San Libero – 244

17 agosto 2004 n. 244

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Certo, neanche le olimpiadi sono una cosa pulita e difatti – “non a caso” – sono cominciate col doping. Dilettantismo? Non c’è mai stato. Ad Abebe Bikiba dettero un gregge di pecore e il grado di capitano. A quelli di ora andranno milioni e miliardi. D’altronde, neanche Milone di Crotone lottava gratis, nè Gerone evitava (ma lui aveva Pindaro) di usare le olimpiadi per propaganda. Sparta, l’America, la Russia, Atene, l’Afganistan, i Melii… Ciascuno di questi popoli, alcuni ancora esistenti, ha sfilato con la sua fierezza nazionalistica, di civiltà superiore, di (ingenua) prepotenza. “Il mio premio? Combatterò accanto al mio re”. Sì, ma il tuo re è uno schiavista, ragazzo. Che sorridi? (Un anno fa, la storia di quell’altro ragazzo, americano, che piantò il campionato di baseball per andarsene a morire volontario in Afganistan. “My country”). Eppure, noi applaudiamo.
Nessun essere umano, su questo pianeta, s’è mai fatto illusioni, in tremila anni, sulla “sacralità di Olimpia” e balle del genere. Eppure, quando gli atleti sfilano, siamo tutti con loro; sono noi. Per un momento, davanti ai ragazzi americani o lacedemoni, sorridiamo, pur sapendo benissimo chi sono. Perché? E’ che in quel momento noi intuiamo, in mezzo a tutte le truffe e le bandiere, che sta sfilando qualcosa di umano e bello, la giovinezza. Noi sappiamo – ciascuno di noi lo sa, profondamente – che la vita nasce lieve e felice, con regole amichevoli, la vita che da ragazzi ci sembra eterna. Avremo sempre degli amici, non dovremo guardarci dal resto del branco, non dovremo subire prepotenze da nessuno salvo che da nostro padre e nostra madre, che ci vogliono bene, risponderemo sempre serenamente al nostro corpo, e lui a noi. “Al modo delle foglie, che nel tempo…”. Questo, che pare eterno, termina invece bruscamente poco dopo i vent’anni. La società in cui entriamo è lungi dall’essere una famiglia umana, e questa è la prima cosa vera che apprendiamo. Nostalgia.
Su questa nostalgia, in realtà, sulla proiezione indefinita nel tempo dei miti adolescenziali, s’è retta la prima civiltà vera del mondo, quella greca. Era Fedone che insegnava a Socrate, non viceversa; Pericle era un ragazzo cresciuto, non un patriarca. Di questo meccanismo, delicatissimo e forte, il centro consapevole era Olimpia. Altro che radici cristiane. Se siamo vagamente civili, lo dobbiamo ai greci.
Così, tutti questi ragazzi americani, che domani imbroglieranno e ammazzeranno come tutti gli altri, adesso sono semplicemente dei ragazzi; e così gl’irakeni, i palestinesi, gl’israeliani, gl’italiani, tutti. Non ci sarà mai pace vera fra le loro nazioni, per fisiologia. Ma non c’è e non può esserci guerra vera fra loro singoli giovani, finché son tali, per fisiologia. E sono artificiali, in realtà, le nazioni; di veramente reale, c’è solo ogni persona. E noi lo intuiamo improvvisamente, con gioia e nostalgia.
Ecco. Adesso lasciatemi fare la parte mia, ora come tremila anni fa, del vecchio sulle gradinate; anch’io ho tirato di sciabola, “ai miei tempi”; anche se non è male questo ragazzo di ora, come si chiama, Montano. Lasciatemi ricordare i miei campioni, Berruti, Agesidamo, Arcesilao, Benvenuti… E la ragazza Wilma Rudolph, negra dell’Alabama, dove la schiavitù era appena finita ma i bianchi schiavizzavano ancora. Volò fino al traguardo, davanti alla sua America semi-razzista, come Jessie Owens davanti a Hitler: sul podio fece un sorriso fiero e timido, e di lì a pochi anni sarebbe arrivata in tutto il mondo – stavolta, il nero sul podio alzò il pugno chiuso – la libertà giovanile del Sessantotto.

