11 ottobre 2004 n. 252
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Beh, poteva andar peggio. A quelli di Indymedia, voglio dire: hanno scritto della cose veramente antipatiche su Bush per cui quello ha mandato l’Fbi in Inghilterra a sequestrargli il sito (dopo un po’, quando la gente ha cominciato a chiedersi che cavolo ci facesse l’Fbi in Inghilterra, è spuntata una chiamata al 113 fatta dalla Nestlè e dal signor B.). Cmq, tutto ok: di questi tempi, parlar male di Bush è più o meno come scrivere un libro di scoop su Maometto e chiedere la prefazione all’ayatollah Khomeini, gente che s’incazza facilmente. “Professa il giornalismo” hanno detto di un un giornalista i terroristi col turbante, per i quali evidentemente tutto è religione. Quelli senza turbante sono altrettanto sbrigativi, prima lasciano partire il proiettile (sulla redazione di Al Jazeera, sull’hotel dei giornalisti europei a Bagdad) e poi allargano le braccia: “Toh: m’è scappato un colpo mentre pulivo il cannone”. Insomma, poteva benissimo capitare che un carro armato dei marines, per le vie di Londra, lasciasse accidentalmente partire una cannonata verso la sede di Indymedia. Questo non è avvenuto, ed ecco uno dei vantaggi della civiltà.
Poteva anche capitare un’altra cosa, che – non volendo sprecare una cannonata – gli incaricati del silenziamento si limitassero a spedire una lettera circolare così concepita: “A tutti i Gruppi Terroristici Islamici e non, Loro Sedi – Si comunica alle Signorie Loro che i segg. giornalisti (seguono nomi) sono in realtà delle spie occidentali et imperialiste at nostro servizio stop Pregasi pertanto prendere oppurtuni provvedimenti stop Distinti saluti stop”. Questo metodo è altrettanto efficace e comporta solo la spesa del francobollo: dicono che sia stato adoperato, con successo, di recente. L’unico suo limite è che non è spettacolare.
Lo è invece il metodo usato appena un mese fa – ma sui giornali è uscito solo un trafiletto, e solo una volta – per silenziare il reporter di Al Arabya che, nel corso di un intervento di pace su una folla incazzata, si ostinava a riprendere gli elicotteri che bombardavano la folla. La telecamera ha trasmesso un campo lungo della folla, poi un altro campo lungo di cielo con elicotteri, poi zoom su un elicottero in particolare, poi quell’elicottero ha virato verso la camera presentandole il muso coi cannoni – bellissima inquadratura – poi l’elicottero ha cominciato ad avvicinarsi – dai, dai, gira! – poi s’è visto il lampo e il missile che partiva. Infine le macchie di sangue sul vetro della telecamera e dello schermo – il sangue del giornalista non-embedded centrato dalla missilata.
Ecco: è molto più elegante così, piuttosto che sequestrarlo, legarlo, farlo inginocchiare con la bandiera sullo sfondo e tagliargli la testa. Il risultato però è lo stesso, e cioè un testimone in meno in grado di riferire.
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Caro Presidente… “Caro Presidente degli Stati Uniti d’America, nonostante Lei guidi il paese del “Primo emendamento”, quello che proclama che tutti sono liberi di parlare, è da un pezzo che abbiamo notato che Lei ha qualche problema con la Democrazia. Adesso alcuni dei Suoi agenti hanno fatto irruzione a Londra e hanno portato via gli hard disk di Indymedia. Siamo sicuri che Lei, e molti altri cittadini, si rende conto che Indymedia è il percorso del ventunesimo secolo al Primo emendamento. Così cos’è successo quel pomeriggio? Era una cosa americana o fascista?
Ci domandiamo:
– Pensa davvero che chiudere la stampa libera e i media indipendenti migliorerà la Democrazia nel Suo paese?
– Poiché la Sua rapina ha coinvolto diversi media indipendenti da molti paesi, pensa davvero che Lei possa decidere da solo cosa è bene che la gente legga in Italia, Austria, Belgio, Francia, ecc.?
– Micheal Moore verrà ucciso la prossima settimana?
