San Libero – 253

18 ottobre 2004 n. 253

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Andreotti. Il senatore Giulio Andreotti, più volte capo del governo italiano, non è iscritto a Cosa Nostra. Ha invece intrattenuto “personali, amichevoli relazioni con esponenti di vertice di Cosa Nostra”. Ha commesso “reato di partecipazione all’associazione per delinquere”, “concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980”, che oggi è semplicemente “estinto per prescrizione”. La cessazione del comportamento criminoso dopo una certa data e la sua successiva disponibilità a collaborare con la giustizia ne fanno, tecnicamente, un “pentito”. Non un mafioso pentito, ma un amico-dei-mafiosi pentito. Se questo basta per festeggiarlo, allora festeggiamolo pure.
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Memoria. La lotta contro Andreotti e il suo potere non è stata, come credevamo allora, la crescita civile e la progressiva presa di coscienza di tutto intero un popolo, ma la battaglia di una combattiva minoranza azionista – a quei tempi si diceva giacobina – della società siciliana. Non perché fosse particolarmente diffusa, in Sicilia, una qualche forma specifica di “cultura mafiosa” (quella, se mai è esistita fuori dalla letteratura, è morta con la civiltà industriale), ma perché il dominio mafioso in Sicilia corrispondeva perfettamente alle esigenze profonde – ordine, illegalismo, pace sociale, mantenimento dei piccoli e grandi privilegi, parassitismo sociale – della borghesia siciliana. Nel complesso d’Italia, identiche esigenze erano soddisfatte con meccanismi analoghi, ma con un meno frequente ricorso all’omicidio. Fino alla fine degli anni Settanta, il potere mafioso è stato semplicemente la variante meridionale dell’andreottismo, subalterna sia ai poteri politici de jure (la democrazia cristiana) che a quelli de facto (l’ambasciata americana e le massonerie).
Il periodo andreottiano, con la sua sub-variante mafiosa, è terminato in un momento imprecisato verso la fine dei Settanta, quando si sono verificate in rapida successione le seguenti evenienze, del tutto – benché in fondo logiche – inaspettate: il cambio di velocità della politica americana nel Mediterraneo (di lì a poco, Comiso); l’infiltrazione di personale specializzato nelle logge massoniche più potenti, e in ispecie nella P2, e la loro conseguente utilizzazione a fini non più clientelari ma terroristici; l’allevamento di tutta una nuova generazione di personale politico eterodiretto e la creazione artificiale di nuovi indirizzi politici (il Midas e il “nuovo corso” del partito socialista: ogni resistenza al quale venne stroncata dal rapimento del figlio del vecchio leader De Martino); e infine, nel campo della mafia, l’eliminazione dei vecchi “uomini di rispetto” e la crescita di nuovi boss legati non più solo ai politici ma anche ai servizi segreti. Sono gli anni in cui – per fare un esempio significativo – a Catania emergono improvvisamente, da un momento all’altro e senza alcun radicamento apparente, politici come Andò (commissione P2, servizi segreti, partito socialista), mafiosi come Santapaola (personaggio minore di un clan periferico), imprenditori come Graci o Rendo (appalti pubblici, velocissime accumulazioni) e diventano rapidissimamente e del tutto inspiegabilmente protagonisti di rilievo nazionale. Sono gli anni di svolta, e Andreotti comincia a decadere già da allora (sarà utile ancora, sul piano internazionale, come garante dello schieramento filoamericano dell’Italia; ma anche quest’ultima utilità verrà a mancare, ovviamente, alla fine della guerra con l’Unione Sovietica).
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Sono anche anni di lotta: man mano che diventa – che è obbligato a diventare – più feroce, il potere mafioso incontra un’opposizione popolare crescente. Cose che prima erano vissute come “normali” incontrano improvvisamente una resistenza inaspettata. Il popolo siciliano – allora non eravamo ancora “la gente” – diffidente, passivo, abituato da millenni a farsi i fatti suoi, scopre con meraviglia alcune bellezze civili e, timidamente, vi mette mano. Una scoperta del vivere, a ripensarla ora, adolescenziale. È una scoperta costosissima, perché ogni passo fuor della gabbia costa sangue. Ma per alcuni anni, con timidezza ed entusiasmo, i neo-cittadini siciliani vanno avanti. “Sicilia quanta gloria/ E chiantu e cori ruttu/ La mafia e li parrini/ t’hanno vistuta a luttu…”. Da Eboli in su, solidarizzano alla televisione. Dell’antimafia a Catania alla fine è rimasto questo, che i ragazzini pagano il biglietto salendo sull’autobus; mi cedono il posto vedendomi zoppicante e col bastone, si alzano sorridenti e gentili. A volte penso che già per questo valeva la pena. Abbiamo vinto, contro Andreotti abbiamo vinto noi.
Sono passati gli anni, e dopo Andreotti hanno votato Berlusconi. Dopo i Borboni i Savoia, altro che Garibaldi. E d’altra perché usare Totò Riina, quando basta la tivvù? Una televisione vale mille lupare. Ordine, illegalismo, pace sociale, mantenimento dei piccoli e grandi privilegi, parassitismo sociale: tutto ok. Non c’è più bisogno di sparare.
Una cosa di cui non c’eravamo pienamente accorti allora, o meglio ce n’eravamo accorti ma non nelle budella, non fino in fondo, è questa: che uomini son venuti fuori da queste Catania e Palermo, da questo popolo gramo, da questa Sicilia. Io non mi ero mai accorto, in realtà, di avere conosciuto Borsellino. Avevo conosciuto un buon giudice, io che facevo il giornalista, in un posto che si rischiava la pelle; tutto qua. O Calogero Zucchetto, o Montana, o Cassarà. Storie di quotidiano lavoro, persone che s’incontrano, routine; cerimonie di Stato, quando tutto – alla fine – era concluso. Invece, erano eroi greci. Non roba da monumento, non da telegiornale: da poeti. “Voi che siete caduti per l’Ellade…”. “Se passi per la mia città, straniero, dìgli che noi siamo caduti qui, obbedienti alle leggi…”. “Mio figlio, Robertino Antiochia, che faceva il poliziotto a Palermo…”. Da una distanza infinita, da un’epoca in cui non ci sono più baroni né meschini ma solo un grandissimo silenzio e il vento che passa lieve e il mare e il cielo.
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Eppure, una carta c’era da giocare, in quegli anni, una carta che avrebbe potuto – forse – cambiare tutto. C’era una minoranza, abbiamo detto, una minoranza giacobina. Ma era una minoranza giovane, anche anagraficamente. Per due o tre anni, e forse per quattro, una parte non indifferente della gioventù siciliana è stata politicamente schierata. Politicamente in senso serio, non chiacchiere ma antimafia, democrazia reale, cambiare la vita quotidiana, lotta. Questi giovani hanno trovato dei capi, delle figure carismatiche, non degli organizzatori e dei maestri. Dei Prampolini, dei Pancho Villa, dei Bakunin, dei fratelli Bandiera. Non dei Gramsci, non dei Gobetti. Se… Ma la storia non si fa coi “se”. Essi erano, in realtà, la nuova classe dirigente del Paese. Non guardateli come sono ora, emarginati o integrati o incattiviti o delusi. Ricordateli com’erano allora. Avevano tutto per esserlo, avrebbero cambiato tutto. La vecchia sinistra non li comprese – era troppo occupata a flirtare con Andreotti o con Martelli. La nuova non ebbe il tempo – era troppo occupata a litigarsi le candidature, in nome della nuova politica, a questa o quell’elezione. È andata così..

