2 maggio 2005 n. 282
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A che punto siamo. Guardiamoci in faccia: non è vero che il signor B. è “mafioso”. Ha avuto, questo sì, contatti con elementi vicini a Cosa Nostra, come Dell’Utri e Mangano. Ma i rapporti con elementi del genere erano già tradizionali nell’establishment finanziario italiano. Craxi protesse il banchiere Calvi, e Andreotti Sindona. Il rapporto fra mafia e politica, e fra capitali da riciclaggio e finanza, non è mai stato quel che sarebbe dovuto essere, nel nostro Paese. In più, il Nostro era homo novus, brianzolo, non navigato. E’ possibile che tali rapporti (fisiologici, lo ripetiamo, non inventati da lui) siano stati condotti in maniera ingenua e poco prudente. Questo spiegherebbe l’altissimo prezzo che egli ha dovuto pagare – contro ogni proprio ragionevole interesse – per difendere a oltranza personaggi di quell’area. La “politica” governativa sulla mafia è stata deplorevole, ancor peggiore di quella – già abbastanza rinunciataria – del centrosinistra dei tardi anni Novanta. Ma la questione dei rapporti personali apre un problema in più, e instaura nella fisiologia di questo governo una prima componente eversiva .
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Il programma politico di Berlusconi, le sue “riforme” istituzionali, i suoi singoli provvedimenti (in ispecie sulla magistratura e sull’informazione) ricalcano esattamente il Piano di Rinascita Democratica della P2 di Licio Gelli: che era, per accertamento giudiziario, un’associazione eversiva. Potrebbe essere una semplice coincidenza, un portato ideologico dello sviluppo dei tempi. Ma molti esponenti di ora risultano partecipi anche formalmente della P2 di allora: Silvio Berlusconi (tessera n.1816), Fabrizio Cicchitto (tessera n.2232), Publio Fiori (tessera n. 1878), Antonio Martino (domanda scritta di affiliazione), Paolo Mosca (tessera n.2100), Gustavo Selva (tessera n.1814). Da buon moderato, qui limito il cerchio dei pidusti ufficiali alla lista dei 900 di Castiglion Fibocchi e non anche a quella dei 1500 dell’Allegato 2B della Relazione Anselmi. Ma anche così ce n’è abbastanza da individuare, nella composizione dell’establishment attuale, una seconda componente eversiva.
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Il partito della Lega Lombarda, e poi della Lega Nord, e poi della Padania, non si propone affatto – com’è fin dalle origini riscontrabile dal suo dibattito interno – un diverso assetto dello Stato italiano, ma una secessione da esso. Questa secessione può essere – a secondo dei tempi e delle circostanze – insurrezionale o legalitaria, diluita nel tempo o traumatica. Ma sempre di secessione si tratta. In diverse occasioni (i “centomila armati”, le “pallottole per i giudici”, i “serenissimi”) questa secessione è stata – quantomeno – minacciata in forma violenta. E’ stato istituito, in violazione non solo della Costituzione ma di specifiche norme del codice penale, un corpo paramilitare, le Camicie Verdi. E qui si è avuta una deplorevole tolleranza – pro bono pacis – da parte della Magistratura, che avrebbe dovuto invece, ai sensi delle leggi vigenti, operare arresti e chiudere sedi.
Il senso del ridicolo cui in genere s’accompagna, nella percezione pubblica, l’azione di tali movimenti è abbastanza simile a quello con cui all’inizio venivano accolte le prime SA o i primi nazionalisti “da stadio” serbi e croati. Ci si augura che stavolta le camiciate non diano luogo a tragedie e si mantengano nella farsa. Ma, anche così, concretano una terza componente eversiva nell’ambito del regime. Che, a questo punto, in parte è “di destra” ma in parte è semplicemente eversivo; oltre che, da un paio di settimane, nettamente di minoranza.
Esso ora lavora alacremente per vincere, di riffe o di raffe, le elezioni. Qui porterà Tremonti, e non già l’ingombrante Berlusconi. Ma sa già che le probabilità di farcela sono molto poche, e che fra un anno in Italia tornerà in vigore il codice penale.
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In questa situazione, del tutto eccezionale e quasi extra legem, noi cittadini ci attendiamo la massima vigilanza da Carlo Azeglio Ciampi non solo come presidente della Repubblica ma anche – secondo Costituzione – come comandante delle Forze armate. Nei paesi civili, questo genere di cose non va ricordato. Ma da noi, qui e ora, forse sì. La disperazione può giocare brutti scherzi e certa gente, che già di Costituzione ne mastica poco, potrebbe essere tentata da idee molto infelici. L’unico golpe esplicito della storia italiana, trent’anni fa, lo fece la guardia forestale. Adesso, l’ingrato compito toccherebbe alla guardia padana… Ma in Italia i golpe non sono sempre quelli che si vedono. Nel primo centrosinistra, ad esempio, minacce e “boatos” bastarono a moderare parecchio le spinte riformatrici di Nenni, Moro e Lombardi: e dunque a modificare sostanzialmente la storia del Paese.