Signor Bush, vede, c’è urgenza di legalità e libertà in tutto il mondo. Ci dispiace, ma pensiamo che Lei non è così bravo in questo quanto possono esserlo i ragazzi a cui ha rubato i computer. Restituisca gli hard disk subito e si goda la pensione al più presto possibile”.
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Liberatori 1. “Abbiamo decapitato l’ostaggio inglese, solo perché era inglese, dopo averlo umiliato e fatto soffrire per settimane. Un infedele di meno. Viva Allah!”.
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Liberatori 2. “Loro dicono che era una festa di nozze, noi invece siamo convinti che erano terroristi riuniti. Undici morti bombardati. Viva la libertà!”.
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Teatro. “Santa Giovanna Dei Macelli” di Bertolt Brecht in scena a Milano, stavolta non al Piccolo ma a Palazzo di giustizia. La trama è quella di sempre: una serie di speculazioni finanziarie sulla pelle dei piccoli risparmiatori (il “parco buoi”) sfugge al controllo di Mauler e soci, la folla in tumulto minaccia rivoluzioni, ma alla fine tutto torna a posto (tranne i soldi) e l’ordine regna di nuovo a Chicago. Neve, disoccupati, arringhe, pensionati in miseria, poliziotti. Memorabile interpretazione di Tino Buazzelli nel monologo di Tanzi (“Meditate gente, meditate”), buono il Coro dei Giornalisti Economici (“Orsù/ anche tu/ investi su”) alla fine del terzo atto, ottimo il Lamento dei Buoi (“Muuu… Beeee… Ahimè”), peccato per l’assenza della Bolcassini (sarebbe stata un’ottima Santa Giovanna), allestimento in complesso non originale (meglio Strehler e Borrelli) ma sufficiente. Alla fine Bondi accusa direttamente la Banca d’America, interpretata da un mefistofelico Adolfo Celi.
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Lega amore e fantasia. L’idea dei leghisti di vendere il Colosseo per ripianare i debiti dello stato è semplicemente meravigliosa e io, con l’amico De Curtis, mi associo di tutto cuore. Meravigliosa anche la reazione del federale di Roma, Storace, che prima s’è incazzato e poi, a mezza voce: “mmm… in caso ce lo potremmo anche comprare noi…”. Allora: Totò e Peppino, che parlano rispettivamente in veneto e in milanese, sono davanti al Colosseo con l’aria affaccendata. Arriva il turista americano, che parla in romanesco ed è Storace: “Chedè, davvero ve state a venne ‘sto coso?”. “Si, sior! Ostia! Certo che lo vendemo! Solo cento zecchin!”. E segue tutto il resto. (Poi voglio anche Totò e Peppino in piazza san Pietro: “Escusè muà, mussier, s’è kwesta kwà la catedràl?”. Però con l’accento bergamasco).
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Macchina del tempo. Gli americani lasciarono l’Iraq (ma era nell’aria da tempo: il ministro della difesa non faceva che ripeterlo da mesi) il tredici novembre 2004, pochi giorni dopo le loro elezioni. Gli inglesi se ne andarono mezz’ora dopo. Polacchi, australiani, samoani, ucraini, catalani, transilvani, padani e tutto il resto se n’erano già andati tutti alla chetichella, chi prima e chi dopo. Gli unici a restare (discutendo animatamente) furono gl’italiani – non riuscivano a mettersi d’accordo Prodi e Rutelli.
