Francia-Italia. Non tutto è perduto: possiamo ancora fare annullare la partita in Cassazione dal (ritornato) giudice Carnevale.
Trash. Orrore alla Rai. Per controbattere il Grande Fratello di Mediaset, a via Teulada stanno preparando un programma – sarà sui teleschermi a settembre – che supera veramente ogni limite umano. Il format è questo: hanno preso un certo numero di italiani (una sessantina di milioni) e li hanno rinchiusi (con ogni comfort, beninteso: e liberi di andarsene in qualsiasi momento, se ce la fanno) in un posto chiamato Italia. E lì telecamere ventiquattrore su ventiquattro; non solo, ma anche giornali, radio, interviste volanti, internet, tutto – sotto osservazione globale e continua, insomma, e sempre in tempo reale. I telespettatori potranno così (una ventina, protetti da apposite invalicabili barriere) seguire momento per momento la vita *reale* dei poveri soggetti del programma: come parlano, come vivono, come si fanno le corna, come fanno carriera, come dicono “signora mia”, come invano cercano di scoparsi le donne a vicenda, come s’insultano per la strada, come votano Berlusconi. Nulla verrà risparmiato, insomma: tele-verità, finalmente, in tutta la sua crudezza e il suo orrore. Altro che le trovatine fighette di Mediaset e Telecinco.
Fra i telespettatori che sopravviveranno all’intero ciclo (originariamente erano previste venti puntate: ma forse si andrà avanti fino ad esaurimento) verrà sorteggiato (se i sopravvissuti saranno più di uno) il premio finale, consistente in un viaggio – senza ritorno – nella Nuova Zelanda o in Danimarca.
Milano. La polizia ha denunciato per pedofilia una ventina di onesti padri di famiglia sorpresi in macchina con giovanissime indotte – o costrette – alla prostituzione. Chissà se prima o poi, in qualcuno di questi casi, qualche magistrato comincerà a contestare anche il concorso in lesioni personali, riduzione in schiavitù, ecc. In Veneto, poche settimane fa, una ragazza inglese è stata sequestrata, seviziata e costetta ad accompagnarsi con alcune decine di pacifici bempensanti locali: nessuno dei quali, tuttavia, è stato arrestato per concorso in violenza.
Gli anni del sesso libero e gioioso – gli anni del Sessantotto, dell'”love-not-war”, dell’autostop, della contestazione, del divorzio – sono ormai molto lontani in Italia. Viviamo in un paese grigio e greve, fra Viagra e nostalgia dei casini. (Quando i socialisti li abolirono, dopo la guerra, il solito avvocaticchio napoletano oppose una lunghissima arringa, in Parlamento; e concluse con la drammatica apostrofe: “Come faranno i nostri giovani senza i casini, come?”. “Imparino ad andare con le donne, una buona volta” fece la senatrice Merlin, guardandolo freddamente).
Società. C’erano Pippo Baudo, il sultano dell’Oman Qabous Bin Said, sua altezza l’emiroBin Mubarak Al Nahayan, il cardinale presidente del comitato centrale del giubileo Sua Eminenza Roger Etchegaray, il ministro degli Esteri Lamberto Dini e consorte, il governatore dell’Urbe Rutelli, il senatore della Repubblica Giulio Andreotti e l’onorevole Ombretta Fumagalli Carulli, al ballo delle debuttanti all’Excelsior mercoledì.
Genoma. Non ci riesco. Del tutto ingiustamente, l’unica cosa che mi viene in mente è il dottor Moreau – quello dell’isola – o quell’altro dottore, Mengele. Il che è ragionevolmente sbagliato: ma io vengo da un paese vecchio, e da una vecchia generazione. Ne parleremo più avanti, se mi date una mano. Per ora, la cosa che mi colpisce – razionalmente – è la storia del copyright sui geni umani.
