San Libero – 35

In alto. Fatturato record dell’industria italiana nel mese di giugno.


In basso. Centoventisei morti sul lavoro in Italia nel mese di giugno.


Privatizzazioni. Non è stato coronato da successo il tentativo di scalata al Monopolio di Stato portato avanti nelle scorse settimane da Gerardo Cuomo, business operator nel settore dei tabacchi. La cordata di Cuomo, oltre al nucleo originario di Camorra SpA (le cui azioni hanno registrato una flessione all’annuncio dell’insuccesso dell’operazione), comprendeva personalità di rilievo nel mondo delle istituzioni, nell’establishment bancario svizzero, nel clan Santapaola e in numerosi altri soggetti della finanza italiana ed elvetica. Il fallimento – almeno fino a questo momento – della privatizzazione è sostanzialmente dovuto, secondo la maggior parte della stampa, alle intromissioni di magistrati che hanno caratterizzato tutta l’ultima fase dell’operazione.


(A malincuore. In relazione all’affare Cuomo, il ministro delle finanze Del Turco, al quale generalmente non vanno le nostre simpatie, ha dato prova di senso di responsabilità sottolineandone pubblicamente e tempestivamente gli aspetti imprenditoriali, oltre che giudiziari. È giusto, sebbene a malincuore, dargliene atto.)


“Ma i poveri sono matti?”. Il caldo dà alla testa, signora mia. Senta un po’ che idee strambe fa venir fuori il solleone. Un certo Peppe Sini e un certo Dino Frisullo (uno si occupa di antimafia e l’altro di emigranti: segno che tanto bene di testa non stavano già prima) hanno scritto al ministro proponendogli d’istituire un traghetto per gli emigranti che vengono in Italia, gestito e controllato dallo stato; e ciò al fine di “strapparli alle grinfie dei poteri criminali, per sconfiggere la mafia che gestisce i passaggi dai Balcani all’Italia e così salvare vite innocenti”. Un giudice dell’antimafia aveva fatto la stessa proposta un mese fa, ma allora non c’era tanto caldo e quindi sicuramente si sarà trattato di qualche giudice communista.
Un altro matto d’agosto, un prete, un certo don Ciotti, propone di mandare gli onorevoli in carcere, a farsi là il ferragosto: e questo per “aiutarli a conoscere – dice lui – le condizioni reali dei carcerati, e dunque a non decidere a tavolino senza conoscere il problema”. A parte che gli onorevoli in carcere ormai è stabilito che non ci mettano piede nemmeno quando rubano (sennò sarebbe giacobinaggine, giustizialismo e polpottianesimo), che idea è mai questa che per fare una legge bisogna sapere i problemi di chi ci va di mezzo? Di questo passo le leggi finirebbero per farle le camberiere e i viddani, signora mia. E dire che è un prete. Ma il vaticano, non gli dice niente?


Perlomeno, hanno messo a posto quell’altro bel prete rosso che è don Vitaliano Della Sala, parroco di cinquecento anime a sant’Angelo a Scala di Avellino. Questo già era sotto osservazione perchè, per farsi bello, andava dicendo un sacco di fesserie contro i camorristi. Eppoi, siccome se gli dai un dito questi si pigliano la mano con tutto il braccio, ha cominciato a insultare il cardinal Sodano perchè s’era messo coi generali che facevano repulisti in Argentina, quell’altra povera eminenza di Laghi perchè secondo lui faceva la stessa cosa in Cile, e via ereticando che manco giordanobbruno e Galileo. Basta, caro mio – gli ha detto a muso duro il vescovo a nome di tutto il vaticano – D’ora in poi, avanti di dire “bai” mi vieni a chiedere il permesso a me che sono il tuo vescovo, perdio, e non ti permettere più di scrivere e zitto là e non fiatare.
E ancora gli è andata bene, signora mia: che se era per me, altro che vescovo – il cardinal Bellarmino, gli mandavo.


Bollettino. Nessun ladruncolo sparato a fucilate questa settimana. Nessun mendicante dodicenne mandato all’ospedale. Nessun emigrante bruciato. La calma regna su tutto il fronte.


Concorde. In Giappone, invece, sono riusciti ad affondare
un intero aeroporto, quello di Osaka, costruito in mezzo
alla baia dal famoso architetto Renzo Piano.


Incipit. “Il general Gianalfonso D’Avossa, addetto culturale a San Pietroburgo… “.


Nuovi personaggi: il politico di sinistra, sicuramente antipatico e un po’ demagogo, che però ha il “coraggio” – uomo di forte carattere – di andare contro i “pregiudizi” dei suoi elettori. Nuovi per modo di dire: chè la sinistra italiana è piena – da Crispi a Craxi passando per Mussolini – di simili figure.


Feste. Una ha avuto luogo il tredici agosto, al castello di Ghino di Tacco a Radicofani.


