27 ottobre 2003 n. 202
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< Termina qui la lotta al potere mafioso per questa generazione. Abbiamo ottenuto dei risultati: Sindona, i cugini Salvo, i cavalieri catanesi. Siamo stati sconfitti su tutto il resto. Queste vittorie parziali ci consentono tuttavia di guadagnare del tempo, di allontanare di qualche anno il pieno radicamento del sistema. L’esito finale è comunque, probabilmente, quello russo: marginalizzazione dei meccanismi democratici, istituzionalizzazione dei poteri di fatto, pubblica assunzione dei poteri da parte delle yakuza.
Le lotte di questi quindici anni – Borsellino, Falcone, la primavera di Palermo, Robertino Antiochia, i Siciliani, Chinnici, i giudici ragazzini morti e vivi – sono servite semplicemente ad allontanare di alcuni anni questo esito. Che è tuttavia il più realistico, nel giro di alcuni anni. La componente Berlusconi è stata ormai pacificamente accolta, a livello tanto istituzionale quanto culturale, nel sistema politico italiano. Ora, ci sono dei problemi tecnici – come trapassare stabilmente da D’Annunzio-Salandra a Mussolini? come far convivere il vecchio Senato del Regno con la moderna Camera dei Fasci e delle Corporazioni? – ma sono problemi tecnici, per l’appunto.
Da siciliani, non riusciamo a respingere un qualche (inutile) orgoglio per il fatto che stavolta, a differenza degli anni Sessanta, non è stata la Sicilia a cedere, ma il rimanente del Paese. Così anche potremmo credere (con lo stesso irrazionale campanilismo) che questa piccola terra, da tanti apparentemente inutili dolori, sortisca almeno – e se non subito, con gli anni – una diversa coscienza di sè, una mitopoiesis alimentata dalle vite versate. Ma stiamo divagando.
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Siamo stati, così hanno detto, una sinistra giacobina. La verità è che lo siamo stati per troppo poco tempo e troppo poco. Siamo stati sconfitti perchè, avendo appena sfiorato il “giacobinismo” (la democrazia di massa, la libertà, la coincidenza fra “politica” e vita quotidiana) siamo rapidamente rifluiti nel buon senso tradizionale – girondino. Non ci bastava l’Ottantanove, non ci fidavamo dei citoyens: avevamo bisogno di un Napoleone. E dunque, coerentemente, abbiamo puntato tutto su una battaglia convenzionale. Waterloo.
I liceali palermitani dell’Ottantatrè. I giovani della Fgci di Battiati, l’anno dopo – i primi a presentarsi, nel giorno della battaglia, ai Siciliani. I duecento ragazzi che hanno lavorato in Sicilia, fra l’84 e l’85, con SicilianiGiovani. Antonio che ora fa l’operaio a Bologna, ed era una colonna del Coordinamento Antimafia di Palermo; Fabio, che ora insegna in una qualche scuola di provincia, e le sue inchieste sui quartieri palermitani, riprese dalla stampa francese ma non da quella italiana. E il Cocipa, e il Centro Impastato, e Città per l’Uomo, e Città Insieme, e i Siciliani: povere e vittoriose armate sanculotte, guardate con degnazione dai generali perbene.
Pochissimi, di quei giovani, sono politicamente sopravvissuti. I più, emarginati senz’altro dopo il novantatrè; i meno, avaramente cooptati nella sinistra ufficiale; ma a condizione di lasciar perdere fraternitè e libertè e camice rosse, bardati con galloni inutili, non più da baionetta ma da parata. Tenenti garibaldini, a Calatafimi e Milazzo; colonnelli sabaudi, a Custoza.
