10 agosto 2004 n. 243
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Mare. Non si sa, ancora una volta, quanti siano gli emigranti morti nell’ultima – al momento in cui scrivo – “tragedia del mare”. Del mare? Il mare non ha colpa. Anche questi emigranti, come tutti gli altri che annegati prima di loro, avrebbero potuto arrivare in Italia tranquillamente, a bordo di un regolare traghetto, pagando normalmente il biglietto come tutti gli altri. Così erano le nostre leggi d’un tempo, così eravamo noi. Queste leggi sono state abolite non perché ci fosse bisogno di fare barriera contro gente pericolosa – i delinquenti e i mafiosi arrivano per aereo o in Mercedes, mica hanno bisogno di andar per mare – ma semplicemente perché a un certo punto il popolo italiano, invecchiato, ingrigito e ingrassato, decise arbitrariamente che bisognava tenere i poveri lontani.
L’Italia, come tutti ormai sanno, non funzionerebbe senza gli emigranti. Come la Svizzera senza i gasterarbeiter o il Belgio senza i minatori siciliani. Se essi se ne andassero, noi ci fermeremmo. Criminalità? Ma non dipende dagli emigranti: in un paese in cui c’è – tollerata dai governi – la massima organizzazione criminale del mondo, Cosa Nostra, è ridicolo pensare che il pericolo stia nei nigeriani. Il terrorismo, infine: ma Bin Laden è un miliardario anticomunista, alleato dell’America per la maggior parte della sua vita; e Piazza Fontana, o l’Italicus e Bologna e le altre stragi, non l’hanno certo fatta i poveri emigranti africani.
E allora? Gli dei non ci vogliono più bene; o forse sono i santi del paese che ci hanno abbandonato. San Nicola dei naviganti, san Francesco del lupo, sant’Antonio, santa Lucia – di quand’eravamo emigranti – non ci proteggono più. Lasciano che l’impazzimento nostro vada avanti, che il popolo distrattamente mostri pollice verso ai disperati. Un ministro ha detto subito che bisogna rispedirli via “con le buone e con le cattive”, e che questo non è razzismo ma “legittima difesa preventiva”.
Di fronte a un “ragionamento” del genere non si può più ragionare. Si può solo pregare, chi ci crede, che tanta inumanità, alla fine, non ci porti sfortuna.
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Petrolio. Quando cadde la Russia, quindici anni fa, il paese era già infartuato da tempo e il “riformista” Gorbaciov stava tentando di rianimarlo con mezzi democratici, o perlomeno civili. L’America lo sgambettò, l’Europa non c’era ancora, e la Russia tirò le cuoia. Le spoglie del paese furono divise fra i vecchi boss “comunisti” (che già dal tempo si facevano i fatti loro) e i nuovi “kommerzant” (il primo giornale “liberal” si chiamava così) che non erano altro, in realtà, che i delinquenti comuni più svelti nel trasformarsi in mafiosi.
Così fu rifondato lo stato. Eltsin, il primo dittatore postsovietico, partecipava dell’una e dell’altra figura. Nomenklatura e mafia, sotto il suo regno, si divisero le ingentissime risorse siberiane; il monopolio del petrolio fu svenduto per pochi milioni di dollari e passò sanguinosamente da una cosca all’altra. Tutto ciò fu chiamato privatizzazione. L’ultimo precedente risaliva all’alto medioevo, quando i mongoli invasero Russia e Ucraina, uccisero parte dei nobili, ne asservirono altri, ne presero per soci d’affari degli altri ancora, e infine sfruttarono tutti insieme – mogoli, mongolizzati, e ex nobili ora boiardi – gli sventurati contadini.
Questo è un ricordo profondo nella tradizione russa, una delle due spirali del suo Dna. L’altra spirale, che non è più gradevole, è quella dello zar-tiranno che improvvisamente “salva la Russia” con astuzia e ferocia. Ivan il Terribile, Pietro il Grande, Stalin, ora Putin; in tutta la storia della Russia i capi “democratici” – Pugaciov, Martov, Troskij, Gorbaciov – durano molto poco e il loro destino naturale è di finire o squartati dai cavalli, o ammazzati a picconate in testa, o se gli va bene esiliati a cantare Kalinka nei café occidentali.