Roma. Tre sedicenni che se vanno insieme annoiati, nel caldo del pomeriggio dopo la scuola. Nei giardinetti della casa popolare c’è il gatto della vicina, un essere grigio sporco che per la ragazzina della vicina si chiama Lillo. Afferrare il gatto, scambiare alcune parole, stabilire chi sta in porta e chi tira, e cominciare a scambiarsi il gatto a pedate, come un pallone: tiri di punta, tiri di tacco e tiri al volo. Dopo un po’ di partita, il gatto – oramai tutto rosso e agonizzante – è ancora vivo. Finiscono di ammazzarlo passandogli sopra in bici. Si son fatte le quattro, e almeno un’ora in questo modo s’è ammazzata.
Uno dei tre ragazzi: “Non eravamo usciti per ammazzare il gatto, semplicemente non sapevamo che fare”. La “madre di uno della banda”: “Non è possibile che mio figlio abbia fatto una cosa del genere. È stato un incidente”. Una testimone: “Avevamo sentito che chiamavano micio micio dalla strada”. Un testimone: “Una volta a un gatto, qui, gli hannofatto lun’iniezione di alcool per vedere l’effetto”. Altro testimone: “Cose che dicono le guardie. Non ci credo. Gli sarà finito er gatto sotto la bici”. La vicina: “Debbono pagare. Mia figlia sta piangendo ancora”. Lo psicologo: “Disagio giovanile, colpa dei pokemon”. Il tribunale dei minori: “Bisogna vedere se ci sarà denuncia del proprietario del gatto”. Un abitante del quartiere: ” Non capisco tanto clamore. Eppoi è solo un gatto”. Il presidente della squadretta di quartiere: “Accogliere questi ragazzi nei corsi giovanili affinchè possano sanare il loro disagio in un ambiente sportivo sano e controllato”. Una professoressa: “Assegnarli un debito formativo a scuola”. La Lega antivivisezione: “Un periodo gdi assistenza presso una colonia felina o un canile municipale”.
Io, semplicemente, ho paura. M’immagino i tre ragazzini: forse rapati o con la croce celtica o il forzalazio, o forse aggraziati e carini, magari (spero di no) con la kefia: non cambia niente. Spaventati sicuramente, quando il vigile li ha cercati a casa: e assolutamente inconsapevoli – come sempre i ragazzini sono stati – del fatto che prima c’era una cosa *viva* e dopo quella cosa non c’è stata più. Ho paura dei loro sedici anni, perchè per i sedici anni di ora non ci sono padri, nè maestri: un gatto, oppure un negro, o un ebreo – sarà evidentissimamente del tutto casuale ciò che gli faranno ammazzare, i loro caporali, nella loro gioventù. E ho paura di me: ho appena finito di fare liberalmente ed elegantemente satira contro le bacchettate ai ragazzi dei progressisti inglesi, e la prima parola che m’è venuta d’istinto per questi del gatto è stata, dalle viscere: “nerbate”; sapendo che è la parola più giusta, perchè altro da dargli non abbiamo.
Un vecchio giornalista: “Ma che cosa sta crescendo in questo paese?”.
Gay Pride. Beh, alla fine, nonostante preti e Rutelli, sfileranno. Dice che i nazisti staranno lì a aspettarli al Colosseo: ma l’ultima volta che i nazisti romani hanno cercato di imitare nonno Adolf, hanno preso una fraccata di legnate dai giovani ebrei, dentro la loro stessa sede.
Bastiancontrario: sfila una libertà, l’otto luglio, compagni. Giusto. Però sfila pure un target. dal nove in poi, vedremo a quale dei due hanno “concesso” di vivere fra la gente.
Roma. Altre due donne aggredite, nell’indifferenza generale, in pieno centro. Due italiani hanno cercato di violentare, l’altra notte a largo Argentina, due turiste che rientravano in albergo. Anche stavolta, nessuno degli italiani presenti è intervenuto o ha chiamato la polizia: le ragazze sono state salvate solo dall’intervento di una pattuglia di carabinieri che passava per caso. I due aggressori – nessuno dei quali si trova attualmente in galera – appartenevano a formazioni di naziskin di estrema destra, particolarmente particolarmente impegnate in queste settimane nella difesa dei valori della famiglia e della religione.