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Ochalan. Ricevuta in seduta plenaria dal Parlamento europeo la dissidente curda Leila Zana, già nel ’95 insignita del Premio Sacharov per la difesa dei diritti umani. Nello stesso momento continua a languire nelle carceri turche il capo del movimento di liberazione curdo, arrestato all’estero dai servizi segreti turchi dopo che era stato scacciato dall’Italia e condannato – con un processo giudicato illegittimo dalla Corte europea – a una morte lenta e sospesa.
Con Ochalan la sinistra italiana ha un debito preciso. Il Ds per averlo mandato via senza difenderlo (al tempo del governo D’Alema) né osare conferirgli lo status di rifugiato politico cui aveva pieno diritto. Rifondazione per aver gestito avventuristicamente i movimenti dell’esule, fidandosi su garanzie di sicurezza molto aleatorie.
Sia Rifondazione che Ds, in questo momento, hanno la possibilità di chiedere qualcosa a Prodi. E Prodi, autorevolissimo esponente dell’Unione, a sua volta ha la possibilità di sottolineare l’illiceità – secondo le istituzioni giudiziarie europee – della detenzione di Ochalan e la gravissima violazione dei diritti umani che essa costituisce. La Turchia, in questo momento, sarebbe costretta a concedere all’Europa qualsiasi cosa.
Bertinotti e D’Alema qualche anno addietro erano grandissimi amici di Ochalan, a parole. Perché stanno zitti ora? Perché non chiedono ai deputati del centrosinistra in Europa di chiedere solennemente *ora*, adesso che forse si può ottenere, la libertà di Ochalan?

