28 dicembre 2004 n. 263
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L’anno che verrà. Anche Prodi, oramai, è “troppo di sinistra”: lo stanno facendo fuori per questo, e non è affatto un capriccio né un fatto caratteriale. Un’imprenditoricrazia senza Berlusconi (meno cialtroneria, più efficienza, anche più rispetto delle buone maniere) sarebbe l’ideale. Se questo non si può, si può tentare anche con mezzo Berlusconi (Casini, Fini, ecc.). Ma se proprio non è possibile, se l’unica alternativa è tornare indietro e rinunciare al potere politico come imprese, allora stringiamo i denti e teniamoci Berlusconi.
Questo è l’oggetto del contendere, non i capricci di Rutelli. Da quindici anni ormai lo stato italiano viene privatizzato. Non solo economicamente, ma proprio come ideologia. Da Keynes, siamo tornati all’Hobbes puro: non funziona, ovviamente, e non può funzionare: ma ditelo a un imprenditore-politico (lo sono tutti) e vi guarderà con la stessa aria scandalizzata e feroce della guardia rossa a cui avete detto che il pensiero di Mao non fa crescere più svelti i fagiolini.
L’ideologia delle privatizzazioni, anzi “della” privatizzazione, è la medesima del socialismo reale: dolore e sangue subito, per un avvenire radioso. Il problema è intendersi sulla distanza dall’avvenire: dieci anni? cinquanta? sette generazioni? E chi lo sa. In Italia, di anni ne sono passati ormai parecchi, s’è privatizzato tutto tranne i carabinieri, ma non sembra che l’audience, o la ggente, o per dirla all’antica le masse stiano meglio di prima. Certo, privatizzare con la vaselina non è la stessa cosa che privatizzare senza, e Ulbricht non è la stessa cosa di Pol Pot. Ma sempre della stessa minestra si tratta. E si vede.
L’opposto della privatizzazione non è il communismo: è la Francia. De Gaulle, l’illuminismo, la sana impresa pubblica, il funzionariato, il grand commis allevato non nelle sacrestie ma all’Ecole Normale Superiore; il (più modesto) corrispondente italiano erano i ricercatori della Montedison, la nazionalizzazione dell’Enel, l’Eni, l’Iri, Enrico Mattei. Communismo e capitalismo erano il dibattito domenicale. In realtà, il dibattito vero verteva – sempre – su questo: capitalismo regolato dallo stato o capitalismo degli “spiriti animali”, capitalismo puro. Alla fine, ma c’è voluto un crollo epocale per arrivarci, ha vinto il secondo.
Prodi non ci sta per due motivi. Il primo è che egli, che è come gli altri un oligarca, non è però un avventuriero. E’ un “boiardo di stato”, come si diceva un tempo. O – più nobilmente – un “grand commis” alla francese. Il suo ideale, nel bene e nel male, resta Enrico Mattei. Non è dunque integrabile nell’esistente. Può solo andare a uno scontro.
Il secondo tema su cui Prodi non è integrabile è l’Europa. L’Europa, qui e ora, è antiamericana. Non perché voglia esserlo, o perché abbia velleità di egemonia. Ma perché fra euro e dollaro il contrasto è strutturale. Da una parte un’economia sana e in espansione, dall’altra una debole, schiacciata dal debito e sostenuta solo dalla forzapolitico-militare. Da qesto punto di vista l’Europa è la l’Inghilterra della sterlina, ancora militarmente debole, tre secoli fa. L’America, l’immenso e potentissimo impero spagnolo, divorato però da uno sfacelo insanabile dell’economia.
Prodi, di questa Europa, è uno dei capi e forse il capo. E’ uno dei pochissimi europei di questa generazione. E’ prima europeo e poi italiano, esattamente come Washington era prima americano e poi virginiano o Tito prima jugoslavo e poi croato. Nazioni nuove (gli Stati Uniti, la Jugoslavia, l’Europa) che fino a un certo punto vivono come tali senza accorgersene, e poi “improvvisamente” prendono coscienza di sè stesse, nel giro di una veloce stagione, a volte anche solo d’un paio d’anni: basta un catalizzatore, che casualmente può anche essere un uomo.