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“Momios”. Vuol dire “mummie” ed era il nomignolo con cui i “companeros” cileni chiamavano i signori perbene che, sotto Allende, scendevano a migliaia per le strade a protestare contro le intollerabili riforme del governo. Riprendersi le miniere, dare il latte gratis ai bambini, provvedere se non una casa almeno un riparo alle migliaia di “pobladores” che s’accalcavano a Santiago in fuga dai latifondi: tutte queste cose terribili, e altre ancora, facevano evidentemente parte di una congiura cubano-communista, e anche anti-occidentale e anti-gente-per-bene, contro cui i ceti medi cileni lottavano, nell’indifferenza della polizia “communista”, con coraggio leonino. E alla fine hanno avuto ragione loro: l’America, che sa meglio di un Allende qualunque cos’è male e cos’è bene per un Cile, alla fine s’è rotta le scatole e ha sguinzagliato i soldati. E questo è successo l’Undici Settembre di trent’anni fa: allora Bin Laden giocava ancora al Monopoli, ma Kissinger sapeva già il fatto suo.
Lo stesso sarebbe dovuto succedere ora in Venezuela: già nel 2002, con la diciamo così tolleranza del Dipartimento di Stato, c’era stato un tentativo di golpe che aveva portato per pochi giorni al potere il presidente della Confindustria locale. Stavolta le cose si sono svolte democraticamente, il governo ha offerto ai “momios” per vedere chi aveva il sostegno della popolazione, il referendum – controllato da osservatori neutrali – è stato vinto dai “communisti” e, al momento in cui scriviamo, i marines non sono ancora arrivati. Così il rozzo Chavez non ha fatto la fine di Allende. Chissà: può darsi che i tempi davvero stiano cominciando a cambiare.