E’ allora, negli anni dell’Occasione Perduta, che la sinistra si è suicidata. Non c’entrano la Russia e il comunismo, è stato un suicidio tutto italiano. O c’entrano, se c’entrano, molto alla lontana. Nata nel ferro e piombo della guerra mondiale, cresciuta fra le barbarie degli anni Trenta, costretta – per sopravvivere – a svilupparsi come esercito gerarchizzato, la sinistra italiana ha nel suo Dna la divisione fra una base combattiva e vivace, legata alla società civile e spesso sua diretta espressione, e un apparato dapprima aristocratico e poi oligarchico, aperto nelle tattiche ma chiuso alle strategie; abile nelle battaglie regolari ma impacciato nella guerra a largo raggio. Questa divisione le ha permesso di sopravvivere di fronte alle respressioni di Scelba e di Mussolini. Le ha impedito di vincere, o anche solo di comprendere fino in fondo che cosa la società le chiedesse, negli anni dell’antimafia e nel Sessantotto.
La lotta ai poteri mafiosi, quando ricomincerà, dovrà affrontare tutto questo. Il torto della mia generazione è stato di avere rimosso tutto questo, di aver preteso – per nostro poco coraggio intellettuale – di lottare per la democrazia senza prima risolvere i problemi profondi di democrazia nella nostra cultura e al nostro interno. La prossima generazione – perchè è solo ad essa che possiamo rivolgerci ora – terrà conto, se vorrà vincere, di questa feroce lezione. Non c’è antimafia, e non c’è sinistra, senza i liceali di Palermo. Non c’è antimafia, e noc’è sinistra, con le cerimonie “unitarie” al chiuso.
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La vecchia mafia – il vecchio potere mafioso – operava in un quadro internazionale “repubblicano”, avente per referente degli stati nazionali. L’America della guerra fredda, l’Italia con la sua appendice meridionale, la stabilità di forze e schieramenti i cui movimenti erano limitati dal sostanziale stato di guerra. Adesso, è tutto più fluido e più veloce. L’America, come soggetto unitario, forse esiste già poco; l’Italia, come ogni altra nazione del vecchio mondo, ha una densità politica forse superiore a quella del Belgio ma certo inferiore a quella di una multinazionale. In questo nuovo quadro, un potere mafioso rischia di essere già ora – ma molto di più fra qualche anno – non più una patologia parassitaria, sia pur pesante, ma proprio una delle forme fisiologiche dell’organizzazione del pianeta. Dopo Badalamenti, Eltsin; non i corleonesi. La Sony, la Coca Cola, e Cosa Nostra. La cultura mafiosa si smafiosizzerà, ma sarà pervasiva.
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Non so su che mezzo stai leggendo, in questo momento, queste righe. Al momento in cui scrivo, non so se esse verranno pubblicate da un giornale, e da quale, o se le diffonderò tramite Internet, o se mi stai leggendo grazie a una stampante laser a 300 dpi – o su un volantino. Faccio il giornalista antimafia da vent’anni, e al ventunesimo anno non sono affatto sicuro di potermi far leggere da te con mezzi “regolari”. Probabilmente, questo ha qualcosa a che fare con le faccende di cui sopra >
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Questo era il primo numero di “tanto per abbaiare”, esattamente quattro anni fa. Da allora la situazione non è cambiata. Nemmeno noi.
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Inciuci. Catania. Il “programma di riqualificazione urbana” è vitale per i principali costruttori cittadini – Virlinzi, Cassar, Toscano, Sidoti, Musumeci e Fargione – nonchè per i padrini politici e imprenditoriali delle nuove “grandi opere” locali: nuovo porto turistico, nuovo aeroporto, cementificazione dell’ex Oasi del Simeto, metropolitana. Esso prevede infatti finanziamenti per oltre duemila miliardi di vecchie lire, da spalmare su tutte le imprese e gli imprenditori sopra elencati. Per una serie di circostanze, al momento di votare in consiglio comunale, alle quattro di notte, manca il numero legale. Panico nella maggioranza di centro-destra. Ma non solo fra quella, a quanto pare: dopo una breve interruzione, la seduta ricomincia, e il numero legale stavolta c’è. Consiglieri di destra tirati fuori dai loro letti e mandati a votare in tutta fretta? Non esattamente. A rientrare in gran fretta sono i consiglieri di centrosinistra: grazie a loro il numero legale viene raggiunto e il benefico provvedimento finalmente passa.