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Viados. Vi ricordate di Follini? E’ quello che quest’estate sfidò Berlusconi, all’interno del polo, dicendogli che il suo potere non poteva essere assoluto e che tutte le varie destre hanno pari dignità. Panico nel palazzo: ma poi la faccenda s’è sgonfiata soprattutto perché il macho Fini, all’ultimo momento, non se la sentì di giocarcisi la poltrona. Vabbé: in politica, è normale (non solo a destra). Comunque, la carta principale che Berlusconi giocò contro Follini fu la minaccia di una scissione nel suo stesso partito, l’Udc. E chi fu che si prestò a questo gioco? Il numero due, Buttiglione. Il quale, nel momento più decisivo della crisi, cominciò a far distinguo e a defilarsi dal suo stesso partito. Follini, per un breve ma decisivo istante, restò bloccato. E Buttiglione fu immediatamente nominato da Berlusconi commissario all’Europa. Partì tutto contento, lasciando nei guai l’Udc e Follini – ma che importa: intanto il premio suo l’aveva avuto.
Arrivato in Europa, ovviamente, Buttiglione – che è un personaggio molto provinciale – cominciò a farsi conoscere: dita nel naso, barzellette sui froci, gran segni di croce davanti a ogni immaginetta. Capirete che i signori europei, che sanno chi è Diderot e son gente di mondo , gli sorridevano dietro. Alla fine hanno perso la pazienza e l’hanno pregato di non ficcarsi più le dita nel naso, di piantarla con quelle sciocche barzellette da sagrestia, di stare un po’ composto almeno dentro l’aula e insomma di comportarsi da uomo e non da sacrestano. Se no, meglio che se ne tornasse in Italia, anzi in Padania.
Apriti cielo (letteralmente)! Il balengo comincia a smadonnare come un invasato, e che ce l’hanno con lui perché è cattolico e che c’è la congiura dei gay e tutto il resto. “Io non sacrifico la mia coscienza per un posto!” è sbottato alla fine.
Momento, don Buttiglione, momento. Lei la sua coscienza l’ha sacrificata senza un problema al mondo, quando ha tradito il suo capo Follini facendosi pagare dal momentaneo avversario Berlusconi. E’ politica, sì: ma fuori della politica, la gente la chiama anche prostituzione. Con la differenza che il viado brasiliano, quando si prostituisce sulla Cristoforo Colombo, non si giustifica con la religione: “debbo pagare l’affitto”, dice al massimo e poi fa quel che deve. Lei invece, per mettersi in posizione, ha chiesto – e ottenuto – poltrone, commissioni e stipendi vari. Neanche Lola la Bolognese ha mai ottenuto tanto. Faccia quel che deve fare, per cortesia (qua siamo liberali e non discriminiamo nessuno), ma: “scherza a contanti e lascia stare i santi”.
(E il povero Follini? Non se ne parla più, manco nelle previsioni del tempo. “Guarda che le tivvù ce le ho io” l’aveva avvertito il signor B.: e difatti).

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L’Italia ripudia. Record del bilancio della difesa dal dopoguerra in qua: ventimila790 milioni di euri, da invadere l’Abissinia e ripigliarci Nizza e Savoia.

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Elezioni 1. Un manifesto di An: “Badaloni Gruber Marrazzo: hanno scambiato la regione Lazio per l’Isola dei famosi”. Mi associo.

