20 giugno 2005 n. 289
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Amici miei. Questa settimana la Catena di San Libero esce tardi e incompleta a causa di problemi miei di salute che mi hanno impedito di lavorarci come di consueto. I pochissimi take presenti erano stati montati più di sei giorni fa, e così anche la scelta delle lettere, che come vedete affrontano argomenti “superati” dai quotidiani. I motivi che mi hanno indotto a mettere in circolazione la Catena così monca sono: il fatto che “il giornale deve uscire comunque”, e non si fa eccezione per nessuno; e il fatto che gli interventi dei lettori, da soli, mi seembrano sufficienti a dare un certo spessore di per sè. Sul referendum, ad esempio, c’è un – raro – dibattito civile che nel suo piccolo è esemplare
Queste testimonianze dei lettori, fra qualche anno, potranno essere lette come un saggio di esprit des temps in un settore non trascurabile della società civile italiana (sempre che per allora ci sia ancora qualcosa d’associato, qualcosa di civile e qualcosa d’italiano). All’inizio pensavo che la Catena fosse del giornalismo. Poi ho cominciata a viverla come una specie di Memoires plebee; adesso mi rendo conto che in realtà sono un contenitore di testimonianze talmente “casuali” e eterogenee da essere coese. E basta così per il momento; ma ripiglieremo il discorso.
Nello scartafaccio di questa settimana, al solito, avevamo segnato numerosi argomenti, di cui di solito i più “alti” o finiscono nel cestino o, se arrivano fino alla Catena, vi fanno magra figura. I due che sarebbero sopravvissuti, e che non abbiamo potuto trattare per semplice stanchezza, sono le indagini su De Mauro (mafia e politica; politica come fascismo soffice, non come semplici ruberie; mafia, boss e torture per difendere dal popolo questa sofficità) e il riaffacciarsi dei movimenti giovanili antimafia in provincia di Palermo. A questi ultimi, invece delle lunghe e tornite analisi che normalmente si sarebbero beccati, dedicheremo per una volta un semplice abbraccio affettuoso e orgoglioso. (r.o.)
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(appunto) Armi. Italia settima in spesa armamenti (+ di Russia). 27,8 miliardi dollari. Fonte: Sipri Stoccolma. Dappertutto più che nel 2003 , paesi industrializz. 6 per cento in più, oltre 1000 miliardi dollari (Usa 455). Pertini (“i granai e gli arsenali”), Dino Frisullo. Le nostre malefatte (denunc. da Amnesty) verso i rifugiati politici, che ributtiamo a mare. “Lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà democr. ha diritto d’asilo nella Repubbl.”. Vendola appello agli altri presidenti reg. per smantellare i centri. Mencherini ancora sciopero della fame per censura documentario su immigrati.
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(appunto) Qualcosa per aderire allo sciopero dei giornalisti (finalmente, meglio tardi che mai, ve l’avevo detto, ecc.)
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(dibattito: “aggregare”, “integrare” ecc. gli immigrati?) Un paese dove c’è un Bossi non è in grado di aggregare nessuno. Trenta o duemila anni fa il problema non si sarebbe posto, perchè eravamo un popolo colto e civile e avevamo qualcosa da insegnare (egemonia). Un siciliano del ’60, a Torino, era molto più “estraneo” di un marocchino di ora. Eppure.
In alcune città, adesso, il livello di medio scolarizzazione è inferiore a quello degli immigrati. In alcune altre, lo sono i valori etici condivisi. Erika, Scampia, Sgarbi, Melissa, Agrigento, Treviso, Dell’Utri e Calderoli. Cosa c’è da insegnare?
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(appunto) I motori di ricerca “occidentali” in Cina: hanno levato “libertà” e – verificare – anche “comunismo”. Napoleon, Gontrano, la Fattoria… Un paio d’anni fa, alla festa di San Mao un gruppo di poveracci mise uno striscione tipo “w gli operai” sotto il monumento, se li portò la polizia. Ma della parola “comunismo” vietata in Cina è uscito niente qui in Italia?