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Acqua. Di tutte le acque di Roma, stranamente, in questo momento la più bella non è il Tevere né l’Isola Sacra, e neppure l’Aniene pasoliniano. Se siete in vacanza a Roma – alla faccia di Bin Laden – vi consiglio invece di andare al laghetto dell’Eur, nella città nuova. E’ una zona vagamente real-socialista, con grandi palazzi marmorei, monumentali (ordine di Mussolini, o di Stalin: urbanisticamente, è lo stesso); con degli squarci di grazia, tuttavia, e con molto verde. Il laghetto è proporzionato, non eccessivamente gigantesco, un rettangolo d’acqua chiara e verde, lungo e interrotto da ponticelli. Confesso che, con la scusa del caldo, ci vado spesso. Confesso – ma non riditelo – anche un’altra perversione: c’è un bar, sopra il laghetto, che è veramente simpatico, coi tavolini all’antica in un giardino; prendendo un gelato là (ma non son buoni) puoi leggere tranquillamente, voltando le spalle alla sala e avendo negli occhi esclusivamente il verde degli alberi e del prato. “Non cambiare discorso!”. E va bene: è un McDonald, lo ammetto. Mi giustifico col fatto che in fondo prendo solo un gelato, e magari che – essendo diventati i McDonald, a quanto pare, obiettivi militari un minimo di solidarietà è giusta darla anche a loro.
Comunque non volevo invitarvi al McDonald, ci mancherebbe. Semplicemente a passeggiare lungo i vialetti sul lago e magari, se avete pure voi un po’ di fiatone, a sedervi su una panchina: giardinetti. Vedrete avvicinarsi da lontano una ragazza che corre, piccola e un po’ grassottella, ma con una magnifica coda di cavallo che le sballonzola a destra e a sinistra, cosa che mi rende felice. Poi un gruppo di sfaccendati coi coppellini da baseball per traverso poi, qualche minuto dopo, un’altra ragazza che fa jogging, questa assai bella, sempre con un’atalantesca coda di cavallo al vento. Alziamoci e passeggiamo un poco. Una parola: t’arriva un branco di ragazzini che, vociando e rincorrendosi, quasi ti travolge.
Avranno diciamo un sette-otto anni, ma i più vecchi; gridano a squarciagola, ridendo, e questo è strano perché sono tutti srilankesi o cinesini o pakistani o insomma, e di solito questi qua se ne stanno silenziosi e intimiditi – sugli autobus o sui metrò non li senti mai gridare. Qua invece sono come uno stormo di allodole, non stanno fermi o zitti un momento: altro che timidezza! Prepotenti e ridenti, i tenerelli, manco che se fossero a casa loro. Più in là, su ua panchina, c’è uno dei genitori, che sembra un giovane indiano. Ha i baffetti e un libro, e un’aria serenamente stanca, da uomo che anche oggi ha combinato qualcosa. La mamma immagino sia quella là, che va spettegolando in qualche lingua uccellesca, qualche passo più indietro, con un’amica; lei ha dei pantaloni civili ma l’amica, che è bellissima, è in sari.
Via, avanti: un po’ di pace! Oltrepassi una coppia di ragazzi che si ammoinano, italiani, un tizio che legge sull’erba Sepulveda, una che sta telefonando ad alta voce (“Non mi vuoi bene!”), e alla svolta ti trovi in mezzo a cinque-sei capannelli, ognuno raggrumato attorno a una diversa panchina. Sono tutti “stranieri”, cioè rromani dde fora: questi chiacchierano fra di loro, quelli fanno merenda, quegli altri stanno giocando a un gioco di carte – ah ah! v’ho beccato! – che, da vicino, pare una specie di pinnacolo o di canasta. C’è una felicità nell’aria, ma una felicità di lavoratori in vacanza, non di fighetti, che si taglia col coltello. Non c’è un solo italiano, da questa parte, eppure è così tanto Italia che pare un film anni Sessanta. Te ne vai sorridendo, mugugnando contro quel cazzo di tempo che è passato. Fra poco, al tramonto, milioni di storni, in nubi fitte, volteggeranno per qualche attimo al di sopra di tutto questo.
Adesso, la luce fa giochi di rombi sulle acque del lago. E’ un’acqua luminescente, verde, con un colore da mare. Ricorda vagamente i riflessi, alla stessa ora, al largo di Pantelleria o Lampedusa. Come li hai visti tu. O come li hanno visti loro, quelli che sono sopravvissuti.

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Emigranti 1. Nel quadro della lotta all’emigrazione clandestina, la Libia chiede all’Italia altri fondi, che serviranno per aumentare i sistemi di sorveglianza alla partenza e anche per comprare un numero sufficiente di sacche nere di plastica per recuperare i morti. Nello stesso momento, le cronache rosa segnalano che il figlio di Gheddafi sta trascorrendo le vacanze a Porto Cervo, in Sardegna, dove le guardie del corpo incaricate di proteggerlo sono state viste pagare conti d’albergo di ottomila dollari al giorno.

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Emigranti 2. Spiritosa provocazione di alcuni albergatori di Lampedusa: soggiorno gratis in albergo per quei turisti che avvisteranno emigranti nel centro dell’isola o sulla spiaggia, provvedendo a segnalarli tempestivamente alle autorità preposte. “Via, era solo una battuta – ha dichiarato il più importante di loro, tale Antonio Martello – In realtà, li portano sempre via subito: potete nuotare qua tranquillamente senza incontrarne mai nemmeno uno”. Negli ultimi anni, al largo di Lampedusa e nelle altre aree del mar di Sicilia sono morti annegati circa novecentosessanta esseri umani. L’agenzia turistica di Martello si chiama “Sogni nel blu”.