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Elezioni 2. Un altro manifesto di An: “Zaccaria si presenta alla Camera e si fa appoggiare da Articolo 21: ma che ci azzecca la libertà di stampa con la poltrona di Zaccaria?”. (Questo veramente An non l’ha fatto, ma se lo facesse non chiederei il copyright).

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La guerra infinita. Washington. Stanziati altri 273 milioni di dollari per la guerra contro il sesso prematrimoniale e in difesa della castità. Ma sono rimasti non spesi perché al Bombers Commando non sono ancora riusciti a trovare, sulla carta geografica, dove diavolo si trovano those fucked Soddoma and Gomorah.

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Donne. Ancora ignoti gli assassini di Fanny Ann Eddy, fondatrice dell’associazione gay-lesbica in Sierra Leone, stuprata e uccisa il 29 settembre da killer penetrati nella sede dell’associazione. Carenti le indagini da parte delle autorità locali

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Brusca. Beh, insomma, almeno ancora non l’ha candidato nessuno.

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Spot. Mercoledì 20 alle 20.30 in via Bertani 4 a Roma assemblea dell’associazione antimafia Cuntrastamu su: organizzazione di un evento a Roma; iscrizioni; sito e (forse) foglio di Cuntrastamu.
Info: info@cuntrastamu.org

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Tolleranza zero. Varsavia. Multa per parolacce in luogo pubblico istituita dal comune. La sanzione può arrivare fino a centodieci euri. Non si s ase la lista dei vocaboli incriminati sia già stata affissa ai muri .

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Tolleranza zero. Washington. Embargo totale su tutti i sigari cubani (Montecristo, Cohiba, Esplendidos, Partagas). Multe fino a 250mila dollari, carcere fino a dieci anni.

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Liberazione. Secondo i dati Istat del 2003 sono già riusciti a liberarsi dalla televisione ben 702mila italiani, di cui oltre novantamila sotto i quattordici anni. Ma come fanno a sapere ciò che succede nel mondo? Con la radio (il 60 per cento), i giornali (53 per cento) e l’internet (33 per cento). Un quarto dei ribelli riesce a informarsi direttamente mediante il contatto con altre persone e alcuni (il 12 per cento) addirittura grazie a degli oggetti rettangolari chiamati libri. Ma neanche l’assenza di tv riesce a disinfestare del tutto le menti degli ormai troppo intossicati italiani. Anche fra i liberati, quasi un quarto dei soggetti continua a subire l’influsso di Maurizio Costanzo (il 24 per cento). Altri zombie da cui è difficile liberarsi sono Bruno Vespa (tasso d’infestazione: 18 per cento), Michele Cocuzza (16 per cento), Aldo Biscardi (5 per cento), Mara Venier (4 per cento) e, disumanamente, Giuliano Ferrara (3 per cento).

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Mandolini. Berlusconi va a trovare Bush, gli canta O sole mio, lo prende a gran pacche sulle spalle, gli strappa tre appalti nell’Iraq e tutto felice se ne torna a casa. Fini è timido e non ci riesce mai. Finalmente un giorno, durante un incontro diplomatico a Tokyo, l’interprete giapponese fa: “Adesso imperatore essere molto felice se onorevole Fini-san vuole cantare noi about Italia”. Fini, alla sprovvista, deglutisce, chiude gli occhi e attacca: “Che bella cosaaaaaa/ ‘na giornat’e soleeeee….”. Insomma, se la cava. “E checcazzo! Alla fine non era poi così difficile” pensa. In quel momento l’interprete tira fuori una sciabola dalla ventiquattrore, s’inginocchia sul pavimento e fa harakiri. L’imperatore comincia a sbraitare qualcosa in stretto abruzzese, indicando le budella dell’interprete, e poi se ne va incazzato. Due guardie afferrano Fini che per fortuna è coperto dall’immunità diplomatica e lo buttano fuori ma senza tagliargli la testa. Dalla finestra, il ministro degli esteri giapponese gli butta addosso una vecchia pergamena (l’asse Roma-Berlino-Tokyo) gridando “Da oggi noi rompere alleanza!”. Sembra che l’interprete abbia sbagliato traduzione (“cantare” invece di “parlare”) e che l’ultima volta che qualcuno ha osato cantare davanti all’imperatore sia stata ai tempi di Qublai-Khan (da cui la guerra cino-giapponese).