Per questo Prodi è un nemico, per il sistema di potere (e non per Berlusconi soltanto), con cui qui ed ora non si può venire a patti. A me non è simpatico Prodi (ricordo l’Alfasud, e non solo quella); non è un organizzatore democratico e non credo che il suo governo, a me personalmente e a quelli come me, porterà nulla di buono. Ma sono obbligato a schierarmi, come fra il re e i tedeschi, perché lo scontro attuale non è di quelli in cui si può essere neutrali.
La sinistra ha uno svantaggio grandissimo, in esso, ed è il contrasto fra le sue idee civili e democratiche e la sua gestione interna, che è profondamente e arcaicamente notabilare e oligarchica. E’ un po’ come il Senato di Roma che contrasta con Cesare Augusto: noi siamo repubblicani e plebei, amiamo profondamente la Città e non intendiamo regalarla a nessun imperatore, finché avremo fiato. Ma i senatori, nella storia, raramente hanno vinto.
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Sbavaglio. Forse non è stato dei più felici il Natale di Marco Benanti e Carlo Ruta, i due giornalisti siciliani costretti al silenzio per via delle loro inchieste. Una storia su cui – scusatemi – tornerò finché avrò fiato perché è molto più significativa, nella sua normalità e “piccolezza”, di mille e mille bei discorsi su “dove va l’informazione”.
Sullo sfondo, una Raiset (o Mediarai) ormai al di là del bene e del male, probabilmente infiltrata dagli alieni di Klingon per rincretinire scientificamente la razza umana in vista di una prossima invasione. All’inizio hanno buttato fuori Santoro, perché parlava faceva informazione sulla mafia – e questo è “normale”. Poi è toccata a Biagi, che faceva informazione in generale – qua, si colpiva il giornalismo in sé, senza aggettivi. Poi a Luttazzi, perché scherzava. Poi a Pippo Baudo, perché era troppo serio. Poi a Celentano, perché non accettava la pre-censura. Ora siamo arrivati al punto che se ne sta scappando persino Maurizio Costanzo (pensa un po’!) perché tutto è diventato troppo trash anche per lui. “Urlano su tutte le reti, sbraitano, stanno sull’isola e la gente sta incollata. Io sono abituato a parlare. Non si può più parlare in tv, alla sera”.
Questo al top, dove – almeno per un po’ – le vittime godono ancora di un po’ d’attenzione. In periferia attenzione non ce n’è, e quindi i ras locali fanno esattamente tutto quello che vogliono. Il silenziamento di Matteotti, allora, generò qualche scandalo. Gli altri, poveri sindacalisti di paese, furono invece silenziati senza il minimo problema.
Per questo è importante dare battaglia su casi “piccoli” e singoli, esemplari. E’ grave che la sinistra non se ne accorga. E’ gravissimo che non se ne accorga il sindacato. Noi cercheremo di infastidirli il più possibile finché – su questo almeno – non si sveglieranno. Per oggi diamo un bel quattro in Istituzioni di Diritto Democratico a: Giulietti (Ds, responsabile informazione), Serventi Longhi (sindacato giornalisti, segretario) e Unità-Manifesto-Liberazione, per silenzio continuato. Si sono invece mossi Enrico Deaglio (Diario) che ha pubblicato la storia di Benanti e Giulietto Chiesa (Megachip) che ci ha scritto la lettera seguente.
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< Caro R., su Benanti e Ruta la risposta giusta è: non ce ne siamo accorti, io in primo . Me ne dispiace. Ma facciamo qualche considerazione aggiuntiva. Non possiamo leggere tutto. Non abbiamo un’organizzazione al sud. Non abbiamo nessun coordinamento. Ciascuno agisce per conto proprio. Tu, come molti altri, preferisci agire da solo. E il tuo bel blog rimane una voce clamans in desertum, come in parte la nostra. Più volte mi pare di averti sollecitato ad agire insieme. Qualche volta ti ho letto e ho invitato il sito a ripubblicare quello che scrivevi. Ma basta? Tu stesso capisci che non basta. Allora?