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Bambole 1. Un’associazione per l’avanzamento della donna, in America, ha provocatoriamente lanciato la proposta di candidare, in alternativa a Bush e Kerry, direttamente Barbie. Non mi ricordo più qual era il ragionamento “provocatorio” e politicamente corretto: fatto sta che Barbie è uno dei personaggi più popolari d’America e molte adolescenti sono convinte che essa sia semplicemente la riproduzione di una ragazza reale. Personalmente, non credo che Barbie riuscirebbe a battere i due marpioni – ma credo che il suo tre-qauttro per cento dei voti lo prenderebbe; più di Nader, probabilmente. D’altronde, non è affatto detto che anche gli altri due concorrenti, in realtà, non siano pure di plastica; però sono maschi. Il problema vero infatti è che una donna *non può* (per Costituzione, per statuto, per bibbia) diventare presidente degli Stati Uniti, e a dire il vero di nessun altro paese occidentale che non sia l’Islanda. (E la Thatcher, allora? E la Condoleeza? e la Bonino? Sì, ma stavamo parlando di donne e non, come direbbe la Simone, di eunuchi femmine).

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Bambole 2. A Pantelleria gli archeologi hanno scoperto, fra i resti di un villaggio dell’Età del Bronzo, la tomba di una bambina morta circa quattromila anni fa. C’è una serie di pentole di terracotta in miniatura (“giochiamo alla casa”) e c’è una bambola scolpita. E’ solo un pezzo di pietra, in realtà: ma vi si distinguono chiaramente, tracciati da una mano rudimentale ma affettuosa, i segni che sono gli occhi, il naso e i capelli.

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Terrorismo. Il colonnello Budanov comandava un reggimento corazzato russo in Cecenia. Il 26 marzo 2000, interrogando una ragazza “sospetta, gli era capitato di violentarla. La ragazza si chiamava Elsa Kungaieva, era del villaggio di Thangi-Chou e aveva 18 anni. E’ stata uccisa subito dopo lo stupro, mediante frattura del collo a mani nude. Corte marziale. Perizie.
La prima perizia stabilisce che il colonnello era perfettamente in grado di intendere e di volere, dunque incriminabile. Allora, altra perizia. Stavolta, il colonnellol risulta incapace d’intendere e di volere. Dunque, assolto ed espulso dalle forze armate? No. Gli psichiatri continuano la perizia, e alla fine stabiliscono che l’incapacità c’era sì, ma solo durante il fatto.Prima no, e dopo neppure. Per cui, assolto (perché matto) e subito dopo riammesso nell’esercito (perché sano di mente). La perizia è stata svolta all’istituto di psichiatria legale di Mosca, che vent’ani fa “peritava” i dissidenti politici per conto del Kgb.

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Buttiglione vicepresidente. L’Eurò s’amuse.

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Pianeta. Incidente nucleare in Giappone, tubatura scoppiata, quattro morti, “nessun pericolo per la popolazione”. In Ucraina aperto un nuovo reattore per sostituire quello di Cernobyl.

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Lavoro. Linux assume. Lo ha annunciato, a New York, Ibm, che ha annunciato a sorpresa – in netta controtendenza rispetto a tutto il resto dell’industria – il raddoppio del proprio piano di assunzioni per l’anno in corso, che passa da diecimila a diciottomila unità. La maggior parte delle nuove assunzioni riguarderanno programmatori per il sistema operativo LInux, su cui da due anni Ibm sta puntando tutte le sue carte.

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Cronaca. Livorno. Un giovane senegalese, Cheikh Sarr di venti anni, è morto annegato nelle acque di Castagneto dopo aver salvato la vita a un turista italiano, di cui s’ignora il nome, che stava per essere travolto dalle acque agitate. Il ragazzo, che lavorava da muratore a Donoratico, nei dintorni, s’è tuffato immediatamente appena ha visto l’uomo in difficoltà e, nonostante il mare fortissimo, l’ha spinto a riva. Subito dopo, abbandonato dalle forze, è stato a sua volta travolto. Il corpo è stato recuperato sulla spiaggia due giorni dopo. Il nome dell’italiano salvato non è noto perché costui, subito dopo essere stato posto in salvo dal giovane senegalese, si è riposato un po’ e poi se n’è andato tranquillamente senza lasciare il suo nome e senza ringraziare nessuno.

