5 gennaio 2006 n. 316
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Cinque gennaio 1.
“Dal giorno del caso Fortugno pattuglie, caramba, polizia, vigili, carabinieri. E poi Rai1, Rai 2, Rai 3, La7… Parole, parole e ancora una volta solo parole. Tante come quelle dei giornalisti. Telecamera in spalla corrono alla ricerca dello scoop perfetto. Puntano il bersaglio, lo trovano, gli si avvicinano e gli pongono una domanda strepitosamente originale, imprevedibile: Hai paura?
Volete la verità? Noi ce lo vediamo proprio nero il nostro domani. Non c’è molto da ragionare, parlano i fatti: ventisei omicidi impuniti, mentre dalla tv arrivano le parole di chi ci guarda dall’alto con sussiego, pacatezza, voce calda, rassicurante. Siamo proprio in buone mani. Questa è la crudele e amara realtà: politici, amministratori di aziende pubbliche, mafiosi o succubi, locatori e locatari e tutto l’ambaradan montato dietro non sembrano altro che gli attori di un piccolo, banale e ributtante teatrino pronto a venderci nient’altro che fumo. Questo è l’appello che noi lanciamo allo Stato e alle istituzioni: vogliamo concretezza, vogliamo tenacia e continuità, vogliamo che distruggiate queste organizzazioni, che requisiate i loro beni, che interrompiate i loro traffici mondiali di droga i cui proventi vengono poi ripuliti in Italia provocando in loro un’arroganza tale, una consapevolezza tale d’impunità da non consentire a un cittadino di denunciare neppure un incidente automobilistico provocato da loro altrimenti la notte ti salta la macchina in aria… Siamo certi che le istituzioni tutte sappiano queste cose: e poi? Scusate se non abbiamo chiesto il permesso a nessuno di scrivere queste cose.
Alcune ragazze del Liceo Scientifico, IVC
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Cinque gennaio 2.
Il movimento Cittainsieme, come ogni anno, invita i catanesi a ricordare Pippo Fava alla lapide alle ore 17 del 5 gennaio. Assemblea alle ore 19,30 dello stesso giorno a Cittainsieme in via Siena 1.
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Alle ore 18, al Centro Culturale Zo di Catania, Felice Cavallaro intervisterà Luigi Ciotti, Giulietto Chiesa, Rita Borsellino e Claudio Fava. Da giovedì a domenica, alle ore 21, il Teatro Angelo Musco metterà in scena “L’istruttoria, atti del processo in morte di Giuseppe Fava”, di Claudio Fava con Claudio Gioè e Donatella Finocchiaro. Venerdì Roberto De Benedictis, Adriana Laudani e Claudio Fava presenteranno “L’istruttoria” alla Galleria d’arte moderna di Palazzolo Acreide, il paese natale di Giuseppe Fava.
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Cinque gennaio 3.
“Caro Turci,
sono esattamente due anni che non esce più il nostro giornale. La Lega delle Cooperative ha dichiarato che sarebbe intervenuto per riaprirlo. Con altri compagni, ho avuto fiducia nelle vostre dichiarazioni e sono rimasto al mio posto a Catania, rifiutando ogni altra offerta. Il risultato è due anni di drammi individuali e collettivi – le strutture del movimento antimafioso smantellate, i compagni distrutti o costretti ad emigrare. Nel frattempo cooperative aderenti alla Lega hanno sviluppato – con rapidità ed efficienza – rapporti d’affari con imprenditori contigui alla mafia, in particolare Cassina e Rendo. Nessun articolo “pericoloso” è uscito, dopo la chiusura del nostro giornale, sugli imprenditori suddetti.
Ritengo quindi necessario appellarmi alla Sua correttezza per conoscere la posizione ufficiale della Lega delle Cooperative in merito a questa operazione: l’esito della quale va addebitato o a singole Cooperative, o a organismi locali della Lega, o alla Lega nel suo complesso. In altre parole, Le chiedo di assumersi le Sue responsabilità e di indicare perché Lei, come dirigente nazionale della Lega, ritiene di non essere responsabile dell’operazione; e di indicare, in questo caso, le istanze che istituzionalmente possono affermare di esserlo. Non per polemica, ma per chiarezza. Cordialmente, R.O.”.
