3 novembre 2003 n. 203
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S. T. V. B. E., E. V.
Caro Cornelio, ti mando volentieri le delucidazioni che mi hai chiesto: come vecchio prefetto, mi sembra mio dovere illuminare i colleghi più giovani sulle questioni essenziali del servizio. E veniamo alle tue domande. La croce non è assolutamente uno strumento di tortura. O meglio, lo è anche, ma devi considerarlo soprattutto uno strumento politico, un mezzo di comunicazione, uno dei media. In un certo senso, essa è il simbolo del nostro impero. Prima di noi, infatti, la pena di morte veniva applicata a singoli individui colpevoli, e in maniera kitsch, da terzo mondo (pensa allo scorticamento dei Cartaginesi). Noi invece siamo stati i primi a usarla civilmente e a livello di massa. Da noi non è affatto necessario, per finire sulla croce, di aver commesso un reato individuale: basta appartenere a una categoria o gruppo sociale che, qui e ora, abbia commesso *collettivamente* un reato. Esempio: quelli crocifissi da Crasso lungo la via Appia (seimila, mi pare). Mica tutti spartachisti, ovviamente. Però s’erano trovati là, ed erano degli schiavi. Oppure, tanto per fare un esempio più recente, gli schiavi della casa di Pedanius, dopo la misteriosa morte del padrone. Il pretore decise che era omicidio, e in questi casi la legge è formale: crocifissione per tutti gli schiavi della casa. Erano in quattrocento e finirono appesi tutti. Non per colpe individuali, ovviamente, ma semplicemente perché a) erano schiavi b) si trovavano nel posto sbagliato. Devo dire che ai senatori (tranne quel vecchio stronzo di Aemilius Fides) non piacque affatto questa storia di dover appendere almeno 399 innocenti. Ma non era un capriccio. Lo schiavo deve sapere che cosa succede se l’idea di una rivolta lo sfiora anche solo per caso.
Riepilogando: la croce è quella cosa che serve a tenere al loro posto, giusto o ingiusto che sia, gli schiavi. Senza i quali, come tutti sappiamo, non ci sarebbe nè economia nè impero nè società nè niente. Tecnicamente, presenta il vantaggio di essere relativamente pulita, altamente spettacolare (la gente fa le scommesse sul tempo che uno impiega a crepare), abbastanza tranquilla, e soprattutto mirata. Quest’anno, dei 6457 soggetti messi in croce nell’Urbe, 5945 erano extraitalici, per lo più già schiavi. Anche il 79,9 per cento dei condannati alle galee è costituito da extra, e corrisponde al 28 per cento di tutti i maschi adulti di colore compresi fra i 17 e i 25 anni e al 22, 5 per cento di quelli compresi fra i 26 e i 49 anni (l’età militare, insomma). Ricordati bene queste statistiche: il mio e tuo lavoro consiste essenzialmente nel mantenerle entro i giusti valori, che sono gli unici compatibili con l’Impero.
Che altro, sulla croce? A volte si stabilisce una sorta di strana solidarietà fra centurioni e briganti – gli uni a guardia della croce, gli altri sopra. Mi spiego. Tu sai che, su una croce, il modo migliore per starci è coi piedi non appoggiati a niente, e lasciandosi il più possibile cadere. Se infatti hai dove puntare i piedi, puoi issarti su qualche istante, respirare e dunque prolungare di diverso tempo la faccenda. Ed è esattamente quel che fai se non ci avevi mai pensato prima – se sei un brav’uomo insomma, uno dei 399 o magari uno dei seimila. Se invece il tuo mestiere ti portava a considerare la croce come un rischio professionale, allora sai perfettamente cosa fare: chiudi gli occhi e ti lasci andare. Pedanius (il centurione della Quinta, l’hai conosciuto) aveva l’abitudine di venire incontro a quelli che avevano l’esperienza e le palle di morire da professionisti: un bel colpo di pilum al torace, e chiudeva l’esecuzione in pochi istanti. Una volta, il compare là in alto (si cacciavano a vicenda da due o tre anni) gli ha semplicemente fatto una strizzatina d’occhio, senza bisogno d’altro: e subito Pedanio lo riconosce, sorride, gli strizza l’occhio a sua volta e lo termina con un colpo secco al cuore.