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Educational. I ragazzi occupano il liceo, e dopo l’occupazione lo riconsegnano in ordine e senza danni. Vengono condannati a varie punizioni, fra cui pulire i cessi della caserma, parcheggiare le macchine dei prof in cortile, e così via. Nello stesso momento, pochi chilometri più in là, dentro il ministero, il ministro Micciché sospira pensando all’amico Martello. Gli altri ministri discutono se vendere prima le spiagge o vendere prima il Colosseo. Adornato rilascia interviste sulla coerenza, Dell’Utri sul nomos di Socrate e Calderoli sull’Italia. A Milano, la scuola di porno (il Master per l’hardcore) recentemente istituita va a gonfie vele.
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Calipari. Non facciamone una polemica, e parliamone anzi meno che si può. Ricordiamoci invece che abbiamo delle basi americane in Italia, che queste basi risalgono ai tempi in cui l’America era di Roosevelt e Kennedy, e che ora essa è invece dei loro avversari. Quando il governo italiano tornerà autonomo, prenderà – con calma e prudenza, e con la massima cortesia – il provvedimento che a suo tempo prese De Gaulle: invitare l’amico governo degli Stati Uniti a sgomberare rapidamente mezzi e uomini dal territorio nazionale. Nel caso nostro le basi potrebbero essere affidate congiuntamente alle forze armate dell’Unione europea (se ci saranno fra tre-quattro anni) o altrimenti di quei paesi europei che saranno disposti a costituire subito il primo nucleo di esse. Altre soluzioni non ce n’è, e certo non è una soluzione discutere di giustizia e di diritti con un regime che assolve i torturatori e ammanetta i bambini.
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La Fiat, che era degli Agnelli, ora è delle banche. Con questo, l’italia esce definitivamente dal capitalismo per entrare nello strano regime in cui capitale finanziario e industriale coincidono. L’occupazione industriale è scesa ancora a febbraio. In Inghilterra, dove l’economia è stata privatizzata prima ancora che in Italia, stanno già vendendo la loro Alfa Romeo (la Rover) ai mullah iraniani. Chissà a chi finirà la Ferrari, qua da noi, signora mia.
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Sicilia. A Bagheria, bizzarramente, i giovani cittadini (di sinistra) mettono cartelli contro Provenzano: e dunque in polemica, oltre che con Cosa Nostra, con la Cassazione.
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In Afganistan ricominciano – ma non avevano mai smesso – a lapidare le donne. In Germania un ministro propone di mettere il braccialetto elettronico (“per il loro bene”) ai disoccupati. In Florida la legittima difesa viene estesa al “m’hai guardato storto”: puoi cominciare a sparare appena ti senti minacciato. In Italia chiudono un sito perché ha parlato male del papa.
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Informazione. Lo scoop di Macchianera (www.macchianera.net) sul rapporto Calipari mi fa venire strani pensieri su quel che succederebbe il giorno che tutti ‘sti blog del cazzo si organizzassero e dicessero “d’ora in poi i giornali siamo noi”. Secondo me è solo per abitudine che consideriamo Corriere, Repubblica ecc. come “i giornali”, “l’informazione”, ecc. Secondo me già ora i giornali siamo noi, e solo siamo troppo timidi e imbranati per capirlo.
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Appuntamenti. Cinisi (Palermo). Dal 7 al 9, Forum sociale antimafia Felicia e Peppino Impastato. “Il quadro politico si è aggravato, con l’approvazione del progetto di demolizione della Costituzione nata dalla Resistenza antifascista, con la prosecuzione della tutela legislativa di interessi privati, con l’emergere sempre più allarmante di complicità a livello istituzionale e politico, evidenziato dalla condanna di Marcello dell’Utri e dal rinvio a giudizio del presidente della Regione siciliana, dagli arresti di rappresentanti di una borghesia mafiosa ben inserita nei palazzi del potere e nel sistema economico-finanziario. In questo quadro fare informazione è diventato sempre più difficile, con il monopolio delle televisioni e l’intimidazione verso le poche voci libere. Discuteremo di questi problemi, con particolare attenzione al territorio, e dedicheremo a Felicia un’intera mattinata con interventi e letture sul ruolo delle donne nella lotta contro la mafia, dai Fasci siciliani ai nostri giorni. Si terranno un concerto di uno dei gruppi musicali più prestigiosi e impegnati, i Modena City Ramblers e un concerto del cantautore Pippo Pollina e ci saranno mostre, spettacoli e proiezioni”.
