7 dicembre 2007 n.357
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Italie. L’Italia comincia a Formia e finisce a Sassuolo. Prima di Formia, sei in terra di camorra (o di ‘ndrangheta o mafia, secondo i casi). Dopo Sassuolo, Parma ormai americana (coi sikh col turbante che lavorano il parmigiano) e poi Piacenza, il Po, la Padania.
Padania parta est in partes tres, di cui la prima l’abitano i Padani (anticamente Lombardi), l’altra è il Nordest (un tempo Veneto) e la terza il Piemonte, unico ad aver conservato il vecchio nome. L’Italia, in queste terre, conserva Genova, Susa, Spezia, Mantova e Aosta. Un tempo questa regione era costellata di fabbriche (a ovest) e chiese (a est). Queste ultime esistono ancora, per quanto vi sia cambiata la religione; ma le fabbriche sono state quasi tutte trasferite in Cina, lasciando al loro posto vasti buchi neri. Le autorità periodicamente li riempiono di veline, stilisti, finanzieri d’assalto e faccendieri per evitare che gl’indigeni si accorgano che lì manca qualcosa. Per la stessa ragione aizzano, quando lo ritengono il caso, pogrom contro gli zingari, i miscredenti, i mori o anche i semplici stranieri.
A sud di Roma (di cui estremo avamposto è Formia) si stendono gli Stati Criminali, cosìddetti non perché la criminalità vi sia particolarmente elevata (lo è) ma perché vi governa. Da secoli colà pacificamente conviveva con re, duchi, repubbliche e chiese locali. Negli ultimi vent’anni, tuttavia, ha ritenuto di non aver più bisogno di loro e di poter prendere direttamente nelle proprie mani le cure dello Stato; ciò che è avvenuto rapidamente e con uno spargimento di sangue relativamente contenuto. E’ stato tuttavia mantenuta, nella maggioranza dei casi, un’apparenza di continuità (in molte cittadine della Calabria esistono ancora le caserme dei Carabinieri), soprattutto per riguardo ai cittadini più anziani.
Ciascuna di queste organizzazioni ha un nome pubblico (Camorra, Cosa Nostra, ‘Ndrina) che si richiama agli antichi tempi; con esso è conosciuta all’esterno del paese; fra loro, tuttavia, si chiamano semplicemente “il Sistema”, termine più moderno e molto più adeguato alla situazione.
Da tutte queste terre l’Italia fu espulsa fra il 1982 e il 1993; nessuno dei tentativi di riconquista attuati (ma sempre con forze insufficienti e per così dire all’avventura) da questo o quel funzionario italiano ha avuto successo; pertanto i maggiorenti italiani decisero, dopo matura meditazione, di riconoscere il fatto compiuto e di concedere a quei baroni, se non il nome, almeno la sostanza della libertà. Quelli tuttavia non se ne contentano ma muovono arditamente, e non senza successi, alla conquista del rimanente d’Italia. Il che se otterranno, lo vedranno i nostri nipoti.
Si eccettuano, a questo regime, alcune terre che, con gran difficoltà ma tenendo fede, mantengono per via di mare i legami con Roma. Ed esse sono Stromboli, Filicudi, Alicudi, le Puglie, Siracusa in Sicilia e la Basilicata. Quanto a lungo potranno resistere, Dio lo sa. Si aggiungano, molto più lungi, i Sardi, divisi tuttavia dall’Italia da lingua, mare e costumi. Va tuttavia ricordato, a loro onore, che il Sistema da loro non attecchisce. Fieri e gelosi della loro isola, ne hanno respinto mafia, camorra, ‘ndrangheta e americani.
Tale lo stato della penisola italica ai nostri tempi. Dalla mia giovinezza, come tutto è cambiato! Allora – e parlo della tarda metà dell’altro secolo, quando le lucciole e i filobus c’erano ancora – l’Italia era un luogo incantevole, unito dal nord al sud, diviso in tantissimi popoli che però, per alchimia dello spirito, si completavano fra loro. Così al napoletano cialtrone ma intelligentissimo faceva contrappunto il buon torinese serio e quadrato; il corridore veneto (“Mama son contènto di esser arivado uno!”) era congenere del picciotto palermitano (“Bedda matri e che ffu?”); volti e dialetti si mescolavano nel crogiolo della Fabbrica, koiné non essendo il pidgin italish di ora ma un veneto-turìn-sicilianu comprensibile a tutti, da tutti amato. Cessava dopo un millennio il latinorum dei preti; l’italo-romanesco della Rai, ben più popolare, ne prendeva il posto ed alfabetizzava tutta quanta l’Italia – da Nicolò Carosio al maestro Manzi – per la prima volta nella sua lunga storia.