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“Caro O.,
La ringrazio per la Sua lettera e mi rammarico per l’amarezza che in essa traspare. Quanto a I Siciliani e ai problemi che il progetto di rilancio ha incontrato, mi sembra di capire che questi ultimi si collochino tutti al livello della Sua regione, ed è lì che va eventualmente cercato il bandolo della matassa. Cordiali saluti, Lanfranco Turci”.
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Caro Turci,
quanto Lei dice giustifica il mio pessimismo: poco rilevano, così stando le cose, le pur lodevoli petizioni di principio espresse a livello nazionale. Resta a noi superstiti dei Siciliani il dovere di tener fede agli impegni assunti di fronte all’opinione democratica della nostra Isola e di cercar di continuare come possibile una lotta che evidentemente è sostanzialmente nostra. RingraziandoLa per la sua cortesia, R.O.”
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“Caro O.,
in quanto presidente dell’Associazione nazionale cooperative culturali della Lega intendo assumermi tutta la responsabilità relativa alla competenza nazionale di questa vicenda. E’ evidente come l’operazione a questo punto non goda del gradimento delle cooperative siciliane. Non mi sembra che abbia senso una operazione che ha la sua radice in Sicilia, che sia sostenuta totalmente dall’esterno. Il Presidente, Terenzio Verniano”.
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“Caro Verniano,
trovo assolutamente deplorevole venirsene a dichiarare ora di passaggio come “sia evidente che l’operazione non gode del sostegno ecc.”. Perché se così è, è un fatto grave. Un fatto che non si mormora in una lettera privata, ma si rende pubblicamente noto con tutta l’evidenza di cui si è capaci. Un fatto su cui si prende formalmente e responsabilmente posizione, perché non stiamo parlando della cooperativa delle gelsominaie in Valgardena ma del giornale dell’antimafia in Sicilia. Lei sa benissimo che se le cooperative siciliane si sono comportate come si sono comportate i motivi non sono di ordinaria amministrazione. Tutta la faccenda non era di ordinaria amministrazione. Anzi, non era nemmeno – in sostanza – una faccenda di amministrazione. O no?”.
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Anno nuovo. Sbavaglieranno Benanti? Gli permetteranno di fare il suo mestiere di giornalista in una città – Catania – che pure teoricamente non è nè in Uzbekistan nè in Cina? Questo vorrei chiedere oggi ai molto illustri e rispettati colleghi che oggi e negli altri giorni parleranno di libertà e di democrazia.
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Politica ed economia. Nel caso Unipol, la seconda tutto sommato è stata più “di sinistra” della prima. Almeno se ci riferiamo – nell’ambito della sinistra – ai due principali soggetti, rispettivamente, nella politica e nell’economia. Il primo, il Ds, ha fino all’ultimo momento tenuto duro nella sostanziale difesa di Consorte (“Persecuzione!”, “Fuori le carte!”, “Vogliamo le prove!”). Il secondo, la Lega delle Cooperative, invece l’ha buttato fuori senza aspettare la sentenza della magistratura, semplicemente per incompatibilità coi principi etici della cooperazione.
Di questa diversità fra valutazioni giuridico-penali (che riguardano la magistratura) e valutazioni etico-politiche (che riguardano i cittadini) i dirigenti della Lega si sono dunque resi conto benissimo, a differenza dei loro omologhi del partito. A questa posizione sono stati spinti anche dalla vera e propria sollevazione della loro base: “Non c’erano i soldi per risanare le coop in pericolo, ma c’erano per l’Opa!”. Determinante, a mio parere, è stata la memoria difensiva di Consorte: “Avevo soldi all’estero, è vero; ma li ho fatti rientrare con la legge Berlusconi”. “Dunque – proclama il banchiere – attraverso un’attività pienamente lecita”.
“Lecita sì – risponde la base – ma moralmente orrenda. I capitali all’estero sono l’attività più egoista del padronato; contro di essa ci siamo battuti per decenni, e c’è voluto un governo Berlusconi – nostro nemico – per farla diventare lecita legalmente”. E’ il vecchio ragionamento, vetero, fuorimoda e magari anche arretrato, di Di Vittorio, di Berlinguer, del vecchio popolo comunista. Che a quanto pare oggi è più rappresentato, o perlomeno alza di più la voce, nella base della Lega che in quella del Ds.
