24 gennaio 2006 n. 318
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Gli eredi della P2. Periodicamente, gli uomini di Gladio e della P2 tornano a galla con gli attacchi postumi al generale Carlo Alberto dalla Chiesa, cui evidentemente non riescono ancora a perdonare la guerra alla mafia e ai politici mafiosi. Spicca fra loro per pervicacia l’ex presidente (costretto a suo tempo a dimettersi per non commendevoli motivi) Francesco Cossiga. Costui, nel 1990, rese un servigio alla mafia isolando ufficialmente uno dei magistrati maggiormente impegnati, Rosario Livatino: che fu assassinato dai killer pochissimo tempo dopo. L’ostilità di Cossiga contro il generale non nasce tuttavia, a nostro parere, negli anni siciliani ma è presistente ad essi. Sorge probabilmente a metà degli anni Settanta, quando dalla Chiesa, nell’ambito dei carabinieri di Milano, sostenne un vero e proprio scontro con una cordata di militari infedeli, trovati più tardi nelle liste di Gelli ma già allora probabilmente organici a qualcuno dei centri di potere deviato di cui Cossiga più d’una volta ha proclamato la legittimità “politica”.
Riproponiamo dunque un articolo di ventun anni fa, uscito sui Siciliani. Ci duole di dover ricorrere a materiale tanto antico, ma sembra che sulla stampa di oggi l’argomento P2 sia ormai considerato archeologico – nonostante la sua attinenza col governo attuale – e che coloro che si opposero ai poteri mafiosi e occulti possano essere liberamente insultati dal primo faccendiere. In più, da siciliani, dobbiamo onorare un debito verso un soldato della Sicilia. (r.o.)
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I nemici di Dalla Chiesa (I Siciliani, marzo ’85)
“Mi presento spontaneamente per rendere dichiarazioni che ritengo possano avere rilievo nelle indagini…”. E’ il 25 aprile 1981, all’ufficio istruzione del Tribunale di Milano. Sono presenti i giudici Turone, Colombo e Viola e un testimone, l’ufficiale dei carabinieri Nicolò Bozzo.
“Sono tenente colonnello in s.p.e. dell’Arma dei carabinieri e presto servizio quale capo sezione criminalità presso lo Stato Maggiore della Divisione-CC “Pastrengo” di Milano. Ho appreso dalla stampa che l’ufficio si occupa, nell’ambito dell’inchiesta relativa alla scomparsa di Michele Sindona, anche della persona di Licio Gelli e della loggia P2″. L’ufficiale racconta quello che ha appreso, in anni di permanenza nei punti nevralgici dell’Arma, sui gruppi di potere dentro e fuori le gerarchie militari.
“Nel 1972 prestavo servizio presso il comando di divisione di Milano, all’epoca comandata dal gen. Giovambattista Palumbo. Sin dai primi giorni avvertii la presenza di un vero e proprio gruppo di potere al di fuori della gerarchia. Questo gruppo di potere era personalizzato da due maggiori, Calabrese e Guerrera. Di questo gruppo di potere, che aveva una matrice comune nella provenienza per servizio dalla Toscana, faceva parte anche il Comandante della Divisione”.
Nel 1975, sostituito il generale Palumbo con il gen. Palombi, il peso del “gruppo di potere” diminuisce momentaneamente; nel ’77, però, ministro della difesa l’on. Lattanzio, “si scatenò una vera persecuzione nei confronti degli ufficiali che collaboravano più strettamente con Palombi, uno dei quali fu addirittura trasferito su due piedi in Sardegna”; lo stesso Palombi si salva a stento dall’epurazione, e il “gruppo di potere” riprende piede. Negli anni successivi, secondo la ricostruzione di Bozzo, altri uomini si aggregano al gruppo – le cui “comuni origini toscane” consistono, in effetti, nei contatti avuti in tempi diversi con Gelli – e ne rafforzano il potere sul Comando milanese dell’Arma: il tenente colonnello Panella, il nuovo comandante della Legione Mazzei ed altri.