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Cronaca. Napoli. Una giovane madre di famiglia, Patrizia Cuomo di trentadue anni, è annegata davanti alla spiaggia di Vigliena a San Giovanni a Teduccio per salvare la vita dei suoi tre bambini che stavano facendo il bagno. Nella zona c’è una fortissima corrente, causata dalle turbine di una centrale elettrica poco lontano. Negli ultimi anni altre cinque persone sono annegate nello stesso punto, sempre a causa dei vortici improvvisi. La spiaggia, nonostante il divieto di balneazione, è frequentata dai poveri che non hanno dove altro andare.

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Alessio wrote:
< Cari amici, sotto un impietoso temporale, zuppo come un cencio, qualche ora fa entravo in Istanbul, portando a termine, stanco morto, la mia personale piccola impresa. 14 giorni in bici, contando anche uno di riposo, un numero di kilometri intorno ai 1800, 2 catene montuose, tanto sole e tanta pioggia, ma alla fine giungevo soddisfatto a destinazione, facendomi fotografare, sempre sotto la pioggia, in bici, davanti alla moschea blu. Provo una gran soddisfazione! Ieri pedalavo sotto ad un sole impietoso spruzzando sudore da tutti i pori, oggi percorrevo gli ultimi 110 km in corsia preferenziale della Edirne-Istanbul sotto un acquazzone con tir carichi di fieno che non esitavano a schizzarmi tutta l’acqua possibile addosso. Comunque è fatta! Non ho un panno asciutto sicchè ora vado a comprarmi qualcosa da mettere. E da mangiare >

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giomascia@tin.it wrote:
< Leggo sulla Catena questi versi di Ipponatte: “Mercurio, san Mercurio, san Mercurio da Bari,/ figlio della madonna, qua fa freddo, ti prego,/ regala un bel mantello al tuo Ipponatte/ e un vestito, e le scarpe, e due scarponi,/ e magari sessanta bigliettoni: / rubali a qualcun altro, che ti frega?”.
Ma chi è questo San Mercurio da Bari? Mica San Mercurio di Cesarea, il patrono del mio paese? Grazie e saluti >
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Caro Giovanni,
il tuo San Mercurio è un regolare santo cristiano, credo dei primi secoli. Il mio invece è un imbroglio, una traduzione “infedele”. Ipponatte nell’originale si rivolge solennemente e canonicamente al suo dio, Hermes, chiamandolo con l’appellativo di rito “figlio di Latona, ecc.”. Dal contrasto fra la solennità dell’apostrofe e la prosaicità della richiesta nasce la comicità. Ora, se avessi tradutto letteralmente avrei perso l’effetto: nessuno infatti sa più che Hermes è figlio di Latona, o che Venere è di Cipro e così via; per i Greci erano invece attributi automatici, che contribuivano a rendere “alta” e familiare l’invocazione. Perciò ho deciso di saltare il fosso: Hermes (trasformato in un più familare Mercurio) diventa non più un dio ma un santo, cioé il nostro equivalente del qualcuno a cui chiedere le grazie; il santo deve avere un appellativo, sennò resta “freddo”, e allora regaliamogli arbitrariamente (al posto del “figlio di Latona”) questo “da Bari”, che richiama immediatamente l’atmosfera dei nostri santi popolari. Perché Bari e non Milano, Padova, Firenze o che so io? Perché Bari (a parte l’essere un bel bisillabo aperto, che chiude bene il verso) è “simpatica”, ed è meridionale. Suona bene ed evoca litanie.
Mi permetto di mandarti delle altre traduzioni. Sono filologicamente abbastanza corrette (nel senso che in genere sono quasi letterali) ma anche in altri punti mi sono permesso delle libertà per salvare innanzitutto l’atmosfera (“alta” o “bassa”, popolare o scandita) voluta del poeta. I poeti greci non avevano una tradizione accademica dietro di sè, erano molto più vicini di noi al loro pubblico, il loro atteggiamento era più da cantautore che da “poeta” nel senso colto. Credo che questa sia la chiave per comprenderli, ed anche per tradurli. Cordialmente