Tutto questo per dire che non c’è russo, in questo momento, che non sappia quale sia esattamente la politica di Putin in questo momento. Può ingannare Berlusconi, può ingannare Bush. Ma per Ivan Ivanov, Putin è esattamente lo zar che torna ora a salvare il suo popolo: mozzando teste, uccidendo i nobili, confiscando i castelli e le proprietà. Ivan sa benissimo che nulla di tutto ciò andrà a suo vantaggio: è stato appena cancellato con un tratto di penna tutto il welfare ereditato dal “socialismo” e trenta milioni di russi, da un giorno all’altro, sono stati gettati sotto la soglia di sopravvivenza. Ma che importa: il mugiko muore ma la Russia – grazie alla spietatezza dello zar – vivrà. In qualunque altro paese questa sarebbe retorica. Ma in Russia (“guardala dall’alto – scriveva Majakovski – solcata dai segni dei fiumi come dalle frustate”) forse no. O almeno, nella storia della Russia c’è anche questo, e pesa.
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La crisi petrolifera attuale ha due radici, di cui una – l’incapacità americana a saccheggiare con efficienza il Medio Oriente – è legata alla contingenza e si può rimuovere ma l’altra – la decisione dello zar sovietico di riprendersi le risorse della Russia non tollerando più alcun oppositore – è invece fisiologica e non si può cambiare. Kerry riuscirà probabilmente a trar petrolio dagli oleodotti irakeni meglio di Bush (che non ne ha cavato una goccia) ma nè lui nè alcun altro, nè col bastone nè con la carota, riuscirano mai più a gestire il petrolio russo. Non perché Putin sia migliore di Eltsin, ma perché, storicamente, viene dopo.
L’ultima atrocità di Saddam Hussein è consistita cel cercare di farsi pagare il petrolio in euri e non più in dollari. Su questo, l’amministrazione Bush (che della democrazia in Medio Oriente non poteva infischiarsene di più: vedi sauditi, emiri, sultani e sultanelli vari, tutti fedeli alleati e uno più barbarico dell’altro) non poteva transigere e ha fatto quel che qualunque governo americano, conservatore o liberal, avrebbe fatto. Solo che l’ha fatto male, con rozzezza, facendosi beccare a compiere atrocità, sparando indiscriminatamente sulla folla, trattando i negri da negri e gli altri bianchi da fighetti, cosa che nel Duemila teoricamente non va più bene. Soprattutto, ha rubacchiato alla meglio, senza grazia nè stile (Cheney, Hallyburton, le truffe sulle forniture militari) invece di rubare in grande e imperialmente
La prossima amministrazione dovrà cercar di riparare queste cadute di stile, puntellare il regime (criminale) saudita sempre più sputtanato,trovare il modo di ritirarsi da Bagdad, bloccare l’euro sui mercati del petrolio dovunque si presenti, e tutto questo senza poter più contare sull’immensa riserva strategica russa che Bush padre e Clinton aveva comprato, in un certo senso, dai provvisori gestori della Russia. Ci riuscirà.? Speriamo di sì, per il bene di tutti. Attualmente gli americani sono molto incazzati perché la benzina gli costa più di mille lire al litro, mentre noi siamo lievemente irritati perché ce ne costa più di duemila. Noi siamo preoccupati per la diminuzione del Pil. Loro dormono tranquilli con un debito pubblico superiore del loro Pil non si sa quanto.
Noi tristi, e loro allegri, e da cinquant’anni a questa parte è così: eppure sono loro quelli che hanno i debiti, che pagano a “poi passo” e che, fatto il pieno di super, ripartono strombazzando col fuoristrada. Alla faccia degli arabi, alla faccia dei russi e alla faccia nostra.