Basta, a furia di chiacchierare (beh, voglio vedere te quando sarai in pensione) mi ero quasi scordato dell’altra tua domanda. Io personalmente non ne ho mai incontrati, ma il mio amico Pontius (è in pensione anche lui) sì; e non uno qualunque, ma addirittura il capo, prima di farlo appendere per ribellione e tutto il resto. Lui dice che era un ragazzo simpatico, una specie d’intellettuale. Boh. In ogni caso, mi pare francamente impossibile che qualcuno, persino i peggiori estremisti, vada a prendere proprio la croce come proprio logo. Il simbolo dei “cristiani” (o esseni, o galilei, o come li vuoi chiamare: in effetti sono semplicemente dei sadducei più estremisti) in realtà è un pesce, non ho mai capito perché (il capo è pescatore?); non è affatto vero che adorano un asino, e nemmeno che fanno sacrifici umani. Sono semplicemente rompicoglioni; ma siccome fanno propaganda soprattutto fra gli schiavi noi siamo costretti a prendere le nostre misure. Per il resto, figurati quanto ce ne frega a noi se uno vuole adorare qualcosa invece di qualcos’altro.
Comunque questa della croce è buona: chi te l’ha raccontata? E come farebbero poi se per caso finissero al potere? Dovrebbero subito abolire la pena di morte e quindi per coerenza anche la schiavitù e gli schiavi! Come barzelletta fra di noi, va bene; ma sul lavoro non affacciare mai un’ipotesi del genere, nemmeno per scherzo: non è professionale. Via, statti bene e ogni tanto scrivimi come te la cavi. E se passi da Baia magari fatti vedere un po’ in villa col tuo efebo. Ave atque vale.
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Siringhe caricate a sonnifero, sparate con lanciarazzi; raggi paralizzanti ad alta temperatura; schiuma autoadesiva al peperoncino; missili filoguidati che gettano reti di gomma. Sono solo alcune delle proposte tecniche allo studio degli esperti militari di esercito, marina, aviazione, artiglieria e giornali vari per bloccare in alto mare gli emigranti che cercano di raggiungere le coste del Belpaese. Questo naturalmente nel quadro di un’integrazione civile e democratica, dei diritti umani ecc. ecc. All’ultimo funerale di annegati infatti sono andati tutti i politici e si sono commossi per quasi tre ore di fronte a tredici salme, le uniche tornate a galla.
Il Senatore Adornato, ex comunista, ex socialista, ex liberale, ex adornista e finalmente funzionario di Berlusconi, sottolinea la necessità dell’assoluta coerenza con le proprie radici culturali. Il Gran sacerdote del dio Po richiama il papa alla necessità di difendere la cristianità minacciata. Il ministro degli Esteri De Michelis denuncia le irregolarità amministrative degli emigranti. Il signor Leoluca Bagarella esprime preoccupazione per il pericolo costituito dall’importazione in Italia di organizzazioni criminali straniere.
L’unico a non aver bevuto di prima mattina, Dino Frisullo, ha detto l’unica cosa sensata che c’era da dire: piantiamola con tutto ‘sto clandestino, tutte ‘ste guardie e tutti ‘sti scafisti; in fondo di che si tratta? di venire in Italia? e che male c’è? “Ma insomma, perché lo stato non mette un traghetto regolare per questa gente, così non hanno più bisogno di morire annegati per diventare italiani?”. Li aveva quasi convinti, perché lui è uno che sa parlare. Alla fine però un onorevole riscuotendosi improvvisamente gli ha puntato contro un dito: “Un momento. Ma lei è morto! Non ha diritto di parola!”. “Effettivamente sì”, ha ammesso Dino. E tutto è ricominciato come prima – guardie, scafisti, negri annegati e politici commossi.
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Kameraden. La Padania del 24 ottobre denuncia “l’accanimento italiano” contro il povero vecchio Erich Priebke. Perché tenere in carcere proprio lui, si chiedono i padani? E’ un’ingiustizia. In fondo il capo della Gestapo di Genova Friedrich Engel, “che ordinò la strage del Turchino e che sovrintese personalmente alle torture” è vivo e vegeto nella sua casa ad Amburgo. A Torino lo hanno condannato all’ergastolo ma la Germania alla richiesta di estradizione “ha risposto ciccia”. Gli italiani hanno addirittura dato la medaglia d’oro – osserva con raccapriccio il giornale – ai partigiani che uccisero i tedeschi a via Rasella… perché dunque questa ingiustizia verso il povero Priebke? La detenzione di Priebke in effetti è un’ingiustizia: avrebbe potuto essere fucilato immediatamente, appena preso. La generosità degli italiani gli ha concesso la vita, e non in carcere ma ai domiciliari a casa sua. La stessa generosità (che meriterebbe però un altro nome) che permette di pubblicare in Italia un foglio apertamente antiitaliano e filonazista come la Padania.
