13 luglio 2004 n. 239
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Mare. Io non ho mai avuto una portaerei, il presidente Ciampi nemmeno, però a differenza di me lui non ne può fare a meno (da piccolo andava al varo degli incrociatori), così ora gli stanno facendo una portaerei, si chiamerà Cavour e renderà impossibile a qualunque nemico uno sbarco improvviso a Rimini o a Milazzo (la tattica moderna prevede che per impedire al nemico di sbarcare a Milazzo devi andare a bombardarlo almeno fino a Shangai).
Con tutto il rispetto per il Capo dello Stato, che mi ha procurato degli bei momenti da giovane (quando, raramente, il ventisette mi arrivavano quei foglietti di carta con la sua firma: il Governatore Ciampi), mi permetto di fargli osservare che forse stavolta non ha del tutto ragione. Intanto, la portaerei non si chiamerà affatto nè Cavour nè Garibaldi e nemmeno Spigolatrice di Sapri. Il motivo è – a lui non lo dicono perché è vecchio, ma io ho le mie fonti – che sono nomi inutili e obsoleti. La prossima portaerei si chiamerà Telecom e quella subito dopo Bancodiroma. In America, ormai da tempo, l’esercito è privatizzato: c’è qualche marine sì, per esigenze politiche, ma buona parte dei militi – e i più feroci – sono di società per azioni. Li armano, li schierano, li giocano in borsa, se li scambiano l’una con l’altra come le figurine e alla fine, quando non servono più, li seppelliscono nel cortile aziendale alla chetichella.
In America privatizzano: e noi che siamo, scemi? Privatizziamo pure noi. Siccome poi c’è da far cassa, e in fondo certi pudori noi non li abbiamo, facciamolo fino in fondo e guadagnamoci qualcosa. La portaerei Telecom (scafo a scacchi rossi e blu) è interamente finanziata dai telefonini, cinque centesimi la telefonata. La Bancoroma (blu e arancio) sarà armata coi soldi che prima andavano a Tanzi. E via via fino al supermercato Despar di Ravanusa, i cui colori sponsorizzeranno il MVAC (Motoscafo Veloce Anti Clandestini) “Don Totò”, con base a Vigata.
L’altro motivo per cui non sono d’accordo col Presidente è che mi ricordo benissimo a che serve la flotta: a “far rispettare la bandiera nel mondo”, si diceva una volta. La Vespucci che arriva a Montevideo, la gente che si affolla a vederla attraccare, i marinai che fanno manovra, le ragazze che sorridono, gli italiani che spiegano: “No es bandera mexicana, es Italia! Paolo Rossi, Pertini, Garibaldi!” (ai vecchi di Montevideo nessuno ha mai spiegato che ora ci sono Totti e Berlusconi, per carità di patria). La banda suona il Tricolore, l’inno di Mameli sventola fieramente sul pennone, nessuno si fa male e tutti sono contenti. Italiani brava gente.
Degli italiani in mare, d’altronde, non si parlava fino a poco tempo fa troppo male. Noi siamo quelli (Regia Marina, cap. corv. Carlo Fecia di Cossato) che fermavano il sommergibile in pieno Atlantico per raccogliere i naufraghi delle navi silurate, e se li trascinavano dietro per giorni e giorni finché non li sbarcavano al sicuro, noncuranti dei rischi. Ma adesso?
Adesso, il nostro mare è gremito, sul fondo, da ossa e rottami disonorevoli, perché non li ha mandati laggiù il mare. Sono i resti di navi e creature di cui noi italiani siamo colpevoli, avendo – con leggi barbare – ordinato che dovessero andare a fondo. Esseri di nulla colpevoli, ma poveri lavoratori, ma “clandestini”. E l’ultima cosa di cui costoro hanno avuto paura, prima di finire in acqua a ingoiare il mare, è stata la nostra bandiera e le nostre navi. Con questa visione negli occhi sono affondati. Il mare di Sicilia ne custodisce a decine.
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C’è stata, qualche anno fa, la Pasqua in cui una nave di queste – una nave emigrante, una delle tante – è stata urtata e affondata da una delle nostre. Gli italiani allora quasi non se ne accorsero, fra una notizia e l’altra dei tiggì. Ma io sono superstiziosamente convinto che tutte le nostre disgrazie attuali fanno data da quel momento. Ho davanti quel viso di superstite, un attimo prima che lo portassero incolonnato verso gli autobus, che guarda dentro la telecamera, scuote un pugno impotente e fa: “Assassini!”.