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Economia 1. Roma. Lettera del governo ai petrolieri: si appella “alla sensibilità delle Vostre compagnie” perché “facciano uno sforzo” per non alzare troppo i prezzi, che sono già alle stelle.
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Economia 2. A Barcellona P.G. (Messina). E’ diffuso da qualche tempo un nuovo tipo di “pizzo” estorto ai commercianti dalla mafia locale. Il denaro versato ai mafiosi viene reinvestito da costoro in operazioni finanziarie (probabilmente di tipo “piramide”) da cui i taglieggiati ricevono, in caso di successo, una quota proporzionale all’importo versato. Una specie di Bot di Cosa Nostra, insomma.
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Solidarietà. Dopo traversie di vario genere (diversi reporter ammazzati nell’esercizio delle loro funzioni) finalmente il governo d’occupazione irakeno ha deciso la chiusura dell’emittente Al Jazeera a Bagdad. Non mi sembra, sui giornali, di aver letto espressioni di solidarietà dei giornalisti italiani, e delle loro associazioni, a questi colleghi: forse perché sono “nemici”. Io invece penso che “la libertà è indivisibile”, che “non importa per chi suona oggi la campana” e che “detesto le tue idee ma mi batterò fino all’ultimo perchè tu possa di esprimerle”. Sono tutte frasi di Maometto, per quel che se ne ricordano i miei colleghi oggi.
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Riad. Avrà luogo a novembre il primo tentativo di introdurre la democrazia in Arabia Saudita. A titolo sperimentale, infatti, parte dei consiglieri municipale della capitale non sarà nominata direttamente dal sovrano ma verrà scelti dai sudditi mediante elezione (i candidati ovviamente dovranno avere il nullaosta preventivo del governo). Questa storica svolta, secondo gli osservatori più ottimisti, potrebbe far sperare che nei prossimi decenni il governo saudita riesca a raggiungere il livello di occidentalizzazione di regimi relativamente più aperti come l’Iraq di Saddam o l’Iran di Khomeini.
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Firenze. La fondazione Antonino caponnetto protesta contro la mancata sostituzione delle auto blindate guaste in dotazione ai magistrati. “Significa favorire la mafia”.
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Monaco di Baviera. Il comune ha congelato il passaggio a Linux dei propri uffici amministrativi (14mila computer in rete). Il motivo non è tecnico ma “politico”: si temono azioni giudiziarie, con vari pretesti, da parte di Microsoft e conseguenti fastidi per il comune.
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Popoli. Il nove agosto le Nazioni Unite celebrano – ovviamente nell’indifferenza generale – la Giornata mondiale per i Popoli indigeni. Sono circa centocinquanta milioni di esseri umani, e buona parte di loro è a rischio d’immediata estinzione. L’associazione Survival ha raccolto alcune delle loro voci.
Enmei, dei Jarawa delle isole Andamane: “Gli stranieri sono persone cattive, Abusano di noi. La giungla è meglio. Anche se devo stare fuori per pochi giorni, vorrei tornare subito dalla mia famiglia, nella foresta”. Un Boscimane del Botswana: “Il nostro modo di vivere è moderno tanto quanto il vostro. Non c’è ragione per cui noi non possiamo indossare degli abiti e mandare i nostri bambini a scuola pur continuando ad essere cacciatori-raccoglitori”. Un Awà dell’Amazzonia, di nome To’o: “I bianchi si avvicinano sempre più, e noi siamo finiti ai margini. Siamo costantemente in fuga. Senza la foresta non abbiamo alcuna possibilità di sopravvivere e ci estingueremo. Ma lotteremo per la nostra terra. Non lasceremo che i bianchi ci invadano ancora. Non gli permetteremo di appropriarsi di tutta la nostra foresta. Vogliamo crescere i nostri bambini qui.”
Bookmark: www.survival.it
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Fretta. Alabama. Giustiziato mediante iniezione letale James Hobbard, settantaquattro anni, gravemente malato di cancro. Rifiutata dalla Corte suprema la sospensione dell’esecuzione.
