San Libero – 331

25 aprile 2006 n. 331

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Casablanca. Esce giovedì 11 maggio in Sicilia e in alcune città più su. E’ una rivista più o meno come il vecchio Avvenimenti ma con metà pagine (la stiamo facendo a cambiali). Dei “vecchi” per ora ci siamo io, Graziella Proto e Lillo Venezia (quello del “Male”: è il più moderato e ragionevole dei tre, dal che potete capire il livello medio della banda), con Shining alle tastiere. Poi c’è una decina di giovani giornalisti venuti su ora; e, al solito, i vecchi e nuovi compagni che si stanno arruolando in questi giorni, appena sentito il segnale, al solito, alla garibaldina.

Al solito, non pretendiamo di far tutto da soli: contiamo sul fatto che, facendo partire concretamente un primo gruppo, ne nasca un processo virtuoso che metta in moto in Sicilia e dappertutto qualcosa. Rita, Berlusca, Provenzano, le speranze, i cortei: cosa c’è più da aspettare? Quando, se non ora?

Inutili lunghi discorsi su che cosa sarà questo giornale, a che cosa serve, a che si ricollega – di chi vuole, quest’ennesima volta, rialzare la bandiera. Vi chiedo piuttosto di cominciare a organizzarvi per dare seriamente una mano, ciascuno dove si trova; ovunque vi troviate, c’è buon lavoro da fare.

A parte la redazione di Catania, che è già operativa (via Caronda 412), pensiamo di aprire entro maggio dei punti di riferimento a Palermo, a Messina e a Roma. Manterremo il vecchio settore “Sud” per l’estero. (Non abbiamo affatto rinunciato all’idea del giornale in rete: avremo novità anche qui quest’estate, centralizzando a Bologna, e ci sta lavorando Gubitosa). Prendete quindi contatto al più presto e dite cosa potete fare.

A quelli di voi che sentono parlare per la prima volta di queste cose chiedo di vedere un po’ quanto dista “Casablanca” casa loro: magari miglia e miglia fisicamente, ma forse idealmente pochi metri. Ai “vecchi” dei Siciliani, di Avvenimenti, dell’Alba e di SiciGi chiedo scusa per non averli contattati prima uno per uno (com’era mio dovere): semplicemente non ce l’ho fatta. Ma ciascuno di voi si senta invitato personalmente a riprendere il suo posto. Avvertite, appena potete, quelli che non sono riuscito a trovare io: sapete benissimo i nomi dei nostri compagni che ora rivogliamo con noi.

E’ un’avventura pazzesca, resa possibile dalla pazzia delirante dei più pazzi fra noi. Ma non ci sentiamo pessimisti, nè scoraggiati; non lo siamo mai stati, lo sapete. Andremo avanti a debiti e a spintoni, come sempre abbiamo fatto e come sempre c’è toccato, ma con un mestiere saldissimo in mano e la stessa determinazione di prima. Perciò ognuno dia tutto quello che può, s’impegni serenamente al massimo, perché il momento è ora.

Chiamatemi con proposte immediate. Non aspettate di essere chiamati, mettetevi in moto subito, d’iniziativa. Chi non ha ricevuto incarichi, ne chieda. Siamo in lavorazione per i numeri uno e due. “It’s the press, baby”.

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Presidenti. Ci piacerebbe un Presidente della Repubblica che avesse fatto la Resistenza. Un Presidente della Repubblica che avesse fatto la scelta della nonviolenza. Un Presidente della Repubblica femminista. Una Presidente della Repubblica. Lidia Menapace, insomma. [beppe sini, r.o.]