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Alberi. In vent’anni i boschi italiani – secondo il Corpo forestale dello stato – sono cresciuti di oltre il venti per cento. Migliaia di nuovi alberi combattono oggi così, valorosamente, contro migliaia di nuove automobili e gipponi.

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Sensazionale scoperta alla Cornell University: “I soldi non danno la felicità”. Il lavoratore, in altre parole, trova più soddisfazione nella rimunerazione affettiva che in quella meramente economica. “Il reddito influisce sulla felicità solo relativamente”. “La curva dei redditi è di un terzo inferiore a quella dell’autogratificazione”. E così via.

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Democrazia 1. Niente voto alle donne in Arabia Saudita, dove prima o poi dovrebbero svolgersi le prime elezioni dalla nascita del paese.

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Democrazia 2. Non verranno più eletti dalla popolazione ma direttamente da Putin i sindaci delle città russe. Un provvedimento simile era stato preso anche in Italia dal penultimo governo di centro-destra, che al posto dei sindaci eletti prevedeva – scelti dal premier – i podestà.

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Penitenza. “Days of Penitence” è il nome dell'”operazione militare” condotta per due settimane a nord di Gaza contro i campi profughi palestinesi. Le vittime sono state un centinaio, per lo più civili. Gli adolescenti e i bambini uccisi in questa maniera sono, secondo gli strateghi israeliani, la punizione per gli adolescenti e i bambini uccisi dai terroristi palestinesi. I quali a loro volta sono la punizione per quelli uccisi dai bombardamenti israeliani. E così via. Hanno avuto qualche riga sui giornali, come casi particolarmente pietosi, il ragazzino ucciso mentre giocava a pallone vicino al confine (ne è rimasto persino il nome: Jihad Barhum, 16 anni) e la scolara crivellata perché la borsa dei libri era sembrata un ordigno (Ayman al-Hamas, anni 13).
Su quest’ultima storia, si segnala un particolare raccapricciante ma insieme a suo modo umano. L’aspetto raccapricciante è dato dalle modalità con cui è stata uccisa la bambina: un ufficiale s’è accanita su di lei selvaggiamente, svuotandole il caricatore addosso anche quando era ben chiaro che il povero corpo – ormai morente – era proprio quella di una bambina capitata là per caso. L’aspetto umano è stato il quasi-ammutinamento degli altri soldati, che inorriditi hanno denunciato il loro ufficiale: “Assassino! O via tu o via noi!”. L’uomo, che difficilmente subirà punizioni gravi, è stato rimosso dal grado e questa è tutta la vittoria che hanno potuto cogliere, nella loro giovinezza, i ragazzi israeliani incaricati di difendere una patria i cui nemici ormai sono feroci assassini e bambine indifese.

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Memoria. Il 20 ottobre 1944 una formazione di B24 era in missione per bombardare la Breda e la stazione di Greco vicino Milano. Cielo limpido, senza nebbia o nubi. Per errori di navigazione, parecchi aerei non trovarono il bersaglio. Prima di virare per andarsene, però, decisero di sganciare comunque. La zona, là, era abitata e priva di ogni obiettivo militare. Alle 11.24 una bomba da cinquecento chili centrò in pieno la scuola elementare di Gorla. Morirono 232 bambini. Sul luogo, in questi giorni, verrà deposta una corona e detta una messa.

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Kubrick. “Come si chiama questo qui?”. “Boh. Scrivi: Mohammed Alì, ce ne frega…”. Alla fine, di tutti i deportati di Lampedusa, ben novanta si chiamavano Mohammed Alì; tutti “palestinesi”.
(“Chi è Spartaco, qui?”. “Io sono Spartaco”. “Anch’io sono Spartaco”. “Anch’io”. “Anch’io…”)

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L’Iliade di Baricco. Signora mia.

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Almeno. Il presidente della Repubblica ha nominato senatore a vita il poeta Mario Luzi, più volte nella rosa del Nobel ma purtroppo mai insignito.