Nessun particolare allarme contro questo ennesimo frutto del clima di insicurezza e di degrado che si va sempre più diffondendo, sulla pelle delle donne, a Roma. Che è una città, d’altra parte, in cui la tradizione di uccidere i gay (almeno uno all’anno, nel corso degli ultimi vent’anni) non ha mai destato allarmi paragonabili a quelli destati da una semplice – in tutto il resto del mondo – manifestazione.
Annunci. In un bar di Tirana: “Sei in grado di stare sotto una telecamera per ventiquattr’ore di fila? Stai bene in costume? Vuoi guadagnare più di una velina? Sei pronta a mettere in piazza il tuo privato? Vuoi andartene a vivere per conto tuo, qualunque cosa ne dicano mamma e papà?”.
Esame di maturità. A quei tempi durava solo solo pochi minuti. Si faceva in piazza davanti a tutti gli altri paesani: “Non vi farò mai vergognare – dovevi dire – per colpa mia, e se ci saranno casini non me la svignerò lasciando gli altri nei guai. Mi darò da fare per il nostro paesello e per casa mia, insieme con tutti gli altri e se ce ne sarà bisogno anche da solo. Ubbidirò ai nostri rappresentanti e alle leggi, quelle che già ci sono e quelle che eventualmente faremo insieme. Se qualcuno cercherà di fottersene, delle leggi, dovrà fare i conti con me: insieme con tutti gli altri, ma casomai pure da solo. E non prenderò troppo in giro tutte le cazzate che dice mio padre”. Dopodichè ti davano una manata sulla spalla e da quel momento eri un uomo.
Rai. Bandiere a mezz’asta per Paolo Frajese, ottimo giornalista vecchia maniera che però non è mai riuscito (essendo politicamente imbranato) a diventare direttore ed è morto praticamente “in esilio” mentre faceva il corrispondente Rai da Parigi.
Chi sostituirà Frajese a Parigi? Fulmineamente, Piero Badaloni: pure lui – di mestiere – giornalista Rai ma molto più conosciuto come politico.
Mario Ciancio, presidente degli editori italiani e proprietario di quasi tutti i quotidiani a sud di Napoli, è diventato proprietario (col palermitano Daniele Mirri) anche della principale società per la pubblicità negli aeroporti, la Nada, che ha fra l’altro l’esclusiva negli scali di Torino, Bologna, Venezia, Napoli e Catania. Del giornale capofila di Ciancio, “La Sicilia”, a Catania si ricorda che rifiutò di pubblicare il necrologio del commissario Montana proposto dalla famiglia nell’anniversario della morte.
Enna. La polizia sta indagando su un’estorsione *ai danni* degli eredi del cavaliere del lavoro catanese Gaetano Graci.
Rinnovamento. Interni. Il prefetto di Brescia, Arena, è stato trasferito – perlomeno – a Catanzaro. Con la scusa che non facevano niente di male, fa trattato gli emigranti da uomini e non ne ha perseguitato nessuno. “Lascio questa città – ha detto – senza una vetrina o una macchina rotta ma soprattutto senza una testa rotta”. La Lega ha festeggiato la sua partenza. E questo è avvenuto sotto un governo di sinistra.
Rinnovamento. Carabinieri. Il capitano Ultimo da questo mese si occuperà di ecologia e non più di mafiosi. E anche questo è avvenuto sotto un governo di sinistra.
Rinnovamento. Così, adesso ci chiamiamo: “L’Ulivo, insieme per l’Italia”. Mah. Io personalmente mi ricordo “La rete, movimento per la democrazia”, il “Pdup, per il comunismo”, ecc. : per dire che di solito mettere troppa roba dopo la virgola non è che porti bene. Io, caro lei, avrei lasciato “l’Ulivo” e basta. Oppure “insieme per l’Italia” e basta. “Insieme per l’Italia” non era male. Però, a questo punto, si potevano sforzare e metterci: “per l’Italia e la Famiglia”. Anzi: “per la Famiglia Italiana”; ecco: “insieme per la grande famiglia italiana”. Un cucchiaino di zucchero, grazie. (Abbiamo trasmesso: il contributo del signor O. alla gioiosa macchina da guerra).