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Adesso, cammini ingrugnato per piazza Maggiore. Le foto dei duemila partigiani (modeste fototessere in bianco/nero) nella bacheca di vetro, sopra i gradini; e frotte di ragazze e ragazzi che chiacchierano allegramente sotto di esse. E il sindaco – il nostro sindaco – che ha appena fatto l’accordo col fascio, per “mantenere l’ordine” e tenere lontani i lavavetri. E sei ancora a Bologna, città civile; non sei a Verona dove il sindaco appena insediato ha dichiarato guerra, in un’unica dichiarazione, agli zingari e alla Sovrintendenza alle Belle Arti o a Catania dove ammazzano i poliziotti allo stadio e ridono il giorno dopo. Non sei a Milano né a Napoli – capitali antichissime, testa e cuore – dove scacciano i mendicanti e fanno spacciar droga ai bambini.
L’Italia è sempre stata le Italie. Italian macaroni, mandolino. Abbiamo sempre avuto un Nord e un Sud, e ciò ci faceva più belli. Anche Milano, per Stendhal, era una città meridionale. Anche Napoli – Cuoco, Amendola – era illuminismo. C’era un grandissimo poeta cattolico, Pasolini, c’era un immenso rivoluzionario comunista, don Milani. C’era papa Giovanni e Peppone. C’era Gassmann, Mina, le Kessler, Alberto Sordi: chi di questi era nord e chi era sud, chi non era semplicemente italiano?
C’era la grande Inter. State a sentire: Sarti, Burgnich, Facchetti, Guarneri, Picchi… cioè Giuliano, Tarcisio, Giacinto, Aristide, Armando… Avete visto che nomi? Nobili, densi di storia, popolari. Nomi italiani.
Di che paese sarà la mia nipotina? Certo, sarà europea. Ma poi? Sarà semplicemente siciliana – o nordestina, o bolognese – o sarà italiana? Ha ancora un senso pensarlo? Altre nazioni sono sparite, o per trauma o per noia. Non si è più austroungarici, non si è più jugoslavi. O ateniesi, o cheyenne o polinesiani. Così sta sparendo l’Italia, o e già sparita; non già politicamente ma proprio nel profondo, come nazione.
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Metropolis. Per controllare la banlieu, il governo pensa di utilizzare alcune migliaia di droni (mini-aerei telecomandati) tenuti costantemente in volo sulle periferie e pronti a segnalare via etere disordini, assembramenti e movimenti sospetti. Sarebbe piaciuto a Orwell. Intanto silenzio quasi totale, sulla stampa italiana, sugli enormi scioperi che hanno recentemente coinvolto alcuni milioni di lavoratori e precari in Francia.
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Italia. Un altro partito politico fondato, in queste settimane, dall’associato mafioso Marcello Dell’Utri. E’ in corso un referendum per deciderne il nome.
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Italia nel mondo. La rappresenterà, per conto della Triennale, il giovane Lapo Elkann, cocainomane conclamato ma membro della Famiglia Agnelli. Entusiasmo della stampa e di Repubblica in particolare. Commento di Elkann: “Andrò tanto in giro. Mi sento un rom”.
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14 righe (su Repubblica del 2 dicembre). Tre operai extracomunitari, di cui uno regolare e due clandestini, travolti e uccisi da un pullman di pellegrini sull’autostrada del Sole. Trafiletto in cronaca, non firmato.
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60 righe (su Repubblica del 2 dicembre). I grandi nomi della finanza e un nutrito gruppo di imprenditori e celebrità al matrimonio fra Benedetta Geronzi, figlia del banchiere Cesare, e il presidente di Federalberghi Bernabò Rocca. Officiante il num. due del Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. Presenti Bernheim (Assic.Generali), Mieli (Corr.Sera), Cossiga (Repub.Italiana), Pagliaro (Mediobanca), Abete (Bnl), Rossella (Medusa), Adreani (Publitalia), Spogli (Gov.Usa), Ben Ammar (Mediobanca), ecc. ecc. e ancora ecc. Assenti giustificati Tronch.Provera (in Cina per “affari”) e Profumo (Unicredit, motivi oscuri). Ampi particolari in un ampio servizio in pagina Vip, firmato da uno dei redattori ufficiali del settore Economia.
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Siciliani. L’operaio Domenico Abbate, al processo per il crollo di un’impalcatura in un cantiere di Palermo: “Era montata male – ha dichiarato – e noi lavoravamo in nero”. L’ha detto davanti a tutti, rifiutando l’omertà. Nel crollo aveva perso la vita un altro operaio, Filippo Piano.