Intanto, la società italiana attraversa i suoi anni di piombo. C’è un episodio minore, ma significativo dei guasti provocati già allora dall’infiltrazione degli uomini di Gelli nell’Arma: un ufficiale investigativo, il capitano Bonaventura, viene convocato da Mazzei e interrogato “sull’opportunità di mantenere rapporti di amicizia” con un tale professor Del Giudice, sospetto di terrorismo. Bonaventura risponde che i sospetti sono fondati: Del Giudice, ritenuto capo di Prima Linea, è indiziato di concorso in rapina. Mazzei, poco persuaso, congeda il capitano. Dopo l’omicidio Alessandrini, la Procura di Milano mette sotto controllo il telefono di Del Giudice e di altri: il 26 giugno 1979 viene registrata una telefonata di Mazzei, nella quale l’ufficiale rivela particolari di un’operazione in corso da parte dell’Arma contro un’organizzazione eversiva clandestina. Per iniziativa del generale Dalla Chiesa, Mazzei viene sottoposto a una inchiesta disciplinare; prima che essa si concluda, Mazzei si dimette dall’Arma e viene immediatamente – “per imposizione di alti esponenti della massoneria toscana” – assunto, come dirigente dei servizi di vigilanza, dal Banco Ambrosiano di Calvi. Questo era il clima.
A fine ’79, Dalla Chiesa viene nominato comandante della Divisione Pastrengo di Milano. Bozzo immediatamente si rivolge al nuovo superiore; gli espone la situazione; gli fa presente che ritiene necessario, a questo punto, rivolgersi direttamente alla magistratura; Dalla Chiesa lo autorizza, e gli dice comunque di “approfondire gli accertamenti”, cosa che Bozzo, con la collaborazione di un altro ufficiale fedele, il capitano Riccio, si affretta a fare. Ma il “gruppo di potere” all’interno dell’Arma è ancora molto forte.
“In occasione dell’arresto di Del Giudice, il colonnello Vitale mi disse che la massoneria tentava ancora una volta di fare quadrato, sottolineando la sua potenza, tenuto conto che di essi facevano sicuramente parte personaggi come Picchiotti, Palumbo, Siracusano ed altri…”. La presenza di gruppi massonici, nell’esercito italiano, non è una novità; ma: “Intendo precisare – specifica Bozzo – che quando si parla di massoneria fra ufficiali dell’Arma si fa riferimento ad una massoneria occulta”.
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Il 14 maggio 1981, il tenente colonnello Bozzo viene nuovamente interrogato da Colombo e Turone. E fa degli altri nomi. “Di quel “gruppo” facevano parte, oltre ai già citati maggiori Guerrera e Calabrese, anche il colonnello Bozzi Nicola, ora in congedo e dirigente, in Milano, di un’organizzazione privata di vigilanza bancaria, i capitani Napolitano e Spinelli, il colonnello Favali ora in congedo e dirigente il servizio di sicurezza della Banca d’America e d’Italia (dall’Arma alle Banche, con determinate protezioni, il passo è breve, n.d.r.), il tenente colonnello Santoro, e il colonnello Musumeci Pietro…”. Musumeci, in particolare, pur dipendendo da un comando romano passava la maggior parte del suo tempo a Milano, nell’ufficio del generale Palumbo col quale, gerarchicamente, non avrebbe avuto nulla a che fare.
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Del catanese Musumeci, poi diventato generale e dirigente del Sismi, abbiamo avuto altre volte occasione di ricordare la strana carriera, conclusasi con l’installazione, per conto della P2 e insieme a personaggi come Pazienza, di una rete eversiva ai vertici dei servizi segreti italiani. Ma per il momento, più che diffondersi sulla sua persona in particolare, giova riassumere i tratti generali della situazione che possono aver qualche relazione con le nostre storie “siciliane”.
1) Un gruppo di potere massonico, o meglio gelliano, o meglio piduista, è costituito presso un ganglio fondamentale dell’Arma fin dal 1972;
2) Al centro di questo gruppo compaiono alti ufficiali siciliani, o successivamente operanti in Sicilia, come Musumeci e Siracusano;
3) Questo gruppo viene in aperto contrasto, già a Milano e almeno dal giugno 1979, col generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il quale tenta per quanto può di opporsi ad esso;
4) Tale contrasto è peraltro parallelo con quello che opponeva Dalla Chiesa al generale Cappuzzo, esponente fra l’altro – in Sicilia – dei “Cavalieri del S. Sepolcro” del costruttore palermitano Cassina, fra i quali si annovera anche il colonnello catanese Licata;
5) Non vi è motivo di ritenere che l’uno o l’altro contrasto siano cessati con la destinazione di Dalla Chiesa in Sicilia;
6) Bozzo non conta balle: la presenza della P2 nei vertici della polizia e dei carabinieri era davvero decisiva, e lo era particolarmente negli anni “di piombo” su cui egli testimonia. Per esempio, la Relazione Anselmi rende ufficialmente noto che ai tempi dell’affaire Moro (durante il quale, com’è noto, un’attiva opera di depistaggio è stata svolta da Musumeci), le indagini delle forze dell’ordine venivano dirette da un Comitato di coordinamento composto in massima parte di piduisti. “Risultano infatti presenti i seguenti affiliati alla loggia P2: i generali Giudice, Torrisi, Santovito, Grassini, Lo Prete, nonché, ad una di esse, il colonnello Siracusano”.