Allora prendiamo atto che fare controinformazione in rete è solo una briciola di quello che possiamo e dobbiamo fare. Capiamo che dobbiamo organizzarci per agire insieme.
Tutte le rare volte che vengo al sud, dovunque, vedo che la questione dell’informazione è mille volte più grave che nel resto del paese. Ma non ho agganci da cui partire. E’ solo colpa mia? Nostra? Perchè non pensate anche voi a stabilire collegamenti e a organizzare una risposta collettiva, insieme con noi?
Megachip, da tre anni ormai, ha aperto una battaglia perchè il centro-sinistra si accorga del problema dell’informazione e corregga le sue disgraziate posizioni, che lo hanno reso corresponsabile di tanti misfatti e di questo regime. Dovremmo unirci tutti per smuovere questa morta gora di cadaveri intellettuali e costruire un movimento. Che è altra cosa che scrivere isolati su qualche computer. Che poi non si sa nemmeno se qualcuno legge. E, se legge, rimane altrettanto solo di quelli che stanno seduto in salotto a guardare l’Insetto.
Quello che serve, caro R., è un movimento, che scuota anche la rete. Nel sud in particolare. Vogliamo discutere su come farlo? Su cosa ci impedisce di farlo? Benanti e Ruta si difendono solo se una parte importante della società civile, dei sindacati, della parte ancora viva di alcuni dei partiti, si rendono conto che siamo di fronte a un nodo centrale della democrazia, che questa non è una difesa sindacale di qualche giornalista, ma è la battaglia decisiva per la democrazia in Italia.
Questo è il punto da risolvere e il terreno da occupare. Noi siamo disponibili a dare il nostro contributo. A cominciare da Marco Benanti e da Carlo Ruta >
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A me, naturalmente, non piace affatto agire da solo e il mio bel blog (che poi è una e-zine) è semplicemente tutto il fiato che posso metter fuori attraverso il bavaglio (e temo che fra una decina di giorni sarà anche meno). Comunque, il ragionamento è giusto. Proveremo a organizzare qualcosa (non da soli, ovviamente). Un’idea potrebbe essere di andare tutti insieme in qualche posto più sdirupato dal punto di vista mediatico (Catania, tipicamente) e combinare qualche po’ di casino, o addirittura di alternative, direttamente sul posto. Mumble. Se c’è qualcun altro a cui interessa sarebbe bene sbrigarci, perché tutto si fa sempre più stretto. Fra l’altro stanno facendo fuori l’Ulivo (vedi Rutelli) e neanche questa è una buona notizia, di questi tempi.
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24 dicembre. Domani, che una volta sarebbe stato Natale, è l’anniversario della strage di trecento esseri umani che il venticinque dicembre del 1996 si trovavano a bordo di una povera nave “illegale” proveniente dall’India, dal Pakistan, dallo Sri Lanka e da altri luoghi oscuri del mondo. Annegarono al buio, senza poter far niente, mentre noi affollavamo felici chiese e supermercati. Il “naufragio fantasma”: poiché autorità, tv e giornali (tranne Narcomafie e Manifesto: e l’indimenticabile Dino Frisullo) negarono a lungo che fosse avvenuto. Solo nel 2001 un coraggioso giornalista di Repubblica, Giovanni Maria Bellu, riuscì a individuare il relitto e a filmare i corpi. Essi sono incredibilmente ancora lì, senza una sepoltura umana. Noi siamo ancora qui, nelle chiese e nei supermercati, un po’ più bestie e più cattivi di prima, proclamandoci cristiani a festeggiare.
Dio non esiste. Meno male, perché se ci fosse non è detto che ci perdonerebbe.