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Prime firme pervenute: Laura Bottai, Antonella Sapio, Marta Ghezzi, Peppe Sini, Maria Luigia Casieri, Daniela Musumeci, Doriana Goracci, Pasquale Iannamorelli, Norma Bertullacelli, Daniele Lugli, Antonio Bruno, Edi Rabini, Alessandro Portelli, Riccardo Orioles, Giovanni Scotto, Dacia Maraini, Luca Kocci, Giovanna Providenti, Giovanni Colombo, Domenico Jervolino, Daniele Vasta, Andrea Trentini, Daniele Dal Bon, Yukari Saito, Antonio Vigilante, Angela Dogliotti Marasso, Marcella Bravetti, Alessio Di Florio, Bruno Segre, Farid Adly, Zenone Sovilla, Brunetto Salvarani, Isidoro D. Mortellaro, Gino Buratti, Paola Pavese, Marco Servettini, Giuliano Falco, Giovanni Sarubbi, Roberto Melone, Piercarlo Racca, Daniele Barbieri, Daniele Aronne, Giorgio Montagnoli, Francesco Comina, Raffaele Mantegazza, Barbara Benini, Claudio Debetto, Michele Meomartino, Agnese Ginocchio, Daniele Gallo, Mirella Sartori, Maria G. Di Rienzo, Francesco Pistolato, Guido Cristini, Marisa Mantovani, Enrico Lanza, Giacomo Alessandroni, Gerard Lutte, Claudio Ortale, Gigi Malabarba, Flavia Neri, Enzo Piffer, Giuseppe Stoppiglia, Giorgio Gallo.
Inviare a: nbawac@tin.it

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(Non ci piacerebbe invece una presidente che abbia inciuciato, che abbia favorito i Vip della sua città e che abbia attaccato a ogni occasione i movimenti. Una Finocchiaro, insomma)

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Venticinque aprile. L’Anpi, i ragazzi di IoStoConFalcone e un sacco di altri compagni delle Resistenze vecchie e nuove. Dove? Roma, Porta san Paolo, di mattina. La stessa piazza dove le guardie a cavallo caricarono, nel ’60, la gente che protestava contro il nuovo governo fascistizzante (che difatti cascò). Dove, nel ’43, granatieri e popolani, armati di fucili e di qualche mitra, affrontarono i carri armati tedeschi che se ne venivano giù per via Ostiense, mentre scappava il re con tutti i suoi generali.

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Miracoli. Eccolo qua: Andreotti presidente del Senato. Solo questo ci mancava. Giulio Andreotti, del quale una sentenza della Cassazione dice che frequentò consapevolmente i capi di Cosa Nostra prima e dopo l’omicidio del presidente della Regione siciliana Piersanti Mattarella. L’amico dell’antistato dovrebbe simboleggiare lo Stato. Un colpo simbolico alla mafia (Provenzano) e un colpo simbolico all’antimafia (che ci frega di Mattarella?). Già trovo incredibile che egli sia stato fatto – da Cossiga naturalmente!- senatore a vita. Ossia che di lui, con questi trascorsi, si sia stabilito che abbia “illustrato la patria per altissimi meriti”. Ora trovo stupefacente che, non paghi di averlo beatificato perché… la prescrizione lo ha salvato dalla condanna penale, lo si voglia trasformare in un padre della patria, nel provvidenziale tutore di questa “Italia divisa”. Non mi stupisce che l’Udc che difende Cuffaro faccia una proposta del genere. Mi stupisce che nessuno se ne scandalizzi. Ma “il giorno della memoria” non serve proprio a niente? O lo si celebra per legittimare l’oblio 364 giorni all’anno? [nando dalla chiesa]
Bookmark: www.nandodallachiesa.it

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Prodigi. E’ nato un vitello con due teste, un neonato ha pronunciato alcune parole in babilonese, un contadino ha visto una cometa sul suo orticello e l’onorevole D’Alema ha rinunciato a una poltrona. Che diamine hanno in mente gli dei? Perplessi come non mai gli aruspici. La maggior parte ritiene comunque che tutto ciò non annunci guerre e carestie bensì qualcosa di buono – per quanto inusitato – per il futuro: una sinistra che non litighi e pensi all’interesse collettivo. Bravo D’Alema, pessimo – nella stessa occasione – Bertinotti. Che, conquistata la poltrona, ha raddoppiato la gaffe paragonandosi nientepopodimenoche a Pietro Ingrao.

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Riforme. Londra. Settemila sterline pagate dal partito laburista britannico per spese di parruccheria della signora Blair, consorte del Grande Riformatore.

