San Libero – 315

27 dicembre 2005 n. 315

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Città. C’era una volta in una città della Sicilia un giovanotto che si chiamava per gli amici Enzo ma era per tutti gli altri l’ingegner Enzo M. Difatti s’era laureato da poco tempo e ne era orgogliosissimo. “Ingegnere!”. Un giorno il nostro ingegnere incontra un vecchio compagno del liceo, che però invece di darsi alle professioni aveva deciso di far carriera in politica (doveva essere una classe di liceali particolarmente brillanti). E anche lui con successo: ma per gli amici, naturalmente, continuava a chiamarsi Nino. “Caro Enzo!”. “Caro Nino!”.

Che fai, che non fai, complimenti, ti ricordi… E poi un sospirone: “Ah! la politica! Non ti puoi fidare di nessuno!”. “Eh…”. “D’altra parte, qualcuno che cerchi di cambiare questa povera città ci deve pur essere (altro sospiro). Sai di che cosa mi sto occupando in questo momento? Delle varianti edilizie!”. “Ah! Importante! L’urbanistica è il cuore di una città civile, il verde, il piano regolatore… Io non progetterei mai uno di questi alveari che fanno oggigiorno! L’ingegnere ha una missione civile! Civile, e anche sociale!”. “Giusto! Esattamente quel che dico sempre anch’io! Ma come si fa? Planimetrie, cubature, appalti… Mi portano tutte ‘ste robe qui, ma che ci capisco io? Come faccio a trovare qualcuno che… Ehi! Ma lo sai che m’è venuta un’idea? Che ne diresti di farmi il consulente per l’edilizia?”.
“Io? Ma io di politica non mi sono occupato mai! E poi a dire il vero non vorrei…”
“No, no… Questa non è politica! E’ solo per aiutare un amico… E poi il valore civile dell’ingegneria… E anche quello sociale… L’hai detto tu, no?”.

Basta, il nostro politico tanto disse e tanto fece (d’altronde è il mestiere dei politici convincere la gente) che quella sera Enzo se ne andò a casa con un gran fascio di mappe, progetti, planimetrie, varianti… tutta l’edilizia del comune, insomma. “Mica questa è politica. E poi, per uno qualunque, no: ma di politici onesti come Nino ce n’è pochi. Se non gli diamo una mano noi ingegneri…”. Per completezza di cronaca, e anche per non aver l’aria di essere troppo parziali col nostro eroe, ammetteremo che in fondo in fondo l’ingegner Enzo era anche un po’ solleticato dal fatto che un personaggio così importante avesse tanta fiducia nelle sue qualità professionali. Comunque non pensò a chieder denari per il disturbo: sarebbe stato un lavoraccio, si capisce, ma tutto per l’amicizia e per la funzione sociale.

Dopo una settimana: “Nino! Ti disturbo? Sono Enzo!”. “Ah! Bene! Dimmi, dimmi caro!”. “Senti Nino io non me ne intendo molto dell’aspetto politico, ma così a occhio mi sembrerebbe che queste cubature… Scusa, ma vige ancora la legge applicativa del ’50?”. “Ah? Certo che vige, ma che c’entra?”. “No, perché mi sembra che forse… non ne avete tenuto del tutto conto… Scusa se te lo dico, ma…”. “Beh, poi  ti spiego… Ma tu intanto tranquillo, va’ avanti!”.
“Sì ma poi ci sarebbe anche il Regolamento edilizio del ’36… Vedi, l’appalto C in effetti sarebbe su verde pubblico, mentre il Regolamento…”. “Scusa Enzo! Scusa! Mi chiamano! Una riunione! Ci vediamo presto! Ma tu continua, eh? Bravo! Continua così”. E riattaccò.

