18 maggio 2005 n. 284
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Catania. La destra respira, e ringrazia Bianco. Ossigeno per Berlusconi, battuta d’arresto per la marcia – fin qua inarrestabile – del centrosinistra. Come in Lombardia, presentare il “moderato” non ha pagato: il centrosinistra, rinunciando alle capacità di mobilitazione e speranza che avrebbe potuto coagulare un candidato veramente alternativo, ha preferito ripresentare il vecchio rassicurante notabile, ed ha pagato. Vendola vince, Bianco perde: mettiamola così, e poi andiamo avanti.
E’ una sinistra, quella catanese, che in realtà ha delegato tutto all’ex sindaco-tecnocrate, Bianco, che del centrosinistra rappresenta l’ala estrema in politica sia estera (filo-americano e pro-guerra, nella città che ospita una delle pù pericolose basi Usa) che interna (ottanta manifestanti all’ospedale a Napoli, anticipando di di alcuni mesi la Genova del G8). Il paradosso è dunque di una sinistra pacifista e democratica che candida allegramente, Rifondazione in testa, uno degli esponenti più bellicosi e repressivi dell’establishment italiano. Ma a Catania succede questo e altro. Non a caso, gli articoli preelettorali dei vari inviati erano *tutti* giocati sul “colore”: granite, sole, mare, Etna, donne, Brancati, battute profonde e ciniche (di solito alla fine) in siciliano.
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Ovviamente, Catania non sta in Italia – o vi sta fin troppo – perciò tutto questo colore, questo paternalismo “continentale”, in fondo è giustificato. I gattopardi, qua, non sono feroci gentiluomi palermitani ma placidi compradores pronti a qualsiasi ribaltone. Non ci sono classi sociali contrapposte o anche semplicemente individuate, non c’è una borghesia (e che mai si produce?), non c’è una classe intellettuale indipendente. Per intellettuale, qui, s’intende un uomo alfabetizzato, che a una certa età ottiene una cattedra all’università o una consulenza al comune o tutt’e due, che settimanalmente esprime profondi concetti sul giornale di Ciancio, e che ha successo se riesce abbastanza spesso a produrre delle battute ciniche e possibilmente eleganti sul “non c’è niente da fare”. Certo, ci sono state eccezioni – notevoli -, ma individuali: Giuseppe Fava, Scidà, D’Urso, Mignemi, Recupero, Compagnino, Cazzola, Catanzaro, Resca, e pochissimi altri. Ciò che accomuna queste eccezioni è da un lato il livello professionale e civile, rare volte riscontrabile altrove; dall’altro la sostanziale non-catanesità e dunque l’isolamento, lo scherno, la più o meno violenta emarginazione. Dalla politica ufficiale, comunque, vengono accuratamente enucleati. Fanno politica, quando la fanno, coi movimenti dei giovani – di cui questa strana città, così misera nei palazzi, non è affatto avara.
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Vi sono state almeno due grandi stagioni di movimento a Catania, almeno due generazioni civili. Una, quella dell’84, col movimento dei Siciliani. L’altra, già meno gobettiana ma più diffusa, quella del 93, col ritorno dei Siciliani e con la prima Rete. Entrambe hanno formato uomini, hanno creato possibili classi dirigenti; hanno conseguito risultati che nessuno era mai riuscito a ottenere in Sicilia – la cacciata dei Cavalieri, l’individuazione di una quasi-maggioranza alternativa – e… e, venti e dieci anni dopo sono completamente emarginate, costrette a scegliere individualmente fra resa al consociativismo ed emigrazione. Il regime lì è da tempo bipartizan, non vi è una differenza notevole fra grandi affari di destra e grandi affari di centrosinistra.