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Costituzione. Il professor Silvestri nel ’92 l’ha difesa troppo, firmando un appello di giuristi contro le mattane dell’allora presidente della Repubblica Cossiga, ancor oggi oscuramente influentissimo. Ed ecco perché non può difenderla oggi, dall’interno della Corte. Niente fa paura in Italia come costituzionalisti e Costituzione.
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Americhe. Repubblica allega Doonesnury di Trodeau. Potevano anche mettercelo, nella pubblicità, che il curatore italiano, fin da quando cominciò ad arrivare su Linus, era Enzo Baldoni. Gran dibattiti sull’America e l’antiamericanismo, poi uno che che ha portato fin qui un pezzo d’America bella (civile, ironica, razionale) viene cancellato così, senza farci caso. E’ vero che è anche morto “per colpa dell’America” (ma l’altra, quella gretta e paesana). Baldoni, la Pivano, Belushi, “it’s the press baby”, il collega dello Wyoming.
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Sicilia. Catania. Dalla terrificante debacle della sinistra, non s’è ancora cominciato a discutere sul che cos’è successo e sul che fare. Mentre a destra Arlecchino e Brighella “amministrano” fra lazzi e bastonate reciproche il comune, a sinistra i “rivoluzionari” si sono tranquillamente rimessi a fare i pacifisti e i noglobal (dopo aver sostenuto senza un pensiero al mondo il manganellatore Bianco) e i “riformisti” a tessere improbabili strategie per spostarsi ancor più a destra. Nessuno s’è dimesso dalle rispettive segreterie. E già si discute – in quattro gatti sussiegosi – se presentare un ex forzista (come previsto prima del diluvio) o qualche vecchio diccì. I ds intendono assolutamente, infatti, scendere sotto il cinque per cento non solo a Catania ma anche a livello regionale. Nella tragedia, non mancano gli elementi di farsa: Crisafulli (il diessino che telefonava ai mafiosi) querela “Antimafia” per aver scritto che Pio La Torre si sarebbe vergognato di lui. Al “Dito” (il sito di propaganda di Bianco, celebre per aver licenziato in tronco un redattore che s’era permesso di criticare un assessore) annunciano una sottoscrizione per fare un giornale sul modello dell’unico giornale mai esistito in città, i Siciliani. Che però era pacifista, era antimafioso, e non imbavagliava i redattori.
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Spot. Adesso finalmente si può comprare Carta (sempre settimanale, ma ora costa poco). Un casino di novità.
Bookmark: www.carta.org
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Persone. Il professor Giuseppe D’Urso è stato il primo in Italia a studiare i legami fra mafie e massonerie (“massomafia”). Fu anche il costante promotore, come presidente dell’Associazione I Siciliani (uno dei primi e più combattivi soggetti della “società civile” italiana) della più stretta unità fra tutti coloro che si oppongono ai poteri mafiosi. A nove anni dalla sua scomparsa, questa unità è lungi dall’essere realizzata. Questo è il motivo per cui il potere in Sicilia è ancora sostanzialmente nelle stesse mani.
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Tito Gandini wrote:
< Fino a subito prima della guerra in Iraq De Villepin era il ministro degli esteri più odiato dagli americani. Quando Bush vinse le elezioni, fu sacrificato in nome dell’antica amicizia e della nuova distensione. Oggi che Chirac è in difficoltà nomina De Villepin primo ministro. Così manda un messaggio agli Usa e a Blair: “Avrò anche perso un referendum, ma non mi sento per nulla debole.” Subito Blair si scapicolla in America a parlare con Bush e di cosa parlano? Del debito africano. Ci sono certo altri argomenti di cui parlare, Gaza, Irak, Iran, Cina, Russia e invece parliamo di Africa. Il pubblico cade dalle nuvole: ma va bene, il debito africano è un argomento dimenticato e importante. Eppure a ben riflettere l’Africa è l’unico continente dove la presenza francese è ancora dichiaratamente superiore rispetto a tutti gli altri Paesi occidentali (l’Algeria è il primo mercato per i produttori francesi di automobili). Ecco, la risposta Usa e inglese a Chirac è: “stai attento, potremmo anche venirci a fare i fatti tuoi.