La volta dopo, l’ingegner Enzo andò direttamente alla sede del Partito e, dopo un po’ d’anticamera, riuscì a parlare a quattro’occhi con Nino. “Nino, io questo te lo devo dire. Stai attento! Non puoi mettere la firma sotto una cosa così. Il Regolamento del ’36! L’applicativa del ’50! E poi anche il codice… Nino, sta’ attento! Sai che ti dico? Qua c’è qualcuno che sta cercando di metterti in mezzo,  di farti firmare qualche cazzata. Qualche nemico politico, non so…”.
Nino fece un sorriso finissimo, che il suo amico non aveva visto mai. “Certo… può darsi… Ci penserò…”. In quella entrò un usciere: “Eccellenza… mi aveva detto di ricordarle quell’impegno…”. “Sì, certo… Scusami, Enzo, devo andare. Sono già in ritardo… Ma ci penserò”.

Enzo era un bravo ragazzo ma, come tutti coloro che erano cresciuti in quella città, non era affatto ingenuo. Si mise ad analizzare molto approfonditamente le carte, e alla fine capì. Stavolta fu alquanto difficile ottenere un appuntamento con Nino (o meglio con l’onorevole D., per parlare fuori dall’amicizia) e stavolta ci andò con giacca, cravatta, cartellina di appunti, e codice penale. Gridò. L’altro, invece, rimase calmissimo. “Ma dai, Enzo. Credevo che fosse chiaro. Mica voglio che lo fai gratis. Che credi, che mi dimentico degli amici? E poi, di te mi fido”.
Enzo diventò rosso, poi diventò bianco, poi fece per dire qualcosa, poi non disse niente, poi si voltò e uscì.

“Caro Nino. Non avrei mai creduto che ecc. ecc. Proprio tu che ecc. ecc. Come è potuto accadere che ecc. ecc.”. Insomma, alla fine della lettera l’ingegnere Enzo dava all’antico compagno di scuola, corrotto ahimè dalle debolezze umane e certo anche dalle cattive compagnie, un doloroso e fermo ultimatum: “…E se entro questo termine non avrai provveduto a regolarizzare la situazione, io renderò pubblico tutto questo. Andrò dai giudici. Perdonami, ma è mio dovere”.

In una mattina piovigginosa il giovane Enzo (che era invecchiato moltissimo in quei pochi mesi) salì le scale del palazzo di giustizia. Venne ricevuto da un anziano giudice  la cui integerrimità e severità gli si leggeva in volto a prima vista. Il giudice non disse niente. Scorse attentamente le carte, le impilò, le lisciò con  la mano, le mise in un cassetto, e continuò a non dire niente. Infine: “Bene,. molto lieto di averLa conosciuta. Ora, se permette…”. L’ingegnere fece un sorriso imbarazzato, s’inchinò lievemente e uscì.

E passarono i mesi. Alla fine, Enzo ebbe un’idea geniale. “Ma io faccio un giornale. Un numero solo, quanto può costare? Stampo tutto quanto e voglio vedere se continuano a far finta di niente!” (nella città in cui viveva Enzo, bisogna precisare a questo punto, i giornali non usano pubblicare cose del genere. Perciò possiamo tranquillamente saltare l’incontro fra Enzo e il giornalista, fra Enzo e il redattore capo del giornale locale, ecc. Anzi, ecc. ecc. e poi ancora ecc.).

Il tipografo, suo figlio (aiutante) e un Enzo eccitatissimo e commosso adesso sono in uno scantinato, davanti a una “piattina” (le macchine con cui una volta si stampavano i manifesti e i giornaletti minori) che sta faticosamente sputando “LA VOCE DELLA VERITA’ – Come vengono violate le leggi urbanistiche nella nostra città”). “Aspetti, ingegnere! E’ ancora fresco, l’inchiostro”. Ma lui allunga la mano per afferrare il primo foglio, avidamente. In quella, suonano alla porta. “Papà – fa il ragazzo – ma sono i carabinieri!”.

E difatti sono proprio due carabinieri. Che entrano, scendono i pochi gradini, si piantano davanti all’ingegnere: “E’ lei l’ingegner Enzo M.?”. “Sì, sono io, ma… perché?”. “Ci segua!”. Uno dei due afferra il braccio dell’ingegnere, l’altro fa un fascio delle copie stampate, fregandosene dell’inchiostro fresco. “Ci sono altre copie?”. “N-no – fa il tipografo – Ma io non c’entro, io non sapevo…”. “Bene. Queste sono sotto sequestro per ordine dell’autorità giudiziaria!”.