Vi è ancora un’opposizione, certo, ma frammentata in decine di piccole e piccolissime associazioni che danno l’idea di una non-accettazione morale più che di un’alternativa cosciente e organizzata. A ogni minimo spiraglio essa è tuttavia ancora capace di dar prova di sè, di testimoniarsi. L’ultima volta è stata alle elezioni europee, quando l’onorevole diessino Fava (che viene dai Siciliani e ha una tradizione di impegno antimafioso) osò aprire una dura polemica “giacobina” contro i frequentatori di mafiosi nel suo stesso partito. Venne eletto a valanga, nonostante (ma in realtà per) il conclamato “estremismo”, sconfiggendo il candidato ulivista ufficiale, un barone universitario appena confluito da Forza Italia. Subito dopo l’elezione, tuttavia, si riappacificò coi moderati, sostenne Bianco, sostenne lo stesso barone appena sconfitto (che ora è il responsabile regionale dell’Ulivo) e insomma si considerò rappresentante degli apparati che gli avevano organizzato l’elezione e non dei cittadini che l’avevano votato.
La situazione di adesso, in bene e in male, viene anche da storie così. Ed è il punto di arrivo di una lunga marcia attraverso le istituzioni o il Palazzo (a secondo dei punti di vista) che ha comportato il sacrificio dell’esperienza politica dei Siciliani, la riscrittura della stessa storia di questi ultimi in senso accettabile dai moderati e la subordinazione ai politici d’apparato della pur vivace società civile isolana. La strada esattamente opposta, insomma a quella portata avanti – per esempio – da un Vendola. Che vince ed esalta i movimenti nel “suo” centrosinistra, a Catania regalato invece alla sinistra d’impresa.
Sarà sempre così? Il Ds sopravviverà o verrà assorbito? Cossuttiani e verdi prenderanno mai in considerazione i movimenti? Rifondazione tornerà prima o poi ad essere di sinistra? A Catania, tutte queste domande rischiano ormai di essere, più che drammatiche, ininfluenti. La sinistra ufficiale oramai le sue carte se l’è giocate, e non sarà lei a incassarne la posta, comunque vada. Sinistra di movimento? Forse: ma ce ne vorrà, di strada. Per adesso, l’unica cosa che si può dire di buono è che Catania è una cosa e l’Italia, per fortuna, è un’altra.
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A vincere davvero, probabilmente, è stato il bipartizan Mario Ciancio, ormai non solo il monopolista (anticipando, nel suo piccolo, Berlusconi) di tutta l’informazione siciliana ma uno dei massimi imprenditori siciliani. Ha attraversato tranquillamente la Dc, il dopo-Dc, la mafia, i Cavalieri, il “riformismo” di Bianco, la destra di Scapagnini e quella di Berlusconi, facendo ottimi affari con tutti e facendosi riconoscere da tutti quanti il suo monopolio totale su tv e giornali. Infine è passato alla fase tre, mostrandosi direttamente come potere puro. In questo momento sta costruendo direttamente o per interposti prestanomi il più grande centro commerciale della Sicilia, con una serie di provvide varianti di piano regolatore che hanno guderianamente spazzato via ogni pastoia legale a questa terrificante espansione.
“Garantisce lui per tutte le autorizzazioni, e fino all’inizio dei lavori non vuole una lira”. Questa intercettazione (operata nel 2001 dalla Direzione Antimafia, nel quadro di un’operazione su alcuni “imprenditori” del messinese: Giostra, Siracusano, Pagano ecc) potrebbe essere il riepilogo di tutto. E anche l’epitaffio, per la povera e non innocente città.
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Crolla la Fiat, crolla l’economia, il governo è a Salò, nord e sud si fanno la faccia feroce. Il momento peggiore dal 1948. Tenetevi forte, perché ce ne saranno di sbandate.
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Tutti nella stessa barca, o per qualcuno è un panfilo? “Tutta la classe dirigente deve lavorare tutta insieme per costruire il rilancio. In questo momento non c’è maggioranza, opposizione, sindacati e imprese”, dice Tronchetti Provera.
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Forza Livorno. Comincia l’ultimo anno del primo settennato di Ciampi al Quirinale. Il primo, quello che si concluderà poco dopo la cacciata di Berlusconi, è stato assunto dal ragionier Ciampi della Banca d’Italia. Il secondo verrà invece affidato al sottotenente Ciampi del Corpo Volontari della Libertà. Auguri e alla via così.
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La differenza fra Blair e Fini non è che Blair è di sinistra, è che Fini è sfigato.