Come mai? Io penso che si tratti soprattutto di una questione di classe. La sinistra italiana (il centrosinistra) è ormai prevalentemente un movimento culturale, non una rappresentanza di interessi materiali. Si è “compagni” – ma ormai questa parola è rarissima – non per solidarietà reciproca, ma per una vaga credenza nei valori civili: Gramsci avrebbe detto non per struttura, ma per sovrastruttura. In Emilia, nella piccola cooperativa della Lega, l’aspetto economico è invece ancora quello principale: la prosperità – dice il Dna profondo di quella terra – o è collettiva o è servitù; nessuno si può salvare da solo, neanche nelle traversie quotidiane d’ogni giorno.
Così, l’Emilia “antipatica” e “di destra” (e che spesso assume posizioni molto più grette di quelle dei progressisti romani: vedi Cofferati) in realtà è ancora a suo modo profondamente “rossa”. D’Alema, Veltroni, il partito dei buoni sentimenti, possono permettersi pensieri molto lodevoli sui più svariati problemi, ma si omologano con tutti gli altri quando si tratta di soldi e di potere: cuore a sinistra – classicamente – ma portafogli a destra. In Emilia, il portafogli sarà pure a destra ma contiene denari sudati, strappati con la solidarietà ed il lavoro a un padronato che, nella memoria collettiva, fa ancora orrore.
Con ciò non voglio dire che i dirigenti diessini siano peggiori, o meno “di sinistra”, di quelli delle Coop. E’ che hanno una base meno “compagna” a cui render conto. I valori del mercato assoluto, dei fatti propri, dell’individualismo egoista – in una parola, di Berlusconi – sono penetrati profondamente nel common sense di massa della sinistra. Qualcuno, in questi giorni, ha invocato Berlinguer; e qualcun altro Pasolini; ma tanto avevano drammaticamente ragione l’uno e l’altro nel percepire lo sfaldamento della cultura popolare dei loro tempi e la sua omologazione coi valori “borghesi”, che nè l’uno nè l’altro verrebbero oggi accolti con più di un sorrisino di sufficienza – non dai dirigenti o dagl’intellettuali, ma proprio dalla base.
Fanno eccezione (non la sola: ma la più importante) i giovani, o buona parte di essi. In genere sono molto più “a destra”, nella loro (non colpevole) incultura, di Veltroni, del Manifesto, di D’Alema o di Fassino. Ma sono ancora al di qua della cultura capitalistica ufficiale: ci vorranno dieci anni di “lavori” servili, di non-diritti, di gerarchizzazione scientificamente coltivata, per instillare in ciascuno di loro i miserabili “valori” di quest’Italia post-pasoliniana. Giovani, donne, poveri, stranieri: i ribelli del branco – gestito sempre di più dai maschi adulti, dai soggetti Alfa e dagli stregoni – sono sempre quelli. Prima o poi terminerà la preistoria e ricomincerà la storia.
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Società. Le persone più importanti d’Italia, gli onorevoli, s’incontrano con le persone meno importanti d’Italia, i carcerati. Che cosa possono mai dirsi queste due categorie di persone? Ma è tempo di Natale, il papa vecchio aveva raccomantato “Fate l’amnistia” e così gli onorevoli promettono solennemente ai carcerati: “Faremo l’amnistia”. E tanto si sentono buoni e caritatevoli per questa promessa che non riescono a tenersela dentro o magari a parlarne con i più intimi al circolo, la sera dopo cena. No: scendono tutti felici in piazza, con bandiere e cartelli, e annunciano urbi et orbi: “Faremo l’amnistia” (non dimenticate che questa è una storia di Natale).