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Cristina Caprioli wrote:
< Il 23 giugno 1980 appresi dai telegiornali, con grande sgomento, la notizia dell’efferata uccisione del Giudice Mario Amato da parte, si seppe poi, di terroristi appartenenti ai nuclei armati rivoluzionari; venne lasciato, proprio in quei giorni, senza scorta alcuna, nonostante il periodo fosse funestato da vari omicidi e stragi a matrice varia. Mi rimasero impressi la sua tenacia, il suo comportamento coerente; nel mio cuore rimase la figura di questa persona ricca di dignità, onestà e di un profondo senso dello Stato ancor più poi, quando il 2 agosto 1980 nella Strage di Bologna persi il mio unico fratello di venti anni… in quella inutile e sanguinosa strage che il Giudice stava impedendo con le sue indagini.
Dopo 25 anni desidero ricordare quest’Uomo che perse la vita per amore del suo paese e della sua gente; perché la morte di tutte queste vittime innocenti possa far riflettere chi dovrebbe tutelarne, invece, l’incolumità. Che il “Per non dimenticare” ridoni dignità, rispetto e voce a tutti i nostri morti privati della libertà di vivere >
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Pasquale Iacopino wrote:
< “La forza della ragione crea sintonie nuove” ha detto, giustamente, il Presidente Casini. Ma una volta, quando le preferenze si davano con i numeretti, al mio paese, in Calabria (la Regione con più astensioni), quelli che contavano indicavano il simbolo per cui votare e controllavano la fedeltà del voto assegnando tre numeri da trascrivere accanto al simbolo: poi, durante lo spoglio, qualcuno verificava. Con questo referendum l’ordine dei capoccioni era di sicura attuazione sia perché si trattava di non votare (rito già scarsamente apprezzato) e sia perché l’esecuzione era più facilmente controllabile. Ecco come, in Calabria, la “Ragione” ha creato le sintonie, così apprezzate dal Presidente Casini.
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Michele wrote:
<Albanesi. In questi giorni tutti i giornali parlano di quanto successo in provincia di Varese dove un ragazzo di 23 anni è stato ucciso mentre tentava di sedare una rissa. Ma un’altra notizia in quello stesso giorno ha coinvolto un altro albanese, di 24 anni. A Pietraperzia, piccolo comune dell’ennese, il ragazzo albanese è stato ucciso dal padre della fidanzata. L’uomo appena rientrato da un periodo di lavoro in Germania, ha scoperto che la figlia aveva un ragazzo albanese ed ha reagito eliminando alla radice il problema. Il giovane ucciso viveva in Sicilia da quando aveva 14 anni >
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Mimmo Lombezzi wrote:
<Lettera aperta al Direttore Generale della Rai Flavio Cattaneo
Gentilissimo dott.Flavio Cattaneo,
voglioso di far carriera, Le inoltro codesta proposta che, sono certo, susciterà il Suo entusiasmo. Inserendosi nel proficuo filone delle “Trasmissioni Riparatrici” essa si propone di rialzare il sipario su evento increscioso: “La Breccia di Porta Pia”. Ella concorderà con me che questo episodio vada oggi “riletto”alla luce del nuovo clima post-referendario e visto per quello che è stato: l’ultima delle Invasioni Barbariche!
La chiave per spiegarlo al popolo-pubblico sarà una fiction miliardaria (naturalmente in appalto) in cui si narra il dramma di un singolo soldato pontificio, il tamburino catanese Gianfranco Astinenza.
Vedremo Astinenza dare l’ultimo bacio alla fidanzata Carmela dicendole “Sì bedda!” e partire per difendere gli spalti della Città del Vaticano. Qui la situazione precipita: Astinenza non è un eroe, ma un gruppo di guardie svizzere (tutte comparse padane) lo circonda e comincia ad allungare le mani. Sullo sfondo si sente la fucileria Sabauda (guidata da un sosia di Marco Pannella) che sta già demolendo Porta Pia….