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Calabria. Cacciati successivamente: il giudice, il maggiore dei carabinieri, il consulente del giudice e il vescovo locali. Nessuno di loro deve ritenersi perseguitato per il proprio impegno antimafioso. Ciascuno è stato mandato via per ottime e indiscutibili ragioni, che solo per una sfortunata coincidenza si sono presentate tutte in una volta per tutti quanti insieme.
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L’ultima battaglia di Goldrake. “Facciamo che io ero Goldrake e andavo sulla luna”: questo semplicissimo gioco di fantasia (raccontare nuove avventure di un personaggio già noto) è concesso ai bambini ma non agli adulti, penalmente perseguibili e soggetti alle ferre leggi del copyright. Il problema è che i bambini di oggi non sanno nemmeno chi sia Goldrake, ai giapponesi non interessa più perché è un personaggio ormai commercialmente sfruttato, e chi è stato bimbo vent’anni fa non può dare sfogo alla fantasia senza rischiare denunce. Cercando materiali sul mio robottone preferito, in rete ho trovato le tracce di “The Ufo”, un progetto cinematografico nato dalla fantasia di ragazzi della mia generazione, accomunati dal sogno di poter guidare un vero robot.
Con pochi soldi e tanta passione, condita dalla giusta dose di effetti speciali e computer graphic, un gruppo di fan di Goldrake ha realizzato l’episodio pilota di un “prequel” dove si raccontano gli avvenimenti che precedono la serie animata. Il professor Procton che perde la famiglia per colpa degli alieni, la sua ossessionata ricerca scientifica che lo porta ad isolarsi dal mondo, l’arrivo di Actarus e del suo robot Goldrake. Il miscuglio di attori umani e robot creati al computer è davvero affascinante, e la computer graphic del 2000 applicata al design degli anni ’70 fa venire la pelle d’oca. Il mercato italiano della fiction, dominato dai soliti noti e dai loro parenti, è impermeabile a qualsiasi idea innovativa, e così questi ragazzi, anzichè diventare milionari per la loro idea geniale, si sono fermati ai blocchi di partenza dopo aver prodotto degli ottimi materiali di prova. I limiti alla creatività non sono più tecnologici, ma legislativi: con un normale PC puoi fare più effetti speciali del primo “Guerre Stellari”, ma ti è proibito attingere all’immaginario collettivo del tuo tempo, come hanno fatto Omero e Shakespeare.
Semmai dovessi vincere qualche lotteria, ho deciso di finanziare il loro progetto. Nel frattempo mi consolo guardando e riguardando su youtube i loro filmati di assaggio, sperando che primao poi riprenda vita il loro sito fermo da più di un anno. [carlo gubitosa ]
Info: www.theufo.net
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Persone. Il “deputato europeo dell’anno” secondo l’Economist è Claudio Fava, per il lavoro svolto alla guida della commissione di inchiesta sulle carceri e sui sequestri della Cia.
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Pubblicità. L’Agenda dell’Antimafia, fatta dal Centro Impastato con Addio Pizzo, Cesvop, Comune di Gela e Consorzio Ulisse. Ogni giorno, il nome di uno che ha lottato la mafia. “Non è una lista di croci – dice Umberto Santino – ma un percorso storico dell’antimafia”. Dieci euri, in libreria o ai banchetti di Addio Pizzo.
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< Siamo i ragazzi di ALTRAISOLA, un gruppo di giovani che si oppone con forza allo sfruttamento e la distruzione delle risorse ambientali di Favignana. Un’elite politico-economico-mafiosa sta letteralmente divorando l’isola: fogne che scaricano direttamente a mare, riserva marina abbandonata a se stessa, cave di tufo dal valore archelogico inestimabile ricoperte di cemento per la costruzione di multiproprietà, privatizzazioni folli di enormi pezzi di costa, speculazioni edilizie, partecipazioni politiche ad imprese turistiche (per esempio la Valtur) e altro ancora. Stiamo quindi realizzando un film-inchiesta “Storia di un documentario su un’isola” che metterà in luce, attraverso la voce di esperti e scienziati dell’ambiente, ma anche attraverso i volti e i racconti della gente di Favignana, questo evidente disastro di cui l’isola è vittima.
Il film lo produrrà la gente. Il metodo (già stato utilizzato per il film su Val di Noto dei Malastrada) si chiama Produzione dal basso, nel senso che saranno le persone, la società civile a finanziare il progetto, comprando il dvd del film sul sito.
Bookmark: www.produzionidalbasso.com/pdb_234.html
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Ragazzi di un quartiere siciliano wrote:
< Noi siamo la speranza di Librino,
orgogliosi di vivere ed operare in questo quartiere.
Solo restando tutti uniti possiamo cambiare le cose
lasciando un segno che sarà
invisibile per alcuni
ma indelebile per tutti gli altri >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)