29 dicembre 2003 n. 211
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Reti. Oltre l’internet. Da qualche settimana c’è allarme tra i ricercatori statuninensi per l’inedita (almeno per gli ultimi due secoli) supremazia tecnologica europea. Questa supremazia riguarda solo un ambito molto specifico, ma altamente strategico: il calcolo distribuito. Mentre gli americani si sono affannati a costruire per anni l’equivalente informatico dell’Empire state building, gli europei hanno cercato un’altra strada: tanti piccoli computer personali che nel tempo libero fossero in grado di elaborare dati “conto terzi” costituendo una sorta di supercomputer ma a costo zero (almeno per l’hardware). Più viene diffusa l’informatica domestica e più diventa grande e potente il cervello elettronico del vecchio continente.
Gli americani stimano tra diciotto e ventiquattro mesi il ritardo su questo tipo di tecnologia nei nostri confronti. Due anni in informatica sono un’intera generazione di microprocessori: quello accumulato negli states è un ritardo difficilmente colmabile sul piano tecnico e ancora più difficile da recuperare sul piano sociale e politico. (Shining)
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Miliardi. Lo stato italiano aveva guadagnato quasi due miliardi di euri (marzo 2003) coi soldi versati dagli emigranti per le regolarizzazioni. Ognuno di questi euri rappresentava un certo quantitativo di lavoro; e non solo lavoro ma traversie, difficoltà, dolori, volontà di uscire da tutto ciò lavorando. Ognuno di questi euri alla fine s’è messo disciplinatamente in fila (e la fila durava giorni e notti) per riversarsi infine nel tesoro italiano. Io non ho la minima idea di che cosa voglia dire la parola “miliardi di euri”. Ma quelle file io le ho viste con i miei occhi, quest’anno. Come ho visto, molti anni fa, le “librette” dei vecchi emigranti (il bancomat allora non c’era) riempirsi faticosamente coi soldi delle fabbriche tedesche e belghe. I soldi, a quel tempo, erano enormi rettangoli di carta con l’Italia turrita e la firma “Il Governatore, Carli”. Una carta di queste, bruno-arancione con la scritta LIRE DIECIMILA, valeva una settimana di miniera e campava una famiglia in Sicilia per un mese. Così è stata costruita la ricchezza italiana.
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Quanti sono i miliardi di euri del buco Parmalat? Quattro, sei, otto, nove, dodici? Ogni giorno una cifra nuova. Ma anche se dicessero mille o ventimila, io non ci capirei niente lo stesso. Non hanno più niente a che vedere con la vita. Sono semplicemente un bottino, espresso in termini imperscrutabili da misteriosi occupanti, che misura – nei conti del loro pianeta – le risorse che annualmente riescono a estrarre dal pianeta Terra. I loro propagandisti, che sono numerosi e ben pagati, ci spiegano che questo tributo è normale, e che anzi dovremmo esserne anche noi terrestri orgogliosi e felici. A furia di ripeterlo, qualcuno anche ci crede.
Cirio, Parmalat e – anche se non è educato parlarne – Fiat: tre delle massime industrie italiane sono andate a ramengo nel giro di circa un anno. Mi auguro che sia tutta colpa di occasionali ladronerie; oppure, dell’incredibile politica economica del governo. E sicuramente l’una e l’altra patologia vi hanno avuto la loro parte: ma forse bisognerebbe cominciare a chiedersi quanto di tutto ciò sia ormai fisiologia.
Non è possibile che in un paese civile, moderno, “capitalistico”, le principali aziende, quelle su cui s’incolonna tutta la l’economia della nazione, si rivelino da un mattino all’altro dei pezzi di carta ritoccati. Non è possibile che fino a ventiquattr’ore prima nessun giornale e nessuna tv getti mai l’allarme sulla catastrofe imminente. E non è possibile che nel dibattito politico sia completamente assente (salvo che a buoi scappati, il giorno dopo) ogni considerazione relativa all’attuale meccanismo di formazione del capitale. Perché prima degli anni Ottanta queste cose non succedevano, o succedevano in forma minima e ogni tanto, e ora succedono spesso, e in proporzioni così gigantesche?