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Elezioni 1. Milazzo (Messina). Anche qui a Milazzo, ridente cittadina sul Tirreno, i cittadini si preparano alle elezioni che il prossimo 4 novembre decideranno l’avvenire di questa piccola comunità siciliana per i prossimi quattro anni. “Speriamo che ingrandiscano il lungomare e ci mettano i lampioni nuovi”. “No, è meglio spendere i soldi per un bel concerto in piazza per la festa del patrono”. “Bisognerebbe fare una grande campagna per disinquinare il Tirreno”. “No, meglio invadere la Tunisia”. Chi vincerà? Come tutti gli altri abitanti del pianeta, anche i milazzesi attendono il responso dalle elezioni di New Rome D.C., dove il nuovo imperatore deciderà anche sulla faccenda del lungomare di Milazzo e del Tirreno. (dal corrispondente)
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Elezioni 2. Il partito repubblicano del Michigan ha chiesto ufficialmente l’arresto del regista Michael Moore, reo di aver offerto mutande (“Moore ti regala un paio di mutande se vai a votare contro chi ti mette in mutande”) a chiunque si recasse a votare alle prossime presidenziali. Il successo dell’iniziativa, con oltre centomila giovani corsi a registrarsi per esercitare il loro diritto di voto, non è piaciuto ai repubblicani, che chiedono la sua incriminazione per corruzione degli studenti per farli votare”. (by viviana)
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Elezioni 3. Marrazzo, per me, è sempre il vecchio “Joe” Marrazzo, grandissimo giornalista antimafioso – collaborava coi Siciliani – e uno degli uomini più coraggiosi e ironici mai visti (quanto a reggere l’alcool, era almeno al mio livello, e questo non è un complimento da poco). Suo figlio, poverino, ha scelto una strada più tranquilla – immagino sia anche astemio – e questo naturalmente è un suo diritto. Non capisco però perché io debba avere l’obbligo di votarlo (nel Lazio, o lui o Storace) e soprattutto chi ha dato ai boss del centrosinistra il diritto d’impormelo per candidato. A Milano, a scegliere i candidati del centrosinistra (di cui non scrivo i nomi per non mandare in palla il computer) c’è l’ex direttore del Corriere De Bortoli, quello che pubblicò il pamphlet antisemita della Fallaci. Le provinciali, lì, le ha vinte un communista puro e duro di Sesto San Giovanni, ma i candidati alle regionali vengono scelti tutti fra i miliardari. Nelle altre regioni, i criteri non sono molto migliori. E, in ogni caso, non sono mai democratici: i candidati della sinistra vengono scelti autoritariamente, oligarchicamente, al chiuso e prescindendo completamente dalle eventuali opinioni della base.
Domanda: perché il centrosinistra non riesce ad essere – almeno ogni tanto e almeno un poco – democratico? Forza Italia non è democratica perché è di proprietà di un padrone. Alleanza Nazionale sconta il passato fascista, non-democratico per definizione. Ma a sinistra? Noi ci siamo sempre riempiti la bocca con l’uguaglianza e la democrazzìa. E poi imponiamo fascisticamente, stalinisticamente, berluschianamente i Marrazzo, i Latteri e i Cecchi Gori.
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L’utile e il necessario. Dice Woytila che il communismo è stato un male necessario. Io e il sig. Marx invece avremmo preferito che fosse un bene utile. Fra tutt’e due stiamo cercando di capire com’è potuta andare così.
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Kultur. L’Associazione Culturale Roma organizza qualcosa di culturale. Sui manifesti c’è scritto: “in collaBBorazione” con Rai, ecc..
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Produttività. Tre estrazioni del superenalotto la settimana, invece di due. Tutti gli scommettitori invitati a produrre di più per contribuire al salvataggio dell’economia nazionale.
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Laziali su Marte. Accordo fra la Regione Lazio e l’Unione Sovietica. In un comunicato congiunto i responsabili dei progetti missilistici dei due Paesi hanno annunciato il lancio, nella prossima primavera, di una capsula spaziale con a bordo un astronauta russo ed uno viterbese. La Storax (il nome della stazione spaziale) orbiterà per un anno e mezzo a trentamila spanne d’altezza, avrà una capacità di carico di milleduecento fojette e svilupperà una potenza superiore alle cinquemila pecore/vapore.
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Non è vero ma ci credo. “Chiedetelo a Berlusconi!” ha detto Bush in tv al dibattito per le elezioni. Appena pronunciato il fatale cognome lo schermo s’è oscurato, il ciclone Ivan ha fatto marcia indietro, la Casa Bianca ha tremato, in tutti i Mc Donald d’America è andata via la corrente, e Kerry ha preso il 97 per cento dei voti. Tony Blair (che da allora non pronuncia più il nome del collega italiano) ha ammesso di avere avuto i primi sintomi dei suoi problemi cardiovascolari ad agosto in Sardegna, nella villa di Berlusconi. E l’Etna, da quando il signor B. prese tutti quei voti in Sicilia, ha avuto almeno tre eruzioni. E adesso scusatemi, ma non riesco più a scrivere con una mano sola.