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Giornalismo. “Barbone muore/ in uno scantinato/ Un barbone di 71 anni è stato ritrovato morto in uno scantinato di via Chiana. La morte risale a qualche giorno fa”. Compare esattamente così sulla cronaca rimana di Repubblica: 122 battute spazi esclusi, 148 battute spazi inclusi, ventisette parole, tre righe. E’ tutto quello che resta, nell’informazione italiana, della vita di un uomo.

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Campagne. Noto con piacere che ancora vengono comandati articoli contro le due Simone: ingrate, islamiche, complici dei rapitori, probabilmente anche d’accordo, e infine pagate – secondo l’ultima direttiva del Ministero della Verità – quasi come dei calciatori. Superpagate, sfaccendate, e in realtà senza rischiare niente: delle “professioniste del pacifismo”, insomma. Tutto ciò, contrariamente a molti lettori, mi rende felice. E’ infatti identico alla campagna contro i “professionisti dell’antimafia” a suo tempo ordinata contro Falcone e Borsellino. Anch’essa, lanciata con gran schieramento di mezzi e firme, servì solo a svergognare coloro che, prostituendosi, la portarono avanti. I due amici giudici non ne furono toccati. Nè lo sono le due amiche pacifiste ora.

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Italia. Cerda, in provincia di Palermo è probabilmente uno dei paesi più inutili d’Italia. Produce carciofi, dicono, ha una mafia non troppo forte non troppo schiappina, un tempo era una tappa della targa Florio. Tuttavia, in proporzione, ha alcuni fra i politici meglio pagati d’Italia. Sindaco, vicesindaco, presidente del comune e suoi vice prendono regolarmente un’indennità di presenza che in tutto arriva a settantamila euri: non male per un paesino di cinquemila abitanti tutto compreso. Sono retribuiti anche – bipartizanamente – i vari capigruppo dei partiti. Ultimamente hanno stanziato altri ventimila eruri per le indennità di spese di sindaco e accessori.

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Cronaca. Roma. Probabile licenziamento per 256 addetti al call center Cos, che serve Inps e Inail. Erano anomali perché (tutti laureati o diplomati) dotati di rudimentali contratti di lavoro. In tutti gli altri call center i giovani con contratto non superano di solito il 5-10 per cento del totale. L’anomalia del Cos rischiava di essere dunque pericolosa.

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Cronaca. Linate. Furti fra i bagagli dell’aeroporto. Rubata fra l’altro una grossa forma di caciocavallo proveniente dalla Sicilia.

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Cronaca. Napoli. Ammazzato un ragazzo per intimorirne il fratello, un “pentito” che collaborava con la polizia. L’hanno aspettato sotto casa, al Vomero, e dopo il colpo di grazia si sono allontanati in moto.

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Cronaca. Roma. Licenziato il portiere del Pontifical american college di via dell’Umiltà. Ci lavorava da trentun anni, ha 55 anni e quattro figli. Arrivato al lavoro, ha trovato il biglietto che gli notificava la cessazione del contratto, senza spiegazioni.

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Cronaca. Roma. Licenziato nel quadro di una ristrutturazione il parlamento italiano. Sarà sostituito da due camere di cui una regionale e l’altra cococò. Pieni poteri al Capo del Governo e delle Forze Armate, funzioni di rappresentanza al presidente della repubblica, facoltà alle regioni Piemonte, Sicilia e Lombardia di rubare quanto vogliono (Odrasso, Aiello e compagnia) sulla sanità.

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Pubblicità.
CARA
LIBERTA’
“Sono tante, le voci della libertà. A Napoli, la Voce della Campania lotta contro la camorra. A Milano, Società Civile è stata la prima a denunciare Tangentopoli. A Palermo, c’è la rivista del Coordinamento Antimafia. Questotrentino è la rivista piùcombattiva di Trento. Un po’ dappertutto c’è l’Alba, giornale autogestito dei giovani. In tutta Italia c’è Avvenimenti, l’unico settimanale a grande diffusine di proprietà dei suoi lettori. E poi, c’è i Siciliani.
Tutte queste testate, e molte altre ancora, vivono grazie al sostegno di abbonati e lettori. Perché non hanno padroni e non ne vogliono avere”.
(1994)