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Norma wrote:
< Ho votato per una delle liste che sostenevano Claudio Burlando per la presidenza della regione Liguria. L’ho votato per la mia profonda avversità verso la destra che governa il paese, e che governava la regione; perché non era ministro nel governo D’ Alema che ha coinvolto l’Italia nella guerra in Kossovo; perché, pur avendo la fortuna di poter svolgere attività politica ogni giorno, non sottovaluto l’importanza del momento elettorale. Masticando amaro per la sconfitta del sistema proporzionale, che garantiva se non altro una maggiore rappresentatività, e per il taglio personalistico che la campagna elettorale ha inevitabilmente assunto, ho contribuito all’ elezione di Claudio Burlando.
Ed ecco il suo primo atto di governo: ottenere, con un rapporto quasi personale con Claudio Scajola ( “i due Claudi” li definisce la stampa) il finanziamento di dieci navi militari: manufatti di elevatissima tecnologia, la cui qualità si misura in capacità distruttiva. Era indispensabile, mi si dic: si trattava di cinquemila posti di lavoro. Non metto in discussione la serietà di questo problema. Ma dal “mio” Claudio (si fa per dire, naturalmente) mi sarei aspettata una richiesta precisa di diversificazioni produttive non militari che, oltre ad essere moralmente indispensabile, avrebbe garantito i lavoratori dai rischi di un poco probabile ma auspicabile periodo di pace. La stampa magnifica l’asse bipartizan tra i due omonimi e glissa sulle capacità distruttive e sul prezzo astronomico delle navi che si vanno a porre in cantiere. Evita di sottolineare che investimenti così cospicui avrebbero potuto garantire altrettanti posti di lavoro nella scuola, nella sanità, nella previdenza. Certamente non altrettanti profitti; ma non si stava parlando di posti di lavoro?
Io penso tristemente alla Liguria colorata di arcobaleno che campeggiava sui manifesti elettorali di Claudio Burlando, ai pacifisti che militano nel suo partito, alla soddisfazione per la sua elezione e giuro, come diciamo a Genova : “A proxima votta, turna”.
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mareitano@libero.it wrote:
< ”La Sicilia deve essere dotata di nuove infrastrutture, anche con il ponte sullo Stretto”. Lo ha detto l´onorevole Anna Finocchiaro! Ma tutti sappiamo che il Ds di Messina, il capogruppo al comune Gaetano Giunta, la maggioranza dei delegati al congresso regionale e nazionale hanno votato un documento che sostiene una tesi opposta. Non è la prima volta che la Finocchiaro, leader nazionale dei Ds, prende delle posizioni opposte a quelle decise nelle sedi democratiche del partito. Successe già nel 2001 quando al congresso del partito catanese fu approvato un documento che impegnava i deputati catanesi a votare contro l’intervento militare in Afghanistan. Anna Finocchiaro “democraticamente” voto il contrario cioè a favore della guerra in Afghanistan. Ora Anna Finocchiaro è candidata come capolista dei DS al consiglio comunale di Catania.
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Nè Burlando nè la signora Finocchiaro sono, ovviamente, di sinistra. Sono semplicemente dei signori feudali come Scajola o Scapagnini, con l’unica differenza (che già può spingerci a sostenerli) di essere meno feroci. Naturalmente, questa è una situazione provvisoria: prima o poi speriamo infatti di riuscire a introdurre tecniche decisionali democratiche persino nei partiti della sinistra, dove attualmente le decisioni vengono prese – come nella destra – da pochi privilegiati. (r.o.)
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Fabio wrote:
< “Torino. Contestata all’universita’ una lezione del seminario…”. Non ho letto altri commenti sull’episodio di Torino, ma forse bisogna essere più cauti. C’è rischio di confondere l’antisemitismo con l’insofferenza (anche maleducata) verso la contraffazione della realtà. Spesso l’informazione sul conflitto tra israeliani e palestinesi non è granché equilibrata, anche nelle università. Si invoca l’equidistanza, dimenticando spesso che trai due contendenti uno occupa e l’altro subisce l’occupazione, uno detta le regole e l’altro vi si deve conformare, uno monopolizza le risorse e l’altro si arrangia.