Istat. “Studiare non studia, a casa ci torna quando vuole lui, a suo padre non gli dà mai retta, dei sacrifici che facciamo se ne frega… “. È l’ultima indagine Istat sui rapporti fra genitori e figli in Italia. È anche, più o meno, il testo del Lamento del Genitore su un’antica tavoletta sumera.


Autobus. Un signore coi capelli bianchi che legge avidamente un vecchissimo numero di Tex Willer.


Ochalan bis? È stato arrestato in Italia ad Assisi, dove partecipava a un convegno, Jayme Prieto, un ex militante del Mir cileno – adesso fa il professore universitario in Brasile – accusato alla magistratura militare cilena dell”uccisione, nel quadro della Resistenza, del generale Prieto, uno dei responsabili del golpe cileno. L’arresto è avvenuto, forse per coincidenza e forse no, nello stesso momento in cui, dopo decenni di acquiescenza, la magistratura cilena ha finalmente deciso di applicare la legge nei confronti dell’ex dittatore Pinochet
Il governo italiano deve ora decidere se concedere l’estradizione o meno. Il precedenti giuridico più vicino, quelli degli esuli (anch’essi cileni) Patricio Ortiz e Claudio Molina, cui i governi svizzero e argentino hanno riconosciuto lo status di perseguitati politici, sarebbe teoricamente incoraggiante. Molto meno lo è, purtroppo, il precedente – tutto politico – del caso Ochalan in cui, dopo un iniziale riconoscimento di fatto dello status, l’esule è stato alla fine, per non turbare rapporti politici, abbandonato alla sua sorte.
È molto dubbio, data l’ovvia (ed esplicitamente sanzionata da più stati) inattendibilità della “magistratura” militare cilena, che Prieto abbia compiuto l’azione di cui viene accusato accusato. Se l’avesse compiuta, sarebbe stata peraltro un’azione del tutto lecita: il generale Prieto, essendosi ribellato con le armi al proprio legittimo governo, si trovava in condizioni di essere perseguito – ai fini del ripristino dell’ordine democratico – da un qualunque cittadino.
Il caso Prieto va dunque seguito con la massima attenzione. Sarebbe gravissimo – ma è in estate, di solito, che in Italia avvengono le cose più sporche – se Prieto dovesse essere consegnato, sotto l’accusa, vera o falsa, di aver fatto il proprio dovere di patriota, alla “magistratura” militare cilena.


Giornalismo. Migliorano le condizioni sanitarie del dodicenne ferito a fucilate mentre cercava di commettere un furto in un appartamento. Titolo di un giornale: “Migliora il ragazzino che rubava “.


Giornalismo. Titolo sullo stesso argomento, di un altro giornale: “La gente di Paratico, esasperata dalle continue rapine, solidale con l’uomo che ha sparato. Ha fatto bene. Il paese è con Carlo”.


Dedicato a Fortebraccio. Al congresso dei camerieri hanno fatto una classifica del livello di buona educazione dei clienti che tipicamente s’incontrano, distinti per ceto: hanno raccolto i dati fra i colleghi delle varie città e dei vari ristoranti, hanno fatto la media, e alla fine hanno messo il voto. Allora: operai e professionisti, che secondo i camerieri sono gente educata, prendono un bel nove. Gl’impiegati dei ministeri – stuzzicadenti dopopranzo! – un pochino di meno: otto più. E i vip? Quattro meno meno: gomiti sopra il tavolo, sughi sulla tovaglia, dita nel naso… Fra questi, i manager risultano i più incazzosi; principessine e conti, al momento della mancia, i più tirati.


