14 gennaio 2009 n. 380
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Maschi adulti e bambini
Va molto bene, la guerra contro i bambini. Dopo tanti falsi allarmi e delusioni, finalmente stiamo vincendo noi adulti, senza discussioni. Dopo anni e anni di lotta – in Bosnia, in Africa, alle fermate dei bus a Tel Aviv, davanti alle baracche dei campi profughi in Palestina – si comincia a intravvedere una svolta, una soluzione. Non possono più resistere molto a lungo. Non è solo questione di tecniche moderne, di bombe al fosforo e cinture esplosive. E’ che finalmente ci siamo liberati da tutte quelle vecchie superstizioni (quanta gente, fino a pochi anni fa, ci credeva ancora!) per cui non puoi cacciare le rondini, non puoi bruciare i cani per divertirti con la benzina, non puoi picchiare le donne e manco ammazzare i bambini. Medioevo, tabù. Ora tutto è diventato più moderno e più civile. Che crepino! Abbiamo delle strategie da seguire. Non si può fare la frittata senza rompere qualche uovo. Effetti collaterali. Ci dispiace.
E, tutto ciò, in nome delle culture più moderne – geopolitik, squilibri demografici, spazi vitali – come delle più antiche. Tornano i vecchi dei del deserto – Jahvè, Allah, Baal, Marduk e altri ancora – di nuovo ghignanti e urlanti, nutriti a dismisura di sangue umano. “Zitto, che sei un ragazzo!” urlano i sacerdoti. “Femmina immonda, taci!”. “Ammazza, ammazza anche tu, se sei un uomo!”. Luride barbe di patriarchi e visi di giovani maschi hanno le stesse espressioni dure e tese, religiosamente concentrate a ben ammazzare. Urlano disperatamente i bambini, ma il tabù è finito. Due sono morti così, urlando di paura, finchè il piccolo cuore è esploso. E questa è la terra santa, terra di dio.
Se mai un governo civile – per qualche benedizione di alieni, per una qualche invasione da altro pianeta – dovrà reggere prima o poi quelle terre, la prima cosa da fare sarà radere al suolo tutte le pietre antiche, dalle moschee di Omar ai muri del pianto. Grandi totem preistorici intrisi di sangue umano, giochi sanguinolenti di sacerdoti. Bruciate le bibbie, per Dio, fate a pezzi i corani! I libri delle stragi, dell’occhio per occhio, dei pastori feroci coi greggi delle pecore e quelli degli esseri umani.
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Io, io sto con gli ebrei, come son sempre stato. Ma dove sono gli ebrei? Qualche migliaio, ne è rimasto; quelli che nelle piazze dicono, con immenso coraggio, “non ammazzate”. Gli altri sono ormai un’altra cosa, una tribù medioorientale, una delle tante. Alauiti di Siria, sunniti di Mesopotamia, sciiti, askenaziti, sefarditi: nomi che un tempo erano religiosi e nobili e aspiranti al divino, e ora mero pretesto per un’identità di dominatori. Nessuno parli più di Anna Frank, o dell’Islam di Dio, o dell'”Ascolta Israele”. Come, in questo macello ipocrita, se ne può parlare?
Qualcuno, alla fine, avrà torto, qualcuno avrà avuto ragione. Ma tutti avranno ammazzato i bambini, chi più e chi meno, chi prima e chi dopo, a seconda delle opportunità. Pochissimi saranno rimasti veri ebrei e veri palestinesi. Nella storia, se storia ancora ci sarà, resterà l’impazzimento collettivo di una razza umana ferocemente suicidata dai suoi maschi adulti. Ed essi, sulle macerie di tutto, sono lì a martellarsi coi due pugni il petto urlando a denti scoperti il grido della vittoria, pre-umano.
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Arrigoni
Vittorio Arrigoni, cooperatore e giornalista italiano in Palestina, è stato in queste ore formalmente minacciato di morte da un sito semiufficiale della destra americana, lo “Stop The Ism”, che ne ha messo in rete il nome, i dati e la foto invitando l’esercito israeliano a ucciderlo alla prima occasione.
Questo sito è ancora liberamente presente in rete. Nessuna iniziativa, fino a questo momento, è stata presa in merito dal governo italiano, o da altri.
Bookmark: http://stoptheism.com
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Catania: a chi ubbidisce chi comanda?
Da venticinque anni, il cinque gennaio è la data-simbolo degli antimafiosi catanesi. Per gli altri, è il giorno in cui lanciare messaggi. Una volta i mafiosi dissero: “Claudio Fava? Uccideremo anche lui”. Adesso Ciancio dice: “Claudio Fava? Non esiste, lo taglio via”
Ciancio non è uno sciocco, ha hobby intelligenti (ad esempio numismatica antica) ed è molto meno grezzo del personale che usa. D’altronde essere diventato il primo imprenditore in Sicilia, aver comprato l’intera classe dirigente catanese, aver preso senza scossoni il posto che a suo tempo fu dei famosi Quattro Cavalieri non è impresa da poco.