Alla lezione sul conflitto mediorientale voluta dalla professoressa di Torino, spicca l’assenza di una voce palestinese. Una dimenticanza?
Certo, esiste ancora l’antisemitismo: odioso come sempre è il razzismo. Ma – come avrai notato – c’è anche chi usa strumentalmente l’accusa di antisemitismo contro coloro che sostengono la causa sempre più disperata dei palestinesi. Oggi, è difficile stabilire quale dei due fenomeni sia più diffuso in Italia. Nei media sicuramente il secondo, nelle università non saprei. Per questo motivo, in casi come questi forse è meglio “condannare” solo dopo essersi ben documentati >
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Stefano wrote:
< “Io esprimo la mia solidarieta’ alla professoressa di Torino…”. Lo faccio anch’io. Mi pare di notare i pacifisti e riformatori israeliani vengano tacitati da entrambe le parti e che gli unici atteggiamenti compresi e comprensibili nei confronti di Israele sia il fiancheggiamento o la negazione del diritto all’esistenza. Come ti ho già scritto, non solo sono contrario ad una visione così “talibana” del mondo. Sull’argomento consiglio la lettura di “Vittime – Storia del conflitto arabo-sionista 1881-2001” (Benny Morris, Rizzoli, 2001) nel quale sono spiegati con dovizia di particolari i demeriti e le colpe delle classi dirigenti degli uni e degli altri; per dimostrare che Palestina e Israele non sono affatto alternative e che di questo passo non si va da nessuna parte >
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Giancarlo wrote:
< Invito il sig. Albertini a sciacquarsi la bocca delle stupide parole pronunciate in merito alle troppe bandiere rosse ed a ricordare che dovrebbe essere il sindaco di tutti e non solo di quella parte politica che da oltre 10 anni cerca di svilire i valori fondanti della nostra nazione e di demonizzare chi ha dato la vita per liberarci dal nazifascismo.
Oggi è la festa di tutti ed in piazza vorrei le bandiere di tutti coloro che in questa festa si riconoscono; chi si sottrae è solo quella parte politica, di cui il sig. Albertini è espressione, che ha raccolto a sè per farne maggioranza fascisti,, razzisti e separatisti >
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Alessandro wrote:
< Il nuovo Papa Ratzinger ha detto che pregava per non fare il Papa, Berlusconi ha dichiarato che il governo bis non lo voleva fare, e Storace non voleva fare il ministro. Benissimo, che si levino dai piedi: Don Gallo al Vaticano, Gino Strada alla Sanità, e a palazzo Chigi ci mandiamo mia nonna, che ha tirato su 4 bambini da sola fra bombardamenti e rastrellamenti nazisti, e i conti te li fa tornare in due settimane >
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Auteur wrote:
< Ma smettetela di scrivere delle idiozie. Siete sempre i soliti perdenti del “68. Non avendo argomenti validi vomitate la merda che avete dentro sugl’altri >
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Tito Gandini wrote:
< Francia. Il no alla costituzione europea affascina per quel diritto che si vuole avere di verificare che cosa faccia mai questa Europa. Molti a veder la Bolkenstein si sono sentiti gabbati dalla destra: con una direttiva frega ogni parlamento nazionale, ogni sindacato, ogni controllo sociale. Da un punto di vista politico però un no francese alla costituzione europea potrebbe voler dire molte cose,. L’Europa arriverebbe spaccata al secondo anno del nuovo mandato Bush, poprio quando si prospetta una ripresa della propaganda bellica contro l’Iran. Che peso avrebbe l’Europa pacifista se fosse proprio uno dei Paesi antiatlantici ad avere tradito? Che mai direbbe Bush? Direbbe proprio quello che ha detto ai tempi della campagna prebellica irachena sulle armi di distruzione di massa: “La Francia non è l’Europa”, solo che questa volta non solo avrebbe ragione, ma sposterebbe il baricentro politico europeo su di un’asse liberista: Inghilterra, Danimarca, Polonia, Bulgaria, Romania, Italia >
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vittorio@asti.net wrote:
Due epigrammi inattuali
< Sia pace ai frati,
Purché sfratati:
E pace ai preti,
Ma pochi e queti.
Cardinalume non tolga lume:
Il maggior prete
Torni alla rete.
Leggi, e non re. >
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< Chi da’ fama?
I giornalisti.
Chi diffama?
I giornalisti.
Chi s’infama?
I giornalisti.
Ma chi sfama
I giornalisti?
Gli oziosi, ignoranti, avidi, tristi. >
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(E’ fiacca, lo so, ma abbiate un po’ di pazienza che prima o poi la redazione tornerà a far bene.)
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)