Noi avremmo dovuto impiegare ognuno di quei millecinquecento giorni da quel giorno per farci perdonare. Dagli emigranti e marinai nostri, di quando ancora eravamo popolo umano. Dagli emigranti nuovi, che non tramandassero ai loro figli quella parola. Dalla nostra bandiera, che quella vergogna non la meritava. Dalle nostre navi, che sono la Marina Italiana e non i vigilantes del supermercato. Ma no: nulla di tutto questo. Abbiamo rimosso tutto.
Ed ora, fra un governo balneare e un altro, ci ritroviamo bambini grandi a giocare con le portaerei e le corazzate. Noi non ne abbiamo bisogno, ovviamente. Siamo una penisola, siamo in un mare chiuso, possiamo difenderci benissimo senza portaerei dentro questo mare e al difuori di esso non abbiamo bisogno di andare. Ma abbiamo speculazioni da difendere, carriere da coltivare, padroni da servire e soprattutto una ricrescente e puerile vanità nazionale che ci fa irrigidire commossi al sentire l’inno ma non ci fa minimamente percepire la vergogna, l’umiliazione, l’indegnità collettiva dell’essere quel popolo che tiene per tre settimane in mare aperto una nave di profughi, la Cap Anamur. In spregio di ogni usanza marinaresca e di ogni legge civile, e dello stesso nostro codice di navigazione, semplicemente perché non vogliamo “creare il precedente” di accoglierli in un porto.
Per una cosa così, in un paese normale, dovrebbero riempirsi le piazze e suonare le campane. Ma noi neanche ce ne accorgiamo, rincretiniti come siamo da vent’anni di martellamento tv e politico che aveva il preciso scopo di ridurci esattamente a questo punto.
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Informazione. Finisce in mano a Ligresti il quotidiano ufficiale italiano, il Corriere della Sera. In passato lo stesso giornale era sopravvissuto a una stagione sotto la proprietà della P2. Auguriamoci che ci riescano anche stavolta.
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Caporalato. Esattamente un anno fa le varie aziende che gestiscono il lavoro interinale (gli equivalenti moderni degli antichi “caporali”) avevano annunciato di voler consorziarsi e, nel loro insieme, diventare un interlocutore ufficiale dello stato. La privatizzazione, insomma, dell’antico ufficio di collocamento. Ai tempi della democrazia, questo era stato una delle tante conquiste dei lavoratori: non più raccogliersi in piazza, all’alba di ogni giornata, in attesa del “caporale”, ma iscriversi in liste ordinate, basate sull’anzianità e sui diritti, sotto la pubblica tutela. A chiedere il collocamento privato, a nome di tutti gli altri caporali, era stato l’ex sindacalista Enzo Mattina. Adesso, con un decreto del Ministero delle Politiche Sociali (come si chiama, in neolingua, l’Ufficio Soppressione Diritti Sociali), i caporali hanno ottenuto quel che volevano: un altro pezzo della vita di tutti è stato privatizzato. Che farà il centrosinistra al governo, abolirà questo decreto o se lo terrà stretto? E’ una delle tante cose che ci piacerebbe sapere, e saperlo *prima*
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Qualità. In Olanda il governo ha approvato un marchio di qualità per le case chiuse che rispondano a una serie di criteri di “igiene, integrità e sicurezza”. Il decreto prevede anche una serie di “agevolazioni e sostegni” per le prostitute che decidono di abbandonare la professione. In Italia non abbiamo le case chiuse, però abbiamo i giornali: si potrebbe fare.
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Sciopero. Giovedì non chimatemi, ma mandatemi un messaggio telepatico molto forte. L’Intesa dei consumatori ha indetto infatti uno sciopero dei telefonini per quel giorno. L’idea non è male, visto che i prezzi di sms e chiamate sono almeno dieci volte più alti dei costi.
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Giustizia. Che pena infliggerebbero le vecchie mamme-gatte del Tribunale Felino al tizio che, così per passare il tempo, ha ammazzato quattro gattini sparandogli dalla finestra? Io un’idea ce l’avrei: è quella cosa che ai gatti si applica perché “non diano fastidio in casa”. Ma purtroppo non comandano i gatti.