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La bestemmia. Ma non esistono in Israele leggi che vietino di schernire l’Olocausto? I coloni che occupano abusivamente le terre dei palestinesi, e di cui lo stesso Sharon vuol mandare via una piccola parte, per protesta se ne andranno in giro – hanno annunciato – con la stella gialla sulla giacca. Per fare dell’antisemitismo (ché anche i palestinesi sono semiti), per teorizzare sottouomini, per imporre i ghetti, costoro si permettono dunque d’inalberare il simbolo imposto dai nazisti ai sottouomini, ai semiti, ai rinchiusi nei ghetti. Si sono viste cose orribili e feroci, in quelle povere terre, ma queste le supera tutte. Anche il rabbino Ovadia Josef porterà – come Anna Frank – la stella gialla? Questo mascalzone, capo del partito ultraortodosso Shas, tre anni fa teorizzava che in realtàq l’Olocausto non era stato che la punizione di un Dio adirato contro Ebrei troppo poco religiosi. Ciò non gli impedì di restare per vari anni nel governo, istigando la guerra e distribuendo finanziamenti a pioggia ai “coloni”. Giù le mani dall’Olocausto, bestie. Ammazzate, disonoratevi, fate i Feldwebel a piacimento. Ma non azzardatevi a sfiorare anche solo col fiato la tragedia del mondo, che non è vostra e a cui voi non appartenete.
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Buoni 1. Il giorno di Natale, su una tv, c’è il quindicenne iracheno che ha perso le braccia in guerra ma gli hanno fatto – in Italia – due bellissime protesi, e adesso vorrebbe vedere il Papa, gli piace molto Roma, da grande vorrebbe fare ecc. Le braccia gliele ha portate via un bombardamento ma l’intervistatrice, che trasuda bontà da tutti i pori, non parla di bombe ma – pudicamente – di “tragica esplosione”
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Buoni 2. Non verrà più lapidata – grazie alla solidarietà internazionale – la ragazza iraniana condannata a morte per “adulterio”. Le autorità del paese, cedendo umanitariamente alle proteste di centinaia di associazioni, hanno magnanimamente deciso di non lapidarla più ma di limitarsi per stavolta) solo a impiccarla.
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Turchia in Europa. E nessuno, in tutto questo, ha speso una parola per Ochalan.
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“Siamo uomine o caporali?”. Le nostre due Simone hanno rischiato, e torneranno a rischiare, molto di più di Roberta S., la caporalessa della Folgore finita qualche giorno fa sui giornali per aver mandato all’ospedale, a scarponate a terra, uno sfortunato soldato dipendente da lei. Non è solo questione di coraggio individuale (di solito inversamente proporzionale alla prepotenza): è che le Simone nostre sono state educate bene, sapendo che ci sono momenti in cui bisogna rischiare la ghirba per una persona, un dovere, o anche semplicemente per dignità, ma che questo non ci dà diritto ad alcuna considrazione particolare, e meno che mai a prendere a calci un subordinato. A loro questo è stato insegnato, ai folgorini di Alamein pure. Alla caporalessa Roberta evidentemente no.
Le hanno insegnato altre cose. Nell’agosto del ’99 un giovane parà siciliano, Emanuele Scieri, fu rinvenuto agonizzante dentro una caserma. Nonnismo? Non fu possibile stabilirlo, perché – come il giudice ebbe a lamentare archiviando il caso nell’ottobre 2001 – fra i commilitoni le indagini registrarono una omertà totale. Il ragazzo agonizzò e morì senza che nessuno vedesse niente, là, solo.
Diversi casi, tragici come quello o ridicolo come questo, fanno pensare a uno scarso controllo, da parte degli ufficiali di quella unità, sui loro uomini. Ora l’esercito è professionale e non più di leva. Ma è sempre l’Esercito Italiano, e ha delle tradizioni di cui tenere conto.
Per questo io ritengo inappropriato che la nostra unità paracadutisti continui a portare il nome della Folgore. Scioglierla no, non siamo a questi estremi. Ma la Folgore vera non va confusa.