Il potere d’acquisto della moneta, negli ultimi due anni, è diminuito del venti-trenta per cento. Pensioni e salari, in particolare, sono stati decurtati di almeno un quarto del loro valore. Le principali banche si sono unificate e hanno assunto il controllo di numerosi settori industriali. Gli ex imprenditori sono passati alla finanza o alla politica, e sotto questa veste drenano dal pubblico le risorse che non producono più come privati. Una parte, variamente quantificabile ma sicuramente ampia, dell’industria è passata sotto controllo estero o è semplicemente sparita. Il disavanzo di cassa è inesplorabile, e non viene colmato – data l’evasione unanime delle imprese – dalle entrate fiscali. I principali beni pubblici sono stati privatizzati alla russa, cioé regalati a chi in quel momento era in migliori rapporti col potere. Salvo i telefonini, che sono un oligopolio, quasi tutti gli altri principali settori di mercato sono ormai sotto monopolio di fatto. La libera concorrenza è stata dissolta parallelamente (non in alternativa) allo stato sociale. Tutto ciò, prima di Keynes, si chiamava “crisi del ’29”. Ma Keynes non c’è più ed anzi, dicono i manager, non è mai esistito. Buon anno.
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Il grande imprenditore, dall’estero: “Rientrerò presto”
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Il grande politico, dall’Italia: “Ma abolire il falso in bilancio è stata una buona idea”.
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Segnali. A Genova, dove lo sciopero dei tranvieri è stato particolarmente duro, colpiva il numero delle persone che, intervistate per farli sfogare contro i tranvieri, esprimevano invece solidarietà per costoro che pure li avevano lasciati a piedi. La signora “non politica”, con pacco della spesa e tutto, mormorava che vabbene i disagi ma insomma ce li hanno proprio costretti. Mi sembra un segnale forte. Fossi al governo (o anche all'”opposizione”) mi preoccuperei. Il ministro annuncia invece “la linea dura” contro gli scioperanti. “Mangino delle brioches”, disse quel tale.
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Cina. Ennesima strage di lavoratori – almeno duecento – per un’esplosione di gas naturale nel giacimento della China National Petroleum Corporation di Chuandongbei. L’incidente, tenuto nascosto per diversi giorni e poi minimizzato dalle autorità, ha coinvolto operai petroliferi e cittadini della zona; un’intera area della contea di Kaixian è stata evacuata e la zona è stata posta sotto controllo militare. Circa diecimila persone (il nove percento più dell’anno precedente) hanno perso la vita per incidenti sul lavoro in Cina fra il gennaio e l’ottobre 2003.
Per far fronte a questa drammatica situazione (cioè, dal loro punto di vista, ai disordini sociali che essa comporta) le autorità cinesi hanno costruito e mandato in giro per le varie province un certo numero di “furgoni attrezzati”, all’interno dei quali è possibile infliggere la pena di morte mediante iniezione ai numerosissimi cittadini arrestati per atti illegali e sovversivi. Il gran numero delle condanne a morte (oltre tremila quest’anno) giudicate indispensabili per “mantenere l’ordine”, non può infatti più – soprattutto nelle città minori – soddisfatto col tradizionale metodo della revolverata alla nuca. La camera d’esecuzione mobile risponde insieme ai criteri di velocità e sicurezza. Un certo numero di esse sarebbero state montate su telai di autobus italiani Iveco.
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America. Primo caso ufficiale di mucca pazza negli Stati Uniti. Le autorità avevano sempre negato l’esistenza della malattia sul suolo statunitense, rifiutandosi di adottare misure di sicurezza del tipo europeo. Adesso precisano che il caso in questione non riguarda comunque animali destinati all’alimentazione umana.
