San Libero – 345

17 novembre 2006 n. 345

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La mafia – l’abbiamo detto tante volte – non è un’escrescenza criminale; è un potere. Non si combatte con le celebrazioni, ma con le riforme profonde e le lotte sociali. Pensate che colpo terribile, per Cosa Nostra e il Sistema campano, sarebbe una legge sulla trasparenza bancaria. Concordano giovani e vecchi maestri, il ragazzo Roberto Saviano e il “vecchio” Umberto Santino. E’ l’antimafia difficile, quella che non crea status ma cambia tutto.

A Roma, agli Stati Generali, bisognerà parlare di questo. Bisogna obbligare il governo di centrosinistra mettere la lotta alla mafia come prima priorità. Può farlo con due leggi precise:  una è  quella sull’allargamento della gestione sociale dei beni confiscati a tutta l’economia extralegale (non solo Provenzano, per intenderci, ma anche Tanzi) e ha fatto benissimo Libera a porla fra i suoi obiettivi. L’altra, quella sul controllo bancario e sulla trasparenza.

E’ un momento importante anche, più specificamente, per noi di Casablanca, e in genere per coloro che lottano per l’informazione libera qui nel Sud. Abbiamo cominciato a riunire – col recente convegno, ma non solo – tutto l’arcipelago di  piccole testate locali, di associazioni,di siti web, di gruppi della società civile che, numerosi e entusiasti ma divisi, tengono coraggiosamente la prima linea contro l’informazione e la cultura mafiose. Noi non vogliamo egemonizzare nessuno. Ma siamo decisi ad andare avanti comunque, pronti ad allearci con chiunque sia disponibile, ma con una discriminante precisa: unirsi per lottare. E’ la logica, è il modello, dei comitati unitari della Resistenza. Perché qua si lotta per una liberazione.

La strada, è quella della rete. La rete come struttura agile, non centralistica, imformale, che accolga alla pari tutti e da tutti prenda qualcosa. E la rete come web, supporto indispensabile per qualsiasi iniziativa, e anche per qualsiasi giornale: il nostro, e quelli – assai più ambiziosi – del futuro. “Ma allora volete fare un quotidiano, un settimanale, una tv, che cosa?”. Vogliamo fare una cosa del tutto nuova, eppure assolutamente possibile, un mezzo che stia nella rete, che entri nelle case di tutti, e che all’occasione diventi carta stampata. E’ un percorso lungo e difficile, ma professionale, ma realistico; ed è già cominciato.

Non è solo il “nostro” percorso – non basterebbero le forze – ma è il percorso di tutti. Tutti coloro che vogliono uscire dalle piccole zone libere, discendere giù a valle tutti insieme. Per questi lavoriamo adesso, ciascuno coi suoi strumenti, ma sapendo che nessuno di essi è completo.
(A proposito: per la prima volta, un giornale non specialistico in Italia viene prodotto interamente con Linux. Questo giornale è Casablanca, e ne siamo orgogliosi: è sempre la tradizione dei Siciliani (interamente autogestito in fotocomposizione già nei primi anni 80), di Avvenimenti (primo giornale a Macintosh, primi ’90), di “movimento+tecnologia”. Anche questo è “politico”, anche questo è una libertà in più e apre una strada).
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“Sbavaglio”, il convegno sullo stato dell’informazione in Sicilia organizzato da Casablanca, Isola Possibile e Tele Jato, si è svolto in due giornate distinte. La prima è stata un susseguirsi di narrazioni, resoconti e notizie: un’esigenza di raccontarsi, di farsi conoscere e raccordarsi con gli altri. Sono intervenute le testate che trovate nei box di queste pagine e altre ancora, fra cui bisogna segnalare almeno MarsalaC’è (quotidiano della provincia di Trapani), Malastrada Film (video autofinanziati dai cittadini), I Cordai (giornale di quartiere a Catania), Il Pizzino (satira palermitana, ormai famosa a livello europeo), GirodiVite (sito e foglio d’informazioni siciliano,attivo da più di dieci anni), PeaceLink (la prima rete pacifista italiana), Terre Libere (sito messinese), La Primavera (foglio della società civile a Milazzo e Barcellona), Sicilia Libertaria (gli anarchici!), Radio Aut (quella che un tempo era di Peppino Impastato), La Barchetta (giovani cattolici catanesi), Città Nuove (la storica testata antimafiosa di Corleone), l’Associazione Rita Atria e Addiopizzo.
Un quadro di piccole realtà agguerrite, vivaci, valorose.  Un senso forse fuorimoda ma diffuso della militanza e dell’impegno civile. Storie a volte anche drammatiche (Carlo Ruta, Marco Benanti, Telecolor, ecc.) da cui emerge che il settore informazione in Sicilia è arrivato a un livello di emergenza democratica: dove le piccole realtà, testate cartacee, in rete o televisioni, rappresentano segnali significativi di resistenza.