Dalla Chiesa e il gruppo di potere piduista erano nemici. Dalla Chiesa e la mafia erano nemici. La mafia e la P2 avevano un nemico in comune.
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Pirati di tutto il mondo, unitevi. Piratpartiet, il partito dei pirati: era nell’aria che prima o poi qualcuno ci avrebbe pensato, ma a sorpresa questa novita’ non arriva da paesi caldi e ribelli, ma dalla mite e paciosa Svezia. Il gruppo di utenti Internet che ha dato vita a questa originale formazione politica ha messo subito in chiaro i propri obiettivi: combattere le politiche commerciali selvagge delle lobby del software e dell’intrattenimento, rimuovere qualsiasi ostacolo alla libera circolazione delle informazioni, ma soprattutto superare lo sbarramento del 4 per cento nelle prossime elezioni politiche, un traguardo che vale 225 mila voti. In Italia un esperimento analogo fatto del sito internetcrazia.org finora non e’ riuscito a decollare, forse perche’ di questi tempi parlare di democrazia diretta non ha lo stesso fascino e la stessa forza di mobilitazione di un esplicito invito alla pirateria, che porta con se’ il sogno di un partito in grado di trasformare in realtà le utopie libertari nati da un quarto di secolo all’ombra dei personal computer e nelle comunita’ virtuali telematiche.
A pensarci bene non e’ poi cosi’ assurdo pensare ad un partito Europeo dei pirati con varie federazioni nei singoli stati membri, e allora lancio un appello per vedere se c’e’ in ascolto qualcuno che vuole legalizzare lo scambio di musica e video in rete senza scopo di lucro, o dare piena legittimazione alle Tv di quartiere che oggi rischiano condanne penali, oppure affermare il diritto alla riservatezza nelle comunicazioni elettroniche contro bavagli e sequestri repressivi, o magari trasformare in carta straccia tutti i brevetti che impediscono di produrre farmaci salvavita anti-aids. Proviamo a contarci: scrivete a carlo@gubi.it, e fatemi sapere le vostre idee per un programma politico pirata. [carlo gubitosa]
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Wanted. Taglia di 100 dollari per chiunque denunci un professore “troppo di sinistra”. L’ha istituita un’associazione di ex studenti conservatori della University of California e la cosa, rivelata dal Los Angeles Times, ha scatenato polemiche (persino) negli Stati Uniti.
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Freddo. In Italia e in Russia: naturalmente non c’è paragone fra i gradi di Roma (che però sono bastati ad ammazzare due polacchi e un ragazzo siciliano, in auto abbandonate o in vagoni alla stazione) o della Lombardia (dove è morto un invalido cui avevano tagliato luce e gas) e quelli di Mosca, dove il Generale Inverno, che una volta difendeva i russi, adesso ne fa strage. Manca il petrolio per riscaldarsi: una volta era gestito dallo stato, adesso è “privatizzato” dalle varie cosche mafiose. Non arriva fino a Ivan, nella sua soffitta sottozero. La mattina si raccolgono i morti congelati.
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Mafia 1.Due terreni nel Ragusano e un palazzo signorile a Vittoria – sempre in provincia di Ragusa – cedonsi in cambio di un vitalizio. Sembra uno scherzo, invece è l’epilogo di una vicenda allucinante. La racconta Giovanni Pancari, il proprietario che da trent’anni cerca di venderli ma vede ogni volta le trattative arenarsi inspiegabilmente. Chiama in causa la mafia locale che lo avrebbe danneggiato fino a minacciarlo di morte: in effetti oggi Pancari e la moglie vivono a Catania, perché “se metti piede a Vittoria ti facciamo la pelle”.