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Sondaggi. Il 43 per cento degli americani ritiene che il governo israeliano costituisca una minaccia per la pace mondiale. Il sondaggio, citato da Haaretz, è stato condotto dalla Antidefamation League. Un analogo – e contestato – sondaggio organizzato da Eurobarometer aveva recentemente dato il 59 per cento di risposte analoghe fra gli europei.
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Ebrei. Quindici riservisti dei Corpi speciali israeliani si sono rifiutati di partecipare ad operazioni militari in Cisgiordania e Gaza per non collaborare all'”illegale regime di repressione” vigente contro la popolazione palestinese. Sono ormai diverse centinaia i militari israeliani in carcere o in attesa di giudizio per avere obiettato al servizio con analoghe motivazioni. La percentale più alta di “refusniki” si trova nei corpi più “patriottici” e qualificati (elicotteristi, incursori, ecc.), in cui ha maggior seguito il tradizionale spirito democratico e civile dell’originario esercito israeliano.
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Spazio. Nessun segnale è ancora pervenuto da Beagle 2, la sonda spaziale inviata sull’orbita di Marte dall’Ente spaziale europeo. Allarmati per questo silenzio, la Commissione europea ha messo subito in orbita un’altra sonda – la Beagle 3 – col il seguente messaggio: “Attenzione attenzione on. berlusconi non è più presidente comunità europea – suo periodo scaduto – attuale presidente normalissimo signore irlandese – attenzione atttenzione… “. Ma i marziani, insospettiti, continuano a non rispondere.
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Cronaca. Palermo. Dichiarato inagibile per caduta di calcinacci l’Ufficio Stranieri. Decine di lavoratori ufficialmente regolarizzati non hanno potuto tornare a casa per le feste perché l’ufficio non poteva stampare i permessi di soggiorno.
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Cronaca. Palermo. Assunti quattro nuovi manager dalla Regione, a ventimila euri al mese l’uno.
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Cronaca. Torino. Un giovane nordafricano, di cui non è stato possibile ricostruire l’identità ma che doveva avere circa 25 anni, è morto assiderato dentro un cassonetto per la raccolta della carta. Il corpo è stato trovato dagli operai addetti al macero della carta, nel magazzino dov’era stato svuotato il contenuto del cassonetto.
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Cronaca. Roma. Una donna che si era gettata nelle acque del Tevere è stata salvata da un giovane americano che si trovava in vacanza a Roma. Il ragazzo, Peter James Mundwiler di ventitrè anni, ha visto la donna che annaspava all’altezza di ponte Garibaldi e senza perdere un attimo s’è gettato nel fiume gelido per trarla a salvamento
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– Almanacchi, almanacchi nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
– Almanacchi per l’anno nuovo?
– Si signore.
– Credete che sarà migliore quest’anno nuovo?
– Oh illustrissimo si, certo. Non c’è dubbio alcuno che sarà assai più felice di questo.
– E cosa vi conduce a questa persuasione?
– Cadrà l’attuale governo, e ne metteranno su uno nuovo. E non è uno qualunque a dirlo, ma proprio San Libero in persona.
– Ah, ecco. E questo governo che verrà, sarà molto migliore del precedente…
– Senza dubbio, illustrissimo. Lei che è un filosofo forse non lo sa; ma la vita s’è fatta ben dura, per noi poveretti. Un pane, che prima era a un bajocco, oggi è a mezzo ducato; e vuol crescere ancora.
– Comprendo.
– Ma neanche ciò è il peggio. Prendono i nostri figli e li menano in guerra, e in terre sempre più lontane. Noi credevamo che fosse quel Napoleone, a voler conquistare tutto il mondo; eppure, anche ora che non c’è più lui continuano a bombardarsi più arrabbiati di prima. Ma il governo che verrà non farà più guerre. Richiamerà i nostri figli e i generali li manderà a casa.
– Certamente.
– E inoltre darà una giusta meta per il pane, frenerà i bottegai troppo insolenti, terrà a segno i nobili, farà leggi eguali per tutti…
– Ma dunque vi saranno dei venditori d’almanacchi al governo?