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America. Quindicimila bambini stanotte hanno dormito nei dormitori pubblici a New York. Stanotte, e la notte prima, e la notte dopo. I senzatetto, nella capitale del mondo, sono più che raddoppiati: prima bisognava essere barboni, homeless, ma ora basta semplicemente perdere per un paio di mesi il lavoro. Molti operai e impiegati, così, si trovano improvvisamente a vivere – cosa che non avevano mai creduto possibile – per la strada. Adesso, la polizia e il comune stanno cercando – dicono – “una nuova soluzione” per i poveri. Speriamo che non sia quella finale.
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Italia. I vecchi? Al supermercato. No, dai pompieri. No, al centotredici a guardare le lucette in sala operativa. E perché non a Termini, dal capostazione? Beh, ma in fondo anche a bordo dei rimorchiatori. Oppure in torre di controllo, seduti e buoni. Nei grill dell’autostrada, affidati al barista. Insomma, in tutti quei posti in cui c’è gente che a luglio non va in vacanza e un occhio glielo può anche dare.
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Gotico. Torino. Scandalo nella gestione dei cimiteri: appalti, esumazioni di massa, salme scomparse. Proteste dei cittadini, manifestazioni. Alla fine tutto viene appaltato a una (più pacioccona) ditta romana. I vecchi amministratori lasciano la città con la diligenza di Lione, in mantella nera e stiffelius, pallidi sotto la luna. Il prossimo scandalo, per favore, facciamolo su una buona vecchia speculazione edilizia.
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Pianeta. Cresce nel mondo, secondo un rapporto di Amnesty International, la persecuzione dei gay. In diversi paesi si fa strada l’idea di tornare a punire gli omosessuali con l pena di morte.
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Cronaca. Milano. Dopo avere aspettato per più di mezz’ora l’85 a san Giovanni (era già l’una e mezza ed il sole picchiava) un gruppo di ultrasessantenni ha bloccato un altro bus, l’ha occupato e ha intimato al conducente di dirottare il mezzo. Chiamato il 113, tre denunciati.
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Cronaca. Treviso. Manifestazione di cani e padroni contro il recente divieto, imposto dall’amministrazione razzista, di ingresso in piazza per i non-umani. La volta precedente il Gauleiter Gentilini si era limitato a imporre vessazioni solo per i non-ariani.
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Cronaca. Vicenza. Ragazzina violentata a scuola da quattro ragazzini. Le immagini mandate in giro col videofonino.
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Trento . Condannto per calunnie ai giudici di Palermo il “giornalista” Jannuzzi. Mobilitazione di tutti i vip per la libertà di stampa.
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Antimafia. Sabato 17, allo Steri a Palermo convegno su: “Paolo Borsellino, la resistenza nella lotta alla mafia”. Organizzano l’Università e Antimafia Duemila. Intervengono Rita Borsellino, Alfredo Galasso, don Luigi Ciotti, Giorgio Bongiovani e altri.
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Tecnology. Beh, non è che bisognasse aspettare il duemila per avere tutti ‘sti gadget. Anche il milleuno se l’è cavata abbastanza bene da questo punto di vista. In particolare, la new technology dell’epoca si è espressa con due invenzioni fondamentali che, fra l’una e l’altra, hanno rivoluzionato il pianeta almeno quanto l’ultima generazione di telefonini,.
La prima di queste due invenzioni è stata quella del collare per i cavalli (prima di mettervi a ridere, riflettete un momento sul fatto che fino a pochi anni fa misuravamo in cavalli, per quanto a vapore, persino la potenza degli aviogetti). Il cavallo, nel mondo antico, aveva un’importanza più che altro decorativa. Funzionava benissimo per fare le statue degli imperatori a cavallo oppure le scene di massa di Ben Hur: ma quanto a tirare onestamente la carretta, nisba. Il motivo era che per attaccare un cavallo a un carretto gli si passavano delle briglie di cuoio attorno al collo, così più il cavallo tirava e più restava soffocato. Il che lo portava a tirare il meno possibile, come un lavoratore a termine dei nostri tempi. Così, tutto quello che potevi fare con un cavallo in sostanza era di andarci a cavallo. Coloro che avevano a che fare coi cavalli si chiamavano cavalieri e date le circostanze non potevano che essere le persone più decorative e più inutili del pianeta.