Perciò sorprendono a volte la puerilità, l’autolesionismo e il sicuro effetto boomerang di alcune delle sue uscite. L’altra volta era stato l’editoriale affidato, sotto forma di lettera, a un esponente del clan Santapaola. Adesso una storia ancor più grottesca, e cioè la maldestra censura della figura di Claudio Fava, tagliata via da una foto in modo aperto e plateale.
Catania, come Ciancio sa, non è l’Italia intera e queste cose, ogni volta, lo rendono ridicolo e odioso. Persino la prudentissima Federazione della Stampa, che per venticinque anni – in Sicilia – è rimasta neutrale di fronte a tutto, ha dato segni di vita. Un autogol dopo l’altro. Eppure l’uomo è un politico, sa fare diplomazia quando occorre. Ma di fronte a Claudio Fava, e a Claudio Fava il 5 gennaio, perde semplicemente le staffe. Almeno, questa è la prima impressione.
Il cinque gennaio, che è una scadenza popolare e non dipendente da nessuno (furono gli studenti di Catania, e non un’autorità qualunque, a istituirla), negli ambienti mafiosi – nel Sistema – fa ancora paura. E’ il simbolo di una lotta che non s’è mai fermata. Di questa giornata Claudio Fava fa parte non solo come figlio di Giuseppe Fava e come militante storico dei Siciliani, ma anche come vittima designata. E’ il 5 gennaio di vent’anni fa che il clan Santapaola voleva ucciderlo, e proprio davanti alla lapide, come un esempio. L’assassinio fallì per caso. Ma il messaggio era chiaro.
E’ chiaro il messaggio anche oggi, e sempre il 5 gennaio: “Io, Claudio Fava lo cancello. Il tempo passa, tante cose sono cambiate. Ma di questo potete essere sicuri, che per me Claudio Fava, i Siciliani, il movimento antimafioso, sono e resteranno dei nemici”.
Questo è il messaggio che ha mandato Mario Ciancio, e che manda ogni cinque gennaio: con queste censure esplicite, questi tagli di foto. Ma a chi lo manda? E perché lo manda? Lo manda spontaneamente, o perché costretto? Dopo quelli – visibili – degli anni ’80 e ’90, quali sono ora i rapporti fra Mario Ciancio primo imprenditore catanese e gli eredi dei gruppi che hanno dominato questa città?
Questa curiosità per ora è nostra e la firmiamo – assumendocene la responsabilità – soltanto noi. Ma, storicamente, molte nostre curiosità e interrogativi hanno finito per diventare interrogativi di molti, e infine delle istituzioni preposte. Vedremo quanto tempo ci vorrà stavolta.
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Quanto al resto, del cinque gennaio catanese c’è ben poco da dire. E’ nata un’altra leva di giovani, che noi abbiamo visto crescere da due anni in qua e altri riescono a vedere solo ora. Tranquillamente e con forza, senza cerimonie inutili e senza grandi parole, essi attendono adesso all’obbiettivo fondamentale di Giuseppe Fava, di cui sono i continuatori e gli eredi: costruire l’informazione indipendente a Catania e con questo strumento liberare la città. Non sarà un lavoro facile, e lo sanno, ma è un lavoro possibile. A condizione di essere uniti, di non nutrire povere ambizioni individuali ma solo una altissima e collettiva, e di non mollare mai.
Li aspettavamo, eravamo certi che sarebbero arrivati e non abbiamo alcun dubbio su di loro. Non c’è altro da dire.
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Stazione
Catania, stazione, binario uno. Un caporale in mimetica, sui venticinque, basso, serio, tarchiato. Un siciliano dell’interno probabilmente; e una donna più o meno dello stesso tipo, con un sorriso largo e, a guardarlo attentamente, un po’ forzato. Stanno grattando un gratta-e-vinci sul muretto. Appesa alle gambe di lui, tutta ridente, c’è una bambina di tre o quattr’anni, gli tira spavaldamente il giubbotto. La tuta è del tipo desertico, color sabbia macchiata; al braccio l’insegna con scritto Tchad, forze italiane. Non hanno vinto, osservo allontanandomi verso i giornali, e adesso si sorridono occhi negli occhi. Le dita dell’uomo carezzano i capelli della bambina, adesso. La donna gli sta dicendo qualcosa.
Dieci minuti dopo, sul treno per Roma, ho rivisto il soldato mentre stava salendo sul vagone. Butta dentro la borsa, si volta a riabbracciare la bambina. Sua moglie dice ancora qualcosa, che però si perde fra gli strilli. Ha cominciato a piangere esattamente ora, disperatamente, appena il soldato ha posato il piede sul primo gradino. La mamma la tira a sè, il soldato sale. Gli sportelli si chiudono, il treno parte. “Permesso” dice educatamente il soldato, spingendo la borsa avanti a sè sul predellino. E’ uno sui venticinque con una faccia seria per la sua età, da figlio di contadini di Caltanissetta o Niscemi..