Candidature. Luigi Abete, già presidente della Confindustria, a Roma. Andrea Pininfarina, figlio di un altro ex presidente della Confindustria, a Torino. Massimo Moratti, petroli, a Milano. Beh, nessuno può dire che la sinistra non la faccia più, la lotta di classe. Ha solo cambiato lato, per il resto è più marxista di prima.
Voglia di laurar. Il presidente della Camera ha deciso di multare (togliendogli la diaria di presenza) gli onorevoli assenteisti. Fierissima protesta dei deputati della Lega.
Soap. Cossutta e Bertinotti. Sessantatreesima puntata. Cossutta (signore anziano, simpatico, cappello e cappotto) telefona a Bertinotti (sigaro, mezz’età, tweed e cravatta). Primo piano su Bertinotti che ascolta accigliato. Primo piano sulla signora Cossutta, che sospira. Primo piano su Bertinotti che risponde qualcosa. Sulla signora Cossutta che toglie un invisibile peluzzo dalla manica del marito. Sulla porta di casa Bertinotti (ragazzo sorridente e in maglietta che esce: “Papà, io sto uscendo!”). Su Cossutta che ascolta attentamente il telefono e intanto carezza affettuosamente la mano della signora Cossutta. Su Bertinotti che ora sta parlando accalorato con un bellissimo effetto di rughe agli angoli degli occhi (è un personaggio simpatico, s’incazza ma non è cattivo). Sulla tazza di caffellatte che la signora Cossutta ha posato sul tavolo in attesa che finisca la telefonata – non riesce mai a faglielo prendere caldo, a quel benedett’uomo. Sulla cravatta che Bertinotti ha lasciato sulla spalliera della sedia (una regimental gialla e blu, in fondo sarebbe stata disinvolta anche sul tweed però meglio non correre rischi, mai esagerare). La telefonata continua, si sente solo una specie di grammelot di cui non si distinguono le parole, però noi che abbiamo seguito le altre sessantadue puntate sappiamo che è la vecchia storia dei nomi scritti più grandi o più piccoli sulla locandina. “Eh”, sospira ancora la signora Cossutta e si capisce che vuol dire “caro riguardati, abbi pazienza”, dissolvenza, spot pubblicitario e arrivederci domani alla prossima puntata.
Londra. Condannato a due anni per detenzione e spaccio di droga, viene trascinato via dai poliziotti divincolandosi, piangendo e gridando “voglio la mamma”. Il condanato, dodicenne, è – finora – il più giovane nella storia giudiziaria della Gran Bretagna.
Bookmark. È tornato dalla Cecenia Carlo Gubitosa di PeaceLink, assieme ai suoi compagni dell’Operazione Colomba. Il resoconto del viaggio (con un dossier Cecenia) è su:
Sette luglio 1960. “Ancora a Reggio Emilia, ancora giù in Sicilia… “. Tu non sai che cazzo vuol dire, e io stasera mi sento tanto obsoleto e superfluo che non ho proprio nessuna voglia di spiegartelo. Comunque si chiamavano Afro Tondelli, Ovidio Franchi, e voi Marino Serri Reverberi e Farioli, “voialtri al nostro fianco per non sentirci soli, ” e ora dice che non in realtà non sono mai esistiti ed erano i giorni che dalle mie parti ammazzavano i villani che scendevano in piazza gridando, pensate un pò, che volevano l’acqua nelle case.
Una lettera che il maggiore Ultimo, allora capitano, avrebbe scritto ai suoi uomini nel settembre del 1997, quando già il suo reparto cominciava ad essere sciolto:
“Uscendo dai percorsi di lotta alla criminalità mafiosa sento il dovere di ringraziare quegli uomini valorosi con cui ho avuto il privilegio di vivere combattendo. Solo a loro va il mio rispetto più profondo, solo da loro ho imparato molto di più di quanto abbia potuto insegnare, solo per loro i sacrifici di una vita hanno avuto un senso. La nostra presenza costituirà per il futuro un’accusa permanente verso quella burocrazia egemone che non ha saputo combattere, ma ha saputo distruggere quelli che combattevano. Insieme con voi finisce il sogno dei “soldati straccioni”. Era un bel sogno”.