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Problemi. Ancora asserragliati nei rispettivi palazzi il re del Nepal Gyanendra Primo e il premier del Belpaese Silvio Zero. Il primo è assediato dalla folla che vorrebbe impiccarlo un pochino. Per il secondo si pensa invece di lasciarlo dove si trova (risparmiando così la spesa del carro-attrezzi), trasferendo la sede del governo sulla Prenestina, in un’ex fabbrica da ristrutturare. Non si sa però se l’interessato preferirebbe un classico Governo in Esilio (Hammamet, Seychelles, Sant’Elena, Isole Caimane) dal quale incitare alla rivolta contro l’iniquo governo communista e oppressore.
(Ma dov’è Taormina? Nel momento del bisogno, se la squaglia con tutte le sue trovate: così resta tutto sulle spalle a quel povero Calderoli)

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Al solito, Fini nel limbo. Nè il coraggio del bene nè quello del male.

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Bella Ciao. Torna Santoro e ne siamo tutti felici. Era quello che aveva avuto il coraggio di mandare in onda Borsellino (censurato da Lerner e da Mentana) e l’hanno licenziato per questo. Perciò ci siamo mobilitati in tanti per difenderlo, e abbiamo fatto bene. Dopodichè il valoroso Santoro annuncia che torna con dei nuovi giornalisti, fra cui “è molto probabile che sarà al mio fianco”… chi? La contessina Beatrice Borromeo, anni venti, sicuramente una grandissima ed esperta giornalista ma finora nota principalmente come cognata di John Elkan e occasionalmente come modella. Un sacco di cose di dire sul giornalismo, sui giornalisti, su come si fa carriera e come no. Ma dai, non guastiamoci la festa. “Affanculo, Michele”, semplicemente.

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Scherza coi fanti. Secondo il presidente dell’Ordine dei Giornalisti di Sicilia, “grandi inviati” in Sicilia sono stati (oltre a quelli che lo erano davvero, e che ogni tanto vengono ipocritamente commemorati alla presenza di eccellenze, autorità, ponzipilati e donabbondi) Domenico Tempio ed Enzo Asciolla. Del primo, innocuo “culo-di-pietra” (termine tecnico: sta per anziano e lento caporedattore) di Ciancio, niente da dire nè in bene nè in male. Del secondo però ricordo benissimo il servizio che rese alla mafia catanese nel 1985, quando intimidì e spinse al silenzio (pubblicandone su La Sicilia nome, cognome, foto e persino indirizzo di casa) il pentito Luciano Grasso, che aveva annunciato ai magistrati informazioni utili alle indagini sull’assassinio di Giuseppe Fava.

Ormai non protesto più quando Giuseppe Fava, Enzo Baldoni (stiamo scrivendo col computer che ci regalò prima di partire), Beppe Alfano o Maria Grazia Cutuli vengono “commemorati” da gente che con loro non ha mai avuto nulla a che spartire, e men che mai col loro giornalismo. Ma che a questi nomi mescolino quello di un Asciolla, questo non riusciamo a tollerarlo.

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Un prete calabrese: “Annunciare (il vangelo), denunciare (i mafiosi), rinunciare (ai privilegi del potere)”.

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Max wrote:
“Morettiana. Sa cosa stavo pensando? Una cosa molto triste: che io anche in una politica migliore di questa mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza…Il problema è che in questo Parlamento neanche vedo le minoranze, è tutta una grande maggioranza. Avrei tanto voluto vedere un pasticcere trozkista vero, avrei tanto voluto… E poi questi politici che giocano “al vengo o non vengo? Mi si nota di più se vengo o se non vengo? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di profilo, in controluce. Poi gli fanno “Vieni di là con noi, dai” e poi dicono “andate, andate, vi raggiungo dopo”. E questa campagna elettorale tutta a rincorrere Silvio, una campagna a tutta ad urlare: ” Marca Berlusconi marca Berlusconi marca Berlusconi marcalo marcalo marca Berlusconi!!!”. E tutti questi finti giovani, questi finti giovani che giocano a fare i socialdemocratici, i comunisti, i socialisti, gli ambientalisti… che tristezza…Voi gridavate cose orrende e violentissime e Voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste e ora sono uno splendido ventenne”.