I beni – che Pancari ha avuto in eredità dal padre e successivamente son stati divisi al 50% con una sorella che non ha mai avuto problemi di sorta – hanno subìto traversie di qualsiasi tipo: saccheggiamenti, furti, danneggiamenti, a partire dagli inizi degli anni ’90, quando nel palazzo di Vittoria viene completamente svuotata la cucina. Si susseguono numerosi furti di suppellettili ma anche di documenti di proprietà della famiglia di Pancari. Il palazzo e i fondi vengono spesso “occupati” da gruppi di persone non meglio identificate. Addirittura uno dei due appezzamenti di terreno, il fondo Tremolazza, viene circondato da sbarramenti di vario tipo per impedirne l’accesso.
Pancari denuncia i furti e le prime intimidazioni, ma non riceve risposte incoraggianti dall’autorità giudiziaria. Al contrario la situazione peggiora, perché capita sempre più spesso che i possibili acquirenti dei beni interrompano i contatti all’improvviso, anche dopo aver manifestato un vivo interessamento ai beni. L’uomo e la moglie vengono inoltre fatti oggetto di minacce telefoniche insistenti, fino a quando gli viene intimato di non mettere più piede a Vittoria.
Nell’agosto del 1992 Pancari si reca con la moglie e un conoscente, accompagnato dal figlio, con due vetture nel fondo Tremolazza per documentare fotograficamente l’ennesimo episodio di danneggiamento. Al ritorno verso casa Pancari e la moglie si trovano la via sbarrata da tre veicoli. La sua vettura viene circondata da un gruppo di persone, una delle quali ha un fucile subacqueo carico. Un’altra persona si infila nel finestrino dal lato della moglie con atteggiamento provocatorio. Pancari chiede più volte che gli venga liberato il passo, ma sarà solo l’arrivo della macchina del conoscente a mettere in fuga il gruppo.
Oggi, all’età di settantasei anni, Giovanni Pancari non ce la fa più. Si dichiara pronto a cedere gratuitamente il palazzo signorile e i due fondi in cambio di un vitalizio mensile che consenta a lui e alla moglie una vita dignitosa. Non ha idea di chi possa avergli voluto impedire per tutti questi anni non solo la vendita ma anche l’utilizzo dei suoi averi. Ha provato a rivolgere la sua richiesta all’associazione antiracket di Caltanissetta, che risponde che in assenza di dati più circostanziate non può fare molto. Le altre associazioni contattate da Pancari non hanno risposto. [enrico natoli]
Bookmark: www.cuntrastamu.org
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Mafia 2. Ancora a piede libero il boss della regione siciliana Cuffaro. Stavolta lo accusa l’ex segretario dei giovani Udc, tale Campanella, suo ex assistente e naturalmente mafioso. Appalti, centri commerciali, sindaci e assessori scelti direttamente da Cosa Nostra: non entriamo in particolari per tema che parte della popolazione locale, entusiasta di tanta efficienza, sommerga il valoroso presidente sotto una valanga di voti.
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Mafia 3. Dalla “Catena” del 10 settembre 2001: < Forza Veneto. I nuovi proprietari – veneti – dell’ex azienda agricola dei mafiosi Salvo, a Sambuca di Sicilia, hanno fatto saltare con la dinamite l’orrendo e gigantesco cubo di cemento che i Salvo avevano costruito per immagazzinarci all’americana il vino. “Faremo una cantina nuova e molto più bella – ha detto il capo dei veneti – seguendo le tradizioni della campagna siciliana”. Bravo. Non avete idea di quanto sia bello, per un terrone, poter parlare bene dei veneti, appena c’è l’occasione >
Quattro anni dopo: Zonin si mette d’accordo con Cuffaro, acquisisce una banca (Banca Nuova), fa intrallazzi con Ricucci, vince le gare per il monopolio bancario dei contributi pubblici in Sicilia (più o meno come i Salvo), si fa inquisire dai giudici, ecc. ecc. Vabbé: compriamo il vino di Libera – quello prodotto sui terreni confiscato ai boss – e smettiamo di farci illusioni sui “grandi imprenditori moderni”, siculi o veneti che siano, che quando vedono mafia pensano solo “oh che bei quattrini!”.
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Antimafia 1. La prima cosa che fece il generale dalla Chiesa, quando arrivò a Palermo, fu di confiscare i pozzi con cui i mafiosi – che ammazzavano chiunque parlasse di dighe nuove – speculavano sulla mancanza d’acqua dei contadini. Il primo punto del programma della lista antimafiosa, adesso, è quello di difendere l’acqua dei siciliani, riportandola sotto il controllo pubblico (adesso è “privatizzata”, sia pure non nella rozza maniera dei Greco e dei Riina) e applicando un sistema tariffario che tuteli i contadini e non li costringa a mendicare l’acqua alle cosche. La “non-politica” Rita Borsellino ha individuato immediatamente il centro nevralgico della politica siciliana.