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Occidente. Dopo Putin (Kgb) anche Gheddafi (terrorismo islamico) è diventato un grande amico e modello del signor B. “Leader della libertà”, per la precisione. Chissà che cosa lo attira tanto nei dittatori.
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Cuba. Il fantasma dell’ex leader rivoluzionario cubano Fidel Castro ha proibito una manifestazione di familiari dei dissidenti incarcerati. “E’ arrivata la polizia e ci ha fatto sgomberare. Mio marito è malato, chiedevo solo che lo spostassero dal carcere all’ospedale”.
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Afganistan. Alle elezioni, proteste dell’opposizione: “Le matite non sono indelebili, i voti si possono falsificare, qua a momenti pare di essere in Florida”.
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Prede. “Per contrastare l’immigrazione clandestina” stanno arrivando quattro aerei senza pilota per vigilanza e controllo. L’ha annunciato il comandante in capo dell’aviazione “a margine di una cerimonia”, immagino appena finito l’inno di Mameli. Come si chiameranno gli aerei? “Predator”, ovviamente.
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Una giornata particolare. “Caro R., sono Totò del Laboratorio Zeta di Palermo, ricevo ormai de tre anni la catena e ti seguo dai tempi dei Siciliani. Questo è il resoconto della giornata dei rimpatri illegali da Lampedusa verso la Libia, il 6 ottobre. Alcuni di noi erano lì, hanno visto, hanno filmato, hanno fotografato, hanno parlato, hanno gridato. Ma le televisioni e la stampa di qualsiasi colore hanno totalmente ignorato questi fatti”.
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Siamo in cinque della rete antirazzista siciliana insieme a Lillo Miccichè, deputato regionale dei Verdi. Arriviamo alle nove del mattino a Lampedusa. Jeep, polizia, carabinieri. Dalle vetrate dell’aeroporto si vede un pezzo del cortile del campo dove sono trattenuti i migranti. Il sole è a picco, fa un caldo estivo. Li vediamo lì fuori nel cortile ammassati sotto l’unico filo d’ombra disponibile, attaccati ai muri. Alle 12 e 20 atterra un cargo militare. Ci sono tre gruppi di uomini, per ognuno circa 50 persone. Quelli del gruppo più vicino al cancello vengono fatti mettere in fila contro il muro. Vengono caricati direttamente sull’aereo, c’è una distanza di soli 40 metri. Ma il trasporto degli uomini dal cancello del campo all’aereo ha tutte le modalità di una deportazione. In fila per due, scortati da uomini in borghese con guanti e mascherine e da carabinieri e soldati in mimetica, i polsi legati da corde di plastica, trascinati quasi di corsa a gruppi di venti.
Miccichè inizia a urlare. Grida che questo è un crimine, che si stanno violando tutte le leggi nazionali ed internazionali, cerca di forzare il cordone dei carabinieri per arrivare sulla pista. Ovviamente viene spintonato e buttato a terra. Scriviamo su un cartello Hurria, libertà in arabo. Ci intimano di metterlo via, non si può comunicare con i deportati. Le nostre voci sono coperte dal rombo dei motori degli aerei, i deportati non possono sentirci anche se ci vedono attraverso i vetri.
Non possiamo far niente. Ne hanno portati via circa 400, più o meno 100 per aereo. Nessuno dice per dove. Alle 15 sono partiti tutti. Il centro ora è quasi tornato alla normalità: “solo” 200 ospiti. A un bar incontriamo due poliziotti che si fermano a parlare. Sono stanchi, ci dicono: ne hanno stivati da 65 a 70 per cargo. Ieri pomeriggio uno ha tentato di impiccarsi e loro gli hanno salvato la vita. Non capiscono il perché di questo gesto. Ma perché le manette, per quei 40 metri? Rispondono che basta guardarli in faccia, questi clandestini, per capire che sono pericolosi e non hanno rispetto di niente.
Nel pomeriggio entrano al Centro Lillo Miccichè, e Ilaria come interprete di arabo e inglese. Li accoglie un odore acre d’immondizia, circa trenta sacchi celesti accatastati tra il cancello e uno dei container-dormitorio. Sono scortati da carabinieri in tenuta antisommossa leggera, in tuta anfibi e manganelli, da poliziotti, da qualcuno in borghese, e dall’interprete di lingua araba del Campo. Vengono presentati a tale signor Scalia, direttore del Campo per la Misericordia di Palermo. Indossa una maglietta rosanero del Palermo “Voliamo in serie A”.