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Le colpe dei padri. Palestina/Israele. Foto di bambini con kippa che “testano” fucili mitragliatori a una celebrazione per il cinquantasettesimo anniversario dello Stato di Israele. Altre volte, invece, foto di bambini con mitra e kefia che sfilano in analoghe manifestazioni, ma dei palestinesi.
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Uzbekistan, o insomma da quelle parti lì. C’era un maledetto governo communista, tirannico e senza democrazia. Caduto il c.d. comunismo, hanno fatto un governo democratico, con apposita rivoluzione popolare. Adesso c’è un dittatore democratico, che quindi non si chiama dittatore ma presidente. E’ amico di Bush, cui fa la cortesia di torturargli i prigionieri che quegli non può torturare in casa sua. E’ amico di Putin, che tutto sommato è quello che gli ha insegnato l’arte. Appena un po’ di gente gli si è rivoltata contro, ha fatto sparare sulla folla e ha fatto cacciare i giornalisti perché la cosa non si risapesse troppo. “Un pacchetto di democrazia, per favore”. “Light, con filtro o Esportazione?”.
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Etica. Quella dell’informazione è stata dibattuta in apposito dibbattito, in provincia di Siena, fra Andreotti, Tronchetti Provera e vari altri pescicani e coccodrilli. (Poi c’era un comico, l’unico ad aver preso sul serio la faccenda).
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Difesa della vita. Fino all’ultimo Rocco Bernabei si era dichiarato innocente: “Fatemi l’esame del Dna, capirete subito!”. L’esame fu dapprima negato, poi, al momento di farlo, risultò che s’erano perdute le provette. L’uomo fu immediatamente giustiziato con un’iniezione. Adesso, cinque anni dopo, è risultato che non solo l’esame del Dna di Bernabei ma quelli di altri quaranta casi di omicidio erano stati manipolati dagli “esperti” del tribunale su pressione delle autorità politiche, che non volevano fossero messe in discussione le “esemplari” condanne a morte. Indovinate dove potrebbe essersi verificata questa storia? In Cina no, perché là i processi durano poche ore. In Arabia saudita nemmeno, perché là il Dna non sanno nemmeno cosa sia. E allora dove?
(All’epoca fu molto schernito Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, perché, dopo aver tentato a lungo e invano di salvare l’italo-americano, alla fine ne fece pietosamente trasportare il cadavere a Palermo dove gli fu almeno data cristiana sepoltura).
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Nassiriya 1. Nessuna sostanziale smentita sulle rivelazioni del Diario e di RaiNews24 su una delle motivazioni dell’intervento italiano in Iraq: la “protezione” dei giacimenti petroliferi ubicati nella zona di Nassiriya, individuati in un documento governativo già sei mesi prima della guerra e oggetto di appalti da parte dell’Eni. La notizia ha suscitato polemiche politiche, il che è un bene, specialmente in un momento in cui la componente imprenditoriale del centrosinistra tira fuori ogni quindici giorni una nuova motivazione per mantenere le truppe italiane a Nassirya. Tuttavia è una notizia vecchia, che in rete girava documentatamente già da un anno. Sulla Catena ce n’eravamo occupati il 20 aprile 2004: già in ritardo, poiché su altri siti se n’era parlato già prima. Senza d’altronde particolare merito: sull’argomento erano già usciti isolati articoli sulla carta stampata (Sole24Ore 13 novembre 2003, Orizzonti Nuovi 5 marzo 2004, ecc.), era stata tenuta una specifica conferenza-stampa (22 marzo 2004) dell’allora lista Di Pietro Occhetto, ed era soprattutto uscito il libro (Benito Li Vigni, “Le guerre del petrolio”) eccezionalmente documentato ed esaustivo di un ex alto funzionario dell’Eni, già collaboratore di Enrico Mattei.
Una notizia così fondamentale è stata tuttavia “tenuta” pochissimo sull’informazione industriale (ancora sabato, a un dottissimo dibattito sull’Iraq alla Sette non mi sembra di averla sentita citare) e ha dunque influito pochissimo sul dibattito politico. Credo che sia uno degli esempi più plastici dello scollamento, ormai molto avanzato, fra informazione effettiva e industria dell’nformazione. Nascondere una verità – ho detto altre volte – oggi è molto più difficile che una volta. La nuova strategia è dunque di “annegare” le verità nel rumore di fondo complessivo, isolandola dal contesto e rielaborando arbitrariamente la gerarchia delle notizie.