Calunnia, turbativa della quiete pubblica, oltraggio alle istituzioni, notizie false e tendenziose… Il povero Enzo in galera ci resta per circa un mese, sotto il peso di circa metà del Codice Penale italiano. Infine, viene scarcerato con disprezzo. Una volta fuori, si accorge che nessuno lo conosce più, nessuno anzi l’ha mai conosciuto. Gli appalti intanto procedono regolarmente, nell’indifferenza più assoluta di giornali, magistratura e cittadini. Salvo gli sventurati che, di solito all’alba, vengono caricati più o meno spontaneamente su dei camion (“Esproprio per Pubblica Utilità”) e travasati nei nuovi quartieri-ghetto in periferia, poiché sulle case in cui hanno vissuto fino a ieri ora bisognerà costruire i palazzi dei nuovi appalti.

Alla fine il povero Enzo, che ancora si sente ingegnere e ancora cittadino di un paese civile, decide di passare all’azione diretta (“come fanno in Svezia, come fanno in Inghilterra!”): si carica di due grandi cartelli, uno davanti e l’altro di dietro, e comincia a percorrere la via principale della città: “Cittadini difendete i vostri interessi! No agli appalti illegali! Giustizia!”.
Con suo grande stupore, non arrivano i carabinieri. E neppure i vigili, e neanche le altre “autorità” più o meno ufficiali che in quella città non mancano di avere una loro funzione. Non arriva nessuno. La gente, semplicemente, lo guarda con ironia, soddisfatta di sè, con un sorrisino saputo. “Guarda, guarda quello là col cartello!” fa una mamma al bambino.

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Ecco. Quando arrivai io in quella città, per prima cosa non mi parlarono affatto di appalti, di politici e di cubature. Mi indicarono invece ridendo con bonomia (poiché è una città felice, e felici sono i suoi cittadini) quel buffo omino coi cartelli, una delle curiosità cittadine. Allora non compresi bene che cosa ci fosse da ridere, me la cavai con un sorriso.

Ma adesso che tocca a a me andare in giro su e giù coi cartelli (fra le ironie benevole dei miei amici che non sono matti) capisco benissimo la comicità e l’ironia della situazione. Ma pensa tu, pretendere di vivere in un posto con giornalisti, giornali, magistrati, giustizia, opposizione… un posto in cui ai cittadini importa qualcosa degli affari loro e della loro città, addirittura. Si può essere più esilaranti di così? Giustamente, in quella città, la gente ride.

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Banchieri 1. Mario Monti: “Banca d’Italia, io? No, grazie!”.

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Banchieri 2. “Non dite a mia mamma che sono alla Banca d’Italia. Lei crede che faccia il consiliori di Provenzano”.

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Titoli. “Basta col gioco al massacro, si vogliono infangare i politici, si vuole colpire me e il mio partito” (interviste a diversi politici per lo più – ma non tutti – di destra).

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Ricercati. Dalle procure di Milano e Roma, per sequestro di persona e omicidio, diversi militari e agenti segreti americani.

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Enciclicamente. I gay vanno all’inferno, annuncia Sua Santità sotto il bel Cupolone costruito dal gay Michelangelo.

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Notizia un po’ esagerata. Rinvenuto un coccodrillo sul treno Milano-Palermo. Proteste dei passeggeri.

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America. Golpe in corso. Nixon se n’è dovuto andare per molto meno. “Siamo in tempo di guerra e non possiamo perdere tempo con gli altri due poteri”. In nome dell’interesse nazionale l’esecutivo sopraffà il giudiziario e il legislativo, esattamente come… come chi, ve lo ricordate?

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Intercettazioni. Quelle di Bush (illegali) servono a salvare i cittadini. Quelle dei giudici (legali) servono a perseguitare i cittadini. O no?