A quel punto Gianfranco Astinenza reagisce e per difendere il suo onore si arrampica su un bastione da dove sventola la bandiera pontificia urlando “Indietro relativisti di m…..!”.
Lì si consuma il dramma: un cecchino Sabaudo lo vede e lo colpisce in pieno petto. Astinenza precipita a terra come un embrione sovranumerario mentre l’orda Sabauda irrompe con le bandiere del laicismo tra le sacre mura. Carmela viene violentata dal un sergente magro come Piero Fassino e mentre il sole tramonta sulle rovine fumanti della porta il traditore che l’ha spalancata si allontana nell’ombra. Sotto un cotta lo spettatore potrà riconoscere il lungo naso bifido di Gianfranco Fini … (Musica e titoli di coda) >
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dinamitebla@inwind.it wrote:
< Chiedo, se non è troppo, coerenza: tutti coloro che al referendum si sono astenuti si astengano, per carità, anche dall’essere cittadini italiani, e chiedano cittadinanza vaticana >
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Cecile wrote:
< Caro R., l’ultima volta che ci siamo sentiti tu stavi sulla terra siciliana e io sulla navetta, andando per il bel mare alla bellissima e fioritissima Salina. Si, io sento sempre una nostalgia enorme pensando alle terre – e i mari! – del sud d’Italia. Dall’altra parte ho anche il mio cervello, e sento voci che come in vecchi tempi, parlano del lasciare l’Italia, di andarsene, da un paese che sempre piu sente la sua stessa pesantezza. Voglio dirti che anche se mi occupo di un paese altrettanto difficile, cioè l’Iraq via il progetto www.streamtime.org, ancora seguo il tuo “Tanto per abbaiare” con piacere e spero di poter ritornare per parlare delle situazioni che tu descrivi e di godermi la maledettamente bella Sicilia. A presto >
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Tito Gandini wrote:
< Su internet eravamo tutti convinti che il quorum si sarebbe raggiunto, anche la destra si diceva disposta a votare, evidentemente esiste una frattura tra internet e la realtà: Col ciclostile se non altro il vecchietto al supermercato si raggiungeva. La chiesa raggiunge tutti, segno che le sue sezioni funzionano a pieno ritmo, costerà fatica far politica locale ma poi c’è un buon tornaconto. La sinistra e l’associazionismo politico dovrebbero fare un bell’inventario catastale, mettere in comune quel che resta delle vecchie sezioni e riaprire dove possibile. I quorum sono animali strani, stanno per strada ed è lì che bisogna andarli a prendere, non altrove. Da internet alla piazza il ganglio è la sezione e i politici che stanno sul territorio, almeno questo reimpariamolo dalla chiesa>
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u.p. wrote:
< Mi spieghi – che non l’ho capito – perché hai dato quella notizia sui cannoni a onde sonore e poi l’hai associata alla notizia successiva che iniziava con Dachau per poi parlare d’altro? Ti prego spiegamelo perché non l’ho proprio capito. ciao>
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I cannoni a onde sonore (il “1984” di Orwell) li usa la polizia israeliana come avanguardia di ogni altra tecnologica polizia occidentale. Non è una specificità di Israele. E’ vero che in Cina usano direttamente i mitra, ma Israele è occidentale e ci fa scuola e la Cina – speriamo – no. Dachau non c’entra, è un’altra cosa. Solo, ricordiamoci sempre che all’inizio era “solo” una specie di Guantanamo. Tutti gli orrori cominciano sempre col banale.