Rivoli di liquame scorrono tra gli spazi che circondano i dormitori, la mensa e i servizi igienici. Il signor Scalia dice che è solo acqua e che hanno fatto spurgare i pozzi sei volte al giorno. 1200 ospiti fino a lunedì, nei container, nella mensa, nei cortili a cielo aperto.
Sull’altro corridoio di asfalto ci sono i servizi igienici. La porta deve restare aperta. Gente che piscia all’interno, alla vista di tutti. Nei dormitori, 20 metri ciascuno con file di letti a castello, ci sono giacigli di gommapiuma gialla, a volte senza niente sopra, a volte con piccole coperte di lana.
Incontrano per primi tre africani. L’onorevole si presenta, comunica ai tre uomini perché si trova lì. Loro si sciolgono in un sorriso nervoso. Iniziano a rispondere alle domande. Si parla in inglese. Sono nigeriani e stanno male. Non si sono potuti lavare, sono arrivati malati. Sono spaventati. Con loro, il 3 ottobre, erano arrivati anche due bambini col padre, ma lunedì li hanno portati via, non sanno dove. Gli è stata comunicata la possibilità di chiedere asilo politico? Rispondono di no. C’è un gruppo di 15 uomini che parlano in arabo. Vengono dalla Tunisia, dal Marocco, uno di 70 anni dalla Palestina. C’è l’interprete arabo del campo. Davanti a lui tutti dichiarano che va tutto bene, che tutti sono gentili con loro e che non hanno bisogno di niente. L’onorevole spiega anche a loro perché è lì. Poi si allontana per visitare il posto di polizia che dovrebbe raccogliere le identificazioni e le richieste di asilo e che – scopre – è completamente inutilizzato da mesi.
Nel container resta Ilaria con l’interprete ufficiale. Lei spiega ai migranti che c’è una violazione dei diritti umani. L’interprete si allontana in fretta e subito dopo torna con le forze dell’ordine. Il capitano e il direttore del centro iniziano a gridare. “Ecco, avete visto cosa avete fatto. Ora uscite… presto succederà qualcosa”. I migranti in realtà sono tranquillissimi. Miccichè chiede di continuare la visita nel campo e invita 4 uomini trattenuti lì, provenienti da paesi diversi, a parlare con lui fuori dal primo cancello. Scortati dall’interprete del campo, e dai carabinieri, parla coi 4 uomini e si fa raccontare le loro storie. Dice loro ciò che farà quando sarà fuori di lì: racconterà quanto siano difficili le condizioni dei paesi di provenienza di chi è trattenuto al centro e si batterà perché escano tutti da lì e possano circolare liberamente in Italia. Una conversazione bella, serena, conclusa in un applauso. Gli altri migranti, ammassati contro la recinzione applaudono i loro 4 rappresentanti, salutano, rimangono lì.
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rudycolongo@libero.it wrote:
< Il vero problema degli immigrati a Roma, in Italia, è il permesso di soggiorno. Per rinnovarlo ormai ci vuole un anno, mentre per legge è stabilito in venti giorni. Ormai sono due anni che il questore di Roma Cavaliere e il prefetto Serra periodicamente incontrano l’associazionismo coi manifestanti di turno e… con promesse varie evadono senza rimedi concreti il problema, rispecchiando col loro operato l’andazzo nazionale. Perchè il grande sogno dell’italiano medio, borghese,ingrassato da anni di buona tavola e cattive letture, è quello di avere un’immigrato non fastidioso. Sfortunatamente non è cosi che funziona. Gli immigrati non sono utensili da riporre. Sono persone che hanno voglie, bisogni, sogni, provano tristezza e collera, paura e disperazione. Quello che questo paese non consente loro di provare è allegria,tranquillità. Dignità.