Ora, ci sono molti buoni motivi, in un paese come questo, per fare un’amnistia; e anche per non farla. Fatto sta che quelli s’erano impegnati, e avevano passato la settimana prima di Natale, oltre che a fare shopping, a farsi intervistare tutti pensosi sui drammatici problemi delle carceri e su come finalmente, in omaggio al papa purtroppo morto e anche a quello nuovo e felicemente regnante, questi problemi sarebbero stati finalmente in buona parte risolti. La cosa aveva interessato non poco la categoria dei non-importanti. Ma al momento di votare materialmente la legge, sorpresa! Non c’era nessuno in aula, nè dei buoni che volevano l’amnistia nè dei cattivi che la negavano a ogni costa. Buoni e cattivi, amnistiatori e forcaioli, di sinistra e di destra, erano tutti felicemente a farsi i cazzi loro, in qualche località turistica fra le Maldive e Cortina. Con gran delusione dei carcerati, dei quali tuttavia i meno ingenui da tempo avevano dichiarato a chi voleva starli a sentire: “Vabbè, sta’ a vedere che ora quelli si giocano le vacanze per venirci a fare l’amnistia a noi”. E, ovviamente, avevano ragione.
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Differenze. Che differenza c’è fra l’islam e noi cristiani? Metti che in Egitto arrivino un centinaio di disgraziati che scappano da una dittatura. E metti che un altro centinaio ne arrivi a Milano. In Egitto li mettono nelle tende. A Milano, o in piazza duomo o nei container. In Egitto appena si muovono li menano, senza tante chiacchiere sul rifugio e la dittatura. A Milano li menano solo al momento di cacciarli da un deposito per ficcarli in un altro. In Egitto, naturalmente, per strada o nella tendopoli ci ficcano – ma non fa tanto freddo – anche i bambini. A Milano invece pure, nonostante che tutto sommato a dicembre ci faccia alquanto più freddo che al Cairo. E se questi si ribellano e cominciano a urlare “Non vogliamo restare così”?. Ecco la differenza! Al Cairo sparano senz’altro sulla folla e ne fanno fuori una dozzina. A Milano invece no: solo caritatevoli manganellate. Visto che siamo più civili noi?
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(Il problema a Catania, in realtà, è che da quando non ci sono più i Siciliani (che bene o male avevano il prestigio necessario a far da collante) le spinte centrifughe sono incontrollate. Ogni due-tre anni nasce una nuova generazione di ragazzi, a volte anche buona ma sempre poco coesa (Tre anni fa scorso abbiamo cercato di metterne insieme un po’, è andato tutto benissimo per sei mesi, dopodiché improvvisamente e per motivi futili sono esplosi in schegge. Adesso, quelli che sopravvivono, vanno avanti ognuno per sè). In più, c’è un fatto “politico”: un tempo noi eravamo tutti vagamente e moderatamente “di sinistra”, nel senso che da un lato gli avversari erano politicamente omogenei (socialisti, dc) e dall’altro noi stavamo attenti a mantenere una certa indipendenza dalla sinistra ufficiale ecc.
Adesso, dopo tre o quattro anni di caso Catania (in cui i ladroni sono destra e sinistra fifty-fifty), succede che molti ottimi ragazzi nascono qualunquisti (“sono tutti uguali” ecc.), e di solito sono i più impegnati qui ed ora; quelli che non lo sono, tendono a rifugiarsi sotto le ali dei Ds o di rifondazione, o comunque a difenderli sempre e comunque. Questo rende difficilissima una mentalità di “sinistra scettica”, senza cui secondo me è difficile lavorare seriamente in una situazione come Catania. Cerchiamo ancora di parlare coi ragazzi, di tenerli insieme ecc. ma a volte pensando che, in questa fase, è più per testimonianza futura che per reali possibilità di successo. D’altra parte, come si fa a valutare una situazione quando ci si è dentro? Nel dubbio, la cosa più sana è cercar di tenere la porta aperta, teoricamente quelli che vengono dopo dovrebbero saperne di più – se riusciamo a mantenere una memoria – di noi e dunque essere più efficienti. Comunque, questo è solo un punto di vista, il mio).
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Parole proibite. Metalmeccanici. Dovrei scrivere che sono un paio di milioni e che da parecchi mesi sono in agitazione o in sciopero (nell’imbavagliamento generale) per cento euri d’aumento sul contratto. Ma è già abbastanza aver scritto la parola che non si scrive, che è educatamente vietata su tutte le tv e i giornali. Cazzo e figa sì. Metalmeccanici no.