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Quando si rompe il muro del silenzio
In questo mondo alla rovescia i pregiudicati siedono sul banco dei relatori, e chi prova a ricordare i loro trascorsi viene fermato e minacciato. Un gruppo di ragazzi con telecamera ha avvicinato Vittorio Sgarbi in un evento pubblico gridando che un condannato per truffa (e per diffamazione al giudice Caselli) non ha l’autorità morale per rappresentare i cittadini.
Già a Bologna a maggio qualcuno aveva ricordato a Sgarbi i suoi trascorsi; stavolta gli è successo ad Agrigento. Anche stavolta, come a Bologna, Sgarbi ha provato a impossessarsi della telecamera che lo riprendeva, e anche stavolta le immagini sono state salvate dall'”attacco sgarbato” e consegnate alla pubblica visione in rete. Stavolta ci ha pensato anche Blob a divulgare le immagini del ventiduenne Giuseppe Gatì che grida in faccia a Sgarbi “Viva Caselli! Viva il Pool Antimafia!” mentre viene strattonato e allontanato dal tavolo dei relatori, dove Sgarbi inizia a schiumare di rabbia.
I retroscena sfuggiti alla telecamera sono stati descritti dallo stesso Gatì sul suo sito: “Si avvicina un uomo in borghese, che dice di appartenere alle forze dell’ordine e cerca di perquisirmi perché vuole la videocamera (che ha portato via la mia amica). Io dico che non può farlo e lui mi minaccia e mi mette le mani addosso. Dopo vengo preso e portato in una sala appartata, dove la polizia mi prende documenti e telefonino. Chiedo di vedere un avvocato (ce n’era uno in sala che voleva difendermi), per conoscere i miei diritti, ma mi dicono no. Mi identificano e mi perquisiscono. Poi mi intimano di chiamare i miei amici, per farsi consegnare la videocamera, ma io mi rifiuto. Arriva di nuovo il presunto appartenente alle forze dell’ordine e mi dice sottovoce che lui dirà di esser stato aggredito e minacciato da me. Non mi fanno parlare, non mi posso difendere. Dopo oltre un’ora e mezza mi congedano con questa frase: Devi capire che ti sei messo contro Sgarbi, che è stato onorevole e ministro”.
Ma Giuseppe è ancora in rete, dove ha reagito alle intimidazioni scrivendo che “la Sicilia è scomoda, ma viverla è possibile con orgoglio antico e altero”.
Le bastonate prese dai cittadini dell’India guidati da Gandhi hanno rivelato la vera natura della violenza coloniale inglese: è l'”effetto Dracula” della lotta nonviolenta, che toglie al potere violento la sua maschera pulita e rispettabile, per farlo crollare quando le sue azioni sono portate alla luce del sole. Lo stesso meccanismo liberatorio viene applicato da tutti i cittadini che esercitano il loro diritto a produrre informazioni in rete, rivelando quello che i salotti buoni televisivi non avranno mai il coraggio di mostrare: la “macchietta Sgarbi” sdoganata da Costanzo, che perfino Santoro porta in studio per dare un po’ di “pepe” al suo programma, non è altro che un rabbioso pregiudicato capace di scagliarsi contro chiunque gli ricordi i suoi trascorsi con la giustizia.
Una nuova generazione di contestatori preferisce l’incontro diretto con il malgoverno davanti alle telecamere allo scontro diretto con le forze di polizia davanti ai blindati. Non lasciamoli soli e aggiungiamo la nostra voce al sonoro delle riprese tutte le volte che qualcuno proverà a intimidirli, minacciarli o arrestarli solo per aver esercitato il loro diritto alla libera espressione gridando ad alta voce quello che molti di noi si limitano a pensare in silenzio.
[carlo gubitosa]
Info: www.lamiaterraladifendo.it
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E stiamo civilizzando l’Afganistan
Solo 382 feriti e un morto per la battaglia di Capodanno (botti, pallottole, ecc.) in Italia. Un 24enne ucciso per essersi affacciato al balcone a mezzanotte a Napoli, un 46enne grave (pallottola vagante) a Salerno, tre feriti per arma da fuoco nel milanese.
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La mucca-pazza dei vigili
Si estende l’epidemia fra i vigili italiani. Dopo i casi di Parma e Napoli (ragazzo e giornalista picchiati, per pelle scura e per domande scomode in conferenza-stampa), la mucca-pazza dei vigili comincia a colpire anche in Sicilia. Ne ha fatto le spese un ragazzo di Agrigento che in una cerimonia locale (sul recupero delle ragazze traviate o qualcosa del genere: c’era Sgarbi) s’è messo a gridare “Viva Caselli”. I vigili lo pigliano, lo menano e se lo portano via.