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Cavalieri. Su proposta del pasticciaro Billè, stavano facendo cavaliere del lavoro Ricucci. Non ce n’è stato il tempo. Peccato. Se c’era uno che meritava di essere fatto cavaliere del lavoro – come Graci, Rendo, Costanzo, Finocchiaro e tutti gli altri “finanzieri” amici dei mafiosi – era proprio il Ricucci.

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Votantonio. Non più. Con la nuova legge, puoi votare solo per il candidato scelto dal partito. Se è anche cavaliere è meglio.

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Cribbio. “Ma sono proprio irresponsabili, questi sindacati!” (il sindaco di Bologna, dopo un incontro coi sindacati dei dipendenti comunali)

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Diamine. “Ma allora lei è un’orlandista!” (Cuffaro. Con lo stesso tono con cui una volta si diceva: “ma allora quel Pio La Torre è un communista!”).

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Ohibò. Il segretario Ds della Sicilia, Capodicasa:  “Questo è un partito serio, mica una carovana antimafia!” (sottinteso: “Signora mia”).

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Spot. “La malacooperazione”, inchiesta su Astaldi e Cooperazione italiana in Honduras, di Antonio Mazzeo. La società di costruzione Astaldi, sconfitta nella gara per il Ponte di Messina, alla riscossa sul mercato internazionale. Piovono commesse in Algeria, Venezuela e Honduras. Nello Stato centroamericano Astaldi è l’asso pigliatutto: dighe, strade, centrali, servizi idrici e rifiuti. I soldi della Cooperazione italiana e le alleanze con imprenditori all’indice per crimini ambientali.
www.terrelibere.it/terrediconfine/?x=completa&riga=01817

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alfio.lisi@libero.it wrote:
< Catania è la città italiana con più auto per abitante: per ogni neonato, quattro macchine nuove. E’ all’88mo posto per verde pubblico, al 69mo per abusivismo edilizio (11 costruzioni abusive per abitante), al 98mo per capacità di depurazione (solo un depuratore, mal funzionante), al 99mo per raccolta differenziata e al 99mo per produzione rifiuti; all’82mo posto per piste ciclabili (zero metri per abitante), all’86mo per isole pedonali (0,03 mq per abitante). E poi al 71mo posto per concentrazione di biossido di azoto, al 59 per inquinamento da benzene, al 28mo posto per picchi di polveri sottili e così via >

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Stefano wrote:
< Mi spiace, ma le tue considerazioni sul procedimento disciplinare contro il giudice Tosti, benché apparentemente “dotte”, trasudano una rara insipienza giuridica. Peccato >

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Luigi wrote:
< “Natale, tenetevi il telefonino dell’anno scorso…”. Beh, e anche l’elenco telefonico di quest’anno, non lo buttate. La copia più recente la tenete in casa, l’altra in macchina. E pure le Pagine Bianche, che sono più rare dei panda. Non volete mica che nel bel mezzo della campagna, con l’auto in panne, qualcuno se la rida mentre cerca per voi Il Numero dell’elettrauto a 1,80 al minuto? >

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pizzino@scomunicazione.it wrote:
< voscienza ‘bbenedica,
nell’attesa di questo fausto natale (ma si chiama fausto o natale?) è nostro piacere mandarvi questo regalino, cioè il 6° pizzino, mensile di satira allustrata, per l’occasione tutto ferocemente natalizio, che è da oggi in distribuzione. In allegato troverete il comunicato e l’immagine del poster e della copertina, ma se qualcuno vuole vederlo e leggerlo tutto, possiamo inviare una copia in pdf a richiesta >

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Lorenzo Giustolisi wrote:
< L’otto marzo 2004 moriva Gaetano Compagnino. I lettori più attenti della catena, i siciliani in particolare, ricorderanno questo nome: nell’esiguo gruppo di quelli che R.O. chiama i “grandi intellettuali civili catanesi”. Ad Ottobre, presso la Presidenza della Facoltà di Lettere dell’Università di Catania, dove Compagnino ha insegnato per trent’anni, si è tenuta una pubblica presentazione della Fondazione Gaetano Compagnino, nata per volontà della facoltà stessa e del comune di Militello, dove lo studioso marxista era nato nel 1939. Scopo principale della fondazione sarà la pubblicazione dei suoi scritti inediti e la conservazione del suo patrimonio librario >
Bookmark:

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Somis wrote:
< Ho 15 anni, vorrei fare il giornalista… >

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Bello. Però attento, il giornalista ormai non si fa più nei giornali e nelle Tv ma fuori. Devi diventare editore di te stesso, farti il tuo giornale. Cosa sarà un “giornale” fra dieci anni (quando tu ne avrai venticinque)? Non lo so. Un blog con un versante web e uno su carta? Una serie di clip? Una specie di…
Boh. Non lo so, ormai nessuno sa più che cosa succederà nel nostro settore fra due anni, figuriamoci fra dieci. Comunque qualcosa di buono, perchè la tecnologia è “democratica” e la gente può parlare sempre di più. Il tuo lavoro nei prossimi tre anni consiste dunque nel prepararti culturalmente e come mentalità a cavalcare qualunque mutamento. Comincia subito. Dovrai informare ed essere onesto coi lettori. Ma come farlo, devi prepararti a impararlo daccapo ogni due-tre anni.
Questo sarà il tuo lavoro. Dovrai farlo da solo, come imprenditore di te stesso o con amici nelle tue stesse condizioni, perché le grosse testate ormai servono più che altro a creare consenso e non c’entrano affatto più col giornalismo. Evita i “corsi di giornalismo”, dentro e fuori l’università, perché sono truffe. Evita le grandi testate. Impara qualcosa dai giornalisti, ma sappi che i giornalisti con meno di quarant’anni in Italia ormai non sono giornalisti, ma un’altra cosa. Non per ragioni etiche, ma perchè ogni centinaio di anni il giornalismo cambia completamente e la versione vecchia di solito si trasforma in propaganda del re.
Insomma, fa’ il giornalista non l’impiegato. E’ bello. Può darsi che quando sarai grande tu ci si potrà anche campare. Impara a scegliere accuratamente dei blog (non farne ancora tu, per non essere banale) in almeno due-tre lingue. Leggi: Uno yankee alla corte di re Artù; I Siciliani; La fattoria degli Animali; Siciliani/Giovani e L’Alba; qualunque cosa di Kapucinski e quasi qualunque cosa di Hemingway. Poi Erodoto; Avvenimenti dell’1989-93;  e la Catena, ovviamente. Per leggerli devi trovarli, e questa è già una prima ricerca che puoi fare. Buon lavoro, fratellino.

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5 gennaio. Il movimento Cittainsieme, come ogni anno, invita i catanesi a ricordare Pippo Fava alla lapide alle ore 17 del 5 gennaio. Si propone anche, alle ore 19,30 dello stesso giorno di proiettare, in via Siena, “La mafia bianca”. Chiunque voglia collaborare alla elaborazione della iniziativa con suggerimenti, proposte e quant’altro può farlo partecipando alle riunioni in via Siena.

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Persona dell’anno. Rita B. Non metto il cognome perché a quanto pare dà ancora fastidio a qualcuno.

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QUANDO PASSAVANO I GIUDICI PER LE VIE DI PALERMO

Quando passavano i Giudici per le vie di Palermo
e fiaccole s’alzavano a liberare la notte

Quando per vie antichissime i ragazzi sfilavano
con visi da Platea, da Ponte dell’Ammiraglio, da Vespri

Quando la libertà ci reclamò come falene
serenamente ordinandoci: “tu, tu e tu”

Quando insolenti ricreammo per un attimo il mondo
e sghignazzando spingemmo via gli assassini

Quando gli dei impauriti si scansavano
al passaggio invincibile dei bambini

Quando Sancho e Quijada spronavano
asini spelacchiati e traballanti ronzini

caballeria dei poveri, hidalgos senza pari,
regni presi d’assalto e giganti atterrati

Quando eravamo immortali

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)