“Non facciamo controinformazione – s’è detto – Noi facciamo l’informazione che non c’è’. Un grande valore democratico, certamente: ma ora occorre più organizzazione e meno volontarismo. Questo in genere non è stato in grado di contrastare i grande capitali dell’imprenditoria ‘forte’, che ha via via acquisito un monopolio regionale lasciando alle voci più democratiche della Sicilia solo le nicchie.
Una delle emergenze riguarda il diritto di cronaca e la depenalizzazione del reato di diffamazione.
Le cause per diffamazione, è stato rilevato da Umberto Santino, ora si fanno sempre più spesso  col civile e sempre meno col penale. Non c’è dibattimento, non ci sono le garanzie previste dal codice penale, non c’è prescrizione. Vige una giurisprudenza abbastanza negativa. Molte sentenze di Cassazione sostengono che basta citare anche tra virgolette perché  si faccia propria l’affermazione richiamata. In alcune sedi è stato sostenuto dai giudici che per rispettare il principio di verità su un reato riportato bisogna attendere la pronuncia definitiva in sede giudiziaria: Come dire che i giornali possono chiudere perché il giudizio della Cassazione, se arriva, arriva come minimo dopo quindici anni.

Un’altra emergenza è quella delle strutture di supporto, dalla distribuzione all’edicolam dalla stampa alle spedizioni postali. ‘Richiamiamo ognuno alle proprie responsabilità – ha detto Navarra del quotidiano marsalese –  Chi ha responsabilità politica deve essere chiamato a fare ciò che è possibile fare. I fondi per l’editoria in campo nazionale sono ben poca cosa e negli anni si sono via via ridotti. Non sono stati invece ridotti (anzi!) i contributi per i giornali dei partiti. Io chiedo ai rappresentanti del centrosinistra non di cancellare questi contributi, ma almeno di diminuirli. E di dirottare la parte così risparmiata alla piccola e media editoria”.
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Stiamo preparando un secondo incontro (tecnico) per la metà di dicembre; non sappiamo ancora se sarà un’altra assemblea pubblica o un seminario di “addetti ai lavori” delle varie realtà locali. Comunque, ci stiamo lavorando proprio ora.
E’ in preparazione il CD per i giornali locali autocomposti (ovviamente in Linux). La beta dovrebbe essere pronta per fine dicembre, e chi vuole potrà cominciare a richiederlo già da gennaio.
E’ arrivato il documento preparatorio (di Carlo Gubitosa) sulla distribuzione alternativa per le testate della società civile. Questo fra l’altro fa fare un passo avanti al progetto per il quotidiano in rete (ne riparleremo nelle prossime settimane) e anche qui il lavoro sta andando avanti abbastanza bene.
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La rete insomma, fra mille difficoltà, va crescendo. Avremmo tante cose da scrivere su ciò che succede adesso, dalla Calabria occupata a Palestina-Israele. Ma forse per stavolta è meglio dedicare il poco tempo che c’è allo strumento concreto – la rete, il giornale, gli utilizzi di rete – che ci permette di collegar meglio le persone, di far cose civili insieme, di diffondere insieme conoscenza. Questo è forse più utile delle semplici parole.

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Sulla “catena” abbiamo già raccontato le vicende di “Betulla”, al secolo Renato Farina, di professione vicedirettore di “Libero” e agente del Sismi per passione patriottica, con il compito di produrre false interviste, ottenere informazioni dai magistrati e passarle ad agenti segreti indagati, ma i recenti sviluppi del caso ci obbligano ad un doveroso aggiornamento. Dopo la benevola sentenza dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia, che ha salvato Farina dalla radiazione con una più mite sospensione di 12 mesi, la procura della Repubblica di Milano ha pensato di impugnare il provvedimento dell’Ordine, giudicato inadeguato rispetto alla gravitá dei fatti commessi. Per gli addetti ai lavori questa decisione è stata un segnale gravissimo, dal momento che l’unica ragione di esistere degli ordini professionali è la salvaguardia dei principi deontologici legati a quel particolare mestiere, ed è preoccupante che per sanzionare in modo adeguato chi si allontana da questi principi e da questa deontologia ci sia bisogno dell’intervento della magistratura.
Ma la catena di paradossi non si ferma qui: dopo i magistrati che si sostituiscono all’Ordine dei Giornalisti nel pretendere a norma di legge la “separazione delle carriere” tra chi fa il giornalista e chi fa la spia, abbiamo giornalisti che si sostituiscono agli avvocati nel prendere le difese di chi viene sorpreso con le mani nella marmellata a fare comunella con gli 007. Si tratta nientemeno che di Franco Abruzzo, il presidente di quell’ordine lombardo dei giornalisti che ha voluto graziare il nostro Betulla in nome di una presunta “gogna mediatica” che a suo dire avrebbe reso eccessiva una radiazione. Anziché prendere atto della lezione di deontologia impartitagli dalla magistratura, Abruzzo ha pensato bene di prendere le difese del nostro betullone nazionale grazie ad un cavillo degno del miglior Perry Mason. Abruzzo, infatti, glissando sul fatto che Farina si e’ fatto beffe perfino del provvedimento di sospensione firmando sedicenti “lettere al direttore” anziche’ articoli, ha deciso che non importa se la procura abbia ragione o meno, se a norma di legge possa dirsi giornalista chi ha lavorato per i servizi segreti, o se la benevolenza nei confronti di Farina possa mettere a rischio l’incolumità dei giornalisti veri che lavorano nelle zone calde del pianeta rischiando di essere scambiati per emissari del Sismi o della Cia. Quello che conta, secondo Abruzzo, è che la procura avrebbe impugnato la delibera dell’Ordine con due giorni di ritardo rispetto ai tempi previsti dalla legge, e quindi non ha piú il diritto di intervenire. Dottor Abruzzo, ma non é che anche lei ha sbagliato mestiere come il collega Farina? Le assicuro che sarebbe stato un ottimo avvocato. [carlo gubitosa]