In città, due settimane fa, una ragazza è morta travolta dall’acqua piovana giù per la strada. Incidenti del genere si ripetono puntualmente a ogni inizio d’autunno, dato lo stato di acquedotti e strade (mancano i soldi per la manutenzione). Altri cittadini vengono regolarmente uccisi attraversando la strada (mancano i soldi per le strisce pedonali) o cascando dal motorino (mancano i soldi per colmare le buche). Però i soldi per cementificare l’Oasi o per fare i megacentri turistici, quelli ci sono. E sono soldi bipartizan, a quanto pare. Secondo Legambiente, fra le 103 province italiane Catania si colloca, per qualità dello sviluppo, esattamente al novantanovesimo posto. Ma quelli di Legambiente sono compagni all’antica. E i compagni moderni? Quelli che votano i contributi agl’industriali insieme con la destra.
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Di Catania (che ha il primato italiano di criminalità minorile) s’è parlato al convegno su minori e giustizia organizzato dalla carovana antimafia. E’ intervenuto il vecchio presidente del tribunale dei minori, Scidà: “Il monopolio dell’informazione a Catania è concentrato tutto nelle stesse mani. Ma il problema non è solo l’informazione di Catania ma anche quella su Catania. Per i media nazionali infatti Catania è un tabù”. Gli intellettuali? “Nessuna società può vivere senza il loro sacerdozio laico, sovranità della ragione, autonomia e coscienza. Qui hanno tradito”. La giustizia? “Riguardo alla mostruosità delle reciprocità di competenze penali tra Reggio Calabria, Messina e Catania non si leva una voce se non da fuori. Nessun catanese”. L’Antimafia? “Dovrebbe fare l’ufficio suo e venire nella nostra città”. Il ministro della Giustizia? “Si rivolge a Catania contro un magistrato colpevole di avere indagato”. E la sinistra? “La sinistra significa essere giusti, amare la verità, battersi per chi è debole, non consentire mai alla manipolazione della verità. Lo abbiamo visto con il Caso Catania, calci dati alla giustizia, divenuti calci dati a un pallone”. Ovviamente, tutte parole censurate: nè Ciancio nè Repubblica le hanno pubblicate. Leggetele almeno qui.
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Resistenza. Un quartiere dove si può andare in giro con il portatile sempre connesso all’internet, i cui abitanti possono entare in un qualche locale e navigare gratis, oppure imparare a usare e configurare GNU/Linux o farsi la webradio. Non è un sogno cyberpunk ma quello che da settembre i ragazzi e le ragazze del Reload provano a fare all’Isola a Milano. Per ringraziamento si sono già beccati uno sgombero e si apprestano a subire il secondo: il comune rivuole la bottega di via Confalonieri che ha lasciato abbandonata per dieci anni. Per convincerli a fare presto giovedì gli ha staccato la luce. Reload andrà avanti con le batterie d’automobili, gli inverter e tanta passione. (Shining)
Bookmark: http://reload.realityhacking.org
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Notiziola. Berlino. Il padrone di un alsaziano di nome Adolf, cui aveva insegnato ad alzare e stendere la zampa destra compiendo alla perfezione il saluto nazista, è stato denunciato per “diffusione di simboli di un’organizzazione contraria alla costituzione”. In Italia invece abbiamo ministri che sputano sulla bandiere e presidenti del Consiglio che confondono dittatori con organizzatori di villeggiature. Mah. (Tiziano Grassi)
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Kameraden. Ricordate quando il signor B. si mise nei guai per aver dato del “kapò” a un tedesco che lo criticava? Bene, mica se l’è dimenticata. Adesso ha mandato, a dirigere la cultura italiana a Berlino, un professore “di chiara fama” con l’incarico preciso di insegnare ai tedeschi come si fa ad essere buoni nazisti. Il professor Cristin – l’inviato berlusconiano a Berlino – è infatti noto per il suo Elogio di Pinochet, pubblicato il 2 novembre ’98 sull’organo della Famiglia B.