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Gli amici degli emigranti. Ricordate il comune di Delia, il paesino in provincia di Caltanissetta che è stato il primo a dare il voto agli immigrati? A Nadia Scarleoni la notizia è piaciuta, e ha fatto un po’ di approfondimento. < E’ una piccola cittadina di circa 4700 abitanti, proprio al centro della Sicilia. Nella sua campagna crescono mandorli, ulivi, viti e peschi. La vita che vi si svolge è fatta di rapporti quotidiani e amichevoli fra le persone. Il clima mite e il carattere socievole dei suoi abitanti trasformano le strade del paese in luoghi d’incontro. La città ha accolto numerose famiglie provenienti dai paesi nord africani, ormai bene inserite nella vita economica del paese. Gli abitanti vivono di agricoltura, artigianato e commercio. Il nome “Delia” ha origine araba, “Daliyah”, e vuol dire vigneto >
Bookmark: http://www.comune.delia.cl.it/
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Gli amici dei mafiosi. Mentre a Delia (comune Ds) aiutano gl’immigrati, a Enna (sempre Ds) parlano di Europa con l’appena intercettato (mentre chiacchierava d’affari col boss locale) Vladimiro Crisafulli: mille persone in sala e mille fuori col megaschermo. A un certo punto gli applausi sono talmente forti che il buon Crisafulli al microfono si concede la battuta modesta: “Ehi, manco a Mosca fanno più così… E chi sono, lo zar?”. Lo zar no, ma il prossimo candidato Ds alle europee forse sì. Basta che non lo sappia Vladimir (quello vero, u figghiu di Ilia): lui gli zar non li poteva vedere, e manco i mafiosi. (Tonyquo)
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E altri amici. Secondo il direttore di RaiUno è normale, “frequentando gli ambienti musicali negli Stati Uniti”, imbattersi in boss mafiosi. Per questo motivo Tony Renis non può essere emarginato per le sue amicizie con Joe Adonis, i Gambino, gli Spatola e altri boss mafiosi. Le accuse diventano vere solo quando vengono provate. Tuttavia Nando dalla Chiesa, che ha provato sulla base di documenti giudiziari l’amicizia di Renis con Adonis, i Gambino, gli Spatola e gli altri, è un “diffamatore con evidenti fini politici”. Domande: 1) che cosa pensa l’ambasciatore americano del fatto che in Rai sono convinti che gli “ambienti musicali degli Stati Uniti” sono pieni di mafiosi? 2) Perché un direttore RaiUno difende gli amici dei mafiosi? 3) Perché dopo Santoro nessuno in Rai (e fuori) ha più avuto il coraggio di mostrare l’intervista a Borsellino su Berlusconi?
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(Sarebbe bello scrivere come cantava Paolo Conte).
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Giornalismo. “Essere cinici è un atteggiamento inumano, che allontana automaticamente dal mestiere di giornalista, almeno se lo si concepisce in modo serio” (Rysard Kapuscinski). Sono le prime righe trasmesse da “Reporter Associati”, un gruppo di reporter e fotoreporter indipendenti che ha realizzato un “independent media” on-line. “Vogliamo analizzare, commentare e produrre informazione sui fatti di politica internazionale, sul tema della globalizzazione e sulle questioni che riguardano i diritti umani. Non riceviamo e non accettiamo contributi da organizzazioni politiche nè da aziende nazionali o multinazionali. Ci finanziamo col lavoro degli associati e coi contributi volontari di quanti apprezzeranno il nostro lavoro”. In redazione: Roberto di Nunzio, Rosarita Catani, Michele Corleone, Franco Fossi, Patrizia Viglino, e inoltre Carlo Gubitosa di PeaceLink, Paolo Oddone di WarNews.it e Roberto Vignoli di Nuovi Mondi Media.