Persone. Polemiche sui funerali di Edgardo Sogno: funerali di stato, com’era giusto che avvenisse per un partigiano, e funerali sabaudi, com’era nobile che la Repubblica concedesse a uno che, nella parte più limpida della sua vita, aveva ritenuto in buona fede di dover servire un re. Unica nota stonata la presenza, accanto ai vecchi “badogliani” della Franchi e alle divise del suo vecchio reggimento di cavalleria, d’un drappello di vecchi pelandroni papalini, quelli della cosiddetta “guardia al Pantheon”, che con la storia d’Italia, azzurra o rossa che sia, non hanno proprio nulla a che fare.
Per le cose giuste e sbagliate che ha fatto, ma sempre in buona fede, Sogno ha avuto la massima ricompensa che possa avere un cittadino, quella di rischiare la vita per il bene comune, anche se lui lo chiamava in un altro modo. Ha avuto la grandissima fortuna, di fronte alla propria coscienza, di non avere assassinato l’Italia. Ciò che senz’altro avrebbe fatto, se fosse riuscito a fare accettare al suo re il proprio consiglio, nel maggio del quarantasei.
Il consiglio era di non accettare la Repubblica, e fare il colpo di stato; e farlo con truppe straniere, i polacchi di Anders ancora presenti in Italia, inquadrati con gl’inglesi dell’Ottava Armata. Sarebbe stata una guerra ferocissima, con morti a decine di migliaia. Alla fine, plausibilmente, l’Italia avrebbe perso la Sicilia (erano gli anni dell’Evis di Finocchiaro Aprile e della “cinquantesima stella” di Salvatore Giuliano) e forse la Sardegna; avrebbe sicuramente perso Trieste (la Russia non avrebbe più avuto alcun motivo per non appoggiare Tito) e forse anche parte del Friuli; un governo franchista sarebbe durato almeno fino agli anni sessanta e, data la forza delle sinistre in Italia, difficilmente si sarebbe dissolto pacificamente come in Ispagna.
Tutto questo gli fu evitato – e fu evitato a quaranta milioni di italiani – grazie all’atteggiamento responsabile dell'”antitaliano” De Gasperi, del “sovversivo” Togliatti, dello stesso re; e di centinaia di migliaia di umili partigiani e militanti della sinistra che, di fronte alle peggiori angherie e provocazioni, preferiroco inghiottirle a muso duro piuttosto che far correre al loro Paese l’avventura, che pure sembrava percorribile, della guera civile. I “sovversivi”, nel momento in cui si decise dell’Italia, furono “sabaudi” e nazionali; i monarchici come Sogno, furono sovversivi. Lo furono pericolosamente allora e lo furono velleitariamente (Violante fece benissimo a indagare su uno che andava pubblicamente sbandierando propositi di golpe e di lotta armata) dopo.
Due note ancora su questa storia che oramai, forse purtroppo e probabilmente per fortuna, interessa solo a noi quattro vecchi ai giardinetti.
La prima: Sogno aveva cercato d’essere, sia pure in modo tale da inorridire col proprio fanatismo lo stesso re, un fedele servitore di casa Savoia. Dalla quale però, in quest’occasione, non è giunta alcuna presa di posizione significativa, come non ne giunse anni addietro in occasione della morte di un altro fedelissimo savoiardo, Falcone Lucifero. È vero che i Savoia sono per tradizione ingrati: ma io credo che dell’Italia e del regno oggigiorno non gliene importi più proprio un bel niente, e che l’unica fonte d’interesse sia ormai – per quelli che furono i re Savoia, che avrebbero potuto essere i monsù Savoia e non sono ormai più che mister Savoia & figlio – l’eventuale rivendica dei beni confiscati. Da questo punto di vista, è stato invece dignitoso l’attegggiamento di Amedeo Aosta, che non solo ha pubblicamente ringraziato Sogno per i servizi resi ma l’ha fatto anche con la formula – “per il bene inseparabile del re e della patria” – che quegli avrebbe maggiormente gradito, visto che era quella del giuramento degli uffficiali del regio esercito.
La seconda: ho avuto l’onore di essere amico di un vecchio comandante partigiano, Giobatta Canepa, “Marzo”: ufficiale decorato nella prima guerra mondiale, poi antifascista, ferito dagli squadristi, sette anni di carcere e di confino, un’evasione, commissario garibaldino in Ispagna, iniziatore della Resistenza in Liguria, comandante della divisione garibaldina che costrinse il generale tedesco di Genova a firmare una resa regolare – l’unica in tutt’Europa – alle unità partigiane. “Quando arrivarono gl’inglesi, da noi a Genova, i tram giravano già da tre giorni” mi diceva, fumando una sua pipa sporchissima, coi cani che saltabeccavano attorno e le nipotine che si rincorrevano fra gli ulivi della sua cascina, giù in Sicilia. È morto più che novantenne, sereno, avendo servito bene l’Italia e non avendo mai rischiato di giocare a dadi con la sorte dei suoi concittadini. Avrebbe meritato i funerali di stato almeno quanto Sogno: ma non ne aveva bisogno, perchè non aveva nulla da farsi perdonare dal suo Paese.


Diffida. Amici che leggono i giornali mi avvertono che da qualche tempo qualcuno va mettendo in giro un “Libero” stampato; il responsabile sarebbe, secondo le loro informazioni, un certo Feltre o Feltri, che forse è sempre quello – se non andiamo errati – che qualche anno fa si sparò un “Colera a Messina!” in prima pagina e quando il corrispondente messinese gli faxò che di colera non ce n’era si mise a strepitare che sicuramente i communisti s’erano impossessati del corrispondente di Messina. Basta, ognuno ha il diritto di stampar ciò che vuole (se ha i soldi: io non ce li ho), voi però state attenti: di Libero ce n’è uno solo, ed è quello, siore e siori, che state leggendo adesso. Diffidate dalle imitazioni, come per la settimana enigmistica e l’idrolitina.


Archilokos arx@eleutheros.el > wrote: < Non mi va un capitano a petto in fuori,
pettinato benino, barba fatta:
datemene uno piccolo, magari storto di gambe,
ma coi piedi per terra, e che abbia i coglioni >