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Palestina-Israele. “Elon peace initiative” è il piano di pace dei coloni israeliani rappresentati dal ministro dei trasporti Benjamin Elon (residente a sua volta in un insediamento nei Territori occupati). Prevede pressioni sul governo israeliano per la realizzazione dei seguenti punti: dichiarare l’Anp nemico dello Stato; distruggere tutte le infrastrutture terroristiche in Giudea, Samaria e Gaza; annullare l’accordo di Oslo e smantellare l’Autorità palestinese; negoziare la collocazione dei palestinesi in altri paesi arabi; smantellare i campi profughi; accettare il principio dei due popoli due Stati sulle due rive del Giordano (giordano-palestinese con capitale Amman e israeliano con capitale Gerusalemme); dare la cittadinanza giordano-palestinese sia agli arabi di Giudea, Samaria e Gaza che a quelli attualmente con cittadinanza israeliana; espulsione dall’altra parte del Giordano dei palestinesi che non accettino questi termini. (yurj@alfa.it)
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Informazione. Diffusa da Reporters sans Frontieres l’annuale “classifica” della libertà di stampa nei vari paesi. Pessima la situazione in Asia, dove regimi “capitalisti” e “comunisti” (dalla Cina alla Birmania, dal Turkmenistan alla Nord Corea) gareggiano nell’incarcerare i giornalisti. Peggiorata nei paesi arabi. Discreta, tranne che in Italia (concentrazione delle tv in mano al governo ) e in Spagna (minacce terroriste e leggi “antiterroriste”), la situazione in Europa; cattiva in Russia, Ucraina e Bielorussia, dove pre e post-comunismo non sembrano sotto questo profilo differire molto. Pessima a Cuba, con 26 giornalisti arrestati in un anno. Precaria in Africa, con numerose vittime fra reporter locali e stranieri. In alcuni paesi (Bangladesh, Colombia, Filippine) le violenze contro la stampa vengono da soggetti privati mentre i governi sono responsabili di mancata protezione. Contraddittoria la situazione di Stati Uniti e Israele, ai primi posti per la libertà d’informazione in patria ma agli ultimi per il comportamento tenuto fuori dalle proprie frontiere, dove si sono resi responsabili (Iraq, Territori) di diverse uccisioni di giornalisti. Ricchezza e libertà di stampa non vanno necessariamente di pari passo: i giornalisti girano liberamente in paesi poverissimi cone il Benin o Timor-Est ma imbavagliati in paesi ricchi come Bahrain o Singapore.
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Cronaca. Gallarate (Varese). Il comune ha ordinato un’esercitazione antiterrorismo. Alle 15 entra in municipio un gruppo di persone che grida e spara con pistole a salve, mimando un’incursione armata. Sirene, confusione, accorre la polizia. Scene di panico fra i dipendenti comunali (non avvertiti): due vengono portati via in ambulanza, uno ricoverato all’ospedale in stato di choc. I vigili presenti in sede (non avvertiti neanche loro) per fortuna non hanno sparato a nessuno.
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Spot. E’ pronto il primo capitolo della Storia della Letteratura Italiana on-line, dedicato allo Stilnovo. Sono 42 pagine in formato pdf, stampabili con note e tutto. Si possono usare da subito a scuola, non costano niente e si scaricano su http://scuolaonline.supereva.it. Già in lavorazione i prossimi capitoli. I professori interessati a dare una mano possono mettersi in contatto fin d’ora per partecipare alla stesura dei testi.