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“Nexsus il profeta del nulla” wrote:
< Utilità delle 2 Simone stipendiate 8.000 (ottomila) euro al mese per far le volontarie (mentre i nostri feroci soldati percepiscono meno della metà)? Dal Corriere della Sera, la loro giornata tipo prima di farsi rapire: la Simona Torretta studiava per un esame all’università, la Pari insegnava la raccolta differenziata ai bambini iracheni. Costo delle Simone al Governo Italiano: ottomila euro al mese di stipendio (sì, sono i nostri cretini governativi che finanziano le associazioni, almeno in parte) + 1.000.000 di euro di riscatto. Utilità zero…
Tornano indietro e ringraziano il governo? No. Ringraziano Scelli? No. Ringraziano la resistenza irachena ed elucubrano di ritiri delle truppe. Vogliono tornare in Iraq. (Tanto se si fanno rapire di nuovo paghiamo noi). Domanda di Cossiga: ma non è che si sono rapite da sole? Domanda di altri: e non è che il milione di euro se lo sono intascate loro con qualche complice terrorista? Carriera di una Simona: dipendente del Ministero della Difesa regnante D’Alema; pubblicista dell’Unità; ottomila euro al mese per fare la volontaria e la “resistente”. Un domani (ci sono già state proposte) deputate? Facciamo una colletta di 50 centesimi a testa da dare alla resistenza irachena perchè si riprendano le due Simone. A patto che stavolta se le tengano >
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Visto? Ci sono anche italiani così. In questo caso – a differenza di Ferrara, Cossiga, Feltri, ecc. – gratis. Lo stipendio dei volontari di Un Ponte Per a Bagdad è di 1368,60 euri (lordi) al mese, spese di viaggio incluse.

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Sandro Simone wrote:
< Il quotidiano foggiano La Grande Provincia avrebbe festeggiato proprio oggi due anni di vita, ma non è più in edicola. E’ visibile da Bengodi Sity SOLOGGI, numero unico di un giornale realizzato e finanziato da alcuni dei giornalisti e collaboratori de “La Grande Provincia” >
Bookmark: www.bengodi.org/benfoggia/sologgi.pdf

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dave.dx@libero.it
< Puoi far girare la seguente notizia? Già il fatto che giovani di diverso orientamento politico (andiamo dai giovani di An a quelli dei Ds passando per Acli e “Giovani bancari italiani” O_O) si danno da fare assieme, in Italia è una grandiosa notizia, non trovi? Se poi non fanno politica è il momento buono per iniziare a farla… sperando che nel mucchio peschino bene :D >
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Ecco: Corso di formazione per formatori ed educatori sui diritti umani, Barcellona, Catalogna (Spagna), 14-21 dicembre ’04. Obiettivo è di sviluppare le conoscenze e le competenze collegate alla promozione dei diritti umani nell’area occidentale del Mediterraneo.
Bookmark: www.forumnazionalegiovani.it
(Però per favore non fatemi un governo An-Ds-Acli-Giovani bancari, mi raccomando)

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Stefano wrote:
< “Nessuno di questi giovani ha mai pronunciato la parola mafia, anzi se ne facevano allusioni di tutti i tipi e… si parlava a voce bassa. Allora mi sono chiesta: come cambiare qualcosa? Mi piacerebbe conoscere il parere dei siciliani quelli veri e degni di appartenere a questa splendida terra”. Il nemico di Harry Potter si chiama Voldemort, gli ha ucciso il padre e la madre macchiandosi di ogni sorta di nefandezza. E’ il mago piu potente mai esistito ed eèl’incarnazione del male. Nessuno dei maghi, soprattutto nelle istituzioni (la Scuola, Il Ministero della Magia) con la sola eccezione del maghetto adolescente, osa pronunciarne il nome sostituendolo con Tu-sai-chi (“Oh, no! Noi non pronunciamo mai quel nome!” “Non! pronunciare! MAI! quel! NOME!!”).
Non si nega la sua esistenza ma colui che viene universalmente riconosciuto come il nemico *di tutti* non viene mai cercato ed affrontato per annientarlo: Il preside della Scuola di Magia e praticamente solo (al Ministero della Magia hanno paura che lasciargli mano libera potrebbe agevolarlo in oscuri giochi di potere e gli stessi funzionari ministeriali sono troppo occupati nella difesa delle loro poltrone ed in complicate ed inutili procedure burocratiche). Non si pronuncia il nome di Voldemort e questo è sufficiente per allontanare i tremendi ricordi che ha lasciato e la paura di ciò che potrebbe fare se la sua forza potesse ritornare (e succederà).
La Primavera di Palermo è diventata un tormentato inverno ed i nostri Harry, Hermione, Ron e Silente sono dispersi. Qualcuno è caduto >