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enzo_vitagliano@libero.it wrote:
< Non so se hai visto Matrix: come ospite di Mentana c’era quel sacrestano di Tremonti, il quale non ammette la sconfitta e si basava sulla differenza di schede bianche tra camera e senato. Fagli capire che alla Camera hanno votato i giovani sotto i 25 anni (i quali, non avendo esperienza di voto, sconcertati da tutta la classe politica hanno reagito con scheda bianca); al Senato, con elettori più smaliziati, le schede bianche erano inferiori. Ecco da dove nasce la discrepanza tra camera e senato su cui Tremonti reclama tanto. I due milioni di votanti in più rispetto alle elezioni precedenti si ricavano da quelle persone che da anni non votano per protesta e che invece questa volta hanno votato, sempre per protesta… ma per fare andare via berlusconi >

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L.F. wrote:
< La pagina sul caso di Rita è una delle più profonde che abbia letto su che cosa è mafia, cultura mafiosa. Grazie e sempre tanti auguri >

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stinkfoot@cheapnet.it
< Com’e’ possibile essersi gia’ pentiti di averli votati? Ma basta guardarli accapigliarsi per le presidenze delle camere, per i ruoli di governo… basta sentire Bertinotti che minaccia cure dimagranti per Mediaset e i vari Rizzo, Pecoraro Scanio e compagnia che ancora tentennano, distinguono… >

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Ettore Lomaglio Silvestri wrote:
< Sappiamo che arrestare un padrino non vuol dire sconfiggere la mafia. Dopo Liggio è venuto Riina dopo Riina Provenzano. Ma sappiamo che i legami politici son molto personali e perdere Binnu u’tratturi vuol dire perdere i suoi amici politici. Speriamo che il nuovo governo non perda colpi combattendo la mafia quotidianamente sul territorio socialmente e politicamente e sopratutto in maniera organica. È una guerra senza medaglie che ha nella sconfitta del nemico l’unico obiettivo e premio. Per fare questo era fondamentale mandar via chi aveva detto che con la mafia bisogna conviverci. Noi siamo contenti di tutto questo e continueremo più intensamente la nostra battaglia quotidiana >

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e.c. wrote:
< Vi prego di sospendere l’invio della Catena. Vi auguro per il futuro di realizzare prandi progetti per il successo dei vostri ideali che sono pure i miei, anche se a 82 anni è difficile sognare. Vogliate gradire con la mia più profonda stima, cordiali saluti >

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Va bene. Vuol dire che ricominceremo a mandarLe la catena dall’anno prossimo. A presto e un affettuoso saluto.

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franco_mistretta@yahoo.it wrote:
< Il primo a parlare di ‘borghesia mafiosa’, negli anni ’60, fu Mario Mineo, vecchio dirigente del Pci prima e del Manifesto poi. Numerosi suoi saggi e articoli chiedevano anche la confisca dei beni mafiosi, in un tempo in cui ciò non veniva ritenuto realista e la sinistra extraparlamentare (Rossanda compresa) lo accusava di preoccuparsi del “banditismo” piuttosto che del comunismo. Sarebbe il caso di dedicargli qualche riflessione, prima o poi >

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Elisa la Rosa wrote:
< Ciao R., sicuramente ti ricorderai di don Peppino “u’ molafobbici” (storpiato in “malafobbici”), arrotino di fervente fede socialista e grande sostenitore della repubblica che, durante la campagna per il referendum monarchia-repubblica nel lontano ’46, veniva schernito dai notabili della nostra cittadina, borboni e monarchici, con la frase: “Ma cu po’ vuliri a repubblica? Sulu un molafobbici!”. Dopo la vittoria della repubblica, il Molafobbici si sciacquò la bocca con cotanti signori, deridendoli: “E cu putìa diri chi c’eranu accussì tanti molafobbici in Italia?”.
Rispondendo allo stesso modo ad un “notabile” della seconda repubblica, che si ritiene domineddio e non si decide ancora a scendere dal trono, io dico “E chi poteva dire che c’erano così tanti coglioni in Italia?” E mi auguro che ce ne siano ancora di più che votino Rita Borsellino >

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Will<sksp@uk.gay.com> wrote:

< Come un guitto maldestro s’arrabbatta,
scordata la sua parte, sulla scena
– come rabbiosamente si consuma,
inutilmente, l’impeto che batte –

così insicuro, in panico, mi spremo
cercando una parola che mi aiuti
e mi confondo dentro questa pena
così troppo potente così acuta.

Così, parlino i versi, e taccia io:
parlino solo loro al posto mio,
portino amore, chiedano l’amore
che lingua mai non riuscì a trovare.

Se tu imparassi a leggere i miei gesti
– i silenzi, gli sguardi – capiresti. >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)