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Daniela Binello wrote:
< Cara europarlamentare Morgantini, mi permetta di esprimere perplessità sul suo modo d’intervenire con i leader palestinesi con cui ha frequentazioni dirette da mille anni a questa parte. Perché scrivere per protestare dopo chex le esecuzioni capitali sono state fatte? E’ quanto meno intempestivo, visto il suo mestiere. Perché non ha insistito prima, visti i precedenti con Arafat e Nabil Shaat, la moratoria, etc etc; prima cioé che questo atto fosse ripristinato da Abu Mazen? Perché non chiarire meglio nella sua lettera al presidente palestinese Mohammed Abbas, a beneficio delle persone che non conoscono profondamente la situazione, ciò che accade in Palestina? Il sistema delle vendette non è affatto un “si dice”, e inoltre bisogna distinguere fra reati di violenza sulle donne – intendo stupri vendicativi – da problemi intestini politici alla luce di violenze, come esecuzioni su commissione, faide fra clan rivali, problemi di dilangante corruzione e pesante controllo sociale sulla popolazione bisognosa di aiuti, cui si aggiunge in alcuni ambiti perfino un pressing ideologico sui minori, etc. etc.: non sto mettendo questo in relazione alle esecuzioni del 12 giugno, sia chiaro, ma entro un quadro più generale della “lista dei problemi” da affrontare obiettivamente e a viso aperto con i leader palestinesi.
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Francesco Basilicò wrote:
Appare evidente che la competizione con i prodotti cinesi è impossibile. Anche riducendo la “forbice” tra i prezzi alla produzione e i prezzi al dettaglio, la differenza nel il costo del lavoro rende impari il confronto. Tanto impari che in Europa accade qualcosa d’inimmaginabile fino agli anni ’80: la disponibilità operaia ad aumentare le ore lavorate a parità di salario o una riduzione del salario tout court per difendere il posto di lavoro.
Si dice che in cambio dell’importazione di prodotti tecnologicamente “poveri”, abbiamo l’opportunità di esportare beni sofisticati, tecnologia d’avanguardia. Ammesso che questo sia vero, è così irrilevante decretare la fine dei settori più deboli della nostra economia? Riusciamo a scorgere contadini, artigiani, lavorazioni, mestieri in quelle entità quantificate che chiamiamo economia? L’economia può alimentare la serenità di un paese, ma anche un malessere vago che nel passato, qui, in Europa, ha sconvolto società e stati.
Abbiamo già visto morire l’agricoltura, specie quella meridionale, con l’abbandono del territorio, con una diffusione di ricchezza senza sviluppo nel sud e uno sviluppo senza qualità nel nord. Anche allora non mancavano ingenui progressisti, astuti imbonitori, dotti accademici a commentare quel che accadeva. Fino ad arrivare, oggi, a parlare di declino.
Ma chi ha governato queste trasformazioni? Se l’Unione Europea nasce per dare stabilità politica e integrazione economica (difficile dire cosa prevalga e cosa sia strumento o fine), non solo fra gli stati, ma anche negli stati, perché un’area così vasta non potrebbe essere relativamente autonoma sia dall’area nord-americana che da quella dei paesi emergenti?
Credo che occorra correggere gli squilibri dell’economia mondiale e correggere vuol dire rendere possibile e promuovere con saggezza uno sviluppo locale. Non credo però che il liberalismo estremo possa assolvere questo compito. Mi domando invece perché non individuare nella distribuzione del commercio internazionale, alcune macroaree omogenee (comunità europea, Asia orientale, Africa centro-meridionale, ecc.) con circolazionie fluide di merce, tecnologie e materie prime all’interno, e tra le varie aree forme d’integrazione progressiva fino a quando le condizioni della popolazione mondiale saranno, se non simili, almeno comparabili. Questa forma di protezionismo (dinamico) darebbe una crescita forse più lenta, ma più ordinata e consentirebbe ai paesi in via di sviluppo di non subire a tempo indeterminato il gap tecnologico >
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piero523@interfree.it wrote:
< “Ma chissa’ che succederebbe se, invece di aspettare per altri vent’anni la buona volonta’ degli imprenditori, si cominciasse a incriminare quelli di loro che vengono via via trovati nei (numerosi) elenchi sequestrati ai mafiosi… “.