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Antimafia 2. E’ cominciato il lavoro per l’elaborazione del programma del governo antimafioso. Non verrà fuori da qualche testa di politico, ma da un processo lungo e democratico che coinvolgerà migliaia di siciliani. In ogni comune, in ogni area omogenea e alla fine nell’intera regione verranno messi in piedi dei “cantieri” (ognuno supportato da un gruppo di servizio specializzato) sui vari temi da affrontare. Chi vuole porterà qui i suoi contributi, le sue proposte, i suoi cahiers de doleance.
I temi individuati sono dodici: Bilancio programmazione e politiche di sviluppo; Territorio, Ambiente e Sostenibilità; Agricoltura e pesca; Industria, artigianato, commercio e cooperazione; Lavori pubblici, infrastrutture e trasporti; Politiche del lavoro, sociali e del terzo settore; Cultura, scuola, università e ricerca; Turismo e beni culturali; Sanità; Legalità democratica, diritti e partecipazione; Assetti istituzionali ed organizzativi e riforma dell’amministrazione regionale; e Pace, immigrazione, intercultura e cooperazione internazionale.
L’elenco, già di per sè, è “politico”: delinea una Costituzione, più che un semplice programma elettorale. Critica: manca un tema importantissimo, quello dell’informazione libera (che in Sicilia è assente) e del diritto ad accedervi da parte dei cittadini.
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Santiago. Si è ufficialmente insediata Michelle Bachelet, figlia di un generale ucciso dalla dittatura di Pinochet, eletta presidente del Cile dopo una campagna elettorale che ha visto la sinistra prevalere sui sostenitori più o meno palesi di Cosa Nostra. Il sostegno alla signora Bachelet è venuto soprattutto dalla società civile, stanca di un sistema mafioso che aveva dilapidato le risorse del paese a vantaggio di pochi loschi privilegiati. Le toccherà adesso governare una delle regioni più “difficili” del continente, dove l’alleanza fra poteri economici e criminali ha spadroneggiato per decenni stroncando nel sangue ogni opposizione, da Prats a Dalla Chiesa, da Falcone a Allende.
La vittoria della signora B. (prima donna presidente: fatto in sè già molto significativo per le tradizioni maschiliste dell’isola, dove fino a pochi anni fa vigeva il delitto d’onore) può aprire una svolta reale nella storia di questo lontanissimo e paese, oggi diviso fra una destra rozza e nostalgica e un centrosinistra timido e irresoluto ma percorso appena una generazione fa da una sinistra coraggiosa e combattiva: che sembra rivivere oggi, nei suoi tratti migliori, nelle speranze suscitate da questa “fragile” eppur vincente signora.
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Spot. E’ adesso anche in rete il mensile dei noglobal siciliani (in edicola in Sicilia col Manifesto) Isola Possibile. Gli ultimi affari di Ciancio (di Marco Benanti), e altre inchieste.
Bookmark: www.isolapossibile.it
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Spot. “Da qualche giorno è attivo il sito web del Gapa (“Giovani Assolutamente per agire: un gruppo che da oltre dieci anni è presente nei quartieri più poveri di Catania, ndr) con notizie sull’associazione, sul giornale di quartiere e sulla nostra casa, il Gapannone. Giovedì sera al Metropolitan ci sarà inoltre il nostro spettacolo, Sogno di una notte di mezza estate. E’ un’occasione per vedersi, per stare insieme e per raccontarvi quello che abbiamo fatto nell’ultimo anno. Vi aspettiamo. Adesso e da qui si resiste, i ragazzi del Gapa”.
Bookmark: www.associazionegapa.org
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Spot. “Fra pochi mesi si terrà un referendum fondamentale per la nostra Democrazia. Ci verrà chiesto se vogliamo che sia stravolta la nostra Costituzione con una “riforma” che dà tutti i poteri in mano ad un uomo solo. Il Comitato Pistoiese in Difesa della Costituzione ha redatto un libretto che spiega in modo semplice e lineare cos’è questa “riforma” e perchè votare NO al referendum confermativo”.