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I cattivi maestri. Quella banda di ragazzini del Nordest che, per passare il tempo, si appostava a picchiare omosessuali e disabili: da chi ha imparato? Hanno imperversato per parecchio tempo, nella paura generale. Alla fine, un gay meno terrorizzato degli altri ha trovato la forza di denunciarli, e la polizia li ha arrestati. Il più grande aveva diciassette anni: un’età tristissima, per imparare la vigliaccheria. Una volta i filosofi insegnavanoil coraggio. Adesso fanno politica, danno del peccatore a chi non è come loro, ingiuriano pubblicamente coloro che poi i ragazzini incoscienti aggrediranno; e non si chiamano più Socrate, ma Bottiglione. Per loro poltrone e onori, altro che cicuta.
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Il treno, il terrificante espresso Torino-Reggio, viaggia senza riscaldamento perché “c’è un guasto”. Alla stazione di La Spezia, all’una e quaranta, ci sono otto gradi sotto zero. I viaggiatori (o meglio, dei deportati), scendono e cominciano a saltellare sul marciapiedi. Una dozzina di loro improvvisa un girotondo di protesta sui binari. Arriva la polizia, c’è freddo, è la vigilia di Natale. C’è una breve e veloce trattativa. Alla fine, con tante buone promesse, il treno riparte. Ancora dieci ore per il Sud.
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Comitato di Salute Pubblica. “Disposizioni per il nuovo anno. Si ordina al cittadino Caldirolì di recarsi immediatamente nelle Calabrie, dove assumerà i pieni poteri. Tutti i briganti e i ribelli saranno fucilati. Si ordina al cittadino Papalia di recarsi immediatamente nei dipartimenti di Varese e Lecco, dove assumerà i pieni poteri. Tutti i vandeani e i ribelli saranno ghigliottinati. Dieci Nevoso Anno CCXII. Danton, Marat, Robespierre”.
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Pane. Segnalati a Milano alcuni tipi di pane a diecimila lire al chilo. “Maestà, il popolo non ha più brioches!”. “Mangino una ciriola”.
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Metafore di fine anno. Stavolta, invece del Titanic, un modesto traghetto fra due città italiane che tuttavia (senza urtare alcun iceberg) s’incasina, s’inclina, rimane in mezzo al mare col fuoco a bordo e fra i cavalloni per poi arrivare in porto alla meno peggio, non si sa come. Al posto del bel Di Caprio, Fantozzi.
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A noi! Sotto il fascismo i gerarchi dovevano tenersi in perfetta forma fisica, a pena di decadenza, ed è per questo che ogni sabato dovevano riunirsi in appositi campi e sottoporsi a prove come l’arrampicata sulla fine e il salto attraverso un derchio di foto. Tutt’e centottanta i deputati di Forza Italia per queste feste fanno ricevuto in regalo (obbligatorio) dal capo una complicata attrezzatura elettronica, con tapis roulant e tutto, per potersi allenare in casa al massimo livello.
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Consumi. E’ salito all’85 per cento del Pil il debito totale delel famiglie americane.
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Servizio traduzioni. Quirinalese-italiano. La conclusione del messaggio con cui Ciampi ha respinto la “riforma” della giustizia: “E poi smettetela di cercare d’imbrogliarmi mandandomi leggi concentrate in un articolo però con quarantotto commi e punti a capo. Gli articoli VANNO VOTATI UNO PER UNO. Articoli, non punti-a-capo da votare tutt’in una volta sperando di farmi fesso. Chiaro? E buon natale, va’”.