Questo hai scritto in febbraio. Perdona il ritardo, sto guardando ora delle mail arretrate. Mi spieghi come si fa a non “correre rischio alcuno”? Il numero è anonimo, ma se l’impresa che denuncia fosse una sola, come si fa in un processo a tenerla fuori? E, anche dopo una eventuale condanna, che succede? Sparisce la mafia e l’impresa non avrá nessun problema, nessuna intimidazione? Ciao, e non smettere di scrivere >
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sigia1328@tiscali.it wrote:
< Riappropriamoci del diritto di scegliere senza il peso opprimente di uno stato estero che vuole comandare in casa nostra. La dovremmo chiedere noi “la rivincita di Porta Pia” rimettendo in discussione gli accordi concordatari >
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alessandra wrote:
< Caro R. sono una donna astensionista consapevole che con le sue ragioni femministe, libertarie e di sinistra ha deciso di boicottare il referendum e l’orrenda campagna che l’ha sostenuto. Scrivere come tu hai scritto che le donne sono tornate minorenni e che hanno delegato ad altri la gestione del proprio corpo non andando a votare, significa pensare che i sostenitori del SI avevano dalla loro parte la verità assoluta su ciò che possiamo considerare libertà delle donne e difesa della salute femminile. Ma così non è, come dimostra una lunga riflessione critica da sempre portata avanti dal femminismo sul rapporto tra corpo e biotecnologie e che in questo dibattito è stata occultata o comunque considerata coerente, chissà perché, solo con il referendum e con il SI. I promotori del voto hanno affermato che italiani e italiane erano in grado di farsi un’idea propria e di votare con consapevolezza, ma ora con spregio e snobismo dicono che siamo un popolo di ignavi, incapaci di comprendere la portata della battaglia, proni a Ruini, incivili e sottosviluppati. In buona sostanza, la loro totale mancanza di autocritica vuol farmi intendere che sono libera e civile solo se la penso come loro. Vuol dire che sono donna pensante solo se penso come Ferilli e Lella Costa. Mi permetto di credere che non è così. Con l’affetto di sempre. A. >
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Enrico wrote:
< In occasione dei referendum mi è parso che ancora una volta l’Italia si sia divisa in due parti che si odiano, si detestano e non hanno nessun interesse a comunicarsi. Mi chiedo, forse troppo stupidamente: è necessario dare del nazista all’avversario per promuovere le proprie idee? E’ necessario che in una materia così delicata ci siano posizioni “di partito” (es. i Ds votano quattro sì, Forza Italia si astiene), lasciando stare il ruolo della Chiesa che fa quello che ha sempre fatto? Lo so, le domande sono sempliciotte, ma mi interessa leggere un tuo punto di vista su questa questione che per me ha presentato fin dall’inizio troppi punti oscuri >
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F.M. wrote:
< Carissimo R., avendo letto quello che hai scritto sull’esito del referendum, mi permetto di proporti una ricostruzione “alternativa”, che ho scritto per una mailing list di miei colleghi. E’ un polpettone scassapalle e, quindi, non devi minimamente sentirti obbligato a leggerla. Fallo solo se hai una decina di minuti proprio da buttare via. Un caro saluto >
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< Caro F., non riporto il “polpettone” perché è davvero molto lungo, lo invieremo a chi lo chiederà ma già ora possiamo affrontarne – intuitivamente – le linee generali. Condivisibili – almeno da parte mia – sono gran parte delle considerazioni di stile relative ai toni della campagna. Non era la fine del mondo, e se ne sarebbe potuto discutere in termini un po’ meno ultimativi.
Da parte “cattolica”, sarebbe stato meglio evitare accuse eccessive: non c’erano nazisti in campo, o nemici della vita, ma solo persone che cercavano di affrontare un problema medico immediato. Da parte “laica”, sarebbe stato bene interrogarsi un po’ di più sulle prospettive che si aprono alla scienza sulla via – su cui essa è ormai incamminata – della creazione della vita; trattandosi ormai non più della scienza umanistica, ippocratica e galileiana che noi laici abbiamo difeso con orgoglio per secoli contro le ingerenze religiose, ma di un’industria capitalistica come tutte le altre, soggetta alle stessi leggi di tutto il restante mercato. Quest’ultimo finora s’è limitato a gestire – e a dare un prezzo – alle merci, ivi comprese le singole vite umane; ma fra pochissimo avrà la capacità tecnica di farlo nei confronti della vita in quanto tale. E’ una prospettiva terribile, tale da far impallidire le rudimentali “razze ariane” del Novecento. L’herrenvolk ora può essere creato davvero, a partire da specifiche classi sociali.