Non credo ci sia oramai molto da attendersi dalle testate. Credo che invece questo sia un problema di noi della rete. Non esiste infatti più alcun altro soggetto in grado di fornire ai cittadini il minimo di libera (e professionale) informazione a cui essi hanno diritto. “Et ceterum censeo delenda Carthago”, dove Chartago è la residua fiducia nell’informazione ufficiale e la deplorevole timidezza nel mettere insieme un’informazione professionale e adeguata a partire da ciò che abbiamo gia nella rete.
Bookmark: blogs.it/0100206/stories/2004/03/06/ilMisteroDiNassiriya.html
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Nassiriya 2. Il soldato Riccardo Bruna, beccato dopo essersi fatto una canna in una pausa del servizio, non se la caverà con un cicchetto: è vero che siamo in pace, che l’Iraq è in pace e che Nassiriya è uno dei posti più pacifici del mondo, ma è anche vero che fra le truppe (e fra poco anche fra i volontari e i giornalisti) italiane in Iraq vige, chissà perché, la legge di guerra. Perciò codice penale militare, corte marziale e Gaeta. Insomma, siamo in guerra o siamo in pace? Se siamo in pace, fumiamoci su. Se siamo in guerra, incriminiamo per alto tradimento (magari fra qualche anno) i politici che, facendo una guerra, hanno formalmente violato la nostra Costituzione che le vieta.
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Quando eravamo emigranti. “Gli italiani stanno importando la delinquenza qui in America – ha detto il capo della polizia di New York Pisanu – e purtroppo alcuni americani, per falso umanitarismo, non se ne rendono conto. A Brooklin, per esempio, la maggior parte dei delitti sono commessi da italoamericani, il che dimostra come facciamo bene a proibire agli italiani di sbarcare qui. Intensificheremo i pattugliamenti e intanto abbiamo già arrestato alcuni anarchici (fra cui un certo Sacco e un certo Vanzetti) che sono quelli che aizzano alla rivolta gli italiani chiusi nei nostri campi di concentramento. Poco fa ha chiesto il permesso di soggiorno un certo Fermi Enrico, dice che al suo paese c’è dittatura e che lui è uno perbene: ma guarda quante balle s’inventano questi qua pur d’entrare. Comunque state tranquilli: noi vigiliamo”.
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Buttiglione. Trentacinque uomini sono stati condannati a duecento frustate e sei mesi di reclusione per aver partecipato a una festa di “matrimonio omosessuale” a Jeddak in Arabia Saudita (Apf).
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Al ministero.
– Coca Cola?
– Ca quali Nicola, Gianfrancu sugnu!
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Giustizia. Arresti domiciliari per Nunzio D’Erme e Callisto Tanzi. Il primo ha preso dei generi alimentari dai banchi di un supermercato, li ha distribuiti ai disoccupati e pensionati che stavano fuori e alla fine s’è fatto un panino. Il secondo ha preso ventisette miliardi di euri da un’azienda, li ha distribuiti ai politici di entrambi gli schieramenti e alla fine se n’è messi da parte un paio. Della serie “la legge è uguale per tutti”.
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Il sito di Carlo Ruta, quello con l’archivio antimafia: www.leinchieste.com
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Referendum. La maggior parte degli elettori NON sapeva che domenica, in Sicilia, si votava per il Referendum per abolire la legge elettorale contro i piccoli partiti voluta da Cuffaro. A parte Rifondazione, nel suo piccolo, nessun partito in queste settimane di campagna elettorale ha detto una sola parola sul Referendum.Si sentono tutti forti,e pensano che scomparirà solo Rifondazione comunista? [g.p.]