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Windows. Council Bluffs, Iowa. Quindicenne colpito da un fulmine mentre gioca al computer. La scarica ha raggiunto il ragazzo attraverso l’alimentazione e, senza ferirlo, l’ha scaraventato ad alcuni passi di distanza. Il pc era equipaggiato con Windows. Se fosse stato Linux, o almeno Mac, chissà…
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Linux. San Francisco. Presentato da Hp-Compaq il primo portatile equipaggiato direttamente con Linux: l’iniziativa è definita propedeutica all’installazione di serie anche sui modelli da scrivania
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Contenuti. Chi ha inventato la stampa? Gutenberg, lo sanno tutti. Beh: Gutenberg veramente è stato solo uno degli inventori materiali, fra cui quache migliaio di cinesi che facevano già i tipografi qualche secolo prima. A parte questo, dal mio punto di vista, gli inventori della stampa sono due: Gutenberg e Lutero.
Gutenberg ci ha messo il salto ingegneristico, la new ecnology. Lutero ci ha messo il contenuto. Senza la Bibbia di Lutero, col cavolo che avremmo la stampa, nell’accezione che le diamo da allora. Avremmo avuto una curiosità tecnica, di cui sarebbero stati a conoscenza alcuni specialisti, non il libro in tutte le case. La stampa, insomma, non è il torchio e l’inchiostro. È il torchio e l’inchiostro, più il libro. Quest’ultimo, a sua volta, è fatto di carta trattata e di contenuti. Harwdare e software – la vecchia storia. Nel caso della stampa, ha funzionato.
Nel caso nostro, no. E forse è il momento di cominciare a chiedersene il motivo. Che la new economy non sia esattamente la terra promessa che si diceva, ormai si comincia a capirlo persino sui giornali. Eppure i computer sono migliaia di volte più potenti che dieci anni fa. L’internet ormai collega (quasi) tutto. Il commercio elettronico, tecnicamente, funziona. Eppure computer più internet più e-commerce, messi insieme, stanno dando un sacco di delusioni. Che cos’è che non funziona? Cosa manca?
Risposta: i contenuti. Sul libro puoi mettere il pamphlet politico o il romanzo moderno, che sono contenuti che prima non c’erano e che nascono “dopo” il libro. Col cinema puoi fare il film. Con la televisione, Samarcanda. Ma col computer? Qual è quel contenuto veramente e radicalmente nuovo, che dieci anni fa non c’era ed anzi non si poteva neanche immaginare e che ora invece – “dopo” l’internet – finalmente c’è?
Mistero. Quasi tutto quel che si vede sull’internet (e l’internet in America, per quasi la metà degli utenti, significa i quattro maggiori portali) è roba di prima dell’internet, masticata, colorata e flashizzata. Ma non riesce a sorprendere nemmeno me, che pure ho visto Lascia e Raddoppia alle prime puntate: figurarsi un ragazzo. Ha sempre un retrogusto di ammiccante e forzato, di “traduzione” in internet di roba nata e pensata altrove.
Quindici anni fa, nello stesso mondo, si vedevano cose (i newsgroups, Pkunzip, Mosaic e poi Netscape…) che non sarebbero state nemmeno immaginabili prima della tecnologia. Adesso… beh, lasciamo andare.
Beh, questo sarebbe il versante pessimista, il bicchiere mezzo vuoto. Che cosa c’è in quello mezzo pieno? Tutto il pianeta e-mail, direi. Un bel po’ di siti sconosciuti o semisconosciuti, che purtroppo nessun database collega. Qualche portale (non più d’una dozzina in tutto il mondo, e fra questi nessuno dei primi quattro) che le animazioni cerca di farle funzionare (utilmente) nella testa di chi si collega e non (inutilmente) nella home-page. Qualche ragazzo che conosco. Alcune interconnessioni possibili fra il vecchio computer e strumenti “leggeri”. E l’open-source e Linux, naturalmente.