Valeria wrote:
< Sinistra. Le dimissioni del capitano Ultimo. Non riguardano i carabinieri, riguardano la sinistra >. Spiegami bene, per favore.
< Dalla Chiesa e il comandante Marcos dietro la scrivania >. Cosa significa questa frase? Chi è il comandante Marcos? Perchè starebbe come Dalla Chiesa dietro alla scrivania? Secondo te cosa hanno in comune questi personaggi?
< La guerra contro Riina e i suoi padroni, molto simili a quelli della Bolivia ai tempi del Che >. Spiegami anche questo.
— La mafia non è affatto un gruppo di delinquenti isolati. È il braccio armato, e lo è da quasi cent’anni, dei grandi signori siciliani (ormai non più solo siciliani): originariamente i grossi proprietari terrieri, poi gruppi di politici e imprenditori. In Sicilia, come in Sudamerica, c’è sempre stata una contrapposizione durissima fra grandi proprietari e contadini; in Sudamerica, per reprimere i contadini, usavano gli squadroni della morte e le dittature militari; in Sicilia, la mafia. Passando gli anni, questa contrapposizione si è “modernizzata”, ma è rimasta essenzialmente la stessa.
Il generale dalla Chiesa era un generale dei carabinieri, piemontese, che fu mandato in Sicilia per combattere la mafia. Fu tradito dal suo stesso governo e alla fine fu isolato e ucciso, insieme a sua moglie, dai mafiosi; ma si battè molto bene, e io credo fermamente che sia morto per difendere i siciliani contro la tirannia dei padroni mafiosi. Il comandante Marcos (“subcomandante”, si definisce lui: ci tiene a restare subordinato all’assemblea dei contadini) invece è un professore messicano che ha lasciato la carriera per andarsene sulla montagna a farre la guerriglia insieme ai contadini, come Che Guevara.
Il ritratto di dalla Chiesa e quello di Marcos si trovano – si trovavano – insieme dietro la scrivania del capitano Ultimo. Io credo che stessero molto bene insieme. E che facciano capire una cosa civilissima, cioè che si può essere carabinieri e far rispettare la legge non più, come un tempo, per mantenere i privilegi dei signori, ma per difendere e rivendicare i diritti delle persone comuni.
Per me, che da giovane ero in Lotta Continua (e non ne sono pentito affatto) non è stato facile capire tutto questo. Per noi i carabinieri erano quelli che ci picchiavano nelle manifestazioni. Ma poi, facendo antimafia, li ho trovati al mio fianco. Hanno combattuto come noi compagni (un mio amico, pure lui di Lotta Continua, è stato ammazzato dai mafiosi nel 78), hanno rischiato la pelle, spesso sono morti. Perciò io dico che carabinieri così (e Ultimo è un esempio) sono sicuramente “di sinistra”. Non della sinistra chiacchierona e venduta d’oggigiorno, ma della sinistra profonda, la sinistra vera, quella che lottava per i lavoratori. La sinistra futura non sarà fatta da grandi politici chiacchieroni ma da persone normali, magari di idee diverse, ma pronte a lavorare, per il bene di tutti, tutte insieme. Tu, io, Ultimo… e tanti altri.
Marino B. wrote:
< Ciao, non ci conosciamo, ma leggo la tua e-zine. Volevo ricordarti i 58 morti di Dover. Mi pare di aver letto sui giornali che i corpi erano ammucchiati verso l’uscita, nel disperato tentativo di trovare un po’ d’aria. Se non sbaglio, è esattamente il modo in cui venivano trovati, dagli assassini nazisti, i cadaveri dei prigionieri (ebrei, russi ecc) catturati sul fronte orientale ed eliminati mediante asfissia in camion appositamente preparati. Ciao, continua .>