– Non intendo.
– Voglio dire: tutte queste bellissime cose, che sicuramente avverranno, andranno a beneficio dei venditori ambulanti, dei fiaccherai, dei manovali…
– Certo!
– E dunque saranno costoro, immagino, a prendere le decisioni per sè più opportune: che parte avrete voi in questo governo?
– Lei mi burla, illustrissimo. Come potremmo noi poveri ignoranti sedere in un governo? A parte che, se noi impegnassimo il nostro tempo in queste cose, chi provvederebbe al pane dei nostri figli?
– E’ vero. I poveri non hanno tempo per governare, e neanche per occuparsi troppo di chi governa.
– Non occorre! Abbiamo un marchese, un conte, un Regio Astronomo, un abate… tutti umani e coltissimi, e pronti a governare in nome nostro e per il nostro bene.
– A differenza degli abati e dei conti del governo di prima. Coll’anno nuovo, il governo incomincerà dunque a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
– Speriamo.
– Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
– Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta euri.
– Ecco trenta euri
– Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.
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dinamitebla@inwind.it wrote:
< Posso tollerare Prodi, ma Rutelli… Perchè Rutelli? Perchè Fassino? A questo punto voglio Veltroni. Datemi Veltroni, per la miseria! E pure il Cinese trascinatore di masse: chissenefrega se lui non vuole! Lo leghiamo, lo imbavagliamo e lo mettiamo in lista. Approvo incondizionatamente Strada. Sto dilapidando i miei scarsi averi per mantenere Emergency. Qualche altra proposta da fare? >
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Michele wrote:
< TG3 Lazio manda senza particolari il servizio sul blocco dell’autostrada Roma Fiumicino e invece il blocco era fatto dai dipendenti Exxon che stanno per essere cacciati (più di 600). Lo so solo perché conosco alcuni di loro che mi hanno chiamato >
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Nicola Mercalli wrote:
< Non si tratta di demonizzare la televisione, ma di rivelarne, come diceva Pasolini, “la stupidità delittuosa”, l’enorme potere di condizionamento di cui essa è capace nei confronti di chi non è sufficientemente equipaggiato (criticamente, culturalmente) per poterne combatterne gli effetti deleteri >
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Cinzia wrote:
< Sono tre volte che nella mia posta elettronica trovo questa catena. Non scrivo per denunciarne la spiacevolezza, anzi ho trovato spunto di riflessione. Mi piace sapere che in questa vita ci sia ancora qualcuno che provi la giusta indignazione per ciò che passa per indifferenza; mi fa piacere che il pensiero di molti possa trovare voce; vorrei che noi molti potessimo trovare il coraggio ed il sereno impeto di parlare a voce alta per far uscire le riflessioni di chi non si può dimenticare il rispetto per la vita. Non sono capace a scrivere, non è il mio mestiere, mi scuso per queste quattro parole sconclusionate che scrivo, ma forse questa è la sola voce che conosco, la mia, una dei molti. Sereno impeto per il rispetto della vita >
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Cara Cinzia,
La ringrazio. Colpisce il suo insistere sulla parola “sereno”. Il mio premio è avere lettori come Lei.