E’ comodo ritagliarsi un alibi che dica sostanzialmente: è a causa dell’esistenza dei clandestini che le persone che si sono affidate alla nostra burocrazia dovranno continuare ad essere quotidianamente umiliate. Perchè di umiliazione si tratta. Il semplice fatto che si debba attendere fino a 10 mesi per poter ritirare il proprio soggiorno rinnovato è umiliante. Il fatto di non poter accedere ai servizi bancari è umiliante. Il fatto di non poter accedere ai concorsi, di solito riservati ai soli cittadini è umiliante. Il fatto di essere costretti al prelievo fiscale senza poter votare è umiliante. Il fatto di dover mentire (es. facendosi mandare un telegramma dal paese d’origine che annuncia morti non augurabili per impietosire il funzionario e avere il soggiorno rinnovato) per poter ottenere ciò che è di diritto è umiliante.
Oggi avere un soggiorno rende gli immigrati dei semplici clandestini, solo più rintracciabili, e con dei doveri rispetto alla pubblica amministrazione. Così come i coloni americani si ribellarono al grido di “no alle tasse senza rappresentanza” ponendo di fatto le basi della democrazia moderna, anche la colonia interna dovrebbe continuare la strada interrotta dai Frisullo e dai Di Liegro con nuovi capitani di ventura non visibili all’orizzonte >
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Alessandro wrote:
< Mercoledì eravamo al parco dell’Acquasola a dare volantini contro il progetto di farci un parcheggio dentro. La Digos genovese era presente, professionale e discreta come sempre. Avendo io partecipato a molte manifestazioni sui temi ai quali sono sensibile – guerra, scuola pubblica, lavoro, diritti degli immigrati – ne conosco ormai i visi, quasi familiari, in quanto sempre presenti alle suddette manifestazioni.
I casi sono due. O noi manifestanti diamo fastidio a qualcuno e siamo in pericolo, e la Digos è lì per proteggerci. In tal caso mi piacerebbe sapere chi potrebbe minacciarci. Nello specifico, forse, la maggioranza comunale di centrosinistra che ha approvato il progetto, o la ditta appaltatrice Sistema Parcheggi srl? Oppure siamo noi il pericolo pubblico, da controllare, per impedire che facciamo reati o lediamo persone e/o cose.
Se questo fosse il caso, ricordo ai suddetti che non abbiamo commesso alcun reato, anzi, stiamo impiegando tempo e risorse nostre per difendere un bene comune. A mio parere ci sono reati, gravi e GIA’ commessi, che meritano invece più attenzione e risorse dalle forze dell’ordine; in particolare quelli legati a mafia e riciclaggio, violenze sulla persona, spaccio, sfruttamento del lavoro nero, discarische abusive, furti >
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pbr@libero.it wrote:
< Dopo una lunghissima e sofferta trattativa si è giunti finalmente ad un accordo con il Comune di Milano sulla vicenda dello sfratto. A MondoGatto è stata assegnata una nuova area ad un costo sostenibile (l’ex magazzino del reparto strade di Via Schievano) e riconosciuto un contributo per le spese di trasloco e riallestimento del rifugio. Il lavoro da fare però è ancora moltissimo. L’ area che è stata assegnata è in cattive condizioni e mancante di tutte quelle infrastrutture che hanno permesso al rifugio di Via Romano di assicurare condizioni di vita più che decorose ai quasi 300 gatti ospiti.