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Tre righe per me stesso. La settimana scorsa, “grande iniziativa pubblica” della Federazione Uniti nell’Ulivo della Sicilia. E chi c’era? Anna Finocchiaro, Ferdinando Latteri, Angelo Capodicasa, Salvatore Cardinale, Vincenzo Garraffa, Raffaele Gentile, Enzo Bianco. E dove l’hanno fatta? A Catania, alla Perla Jonica… :-)
(Questo sorriso puo’ essere compreso solo da coloro che abbiano almeno quarant’anni, siano stati a Catania negli anni ’80, vi siano stati civilmente impegnati, abbiano collezionato le figurine Panini di quel campionato: Giudice Grassi, Colonnello Licata, Cavaliere Costanzo, ecc., e non se ne siano ancora dimenticati. In sostanza, solo io e il professore D’Urso. Poiché il professore adesso è molto lontano, in pratica ho scritto un take a uso esclusivo di me stesso).
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Poteri. Amato: “La sinistra italiana segua Blair”. Il giorno dopo, per pura sfiga, gli arrestano un ex sottosegretario, a Messina, che faceva parte di una banda di politici e imprenditori in contatto con la mafia e uno addirittura con un uomo di Bin Laden. A parte ciò, nella banda c’erano uno, e forse due, magistrati.
Le indagini, fra l’altro, hanno cominciato a far luce sull’assassinio del docente universitario Matteo Bottari, ucciso da killer mafiosi il 15 gennaio 1998. L’establishment cittadino mise subito in giro la voce di un omicidio “per questioni di donne”, e in questa vociferazione si distinse il quotidiano locale, la Gazzetta del Sud.
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Catanesi. Per l ‘amor di Dio, rileggetevi I Vicerè.
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Vabbé. “Le Scritture, ammonisce Benedetto XVI, non si possono interpretare solo con gli strumenti della scienza esegetica – come fanno i protestanti – ma vanno lette alla luce della Tradizione del Magistero”.
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Democrazia 1. Los Angeles. L’inseguono, lo bloccano, gli sparano centoventi colpi di pistola sull’automobile e infine, visto che è ancora vivo, lo dichiarano in arresto. Oppure (tre giorni dopo): l’inseguono, lo circondano, e – per quanto disarmato – lo ammazzano e revolverate. Poi, come molti poliziotti, si arruolano magari nella Guardia Nazionale e vegono spediti in Iraq ad esportare la democrazia ai posti di blocco.
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Democrazia 2. “Dovremmo invadere i loro paesi, uccidere i loro capi e convertirli al Cristianesimo” (Ann Coulter). “We must kill them. We must incinerate them. Pig after pig. Cow after cow. Village after village. Army after army”. (Walter Kurtz).
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Dibbattito. Dio Esiste? Con Flores, Ratzinger e D’Arcais, tutti in una volta. Sul numero speciale di MicroMega, in tutte le edicole e i circoli dei civili.
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Soddisfazioni. Condannato il cardinale, responsabile di Radio Vaticana, perché gettava oggetti pericolosi dalla finestra (nella fattispecie, emissioni elettromagnetiche da un paio di terrificanti ripetitori montati a ridosso delle case). Dieci giorni con la condizionale.
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Smerlin. Tutti contrari, a Roma, alla bizzarra proposta del prefetto Serra di concentrare in un’unica zona tutti i giornali e le televisioni.
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Cronaca. Roma. Diciotto persone arrestate dai carabinieri a Porta Portese per associazione a delinquere finalizzata alla truffa: con vari raggiri adescavano passanti che poi spennavano al gioco delle tre carte. Fra le vittime un lombardo, un veneto e un siciliano. Nessun altro italiano.
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Cronaca. Napoli. Un giornalista del quotidiano “Napolipiu'”, Arnaldo Capezzuto, mentre fotografava l’arresto di un barbone è stato malmenato e bloccato da agenti di polizia. “Mi dia subito quella macchina fotografica!”. “Ma c’è il diritto di cronaca!”. “Lei è in stato di fermo. Ci segua in questura”.