Ma esattamente mille anni fa alcune aziende ebbero di trattare il cavallo in modo completamente diverso: pensando al suo benessere, in primo luogo. Così fecero una specie di ciambella, la imbottirono abbondantemente con paglia e fieno e la sistemarono attorno alle spalle del cavallo. “Bene, potremmo chiamarlo attacco a collare” disse uno di quelli che avevano avuto l’idea”. “Benissimo. Vado subito a brevettarlo” rispose l’altro. Ma dopo una mezz’ora tornò trafelato. “Dice che l’ufficio brevetti è ancora chiuso. Dice che apriranno fra un ottocento anni”. “Così niente copyright?”. “Niente copyright”. “Cazzo. Beh, mettiamoci a lavorare”.
Bene, a un cavallo con attacco a collare puoi attaccare un carro abbastanza pesante e soprattutto puoi attaccare un aratro. Così, appena il tuo socio ha dato fuoco a un pezzo sufficientemente grande di foresta (non in Amazzonia, per favore; e comunque allora non c’era il Wwf) tu puoi attaccarti all’aratro, dare una gridata al cavallo e via con l’aratura moderna. Eppoi puoi seminarci del grano oppure, appena lo scoprono, il granturco, così al prossimo giro inventi i popcorn.
Pare una cosa da niente, ma se pensi che a quel tempo l’Europa era praticamente tutta un’unica foresta ti rendi conto che un’invenzione del genere la sua importanza l’ha avuta. Altrimenti a quest’ora, appena uscivi da Milano, trovavi il bosco di cappuccetto rosso, mica la Malpensa. Anche se per prendere un’aereo l’utilità dei due oggetti non è poi così diversa.
L’altra invenzione fondamentale che arriva circa mille anni prima del Nasdaq è la balestra. Prima della balestra in caso di brutti incontri (un brutto incontro di solito era un tizio a cavallo coperto di ferraglia e armato di mazza) potevi solo aprire una trattativa o dartela a gambe. La trattativa tendeva ad essere breve, visto che quello non voleva alto che i tuoi soldi; darsela a gambe, tecnicamente, significava mettersi a correre più svelti di un cavallo. Con la balestra invece potevi dirgli: “Bene. Le dispiace mettersi in posa un momento? Dica cheese, prego”. E gli lasciavi partire una balestrata che gli usciva dall’altra parte della ferraglia.
Anche questa sembra una cosa da niente, ma pensate. Prima della balestra, per fare un cavaliere a cavallo ci voleva anzitutto un cavallo (che costa un casino di soldi), un lungo addestramento nei migliori club ippici, un feudo per pagarsi l’iscrizione al club e un castello per difendere il feudo. Con la balestra, invece, un coglionazzo qualunque, spendendo una medica cifra (alla fine le balestre si vendevano anche a rate) poteva stare alla pari di qualsiasi Cavaliere. Par condicio, ma sul serio e senza trucchi.
Nel giro di pochi secoli, i cavalieri finirono così talmente obsoleti che a poco a poco furono costretti a vendersi un feudo dopo l’altro (i più furbi fondarono dei partiti e si dettero alla politica). Così nacque l’Europa moderna, quella delle persone normali. E tutto grazie a un paio di new technology, pensate un po’.
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Paola – “una (ex) risorsa umana” – wrote:
< Hai presente una nota azienda che produce rasoi, lamette da barba, etc. e che ha recentemente ingaggiato David Beckham come testimonial? La suddetta azienda non contenta dei già cospicui profitti, e non essendo capace di produrre idee nuove per incrementare il fatturato, pensa bene di ridurre i costi licenziando qualche migliaio di persone tra Europa e Sud America (più del 10 per cento dei dipendenti). Londra, 5 Dicembre 2003, Twickenham Rugby Stadium: la Direzione Risorse Umane organizza una mega-festa di Natale per i dipendenti londinesi affitando lo stadio di rugby. Due settimane dopo, 20 Dicembre, annuncia che la fabbrica di Londra chiuderà entro il 2007 e la produzione verrà spostata in Russia o in Polonia. A gennaio, sorpresa! Una lettera di scuse del mega-presidente americano Kilts rivolta ai dipendenti. Per i licenziamenti? Macchè. Per Janet Jackson che ha mostrato una tetta al SuperBowl, di cui Gillette è lo sponsor >
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dinamitebla wrote:
< Per Lev. Sono terrona, sono comunista, leggo Manifesto, non ho la macchina, neppure la bici, sulle strisce pedonali rallento e se mi insultano gli rido dietro. Sono tutto quello che non dovrei essere in una città come Padova. Per di più sono femmina, e pure da femmina sono tutto quello che non dovrei essere (o perlomeno apparire) non solo a Padova, ma in una qualsiasi città d’Italia (giusto per restringere il campo geografico). Cammino sul cadavere del dio “noi tutti”, ormai s’è abituato. Se quel dio è il tuo più grande problema, sono felice di comunicarti che è stato sconfitto, puoi smettere di piangerti addossoi. Spero per te che tu abbia altri argomenti di cui coraggiosamente parlare >
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salvatore.cardillo wrote:
< A Roma, per quanto la Giunta dichiari di prodigarsi per combattere l’ abusivismo e il sindaco Veltroni si faccia fotografare in posa per abbattimenti “mediatici” sulla Cassia e sull’ Appia Antica, in realtà le persone perbene sono vittime di faccendieri senza scrupoli. E il Municipio latita e ritarda.Cittadini normali ostaggi, a casa loro, di gente che mura le cassette della Telecom e – in “loculi” non ancora sanati e sicuramente senza abitabilità – che infila in casa poveracci slavi e signorine dalle “varie” frequentazioni >
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MrMax2310 wrote:
< parlami di tony zermo e del suo boss, perche’ l’informazione che sfornano giornalmente da anni è allo stesso livello dei giornali di regime afgani >
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maria p wrote:
< Le donne su internet hanno ripreso la parola, l’hanno esportata dalle alcove (ma dove stanno le alcove?) dove avevano mantenuto parzialmente il diritto di dire cose bottane, cose che comunque diciamo meglio con le nostre belle arti streghesche fatte di pelle, di peli, di tette e di umori giocosamente umorali. Internet è un grande cortile dove il non guardarsi in faccia permette di raccontarsi ed incontrarsi di più. Puoi farlo mentre scrivi lavoro, cucini minestre o accudisci bambini, puoi farlo mentre fai le cento cose insieme che sappiamo fare noi donne. La grande rete non ha creato quella circolazione di libertà politica e di pensiero che si era auspicata e creduta possibile, ma ha dato alle donne, persino a quelle casalinghe medie da target pubblicitario che sono quasi estinte, spazi d’incontro e di sogno. La tecnologia non credo c’entri poi molto. Le donne sono state sempre affabulatrici ed ora che non hanno schiere di figli e nipoti a cui narrar fiabe e fatti di vita, ora che non hanno uomini da scaldare nel letto a cui sussurrare oscene dolcezze, ora che non hanno diari segreti da riempire d’inchiostro e gelsomini seccati, ora che non hanno cortili in cui sedute tessere ciance insieme a lini, s’incontrano e v’incontrano con segni immateriali senza uccidere alberi per fabbricare carta. Ne troviamo il tempo sottraendolo ai nostri mille mestieri. E a volte voi c’incontrate e ci scoprite e dietro uno schermo avete di noi meno timore, meno invidia e a volte avete persino il coraggio di fare l’amore, quel sesso gioioso e senza inferi che dovrebbe essere condizione naturale e comune >
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Alessandro wrote:
< Se ne va Tremonti, lasciando un grande vuoto. Peccato. Era facilissimo da imitare e molto divertente, per gli spettacoli di cabaret >
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aporema@tiscali.it wrote:
< La cosa che mi atterrisce è la facilità con cui la sinistra raccatta, quanto più possibile, anche i personaggi più impresentabili, non appena questi bussano alla sua porta, e anche prima che bussino. Non aveva D’Alema proposto a Sgarbi (quello che si fa chiamare professore non essendolo) di passare dalla sua parte? Magari lo facevano ministro della cultura. Non gli ha forse proposto, Colombo, di collaborare all’Unità? E ora un dubbio, inquietante: siamo sicuri che se l’Ulivo vincesse le elezioni, taglierebbe a Berlusconi almeno un po’ delle sue unghie mediatiche? Non so, ad esempio facendo rispettare la sentenza della corte costituzionale che manda Rete 4 sul satellite? Io non ne sono punto sicuro >
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AntonellaConsoli <libera@libera.it> wrote:
< La Grande Madre
negli abissi sbatteva le ciglia
Muovendo oceani
guidava la bianca farfalla >
* * *
< Venere dorme
su dita dorate.
I veli danzano
su sfere evanescenti.
Tanti i nomi
ma solo un passo,
leggero >
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< Osservo le meraviglie del creato.
Sussurrano l’amore addormentato >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)