Per scaricarlo: freeweb.supereva.com/verdena/codico/libretto.pdf
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Salvatore Resca wrote:
< Un gruppo di noi ha partecipato al consiglio comunale nel corso del quale si sarebbe dovuto discutere, davanti al sindaco, del dissesto finanziario del comune di Catania. Non se ne è fatto nulla. Il sindaco ha rifiutato di parlare e l’opposizione ha abbandonato l’aula. Abbiamo finalmente contattato l’assessore Caruso. Il quale ci ha assicurato la sua presenza all’assemblea che faremo lunedì 30 in via Siena, 1 Catania >
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Pasquale I. wrote:
< Vite parallele. Tanzi con il suo operato ha infangato se stesso e danneggiato un numero limitato di cittadini: il Cavaliere invece, con la complicità dei deputati che gli tengono bordone e grazie ad una opposizione che prima non ha saputo impedirgli di tornare al governo e adesso si fa mettere alle corde, ci infanga tutti e danneggia tutto il Paese>
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linarena@yahoo.it wrote:
< Da qualche tempo mi interesso della flessibilità danese e della simpatia che frange della sinistra liberaldemocratica italiana manifestano per importare un modello ignobile di normativa sul lavoro. Adesso anche Repubblica ha dedicato una pagina all’economia danese ed alle meraviglie del rapporto di lavoro interrotto in tronco e compensato per 4 anni dallo stato con il 90 per cento dello stipendio.Questa pacchia tuttavia è destinata a sparire se offrono al disoccupato un qualsivoglia posto di lavoro. Se rinuncia perde tutto. In ogni caso, mi indigna il fatto che giuristi di fama e cattedratici di presunto valore non intervengano per smontare questa insulsa ed ignobile favola >
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Ariel P. wrote:
< Le ragazze della IV C per vedere un futuro migliore dovrebbero pernsare a studiare ed imparare per capire se non fanno discorsi scimmiottando i grandi. Rete = Orlando = Mafia >
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No comment.
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Moreno wrote:
< Ma i potenti sono anch’essi persone? Mi spiego. Immaginate Vespa, che al termine di un faccia a faccia di due ore tra, mettiamo, Tremonti e Fassino, per concludere la trasmissione chiede a Fassino “Allora, adesso faccia un complimento a Tremonti!” e a Tremonti “Faccia un complimento a Fassino!”. Prendiamo Berlusconi. Ormai ne parlano tutti male, tranne quelli che sono stipendiati da lui (e le misteriose percentuali che dai sondaggi risultano ancora intenzionate a votarlo). La cosa però è diventata da tempo noiosa e inutile. In effetti, se credessi nell’esistenza di Satana per me Berlusconi sarebbe la cosa più vicina a una sua incarnazione. È così che lancio con enorme curiosità e piacere l’esercizio opposto: troviamo un pregio a Berlusconi! Non intendo il fatto che sia un buon imprenditore e che abbia vinto tante coppe dei campioni col Milan, quelle non sono vere e proprie qualità. Intendo delle qualità umane. Per esempio mi vengono in mente la stima e l’amicizia che sembra nutrire con sincerità nei confronti di Gianni Letta. Oppure un certo spirito paterno che mi pare abbia dimostrato in occasione del sequestro delle due Simone… >
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Temo che lo scambio di complimenti sia già avvenuto, fra Rutelli e Berlusconi. Ma mi congratulo con Lei per il suo fair play. L’hanno inventato gli inglesi, durante la guerra civile contro re Carlo Stuart, cui alla fine tagliarono – ma garbatamente – la testa.
Bookmark: www.santiagofilm.it/berluspregio.asp
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Paolo B. wrote:
< Ettore vorrebbe la lapide: “Qui giace Cosa Nostra, strumento di morte ed ingiustizia. I siciliani posero” >. Ma perché escludere noialtri “nordici” da questa bella epigrafe?
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ppp wrote:
El testament Coràn
< In ta l’an dal quaranta quatro
fevi el gardòn dei Botèrs:
al era il nuostri timp sacro
sabuìt dal soul del dovèr.
Nuvuli negri tal foghèr
thàculi blanci in tal thièl
a eri la pòura e el piathèr
de amà la falth e el martièl
Lassi in reditàt la me imàdin
ta la cosientha dai siòrs.
I vuòj vuòiti, i àbith ch’a nasin
dei me tamari sudòurs,
Coi todescs no ài vut timour
de tradì la me dovenetha.
Viva il coragiu, el dolòur
e la nothentha dei puarèth! >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)