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fedriga@libero.it wrote:
< Per caso ho scoperto che gli Usa non hanno mai rischiato di scegliere il tedesco come loro lingua ufficiale. L’ho trovato in questo sito. E’ cmq una bella storia, affascinante. La lingua “americana” (l’inglese?) la merita >
Bookmark: http://www.watzmann.net/scg/german-by-one-vote.html

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Antonino Pizzuto wrote:
< E, diamine, se mi manca la Sicilia, talvolta ci resto sveglio la notte… Ma, ti dirò, la amo anche di più adesso, riesco a guardarla con più obiettività senza cadere nel campanilismo da due soldi o nell’ insulto rabbioso e spesso gratuito. Quando torno in Sicilia è sempre con un groppo in gola, come un bimbo goloso che entra in una pasticceria, cosciente che tra 3 giorni avrò di nuovo il mal di pancia, ma sapendo che, per dio, amo questo posto. Qualcuno potrà pensare che questo è scappare. Sì, probabilmente lo è. Ho dato, nel mio piccolo, tanto di me alla Sicilia: alla lotta antimafia, a quelle associazioni e a quei partiti che, negli anni, hanno cercato di rendere quest’ isola un posto migliore. Ma poi qualcosa si è rotto: ho una vita sola e dei sogni da realizzare. La Sicilia non è in grado di soddisfarli: non è in grado per le mille colpe di mille diverse persone e istituzioni e collusioni che da decenni rendono impossibile una vera vita sociale e civile. Ma questo è un altro discorso. Ammiro con tutto il cuore quelle persone che in Sicilia restano per lottare e giorno dopo giorno portano a casa un pezzettino di risultato. Io sono scappato, ho detto “basta”… quello che vedevo mi faceva male e non volevo odiare la mia terra, provare astio per tutto e tutti. Adesso mi manca: vorrei sentire, qui e ora, l’odore del mare sbattuto sugli scogli di S.Maria La Scala, e vorrei una granita al limone (rigorosamente con la brioche). Ma so anche che tutte queste cose le ritroverò la prossima volta che tornerò in Sicilia. Saluterò gli amici e tornerò a passeggiare di notte in Via Crociferi. Apprezzerò gli odori, le risate, la cordialità ma andrò via prima che diventino di nuovo puzza, rumore e ostilità. Sono e sarò sempre “siculo”, mediterraneo fino al midollo: ma l’ho scoperto davvero solo andando via >

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Uno di noi wrote:
< Ieri c’era la festa vera e propria: atmosfera pulita, couscous, vino, birra, sostanze aromatiche, caffè offerto e portato ai tavoli dai ragazzi del centro: musica e teatro, allegria e risate mescolate con un po’ di malinconia e tanta emozione specie quando è salita sul palco Gabriella, che detto tra noi è bellissima e ha gli occhi del papà, per ringraziare >

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Omar <khayyam@rubbayat.com> wrote:

< Invano ci struggemmo sotto la falce del cielo
Invano fummo polvere. Soltanto
sogni e rimpianti e battiti di ciglia.
Ce ne andammo così, senza arrivare >

* * *

< Acqua di fiume, vento di pianura,
e un altro giorno è andato della tua vita e mia.
(Di due giorni, vivendo, non avrò mai paura:
quello non arrivato, quello fuggito via) >

* * *

< Ma datemi per tomba una botte di vino
e una canzone ubbriaca al funerale:
il Giorno del Giudizio, chi mi vuol rivedere,
io ancora sarò là, polvere d’osteria >

* * *

< Ah, gli amici felici, dove siete finiti?
Li vinse ognuno Morte e gettò in terra.
Solo un sorso bevemmo a quella festa.
L’ebbrezza colse ognuno al turno suo >

* * *

< Tu amico mio che trepidando aspetti
l’appuntamento della bella mentre
gira splendido il vino nelle coppe,
ricordami a ogni sorso, ricordati di me >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)