L’open-source, in tutto questo, è la precondizione per ripartire. Pensare di far funzionare – strategicamente – le tecnologie senza open-source è come pretendere di sviluppare la stampa senza che contemporaneamente ci sia un protestantesimo. Tecnicamente, si può anche fare. Ma culturalmente (e dunque praticamente) ha il fiato corto.
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Cronaca. Milano. Assalto di skinheads al centro sociale Conchetta, ai Navigli. Spranghe, coltelli, inni fascisti e sei feriti di cui uno in prognosi riservata.
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Cronaca. Lecce. Ventidue teppisti, cui era stato proibito di assistere per un anno alle partite, sono stati riammessi allo stadio dal Tar dopo un ricorso degli avvocati. Il provvedimento della questura era stato emesso dopo una maxi-rissa in un’area di servizio emiliana, dove si erano casualmente incrociati pullmann carichi di tifosi del Lecce e del Pescara.
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Cronaca. Fregene (Roma). Carabiniere accoltellato mentre difende alcune ragazze dalle molestie di due teppisti.
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redrage wrote:
< Mio figlio mi ha chiesto, da quando gli hanno attivato il computer, di essere iscritto alla Catena di S. Libero. Mi piacerebbe che tu vedessi come l’ho tirato su bene, ha il mio stesso spirito combattivo. Alcune volte, tanto tempo fa, sedeva con me dietro il mixer di Radio Etnea Alternativa (primi anni ’80), allora aveva pochissimi anni >
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Linarena wrote:
< Gentile O., su Diaco non ci sono parole per definire i percorsi necessari per diventare giornalista di successo. Lecchino, cretino, banale, interessato a tutto e per finire: curioso. Diaco è tutto questo e non sorprende che Ferrara e financo Giordano Bruno Guerri gli abbiano accordato uno spazio sui loro giornali. L’Indipendente addirittura gli ha garentito una casella di posta quotidiana. Sarà figlio di una buona donna oppure figlio non riconosciuto di qualche professore universitario (non sorprenda ma la figlia di Rodotà, modesta e miserella, è giunta a dirigere una rivistona femminile) oppure di qualche politico di eccezione. E’ incomprensibile il suo successo anche perchè parla a vanvera ed in maniera sconclusionata. Ma forse ho colpito nel segno ed ho commesso un errore: ha le qualità per essere un vero giornalista >
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sandro@bengodi.org wrote:
< Il 29 luglio è nato il comitato per il Columbus Day, il giorno della scoperta dell’America, il 12 ottobre. La giornata verrà celebrata in tutte le scuole e gli uffici pubblici e ci saranno mostre, dibattiti, ecc. Quest’anno la manifestazione principale, che si terrà a Genova, sarà coordinata dal ministro Claudio Scajola. Una festa a Genova organizzata da Scajola? Fossi in voi mi terrei lontano da piazza Alimonda e dalla scuola Diaz… Ma non finisce qui: in estate, sotto il patrocinio dei Beni Culturali, hanno organizzato la “giornata della musica popolare”. Bennato che canta “brigante se more”, Daniele Sepe che canta “tarantella del gargano” e i Modena City Ramblers che cantano “bella ciao”? No: corteo a Roma, con inno di Mameli e discorso di Berlusconi… il tutto nella splendida cornice di Piazza Venezia. Chissà perchè anche questa mi sembra di averla già vista >
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Alessandro Paganini wrote:
< Un altro pezzo di Enel – il 20 per cento – sul mercato per tappare i buchi di gestione. Giova ricordare l’esperienza dalla liberalizzazione elettrica in California, che ha portato caos, blackout e aumenti fino al 300 per cento >
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mimmo lombezzi wrtoe:
< L’altro giorno pispolo e cado su “Veline” il successo dell’estate.Teo Mammuccari fa avanzare una sventola di Catania e la sottopone alla seguente prova: con una bottiglia di gomma le invia uno schizzo di latte che la candidata deve ingoiare “senza farne cadere neppure una goccia”. Poi , imbrattatata di latte, le fa eseguire il tradizionale ballonzolo. Il padre, tenendo in braccio il fratellino della ragazza, “eroga” un sorriso tirato >
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From: “David Loepp” davidrichard.loepp@tin.it
Arouet, by till@mercurioproductions.com, wrote:
< Le streghe hanno smesso di esistere quando abbiamo smesso di bruciarle >
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Enzo Baldoni, from Bagdad, wrote:
< Finalmente ho un angelo custode. Si chiama Ghareeb, è palestinese, è molto bene introdotto nei posti che contano e di più non posso dire. Come l’ho conosciuto? Un colpo di culo, e che altro? Stasera, finalmente a cena fuori dal compound del Palestine – Sheraton, che è pesantemente controllato dagli americani e dalla neonata polizia irachena. Ceniamo in un kebab sulla strada, nessuno parla inglese, non esistono menù e nemmeno la birra, ma il pollo è delizioso (si mangia con le mani, chiaro).