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Cronaca. Roma. Natale tranquillo in città e provincia. L’unico episodio inconsueto si è verificato in nottata a Torpignattara dove alcuni cittadini, insospettiti da un improvviso bagliore, hanno chiamato i vigili del fuoco che, giunti sul posto assieme a una volante dei carabinieri, non hanno però trovato alcuna traccia d’incendio. C’erano solo alcuni extracomunitari in una baracca rudimentalmente riscaldata (un uomo, una donna e un neonato) e, davanti alla baracca, una piccola folla eterogenea di zingari, manovali rumeni, viados e nigeriane. “Stiamo festeggiando un nostro amico” ha detto ai carabinieri, in un italiano rudimentale, uno dei rumeni. “Voi non lo sapete, ma oggi è un giorno molto importante” ha aggiunto dei due viados, che ha detto di chiamarsi Raffaele. “Vabbè, oggi è natale!” ha bofonchiato l’appuntato e la volante se n’è andata sgommando, senza chiedere i documenti.
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Auguri da: San Precario, San Romeo, San Pietrino. E anche da San Libero, naturalmente.
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Uomo dell’anno. Il delfino che alla fine di ottobre ha salvato da uno squalo bianco il giovane Edgar Howes, di professione bagnino, sorpreso dal predatore al largo di Whangarei, Nuova Zelanda. Accorrendo sul posto il cetaceo ha cominciato ad evoluire attorno all’uomo, interponendosi fra esso e lo squalo, agitando le pinne e accennando anche violente musate in direzione dell’aggressore. Quando questi si è finalmente allontanato, il delfino – che non ha voluto declinare le sue generalità – ha accompagnato il bagnino fino alla spiaggia e ivi l’ha lasciato al sicuro, senza fargli domande sulle sue opinioni politiche, preferenze sessuali o credo religioso.
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Spot. A Catania, il 29 e il 30 alle nove di sera, “Ballata di San Berillo” di Zinna e Gimbo. Nel cuore del quartiere più degradato della Sicilia, “un racconto teatrale atto d’amore verso Catania”.
Info: fabbricateatro@tiscali.it – 347.5775817
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Iniziative. A Catania, il 5 gennaio alle ore 19.30 al centro culturale Zo per iniziativa della Fondazione Giuseppe Fava, andrà in scena “L’istruttoria”, uno “studio drammaturgico degli atti del processo Giuseppe Fava” a cura di Giovanni Bruschetta e Claudio Fava.
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Umberto B. wrote:
< ho una mia teoria a proposito di mcdonald. la puzza che si sente quando passi la’ vicino non e’ sempre la stessa. aumenta con gli anni. ho l’impressione che quella puzza grassa si attacchi alle pareti delle facciate circostanti impegnandole e cosi’ i muri s’impregnano e la puzza e’ sempre piu’ tremenda. puo’ essere? >
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Norma B., maestra elementare, wrote:
< Ridateci il presepe nelle scuole. E, giacchè ci siete, ridateci anche:
– Gli insegnanti di sostegno per i ragazzi in difficoltà
– Le classi di diciotto alunni
– Il tempo pieno
– Le riduzioni di prezzo sui mezzi di trasporto per le scolaresche in visita di istruzione
– I programmi per la scuola dell’obbligo del 1985
– Gli operatori psicopedagogici distaccati dal lavoro in classe
– I supplenti in sostituzione degli insegnanti assenti >
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Michele wrote:
< Troppo ottimismo per un’eventuale punizione del criminale cileno. Quante volte, in tutti questi anni, si è festeggiato per diverse messe in stato d’accusa contro Pinochet che poi si risolvevano puntualmente in un nulla di fatto? La realtà, purtroppo, è questa: Pinochet vivrà i suoi ultimi anni in tranquillità, circondato dagli squali che lo sostengono e lo proteggono. Mi ha fatto in particolare impressione, in passato, vedere le donne “pinochetiane” esultare sguaiate per le sue assoluzioni: donne cattive e crudeli, bestie feroci, in contrasto con la dignitosa protesta delle madri di Plaza de Mayo, simbolo di una femminilità e di una maternità non legate alla perpetuazione di una stirpe assetata di sangue.