Ora più che mai abbiamo bisogno di un concreto aiuto da parte di tutti e sono certo che MondoGatto diventerà più bello ed accogliente di prima. I veri gatti non mollano mai… >
Info: mondo_gatto@libero.it
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Stefano Pravettoni wrote:
< L’anno scorso i tranvieri milanesi non hanno, come ben sai o dovresti sapere, scioperato, bensì hanno deliberatamente bloccato una città. Spendi una tua illuminata parola anche per chi, in tale circostanza, ha cercato disperatamente, a volte senza riuscirvi, di raggiungere l’ospedale per sottoporsi a dialisi. Valutiamo poi se le regole di convivenza civile meritino di essere rispettate sempre o a seconda delle convenienze del caso >
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partenia@katamail.com wrote:
< E’ troppo divertente!!! Iscrivetevi alla ml di riccardo orioles, molte verita’!!! >
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Linarena wrote:
< Mi è giunta notizia che molti avvocati vicini ai partiti che proteggono o che piangono per gli immigrati e che poi lottano per accordare loro un voto mussulmano, conseguono guadagni favolosi con le ptratiche di richiesta di asilo politico. In questi casi, la difesa apprestata con il gratuito patrocinio fa scattare a carico dello Stato il pagamento di una parcella che si aggira sui 30mila euro. Vuole verificare se quanto le riferisco è una verità oppure una bufala? >
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toni_i@insiberia.net wrote:
< Caro O., di sicuro la dinastia Song respinse la dinastia tunguta dei Xi Xia con l’uso estensivo di armi da fuoco nel 1140/1141. Almeno cosi’ ci dicono le fonti. Molto di piu’ si trova nel settimo tomo: Military technology : the gunpowder epic / by Joseph Needham Cambridge [etc.], Cambridge university, 1986 XXXIII, 703 p., ill., 25 cm, del quinto volume: Chemistry and chemical technology della grande insuperata opera di Needham: Science and civilisation in China / by Joseph Needham Cambridge University press. Cordialita’ >
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Massimiliano wrote:
< Sii corretto… perchè non parli dei 39 bambini uccisi dai, per voi comunisti, SANTI guerriglieri irakeni… quei santi che le due simone si sono affrettate a ringraziare nel loro comizio elettorale l’altra settimana… ipocriti che non siete altro… buffoni. invece di fare battute di cattivo gusto, raccontate le cose come sono… o continuerete a fare come sempre hanno fatto i comunisti: raccontare le notizie a modo loro evitando di dire tutta la verità. vergogna… e questo sarebbe il giornalismo obiettivo di cui parlavi tanto? >
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Lia Righi wrote:
< Queste due ragazze, giovani e belle, anziché sculettare dicendo idiozie in un Grande Fratello qualsiasi, sono andate, nonostante il pericolo, a testimoniare sul posto e con i fatti la loro solidarietà. E se anche lo hanno fatto per soddisfare un’urgenza privata di “fare del bene”, dovremmo ringraziare il cielo che la nostra comunità produca nonostante tutto dei frutti così apprezzabili. Doppiamente fortunate le loro madri, che le hanno viste ritornare sane e salve e che possono guardare con orgoglio a queste figlie >
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Mike Godwin www.eff.org wrote:
< Ho una figlia piccola e sono preoccupato per il suo rapporto con l’internet, anche se non ha mai avuto occasione di connettersi, per ora. Cio’ di cui ho paura e’ che mia figlia venga da me tra 10 o 15 anni e mi dica “Papa’, ma dov’eri tu quando hanno rimosso la liberta’ di stampa dall’internet?” >
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Franco Gialdinelli, con gli amici, wrote:
< Buon Compleanno Enzo.
(“Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto… “) >
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Pubblicità.
“Questa pagina
attende
qualcuno che
non abbia
paura di
farsi pubblicità
su un giornale
antimafioso”.
(I Siciliani, 1994. Per la cronaca, la pagina attende ancora)
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Omar <khayyam@rubbayat.com> wrote:
< Quel rosso che fiorisce in mezzo ai campi
un giorno fu già sangue ribollente di re.
Quella violetta che sorride in terra
forse un giorno fu un neo che un bel viso adornò >
* * *
< Quando della mia vita sarà reciso il fiore,
ogni parte di me sarà divisa.
Ma voi con la mia polvere tornitemi una coppa,
riempitela di vino e io vivrò ancora >
* * *
< Via, fuggi dall’inutile sapere,
concentrati sui riccioli d’Amore.
Il tempo verserà il tuo sangue, ma ora
versa tu nella coppa sangue d’uva >
* * *
< Colui Che ha creato la terra e i cieli
mise agli amanti i crucci dentro i cuori
mise labbra splendenti e e ricci neri
su questo fango e questa terra oscura >
* * *
< La notte e il giorno sono più vecchi di noi due,
molto prima di noi già veleggiavano le stelle.
Leggero sulla polvere sia pertanto il tuo passo:
ché forse fu pupilla – un giorno – d’un bel viso >
* * *
< Riempi, coppiere, riempi il bicchiere tuo e il mio
con il farmaco rosso e profumato
prima che a noi, ridotti in terra e in creta,
tocchi d’essere offerti, fatti coppe, al mercato >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)