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Alfonso Navarra wrote:
< Sto scrivendo, nel quadro del rapporto sulle “azioni radicali contro il carovita”, un vademecum del cittadino che “prende” (occupa) casa. Nello spirito del diritto sostanziale contro la legge degli azzeccagarbugli. Cerco collaboratori. Scrivetemi a alfonav@tin.it >
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orioan@libero.it wrote:
< Iniziative su Mafie e legalità nel Comune di Pieve Emanuele (MI) presso la sala consiliare in via Viquarterio 1, organizzate da Libera, dalla coop.sociale Ezio di Pieve Emanuele e dall’Associazione Lule con il patrocinio del Comune: giovedì 26 maggio, dibattito “Legalità, illegalità e cittadinanza” con Marco Travaglio (Giornalista), Gherardo Colombo (Magistrato) e Rosario Crocetta (Sindaco di Gela); Venerdì 1° luglio: Intitolazione di piazza Peppino Impastato >
Bookmark: www.pieveonline.it/speciali/aurora/default.asp
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M.L. wrote:
< “L’occasione di sconfiggere la mafia c’è stata, ma si è persa. Così, una strada che poteva essere breve, è tornata ad essere lunga ed in salita”. Il procuratore generale di Torino Giancarlo Caselli ha ricordato la battaglia combattuta alcuni anni fa dai Magistrati siciliani contro la criminalità organizzata. Un ricordo amaro, considerando che oggi Cosa Nostra appare più forte di prima. Tra i responsabili di questa sconfitta dello Stato l’ex procuratore generale di Palermo non ha dimenticato di inserire i media italiani. “La possibilità di battere la mafia si è perduta anche per il grave stravolgimento della verità che tutta una serie di media ha realizzato – ha osservato – e molti di quelli che non l’hanno fatto, hanno però taciuto o accettato in maniera rassegnata o passiva ciò che avrebbero dovuto contrastare”. Su tutti, il Giudice ha voluto fare un nome in particolare: “Ci sono stati numerosi e importanti risultati anche nei confronti dei cosiddetti imputati eccellenti, ma nessuno ne parla – ha chiarito – nel salotto di Bruno Vespa non si sentirà mai parlare, ad esempio, dei 650 ergastoli e meno ancora delle condanne di imputati eccellenti. Certo ci sono anche molte assoluzioni, ma sempre per insufficienza di prove e non per prescrizione del reato commesso” >
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gandini@wema.it wrote:
< Molta stampa di destra nel mondo si è scapicollata a rilevare come la scelta di Benedetto XVI sia stata accolta da critiche. Segno che a molta destra scoccia l’istanza di una moralità militante che Ratzinger ha posto e porrà. Ma noi che trent’anni fa avremmo urlato allo scandalo per gli eccessi (cfr Gay, condizione della donna, unicità del cattolicesimo) oggi dobbiamo essere ben contenti che ci sia un Papa che a livello mondiale ponga l’istanza morale soprattutto alla politica. Oggi che Bush vince con il sangue di Cristo (Mel Gibson) spappolato in faccia e questo malgrado ogni moralità, ben venga Ratzinger a contraddirlo. Ed è proprio questo che la destra mondiale teme: quando accusa Ratzinger di essere troppo conservatore è un po’ come quando accusava Chirac di essere la “old Europe”, la destra neocons teme la forza di chi ha la capacità di contraddirla di fronte ai propri elettori e a quel che ha eletto a proprio valore. E noi malgrado il sudamerica, malgrado ogni ispida testardaggine cattolica oggi non abbiamo scelta, meglio con la chiesa che con i neocons >
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chimera73 wrote:
< Dopo gli arresti di Messina. I siciliani dovrebbero auto-organizzarsi contro la mafia e contro le alte cariche Istituzionali?!? Da soli?!? Che Dio ce la mandi buona e ci dia la forza e il coraggio di resistere, resistere, resistere >
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A.P.G. wrote:
< Partito unico? Persino peggio del “comunismo”, dove c’è un unico partito ma perlomeno non un unico padrone dell’unico partito >
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Dinamite wrote:
< “Piazza Fontana, Pasolini. Titoli sui giornali, infiniti anni dopo. Ma voi, amici miei, non fatevi rubare anche voi la vostra generazione”. Ho 34 anni, O. Fatti un po’ di conti, e vedrai che anche la mia generazione se la sono fottuta da un pezzo. Stiamo scontando Ustica, Bologna, Capaci, via D’Amelio, e perdona se dimentico qualcosa, senza parlare di Genova, perchè tirerebbe in ballo Diaz e Bolzaneto. Non abbiamo neanche uno straccio di Pasolini da sventolare a mo’ di bella bandiera >