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Enzo Baldoni, Bagdad, wrote:
< Si parla tanto di Najaf, giustamente. Ma nel frattempo nessuno dice che, a Kut, ci sono state decine di morti per i bombardamenti dgli F 16. E’ che dove non c’è l’attenzione dei media le cose non succedono, la gente non muore >
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< Sono nella sede della CRI di Baghdad, l’unico centro iracheno dove si curano i grandi ustionati. Ho ancora nelle orecchie le urla di due soldatini iracheni orribilmente bruciati dal “fuoco amico” degli F16. Il personale qui è ammirevole, non si risparmia. Stanno caricando camion e ambulanze di medicinali destinati a Najaf. Hanno già l’autorizzazione delle autorità islamiche. Ma più di tutti hanno paura degli americani, che hanno il curioso vizietto di sparare sulle ambulanze. Partiranno appena avuta la clearance. Assieme al convoglio va Pino Scaccia, della RAI e uno sconosciuto Volontario del Soccorso con un gran culo >
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< …Anna è un’infermiera volontaria di Messina, una bella faccia italiana, sorridente e concreta: “Lo stress più grande, per noi, sono i bambini. Arrivano qui, ustionati, hanno dolori terribili, urlano, piangono: come fai a non affezionarti? Le loro mamme sono dolcissime, fra donne ci capiamo. Ma ne abbiamo persi tre, in questi ultimi giorni. E questo pesa, pesa. Siamo quasi tutte mamme anche noi”. Beppe: “Anche qui ci sono i pregiudizi. Tempo fa una donna m’ha detto, baciandomi le mani (e ero imbarazzato): “Grazie, grazie per aver salvato la mia bambina. Mi avevano detto che voi cristiani avete il cuore nero. Ho scoperto che non è vero”. Ecco, queste sono le cose che ci aiutano a tirare avanti” >
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< Facciamo in giro per i reparti. Ci avviciniamo a un piccolo paziente sdraiato. Vicino a lui c’è il papà, un bel signore elegante nella sua lunga dishdasha blu. Lo chiama: “Ahmed? Ahmed? Guarda questo signore italiano che ti vuol fare la fotografia!”. Io vorrei dire: no, no, lasciatelo in pace, povero cristo. Ma anche Anna, l’infermiera, che sa quel che fare, lo chiama: “Ahmed? Ahmed? Get up!”. Forse gli fa bene reagire agli stimoli. Allora, tremolando, aiutato dal padre, un troncone umano annerito e parzialmente coperto di creme che forse è stato un ragazzino si alza a fatica, senza dire parola. La faccia è una crosta immobile in cui solo gli occhi riescono a roteare verso di me. Impressionante. Misericordiosa morfina >
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< tornato da najaf, consegnati medicinali, portati fuori donne e bambini nascosti nel camion, stato in casa as sadr, entrato mausoleo ali, visto morire guerrigliero, incontrato comandante esercito al mahdi, cagato sotto causa torretta bradley che si spostava tenendomi di mira, incontrati marines che stavano pian piano entrando a piedi in najaf, lussata clavicola, ricoverato osped. italiano. scusate imprecisioni e stile telegrafico, scrivo solo mano sinistra, tutto bene. forse dovrò interrompere viaggio. presto racconto. vi voglio bene, grazie per starmi vicini >
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Galina Padovanskaya <rosapia.bonomi@libero.it> wrote:

< Noi viaggiavamo un giorno per diletto,
soli eravamo, senza neanche un gatto.
Io mi ricordo del tuo do di petto
quando, dovendo guadagnarci il vitto,
cantavi in piazza un po’ di Rigoletto.
Poi assistemmo a quel bieco delitto
dell’albanese che rubò un bel frutto:
una pera pesante più di un etto.
Gli spararono un colpo assai ben fatto.
Lo centrarono giusto in mezzo al petto.
La macchia rossa s’allargò sul cotto
di Piazza Umberto: il luogo era perfetto.
L’albanese non era che un bimbetto:
nove anni, forse, e incline già al misfatto.
Dissero insieme il sindaco e il prefetto:
– Deve imparare cosa sia il diritto! >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)