Loro rimangono la nostra speranza. Non potremo stappare lo spumante per Pinochet in carcere, ma potremo bere ottima birra brindando al nostro futuro (che deve continuare) >
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Guido Barilla, Presidente Legamondo San Maurizio Canavese, wrote:
< Scusa, ma, avendo ricevuto una mail contenente un commento sul Presepe, mi permetto di fare una piccola osservazione: Sono un fautore dell’intercultura, dell’apertura alle altre religioni, del dialogo, del rispetto per il “diverso”…tutti fattori che non solo non mi spaventano, ma mi spingono ad arricchire le mie idee, la mia visione della realtà….ma mi domando perche amare la nostra tradizione (Presepe compreso)e difenderla contro un’ipocrità idea di tolleranza che non riconosce i valori di cui siamo portatori sia considerato un attegiamento da medio evo. Il dialogo e lo scambio devono partire dalla conoscenza della NOstra cultura…altrimenti non sarà mai uno scambio, ma un’assimilazione della cultura dell’altro sterile e senza senso! Auguro quindi Buon Natale ed un cuore aperto al messaggio di un bambino, che dalla grotta di Betlemme (con o senza filo spinato) lancia il suo messaggio di pace ed amore a tutti gli uomini..mussulmani, ebrei, cristiani, buddisti, induisti e……atei! Buon Natale >
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alessandro.paganini@cheapnet.it wrote:
< Sul sito di Microsoft c’è una bellissima “Guida comparativa tra Windows XP Professional e Windows 98. Scoprite perché Windows XP è 30 volte più veloce di Windows 98!”. Beh, 30 volte son tante, curioso, non mi sembrava proprio… Così clicco, e inizio a leggere, e scopro che il 3000% è in realtà un 30%*, trenta per cento asterisco. Che in realtà dovrebbe essere la media fra 14%*, 10%*, e 21%* e cioè 15%*. L’asterisco vuol dire che questi numeri li danno loro (eTesting labs Microsoft) e non un laboratorio indipendente >
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sgravellinip@yahoo.it wrote:
< Inghilterra. David Blunket, membro del governo Blair, si dimette. Aveva una relazione con una donna sposata, Mrs Quinn. La relazione finisce e i due iniziano una causa legale per l’affidamento dei figli. Ma non è questo il punto. Incattivita, Mrs Quinn ha rivelato ad un giornale che Mr Blunket avrebbe usato la sua influenza e le sue conoscenze per “sveltire” l’iter di una domanda di permesso di soggiorno per una baby-sitter. Scandalo!!! Dimissioni e pubblico ludibrio madiatico per Mr Blunket. E’ chiaro? Si è dimesso per lo scandalo di non aver rispettato una coda con l’aiuto delle sue conoscenze.
Intanto, in qui in Italia… >
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luca.bosio@fastwebnet.it wrote:
< Stavo pensando, dopo un bellissimo riascolto di De Andrè, ad un posto così bello e magico come la Sardegna. Ma di Soru, Berlusca e compagnia, nessuno dice mai niente? Non che sia preoccupato, ormai i giochi sono fatti da mo’, chi vuoi che si accorga di questi 4 gatti che ancora ascoltano voci che non vogliono lasciarsi sopraffare, spinti dalla sola curiosità del chissa come andrà a finire, se proprio dovesse essere una fine, e non piuttosto un inizio… Tante angurie a tutti, buone furie! >
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Maria P. wrote:
< La libertà è più, molto di più delle fedi. La libertà è in testa, ma molto di più nella pancia, nella fica o nel cazzo. Per questo noi liberi siamo così sexy, loro no. Per questo, cercando di farlo bene, facciamo l’amore con i nostri diversi mestieri >
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mimmolombezzi@fastwebnet.it wrote:
< è incredibile che con tanto berciare sulle “radici cristiane d’Europa” ci si prepari ad accogliere senza batter ciglio un paese, la Turchia, che quelle radici ha strappato con il massimo di ferocia – deportando, affamando, violentando a morte, decapitando e impalando un milione e mezzo di Armeni – e che sino ad oggi non ha mai riconosciuto il primo genocidio del ‘900. L’indifferenza del mondo alimentò i progetti di Hitler “Chi si ricorda più del genocidio Armeno?” diceva mentre preparava l’Olocausto… Oggi tacciono i pacifisti, pronti a marciare solo contro Bush, e tacciono pure i radicali e l’ ottimo Capezzone il che è assai più grave! >
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Beh, ma oggi come oggi è peggio essere turco o essere di Varese?
