciliana. Avveniva pochi anni fa. E tuttavia questo non ha pagato, e lui, dopo la sconfitta del suo partito per non ricordo quale elezioni (mi sa le ultime europee) si è dovuto dimettere. Che cosa non ha funzionato? Non è che noi (la società civile, i movimenti, tutti coloro che giustamente si incazzano per vicende come quella di Crisafulli) non l’abbiamo, dentro e fuori il partito, sostenuto a dovere? >
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I “movimenti” palermitani hanno sostenuto la candidatura di Cocilovo, il sindacalista che si vendeva gli scioperi. Se la società civile è questa, figuriamoci quella incivile.
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saxfi@tiscali.it
< ieri fermati i pacifisti che dimostravano contro il muro della vergogna in palestina. domenica vado a bethlehem ed al qalil (hebron). a presto da filippo, siciliano a roma >
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Ing.Lodovico Bonfiglio wrote:
< Si potrebbe realizzare una centrale idroelettrica nello Stretto di Messina o in siti dove ci sono forti correnti marine, utilizzando un mio brevetto: una particolare turbina che, posizionata in mare, genera elettricità dall’energia del mare. Il dispositivo immette l’acqua in un convogliatore tipo imbuto, che ha all’interno delle pareti un sistema che mette subito in rotazione l’acqua, dandone un verso, che si va a convogliare con potenza in un cilindro, nel quale si trova orizzontalmente un’elica da cui tramite un giunto cardanico l’energia rotatoria arriva ad un generatore elettrico. Da stime ENEA, lo Stretto di Messina ha una potenziale energetico paragonabile alla diga delle Tre gole sul Fiume Azzurro in Cina: 18.200 megawatt, pari a quello di 18 centrali nucleari. Se costruissimo una centrale da 200 megawatt, che costerebbe circa 100 milioni di euro, si fatturerebbero circa 500 milioni di euro all’anno >
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Paolo wrote:
< Da molto tempo penso che l’on. D’Alema sia il miglior alleato di Berlusconi. Non è mai stato chiaro, ad esempio, da dove siano venuti i voti che gli hanno permesso di vincere nel collegio di Gallipoli contro il candidato della Cdl Mantovano. Per questo ritengo che i compromessi con questo personaggio siano sostanzialmente compromessi a favore di Berlusconi >
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antonino wrote:
< Una storia che gira in Fiat riguardo alla differenza tra Ghidella (un ingegnere, un “tecnico” che sapeva fare e amava le automobili) e Romiti (un finanziere, quasi un biscazziere!). Ai tempi di Ghidella le auto si facevano così: per poter vendere, che so, una Fiat Uno, questa non poteva costare (per esempio) più di 100. Tolto il costo di progettazione, di sperimentazione, di produzione e di marketing ottenevo il mio guadagno come azienda. Quando è arrivato Romiti il ragionamento è diventato: una Uno per vendere non può costare più di 100, io (Romiti) voglio guadagnarci 30, per cui avete 70 per realizzare la vettura! La differenza di fondo è notevole e spiega perché la Fiat ha perso mercato, mentre gli azionisti (quelli grossi!) ci hanno guadagnato uno sproposito! Infine, sulla Gingo. Il nome Gingo non è stato scelto da nessun manager Fiat, bensì da una società multinazionale (la Nomen) in “naming”, ovvero nell’ inventare i nomi. Sembra che il nome Gingo non piacesse a Morchio (oltre che al 90% dei dipendenti Fiat), che ha approfittato della “minaccia” di Renault per imporre il cambiamento in Panda, che invece è molto amato in tutto il mondo (oltre che essere la scelta più logica!). Infine, permettimi una punta di italico orgoglio (per una volta!): scrivi che il nuovo modello è molto simile alla Twingo… beh, lasciami dire che non c’entra nulla nè come “forma” nè come “sostanza”. La Gingo-Panda, vicissitudini sul nome a parte, è una *vera* automobile (cioè, io mi fido di andarci, che so, da Torino a Catania), mentre la Twingo, mi scuseranno quelli che l’hanno comprata, è proprio una scatoletta!! :-) >
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pino wrote:
< Il problema non è tanto battere Berlusconi con i girotondi ma evitare che poi i soliti gattopardi siedano in salotto con i presunti “sconfitti”. Questi gattopardi in Sicilia hanno nomi precisi: da Ciancio a Bianco, da Cocilovo a Beretta e lasciamo perdere l’album di famiglia.
Qualcuno avrà la forza di ricordare ai soloni della sinistra che se oggi Lombardo difende Cuffaro è anche merito di quel presidente della regione e di quel segretario diessini che hanno consentito a Totò “vasavasa” di restare saldamente in sella al più strategico degli assessorati regionali “agricoltura” sia col centrodestra che col centrosinistra? Ci sarà un compagno a ricordare ad alta voce che se Castiglione oggi blatera contro quel pericolo comunista-anarcoide di Nico Marino è anche grazie al sottile lavoro di delegittimazione degli apparatinick della sinistra catanese che hanno sposato il silenzio sulle villette e le straducole di San Giovanni La Punta inibendo ogni tentativo di indagine e di disvelamento della perniciosa consistenza del Caso Catania? C’è qualcuno che vorrà ricordare alla sinistra che il congresso dei verdi è stato vinto da una fazione appoggiata da un luogotenente di Santapaola di lì a poco fotografato mentre incontra in Toscana un senatore dei Verdi: personaggio che è tra i vincitori del congresso di Chianciano? Vogliamo seguire la “pista rossa” che corre tra Catania e Palermo e gli appalti e che può portarci a scoprire i veri mandanti dell’assassinio di Pio La Torre, Carlo Alberto Dalla Chiesa e Pippo Fava? Ecco vogliamo parlare di queste cose? Vogliamo gettare un discrimine tra chi si è impegnato a svelare le cocilovate e chi vi si è alleato difendendo l’indifendibile e tradendo la propria ragion d’essere? Se questo è il progetto ci sto. Diversamente, di portare acqua ai “principini” di derobertiana memoria, non me ne frega niente >
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AntonellaConsoli <libera@libera.it> wrote:
Voi che ancora amate
< Voi che ancora amate
conservatene l’essenza in uno scrigno
presto, chè già comincia la bufera. >
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La ballerina
< L’ombra
delle mie mani sul muro
danzerà come la ballerina
che non sono mai stata >
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Domani i nostri passi
< Domani i nostri passi
risuoneranno separati
diversi marciapiedi, diverse città del mondo
lo stesso ricordo per tutt’e due,
poeti
senza più cielo.
Quando mi abbracciavi in silenzio. >
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Il tiepido respiro dell’altro
< Svegliarsi, stretti accanto
e senza alcuna percezione, tranquilli.
Il tiepido respiro dell’altro. >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)