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Rossella wrote:
< Non me ne voglia. Apprezzo il suo lavoro. Ma adesso credo che scrivere non basti più, bisognerebbe agire, ci vogliono i fatti e non solo belle parole… quelle si dimenticano.. Il malcontento cresce, e prima o poi esploderà… Io aspetto questo… Mi faccia sapere se c’è bisogno di gente pronta a lottare attivamente. Con l’arma della pace >
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karl <marx@com.org> wrote:
< Lungo tutta la storia della razza umana nessun paese e nessun popolo ha sofferto così terribilmente della schiavitù delle conquiste e oppressioni e nessuno ha lottato così ostinatamente per l’emancipazione come la Sicilia e i Siciliani… Prima di qualsiasi altra nazione europea i Siciliani determinarono per votazione le entrate dei loro governi e dei loro sovrani. Così il suolo siciliano si dimostrò sempre mortifero per gli oppressori e gli invasori e i Vespri Siciliani stanno immortali nella storia (Daily Tribune, 17 maggio 1860) >
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Lev <jasnaja@narod.ru> wrote:
< Stamani, a letto, mi è venuto un pensiero che mi è sembrato molto importante. Ho pensato: l’appunterò dopo. E poi l’ho dimenticato; l’ho dimenticato e non riesco a ricordarlo >
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Persone dell’anno. Alberto Proietti e Angelo Fantera, rispettivamente macchinista e capotreno del locale Roma Viterbo. Morti pochi giorni prima di Natale nella cabina di guida del loro treno, uno di quei trenini un po’ fatiscenti pieni di pendolari. Sul binario c’era un’escavatrice a carrello che non avrebbe dovuto esserci, loro sono riusciti a frenare ma non è bastato. Nessun ferito fra i passeggeri: può darsi che solo grazie a quella frenata in extremis il drammatico “strage di pendolari” sia stato sostituito da un più banale “due ferrovieri morti”. Non si sa. Non si sa neanche se lo scambio che ha portato il carrello là non abbia funzionato per un difetto tecnico o per errore umano e in questo caso di chi. Non si sa nemmeno quanto nell’incidente abbiano influito le condizioni non ottimali della linea: politici e manager si rimpallano le responsabilità a vicenda, l’unica cosa pacifica è che la linea era vecchia e il personale poco. Ci sarà un’inchiesta.
Proietti e Fantera, comunque, di quest’inchiesta non sapranno mai niente, così come non sapranno mai niente del prossimo sciopero, del prossimo capodanno, del prossimo matrimonio di figli e del prossimo tempo che manca per la pensione. Eppure, loro su tutte quelle cose ci avevano pur fatto su dei pensieri. Ma in fondo loro erano solo dei ferrovieri. Mandare avanti i treni, mandare avanti – loro, e quelli come loro – quel treno un po’ rabberciato che è il Paese.
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El Manco
“Non è stata una rissa d’osteria” disse il monco
quando la parola “storpio” gli fu soffiata alla schiena
dal poeta rivale, uomo di mondo e spia.
“Non è stato un coltello a storpiarmi la mano
ma una spada in battaglia, combattendo
nel giorno più glorioso che ricordino i re”.
Scrisse queste parole con l’altra mano,
a lume di candela. Sul povero muro
tremò per un istante l’ombra di Quixada
e scintillò – o gli parve – un riflesso di mare.
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Memoria. Il ventesimo anniversario della morte di Giuseppe Fava – il fondatore dei Siciliani, ucciso dagli imprenditori mafiosi il 5 gennaio 1984 – verrà celebrato a Catania in due luoghi diversi, con due manifestazioni distinte e in un certo senso contrapposte fra loro. Alle ore 18, presso il centro culturale Zo, Concita De Gregorio intervisterà Piero Fassino, Nando dalla Chiesa, Giancarlo Caselli e Claudio Fava. Alle ore 19 invece, a Cittainsieme, i militanti di base dell’antimafia catanese, “ricorderanno Pippo Fava per costruire un futuro degno della sua memoria”. Polemiche sulla presenza alla prima manifestazione dell’on. Fassino, leader di un partito. Essa è stata giudicata incongrua – anche per l’imminenza della campagna elettorale – dai promotori della seconda manifestazione.
Questa divisione non riflette capricci individuali ma diversi modi di vivere la lotta antimafia e in genere i rapporti fra Palazzo e società civile. Non toglie nulla all’affetto e alla stima per chi, al nostro fianco in altri tempi, ha scelto infine diversi modi di rapportarsi con questi temi. Impone però – come in tutti i momenti simili – delle scelte, che oltre a essere scelte “politiche” sono anche scelte di vita.
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)