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Antimonium wrote:
< E’ il momento di lanciare un appello: Caro Andrea Ghira, torna nella tua amata Italia! Forse siamo stati un po’ ingrati con te in questi ultimi trent’anni, ma siamo cambiati. Adesso il Paese è pronto ad accoglierti con tutti gli onori. Troverai un’Italia più giusta dove l’arroganza e la violenza sono state finalmente riconosciute come qualità e si insegnano anche a scuola e in famiglia. Potrai tornare a fare le cose che hai sempre fatto. Potrai esprimere liberamente la tua virilità nei festini nella tua villa al mare. Potrai parcheggiare il tuo gippone sul marciapiede davanti al ristorante e poi sbeffeggiare il vigile urbano se mai tentasse di farti una multa. Potrai infierire sulla povera gente e inneggiare alla superiorità della razza, anche al bar. Non temere. Camminerai a testa alta e avrai il giusto riconoscimento da parte delle istituzioni. Troverai un Paese più pulito. Abbiamo eliminato comunisti e froci a partire da Pasolini in poi. Abbiamo fatto piazza pulita perfino di Piazza Fontana. C’è una nuova Italia che ti aspetta. Torna, torna fra noi >
Bookmark: antimonium.splinder.com
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Mimmo Lombezzi wrote:
< Farsi gettare a mare dal capitano di una nave che affonda: alcune espressioni di dissenso a orologeria ricordano degli striptease . Propongo che si assegni al collega Giorgino, per il suo coraggioso gesto, il premio “REPORTERS SANS GUEPIERES” >
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Beh: anche anche Giorgino, come tante altre colleghe, in fondo è una vittima della società. E difatti sono immediatamente intervenuti a esprimergli solidarietà Peppe Giulietti, Claudio Fava, la marchesa Buondelmonti-Mazzanti Viendalmare e altri importanti personaggi del mondo della politica e dell’informazione.
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gaetano <salvemini@lavoce.it> wrote (nel 1914):
< Lo storico, il quale in avvenire vorrà ricostruire questo torbido periodo della nostra vita nazionale, dovrà giudicare che la cultura italiana nel primo decennio del secolo doveva essere caduta assai in basso, se fu possibile ai grandi giornali quotidiani e a giornalisti, che pur andavano per la maggiore, far credere all’intero paese tutte le grossolane sciocchezze, con cui l’intervento in Libia è stata giustificato e provocato. Non esistevano, dunque, in Italia studiosi seri e coscienziosi? Che cosa facevano gli insegnanti universitari di geografia, di storia, di letterature classiche, di diritto internazionale, di cose orientali? Credettero anch’essi alle frottole dei giornali? E se non ci credettero, perché lasciarono che il paese fosse ingannato? Oppure considerarono la faccenda come del tutto indifferente per la loro olimpica serenità? La risposta a queste domande non potrà essere molto lusinghiera per la nostra generazione >
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Cindye Coates (una scrittrice integralista americana) wrote:
I am a Soldier
< I am a soldier, a prayer warrior, of the army of my God.
The Lord Jesus Christ is my Commanding Officer.
The Holy Bible is my code of conduct.
Faith, Prayer and the Word are my weapons of warfare.
I have been taught by the Holy Spirit, trained by experience,
tried by adversity, and tested by fire >
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L.B. (una blogger italiana) wrote:
< La mia gatta che guarda il mondo. E il mondo non somiglia a lei.
La mia gatta quando è allegra mi aspetta dietro la porta.
La mia gatta quando è allegra mi racconta tutta la sua giornata.
La mia gatta quando è incazzata non mi caca neanche.
La mia gatta quando è incazzata non vuole rotte le palle.
La mia gatta passa gran parte della sua vita a filosofeggiare sul divano.
La mia gatta considera il monitor del computer un utilissimo calorifero.
La mia gatta non è vegetariana.
La mia gatta non è pacifista.
La mia gatta non è guerrafondaia.
La mia gatta non chiede mai scusa.
La mia gatta non ha mai chiesto scusa.
La mia gatta perdona i suoi nemici ma non dimentica i loro nomi.
La mia gatta non è mia.
La mia gatta è l’unica persona che capisco >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)