Info: faillaci@tiscalinet.it
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nocina.net@libero.it wrote:
< Scanner è lo strumento. Scansione il sostantivo. Per i puristi italiani, se ancor ce ne sono, il verbo sarà scansionare. Per i più ferventi sostenitori dell’inglese il verbo sarà scannerizzare. Un neutrale “fare la scansione” troverà tutti d’accordo. Scandire si fa innanzitutto con il ritmo, poi col tempo e con le parole.. scannare si fa col maiale… anche se purtroppo non posso tacervi che il vocabolario della Treccani non ha difficoltà a sostenere che il QUARTO significato dei verbi scandire e scannare è proprio quello di “eseguire l’operazione di scansione” e “passare allo scanner”… Fate vobis, con l’umile richiesta di portar rispetto per la lingua che vi permette di esprimervi >
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kanak@libero.it wrote:
< “Attualmente la Catena è presente su molti siti, ma in nessun caso con un archivio completo a partire dal numero uno…”. Devo smentirvi con orgoglio: ho fatto l’archivio su . Se volete prendeteli di là >
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Alessandro wrote:
< Caro Rutelli, vacci tu, in Iraq. Arruolati. Ognuno ha il diritto alle sue opinioni. Ma non azzardarti più a nominare la parola “sinistra”. Se fate la lista unica, annullo la scheda >
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antonino wrote:
< Una precisazione! La regione Sicilia sponsorizzava la Jordan e non la Renault, credo principalmente perché vi correva Giancarlo Fisichella (che ha sì cognome siculo ma non vi ha mai messo piede essendo romano verace). Resta la domanda: che cosa c’entra una regione con la Formula 1? Anche perché quei soldi (e parlo da appassionato di corse automobilistiche) li potevano spendere per aggiustare il circuito di Pergusa che versa in stato penoso, o per incentivare le serie minori propedeutiche, con la speranza di tirar fuori qualche pilota siciliano! >
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Massimiliano wrote:
< “Saddam almeno fucilava e basta…” Ma ti rendi conto di quello che scrivi? Sono inorridito di fronte a simili cose: vi lamentate, voi di sinistra, se Berlusconi difende Mussolini di fronte a Saddam Hussein e poi scrivi cose del genere… ma sei impazzito? E’ giusto che Saddam uccidesse tutte quelle persone? Ah già… era solo per non farli soffrire, dopo averli bombardati… che animo tenero!! e noi che lo consideravamo un animale! Non sono d’accordo con le tue idee, ma con questa frase sei proprio caduto in basso. Che delusione, credevo si potesse parlare con la sinistra, ma mi accorgo che i “macellai” di staliniana memoria esistono ancora e si permettono pure di ammetterlo >
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ghersim@libero.it wrote:
< sarei curioso di leggere la lista P2 al completo. Dove posso trovarla? Ma scusa non meriterebbe di essere publicata, così senza un perché, solo per ricordare: al rovescio di come si fa con i patriotti e i martiri. chi ha fatto danno e forse continua a farlo? >
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Simonmattia wrote:
< Una chicca: da tempo frequento, per lavoro, un professore che collabora anche alla pagina culturale di un quotidiano. Questo professore, uomo di sterminata cultura e amabilissimo conversatore, mi ha raccontato tempo fa di aver ricevuto una telefonata da un avvocato frequentatore del sottobosco politico-affaristico romano, il quale gli chiese se potesse fornirgli una sua dichiarazione firmata e scritta su carta intestata dell’Università. “Su cosa verte la dichiarazione?” chiese il mio amico professore. “E’ una richiesta per la candidatura di Licio Gelli al Nobel per la Letteratura”. Il bello è che, a differenza del mio amico professore, alcune istituzioni e, soprattutto, diversi Istituti di Cultura Italiana all’estero hanno appoggiato questa candidatura >
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Mauro Biani wrote:
< Che dolore potrà sopportare (il clandestino) Mohamed? “E’ toccato a lui far scivolare in mare sua moglie (clandestina) e anche suo figlio (clandestino) che aveva appena 7 anni”. Nel ricordo risultano ancor più nauseabondi e penosi i discorsi acchiappavoti di molti nostri “progressisti”: “Sì all’immigrazione… se regolata, monitorata, quotizzata, tanto quanto, richiesti e reclutati dalle piccolemedieimprese, scelti per specialità…”. Il capolarato di stato >
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marconibbio@libero.it wrote:
< – Come cammina un funambolo? – chiese il ragazzo,
– Con passo deciso -, rispose l’uomo accennando un sorriso, e continuò:
– Flebile, con piedi di piuma e peso di nuvola, è amico del vento come solo gli uccelli -. Poi alzò lo sguardo ad attendere conferma dal cielo per le parole appena pronunciate, il ragazzino ripeté il gesto e attese uguale. Il cielo era limpido, un blu di montagna merlettato di bianco ma senza ordine, almeno senza il nostro concetto di ordine.
– E che c’è di bello? – chiese ancora il ragazzo.
– Il panorama -, rispose l’uomo >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)