Nessuna delle due parti ha colto fino in fondo la novità e drammaticità della situazione, riassorbita dai “cattolici” nella vecchia politica paternalistica e patriarcale, cavalcata dai “laici” in una speculare difesa dei diritti immediati. Uso ancora una volta le virgolette perchè i “cattolici” in realtà hanno volato molto basso, con Ruini che faceva il politico e Ferrara che anatemizzava; mentre i “laici”, superficialmente, hanno voluto illudere se stessi che si trattasse ancora dei vecchi referendum (divorzio, aborto) di prima di Dolly.
Personalmente ho votato per il sì, scegliendo fra le due insufficienze il meno peggio. Ma il sì era solo una difesa immediata, e non una soluzione.
Non spendo parole per condividere il tuo approccio civile al dibattito “politico”, che in effetti è stato abbatsanza rozzo e semplificato. Diciamo, ottimisticamente, che siamo abituati a discutere in termini di viva e abbasso ma che in raltà, sotto i toni aspri, non c’è violenza vera ma solo attitudine al fracasso. Così è fatta l’Italia, e in fondo poteva essere fatta molto peggio.
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Dove non sono assolutamente d’accordo, e temo invece la pericolosa lucidità delle tue conclusioni, è sul rapporto fra voto e democrazia. Che è esattamente come dici tu: il consenso di massa, in una società moderna, pesa più del voto. Radici antiche: non è vero che l’Europa moderna sia per sua natura liberale; essa ha radici tanto “inglesi” quanto “tedesche”, Bismark come Montesquieu; il Terzo Reich non è stato affatto un mostro privo di radici ma una delle possibili evoluzioni “razionali” del bismarkismo e dunque dell’Europa. Non si basava sul voto, ma sul consenso armato. E il fascismo, da noi, non nasce dalla goliardia del me-ne-frego ma (per esempio) dal “torniamo allo Statuto” di Sonnino. Per decenni abbiamo rimosso questa “normalità” del nazismo: ma adesso, io credo, essa torna tragicamente possibile e attuale.
Per questo io dò importanza ai “riti”, dò un senso di religione civile al voto. Lo so anch’io che le cose si possono decidere altrimenti. Ma ormai la democrazia non è più un automatismo neutrale. Essere democratico oggi è quasi come esserlo nella Grecia antica o nell’Ottocento; una scelta di campo, un “partito” contrapposto ad altri egualmente possibili e “efficienti”. Ho orrore di Casini e Pera non per le scelte politiche contingenti che hanno fatto ma per il loro essere venuti meno a un preciso dovere democratico – in in quel senso “duro” – e repubblicano. Ho cercato di scriverlo; e aggiungo adesso che il rischio che essi fanno correre alla nazione è nè più nè meno che la guerra civile. Non è il meccanismo del voto, infatti, che disarma la violenza degli interessi e la sublima in politica civile; è la condivisione implicita di valori che il voto in sè simboleggia, e che separa l’intra pomerium dal mondo della forza pura.
Lavoro, nel mio piccolissimo, per un ritorno alla democrazia. Non ho fiducia nei senatori, ma odio l’impero. La mia polis, qui ed ora, è la piccola assemblea dei ragazzi, coi loro eroi e i loro vecchi – questi che fanno da ponte con le lotte passate, quelli che le riassumono tutte nei loro aspetti profondi. Poi, ad alzata di mano, si vota per fare o no il corteo – ad esempio – contro la mafia del paesino. I giornali non ne parleranno, ma là, solo là e solo coi loro passi, camminerà la democrazia. Cioè Forza-del-Popolo, non audience, non ggente. >
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Archilokos<arx@eleutheros. el> wrote:
<Non mi va un capitano a petto in fuori,
pettinato benino, barba fatta:
datemene uno piccolo, magari storto di gambe,
ma coi piedi per terra, e che abbia i coglioni>
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)