Ghareeb è ingegnere, è intelligente e molto colto, come gran parte dei palestinesi, parla un discreto inglese e conosce bene la storia. Una compagnia piacevole. E poi è più grosso di me e somiglia moltissimo a un certo Giodi di cui sono molto amico. Cosa chiedere di più alla vita?
Lontano scoppia una bomba. Poi un’altra. Poi un’altra. Allora cominciamo a contare.
Booom! – Quattro.
Boom! – Cinque.
Booom! – Sei.
Boom! – Sette.
Questa è la reazione alla conferenza stampa del primo ministro Allawi, che oggi non ha dato la minima chance alla resistenza: ha detto che sono fuorilegge, che saranno cacciati e arrestati.
Boom! – Otto. Mmmm … As Sadr sta veramente incazzato.Nella Zona verde partono le sirene.
– Le suonano adesso, le sirene: a chi è ferito non serviranno gran che.
Boom! – Nove.
Passano veloci quattro Humvees dell’esercito USA, saettando un faro sulla folla. Sembra che scappino. Tutti gli avventori del ristorante si mettono a ridere e schiamazzano all’indirizzo degli americani.
Boom! – Dieci.
La gente è tranquilla, continua a mangiare e a ridere. I missili sono diretti sulla Zona Verde, quartier generale dei sempre più odiati statunitensi.
Boom! – Undici.
Boom! – Dodici.
Dodici bombe nel giro di un’ora. Difficile sottovalutarne il significato. Fantastici americani. In un anno di arroganza, violenza, maltrattamenti in carcere, arresti illegali e disordini sono riusciti a sprecare tutto il capitale di credibilità che si erano costruiti con la cacciata di
Saddam. Adesso anche chi li aveva festeggiati all’arrivo non aspetta altro che si tolgano dai coglioni.
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Paolo <silenz@palatina.el> wrote:
< Via queste vesti, amore! Su, stringiamoci
col tuo corpo ed il mio, nudi, intrecciati
con niente in mezzo: via questa barriera
– la tua camicia – spessa come un muro.
Petto su petto, labbra sulle labbra
e poi silenzio, niente più parole. >
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Dioniso <sophistes@palatina.el> wrote:
< S’io fossi vento e tu nell’aria aperta,
nuda, alla mia carezza ti donassi
S’io fossi un fiore, rosso, e tu volessi
prendermi in mano e stringermi al tuo petto >
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Asclepiade <askl@palatina.el> wrote:
< Vergine? E per che scopo? Vuoi trovare
uno che t’ami giù, là a casa d’Ade?
Solo fra i vivi, qui, vive il piacere,
ragazza mia: poi, cenere e niente. >
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Meleagro <mel@palatina.el> wrote:
< Eros giocava a dadi con Afrodite
stanotte. E là s’è giocato il mio cuore. >
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< Vento del Sud, buon vento, vento dei marinai,
ti sei preso il mio Andragato, metà del cuore mio.
Felice la sua nave e più felice il mare,
felicissimo il vento che gli gonfia la vela.
Oh se fossi un delfino! Lo trarrei svelto in groppa
lo porterei nell’isola dei bei ragazzi, a Rodi. >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)