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Cime di Rapper. Moddi Mc e’ considerato il piu’ grande interprete italiano di Freestyle, l’arte dell’improvvisazione canora che rappresenta il cuore della cultura Hip Hop. Le basi musicali sono la materia prima su cui i “Master of Ceremony” costruiscono narrazioni in rima che in Puglia assumono un sapore particolare, colorando il canto con il dialetto e con il colore del mare. La vita non e’ facile per un ragazzo che vive solo del suo talento, senza sponsor o case discografiche alle spalle, ma cio’ nonostante Moddi non ha una grande stima della societa’ che dovrebbe tutelare i suoi interessi e quelli di altri piccoli autori: “A casa ho un assegno da 75 mila lire – racconta – ed e’ tutto quello che ho ricevuto dalla Siae, mentre per le quote di iscrizione e per gli spettacoli che faccio in giro ho dovuto sborsare tantissimi soldi, che puntualmente vanno a Celentano e Casadei”. Mentre noi cerchiamo la musica dei vip nelle boutique del disco, c’e’ chi crea musica dietro casa nostra per lanciare un messaggio alla gente della propria terra. “Mi domando spesso – racconta Fido Guido, autore di ragamuffin tarantino – come mai si è detto così poco mentre si assisteva alla dstruzione della zona delle 100 masserie dove giace oggi l’Ilva. Quasi ogni notte si sente in città puzza di gas, lo sanno tutti ma quasi nessuno costruisce alternative concrete al problema della disoccupazione, allora io chiedo: Taranto, perché ti fai questo?” [carlo gubitosa]
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Spot. “Firma anche tu l’appello on-line di Arcoiris Tv! Vorremmo che tutto l’archivio della RAI fosse sempre disponibile gratuitamente via internet. In questo modo ognuno di noi potrebbe scegliere da solo cosa vedere e quando”. (Oltre tre milioni di persone si sono collegate ad Arcoiris nel 2005: erano tredicimila nel 2003 e 131mila nel 2004).
Info: comunicazioni@arcoiris.tv
Bookmark: www.arcoiris.tv
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Spot. L’Isola Possibile in tutte le edicole della Sicilia, col Manifesto o da sola. In questo numero: No Tav no Ponte; Benanti, Un regalo per Ciancio; Pecoraro, Rivelazioni di un pentito; Perna, Radiografia del racket. Ed ancora: intervista a Santoro, elezioni a Messina, lavoro e precari, ricordo di Pippo Fava e tanto altro.
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Spot. Mozilla Veneto xe el primo (e unico) web browser interamente in Lengoa Veneta. Questo sito se dedica ala tradusion in lengoa Veneta del browser Mozilla Firefox. Firefox el xe stà scargà xa da 25 milioni de utenti nei primi mesi del 2005 divenendo così el browser nr.1 nel mondo Unix e nr.2 nel campo Windows.
Bookmark: mozillaveneto.sourceforge.net
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Alessandro Paganini wrote:
< In Zambia, solo in Zambia, ci sono 630.000 orfani (dati Unaids 2004). Il ministero degli esteri che vorrei, invece di passare il tempo a imbellettare per l’opinione pubblica le “decisioni” prese al nostro posto dagli USA, dovrebbe ad esempio istituire un ufficio per le adozioni internazionali in Zambia. Ad esempio. Tra parentesi, il 70% delle famiglie zambesi ha adottato uno o più di questi orfani. Noi civili, invece, per adottare (acquistare) un bambino ci mettiamo 5 anni e 20000 euro >
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Ettore Lo Maglio wrote:
< Vorrei che non ci fossero piú lapidi a lastricare i muri di Sicilia a tracciare la fine delle speranze dei Siciliani liberi e onesti. Vorrei che presto,molto presto, venisse incisa un’epigrafe: “Qui giace Cosa Nostra, strumento di morte ed ingiustizia, di schiavitú e di odio, sconfitta dalle donne e dagli uomini che han creduto, credono e crederanno nella vita e nella giustizia, nella libertà e nell’amore. I siciliani posero”
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Paul Elouard wrote:
Avis
< La notte prima della sua morte
Fu la più corta della sua vita
L’idea di esistere ancora
Gli bruciava il sangue ai polsi
Il peso del suo corpo l’opprimeva
La sua forza lo faceva gemere
E’ proprio al fondo di quest’orrore
Che ha cominciato a sorridere
Non aveva un compagno solo
Ma milioni e milioni a continuarlo lo sapeva
E il giorno si levò per lui >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)