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dominice wrote:
< Ciao, sono Domenico un ragazzo di Catania e volevo sapere dell’incontro sulla libera informazione del 4 e il 5 novembre… ma ciò che mi preme più dirti è che io faccio parte di un gruppo di ragazzi che sta cercando di fare informazione in vari modi Cd, giornalini, cineforum… nn abbiamo alcuna connotazione politica, siamo mossi solo dalla rabbia di vedere tante falsità dette e nessuno che controbatte perchè la verità nn si sa…vogliamo cambiare le cose, abbiamo la voglia e stiamo operando in tale direzione ma ci scontriamo spesso ahimè con una forte diffidenza perchè le persone cn cui parliamo sn prese dalla loro vita, dai loro problemi e nn guardano più oltre il loro naso, delegando ad altri decisioni che se nn lo riguardano dovrebbero almeno interessarlo… e allora a nome del gruppo di cui faccio parte mi sn preso la briga di cercare persone già sensibili a tali problemi per unire le forze o anche solo per incontrarsi per uno scambio di idee… credo che le divisioni siano inutili in gruppi che operano verso la stessa direzione … sto cercando di contattare anche associazioni come addio pizzo e altre… che ne dite? spero in una risposta >

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Antonio wrote:
< Volevo dirvi,  per quel che vale, non siete soli; ci sono tante tantissime persone, anche quì a Treviso che sono perennemente in lotta contro la mafia, magari non in modo cosciente ma la combattono. Ormai questo stato italiano, mafioso, lo è diventato con il beneplacido di tutta la nomenclatura politica del paese. Dunque, opporsi con qualunque mezzo a questo stato, è opporsi alla mafia combatterla. Non so se è vero ma una volta Giovanni Falcone paragonò la mafia al’impero romano dicendo che se era finito quello prima o poi finirà anche quello mafioso di impero è inevitabile. Certo un bel pensiero ma tra duemila anni il mondo ci sarà ancora o no?
Io nel mio piccolo cerco di fare la mia opera facendo girare questa catena tra i miei amici stampare qualche copia e dimenticarla in giro: sugli autobus, dove lavoro, dove capita… >

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Luciano Seno wrote:
< Noi della famiglia Seno siamo Komunisti da oltre un secolo e il fatto che governi, preti e padroni siano il nemico di classe che se non lo sconfiggiamo ci frega il pianeta non ce la leverà mai nessuno dalla testa. Pansa è un pennivendolo frustrato che ha trovato audience tra i berluscones che si sentono tanto politici comprando i suoi libri tra un reality show e l’altro e la sfrutta con un libro revisionista all’anno >

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Mucchio Selvaggio wrote:
< Stiamo preparando per settembre del prossimo anno un DVD celebrativo (aia!) per i 30 anni del Mucchio. Tutti coloro (colleghi, attori, registi, musicisti, scrittori, comici – ma non escludiamo magistrati, politici, pittori, ballerini, show-girls, veline….) che vogliono parteciparvi, con un breve intervento video, sono pregati di contattarci. I più svezzati possono anche mandare direttamente un video home-made >
Send to: beatricemele@ilmucchio.it

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Renato wrote:
< Caro R., ogni tanto interrompo il mio lavoro di responsabile del Centro per i bambini autistici dell’Ospedale di Acireale e presto il mio tempo a Medici senza frontiere. Da settembre scorso a marzo di quest’anno ho svolto una missione per loro nella Striscia di Gaza, per un progetto di salute mentale per la popolazione traumatizzata. Adesso continuo a denunciare gli orrori di questa aggressione continua all’interno del più grande lager attualmente esistente al mondo >
Bookmark: gazaemergency.spaces.live.com

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Vann’Antò wrote:

< Cci mannarru e la cartullina
a n-surdatu muortu.
A n-surdatu muortu
cci mannarru la cartullina!
La cartullina e di riciamu
quannu ha-ssìri c’hà-ssiri guerra:
quannu ha-ssìri c’hà-ssiri guerra,
tutti pronti a lu riciamu…
La matruzza e finìu ri ciànciri
ppi lu figghiu c’avìa muortu:
caru lu figghiu ch’è beddu muortu!
La matruzza finìu ri ciànciri >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)