Info: redazione@reporterassociati.org
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Nonviolenza. Due appuntamenti: 7-8 novembre, a Viterbo, con Lorenzo Chiarinelli, don Alberto Canuzzi, Miguel Alvarez, don Maurizio Boa, padre Alex Zanotelli, don Lush Gjergji, Alberto Capannini, mons. Giorgio Biguzzi, mons. Samuel Ruiz Garcia, don Oreste Benzi, don Albino Bizzotto e Daniele Aronne.
Info: 0761220168, viterboconamore@libero.it.
8 novembre, a Verona, con Lidia Menapace, Mao Valpiana e Giovanni Benzoni, sulla proposta della Convenzione di donne contro le guerre “per un’Europa neutrale e attiva, disarmata e smilitarizzata, solidale e nonviolenta”.
Info: 0458009803, azionenonviolenta@sis.it
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Toni wrote:
< “sarei curioso di leggere la lista P2 al completo. Dove posso trovarla?”. Ecco:
http://www.cattiviragazzi.org/biografie_storie/storie/loggiap2 >
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Ernesto wrote:
< Dicono che l’inflazione a ottobre è scesa al 2,6 per cento. Supponiamo che ciò voglia dire che la differenza di prezzi tra settembre e ottobre (e non tra ottobre 2002 e ottobre 2003) è del 2,6 per cento e supponiamo inoltre che da gennaio 2002 ogni mese ci sia stata un’inflazione del 2,6 per cento. Quanto è stata l’inflazione da gennaio 2002 a ottobre 2003? Il 71 per cento mi sembra un dato credibile. Quanto alle discussioni sul plurale dell’euro, direi che si potrebbe cambiare nome e sceglierne uno più pesante che corrisponda al valore che sta raggiungendo. Sesterzi è importante ma un po’ arcaico. Io li chiamerei vitruvi dal simpatico omino che figura sul retro >
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giofederle@tin.it wrote:
< Scandire (da una vecchia edizione del Nuovo Zingarelli): isolare l’uno dall’altro i piedi del verso. È esattamente quello che fa lo scanner (parola che attraverso l’inglese deriva pur sempre dal latino): lo strumento isola l’uno dall’altro i pixel dell’immagine. Quindi scansione il sostantivo ma scandire il verbo: semplicemente, senza quei passaggi orribili chedal latino originale passando per l’inglese si arriva ad un pessimo italiano >
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mauroraimondo@libero.it wrote:
< Scanner: se il sostantivo è scansione perchè il verbo non è scandire? Perchè dovremmo inventare il verbo scansionare (anche bruttino)? D’altra parte “scanner” è sostantivo derivato dal verbo “to scan”, praticamente la traduzione del nostro “scandire”. Mi pare improprio voler limitare l’uso di un verbo (scandire) solo ad alcuni significati giudicati buoni, belli e degni (il tempo, le parole) e non volerlo applicare all’azione di quel simpatico aggeggio che va sotto il nome di scanner >
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alessandro wrote:
< Esercizio di precarizzazione n. 1
Sei un contabile di una grande azienda, a tempo indeterminato. Grazie alla legge Biagi, l’azienda si spezzetta in piccole unità produttive. Verrai ri-assunto (forse) a contratto nella nuova sub-aziendina di servizi contabili.
Chi precarizza frega anche te. Digli di smettere.
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Esercizio di precarizzazione n. 2
Il comune ha 100 euro per l’assistenza sociale. Esternalizza a una azienda, che trattiene 30 euro e subappalta. La “sub-azienda” trattiene 30 euro e retribuisce il lavoratore con contratto di consulenza, non pagando contributi. 100 euro di soldi nostri diventano 40 euro – lordi – di servizi, e 0 euro all’Inps.