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c-info2 wrote:
< Oggetto: messaggio di prova. Pourquoi il faut vivre , s’il na pas le courage de louter pour la dignitè. ok >
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Nino G. wrote:
< Non Mollare >
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Viviana <vivianavivarelli@aliceposta.it> wrote:
Fiammiferi
<Il primo fiammifero lo accendo per vedere bene il pericolo,
per guardare il maiale
nei suoi 360 denti e nei suoi occhi di deserto.
Il secondo fiammifero lo accendo per mirare la mia solitudine,
totalmente in se’ responsabile, totalmente abbandonata
al frullo di un mondo osceno.
Col terzo fiammifero voglio capire bene
cosa posso o non posso tentare
per non fare errori di strategia o di resistenza.
Il quarto e il quinto in memoria di quelli che ci sorressero:
Falcone, Impastato, Matteotti,
Rachel Corrie, Libero Grassi, Baldoni…
Il sesto per i miei morti che non seppi capir
e che ora riesco ad onorare.
Il settimo per ricordare bene:
sempre, adesso, io, qui, finche’ posso.
Tutti gli altri mille li brucio in una fiamma sola
per celebrare le vittime per ricreare la luce >
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Con questo numero si conclude, dopo cinque anni, la mia collaborazione con Clarence. Ringrazio tutti coloro che hanno lavorato con noi in questi anni, contribuendo direttamente o indirettamente al successo di “Tanto per abbaiare”. Ringrazio soprattutto i lettori, e in particolare quelli loro che pur non condividendo le mie idee mi hanno tuttavia seguito con civiltà e simpatia.
E’ un buon auspicio: la libertà d’informazione, nel nostro paese, è infatti ormai affidata quasi esclusivamente al pubblico dei lettori. Non esistono praticamente più meccanismi economici o professionali o sindacali su cui si possa contare per difendere questo bene essenziale, da cui dipendono tutti gli altri. Il lettore avvertito, qualunque sia la sua idea politica, secondo me dovrebbe riflettetterci su e, ciascuno a suo modo, tenerne conto.
Il nostro appuntamento continuerà peraltro regolarmente e, per chi lo vorrà, ancora più direttamente: invierò infatti la mia e-zine settimanale, con i consueti argomenti, a tutti coloro che me la richiederanno scrivendo a riccardo@orioles@libero.it
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E questo è tutto. A concludere, però, non voglio essere io: perciò cediamo la parola a qualcuno migliore di me, al mio maestro, Giuseppe Fava. A tutti voi l’augurio sincero di un felice – e utile, e coraggioso, e allegro – anno nuovo.
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Giuseppe Fava
LO SPIRITO DI UN GIORNALE, 11 ottobre 1981
< Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo.
Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali: ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze. le sopraffazioni. le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento!
Ecco lo spirito politico del Giornale del Sud è questo! La verità! Dove c’è verità, si può realizzare giustizia e difendere la libertà! Se l’Europa degli anni trenta-quaranta non avesse avuto paura di affrontare Hitler fin dalla prima sfida di violenza, non ci. sarebbe stata la strage della seconda guerra mondiale, decine di milioni di uomini non sarebbero caduti per riconquistare una libertà che altri, prima di loro, avevano ceduto per vigliaccheria.
E’ una regola morale che si applica alla vita dei popoli e a quella degli individui. A coloro che stavano intanati, senza il coraggio di impedire la sopraffazione e la. violenza, qualcuno disse: “Il giorno in cui toccherà a voi non riuscirete più a fuggire, nè la vostra voce sarà così alta che qualcuno possa venire a salvarvi!” >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)