Chi precarizza frega anche te. Digli di smettere >
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Sandro wrote:
< Vedo che oggi siamo sull’abbattuto, un po’ di pessimismo va bene ma qui si esagera! Ok, la mafia sta impossessandosi dello stato e questo mi pare realista ma nulla vieta che domani cada il governo e che ne subentri uno antimafia… >
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guadagnare@davvero.it wrote:
< Questo è il giorno più fortunato della tua (della mia – ndr) vita! Sei uno dei fortunati italiani a ricevere questa famosa e-mail della quale tutti parlano! L’unico sistema al mondo che ti permette una vincita multipla: si vince ogni 6 settimane, fino a quando si decide di ritirarsi perché se ne ha abbastanza di tutto quel denaro. Eccetera, eccetera >
Seguono altre 32.508 battute spazi compresi. Riassunto: Il signor O. deve avere la cortesia di inviare 5 dollari a 5 indirizzi secondo le modalità ivi indicate. Nell’arco di sei settimane egli riceverà da anonimi benefattori 1,5 milioni di dollari. “Ci sono giocatori che per ragioni sconosciute spediscono i contanti nella valuta del loro paese”, ma si auspica che il signor O. vorrà accettarli egualmente senza far caso a questa piccola irregolarità.
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Renzo Carlini wrote:
< Un bel giorno sullo schermo (non monitor!) del mio ordinateur hanno cominciato a comparire i numeri della Catena. Continui pure a mandarmela, ma purgandola – se possibile – di tutti quegli orribili termini in e-pidgin english (del tipo forwardare etc.) che tanto mi fanno rivoltare le viscere. Se Lei usasse termini tedeschi o spagnoli o russi o turchi o persiani o indonesiani o magari papuasi la cosa potrei trovarla anche divertente. Ma quell’inglese trasformato ormai in lingua-spazzatura (anche questo un orribile calco dall’inglese!) che con gusto sado-masochistico proprio i “progressisti” ci/si propinano ad ogni pie’ sospinto mi provoca reazioni allergiche violente e molto preoccupanti. Me lo risparmi, La scongiuro! >
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Beh, proviamo. Il computer, naturalmente, in mano all’amico di Prato diventerà un computiere. Col suo bravo monitore, il suo sorcio e il disco duro (da almeno 20 gigambotti). Il file lo manterrei come filo, nel senso di concatenazione. La tastiera c’è già, per scannare non c’è problema, il morbidaio sarà il software e l’hardware il robadura. Lo scannatoio, il tostadischi, la stampatrice, il compaddisco… La nostra, naturalmente, sarà un’elettrogazzetta, che viaggia sull’elettroposta insieme con le normali e-missive. “O tu, mandami un po’ quel filo nel disco duro!”. Alla fine, tuttavia, dovremo quittare anche noi, perché uscire dall’uscio col computiere non si può. Del resto, ahimè, quittent anche i francesi.
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Mauro wrote:
< Ascoltando le recenti insopportabili polemiche su “croce-si-croce-no” in cui sguazzano tutti gli integralismi ottusi e prepotenti, i politicanti gracchianti, i giornalisti e commentatori “audienceescandalo”, etc., mi sono tornate in mente le croci di carne e di sangue dei somali inchiodati nel nostro mare, dei poveri cristi vittime delle guerre in corso, moltissimi non arrivati mai neanche a 33 anni >
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Giovanni Colombo, presidente della Rosa Bianca, wrote:
< I cristiani ormai sanno che il pluralismo religioso dell’Europa di oggi e di domani non è una provvisoria sfortuna da cui pregare di essere liberati, ma la condizione concreta entro cui dar ragione della propria speranza. Voler di nuovo rendere obbligatorio ciò che è il segno radicale della gratuità, delle braccia spalancate verso tutti, sarebbe profondamente anti-evangelico >
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Idea banale : togliere il crocifisso obbligatorio e permettere invece ai ragazzi di appendere al muro ognuno ciò che vuole, purché non offensivo per altri. Corano, Che Guevara, Padre Pio, Dalai Lama… Tutto quel che volete, purchè siano i ragazzi a mettercelo, e non l’Autorità. Io credo che non mancherebbero neanche i crocifissi: ma sarerebbero croci libere, e non croci di Stato.
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Fausto Caffarelli wrote:
< Comunque la pensiate vi voglio solo dire una cosa. Don Lorenzo Milani, nella sua scuola di Barbiana, il crocifisso l’aveva tolto. Punto. >
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Carnazzo wrote:
< File REALITY.SYS danneggiato. Riavviare l’universo? [S/N] >
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AntonellaConsoli <libera@libera.it> wrote:
Le navi che partono – I
< Le navi che partono all’alba
si portano via anche le
ancore
e tu resti lì, fermo
senza più nessun desiderio >
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Le navi che partono – II
< Le navi che partono
comunque grandi madri
stavolta però
sono loro a partire
è per questo che non
ci sconvolgono >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)