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L’asociale
Cagliari. E’ stata scarcerata ieri Tiziana Concu, 43 anni, arrestata – come i lettori ricorderanno – l’altra settimana a causa di una forte somma di denaro trovata casualmente per la strada. Il denaro, 160mila euri, era contenuto in una cassetta dimenticata davanti alla cassa continua della filiale del Monte dei Paschi di via Tuveri. La donna, senza pensarci su, ha portato la somma ai carabinieri che sono riusciti a risalire al proprietario (responsabile di una ditta di Cagliari) che s’è visto restituire il piccolo tesoro. Da quel momento sono cominciati i guai per la signora: “Ma come, lei trova i soldi così e li restituisce?”. “Ma chi si crede di essere?”. “La gente rischia la galera per centomila euri di mazzetta e lei ne restituisce 160mila così, come se niente fosse!”. Alla fine è stata incriminata per propaganda sovversiva, comportamento sospetto, oltraggio alla classe politica e istigazione all’eccessiva osservanza della legge. Ieri sera il gip le ha concesso la libertà provvisoria in attesa di processo.
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Sciabola
< À Ryad, le ministère de l’Intérieur a rendu publique la décapitation au sabre de deux Saoudiens, le 26 décembre. Condamnés à mort, ces deux homosexuels ont vu leurs noms publiés dans la presse du Royaume wahhabite. Ils ont été accusés d’être entrés dans la chambre d’un homme alors qu’il dormait, de l’avoir attaché. Depuis mars 2008, en effet, des centaines de présumés homosexuels ont été arrêtés. Cet été, 55 jeunes hommes ont été interpellés par le “Comité pour la propagation de la vertu et la prévention du vice”, lors d’une «soirée dansante ». Fin 2007, deux hommes ont été condamnés à 7.000 coups de fouet. Le crime de sodomie est passible de peine de mort en Arabie saoudite >
[A Riad, il ministro dell’interno ha reso pubblica la decapitazione con sciabola di due sauditi, il 26 dicembre. Condannati a morte, questi due omosessuali hanno avuto i loro nomi pubblicati sulla stampa del regno wahabita. Sono accusati di essere entrati nella camera di un uomo che dormiva e di averlo attaccato. Dal marzo 2008 in effetti centinaia di presunti omosessuali sono stati arrestati. Questa estate 55 giovani sono stati interpellati dal Comitato per la propagazione della virtù e la prevenzione del vizio” all’uscita di una festa danzante. A fine 2007 due uomini sono stati condannati a settemila colpi di frusta. Il crimine di sodomia è passibile di pena di morte in Arabia saudita]
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Audience
Diminuisce quella di Benedetto XVI. Le presenze alle udienze papali (Auditel?) fra il 2006 e il 2008 sono passate da 3,2 a 2,2 milioni. “Non sono una rockstar”, ha opportunamente precisato il Papa. Purtroppo il calo di audience si accompagna con quello delle finanze vaticane, e se il Vaticano fosse Rai o Mediaset adesso ci si chiederebbe chi mandare in prima serata.
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Secessione
Dopo la Padania, tensioni anche con la Città del Vaticano, che da quest’anno non recepirà più le leggi italiane. “Troppe, farragginose, a volte anche sbagliate”. Restano buoni i rapporti con San Marino.
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Rifondazione
Ho conosciuto in passato Nichi Vendola, che è stato un buon corrispondente dei Siciliani e un ottimo e coraggioso membro della Commissione Antimafia. Non conosco personalmente Paolo Ferrero, che però mi sembra un compagno onesto e buono (è valdese; è stato il miglior ministro di Prodi). Non ho titolo per intervenire nella loro contesa – si tratta di argomenti in cui essi certamente ne sanno più di me – anche se dall’esterno mi sembra che le divergenze, tolti gli elementi emotivi, non siano poi così incolmabili. Come comunista da quarant’anni, e da trenta impegnato nella lotta alla mafia, mi permetto però di ricordare a entrambi che mentre loro si spaccano noi, quaggiù, combattiamo.
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Sapere e non volere
Mauro wrote:
< Abito qui a Catania da circa trenta anni e l’ho vista sprofondare nella totale indifferenza o meglio connivenza, a volte consapevole a volte no. C’è qualcosa in questa città che possa far pensare ad un posto evoluto? Io non riesco a coglierla, forse perché accosto termini di paragone molto distanti, o forse perché non ho mai sopportato la maleducazione. Un’informazione veramente libera e indipendente è necessaria ma non sufficiente. Credo che i Catanesi sappiano come stanno le cose ma non hanno interesse a cambiarle perché si sono assuefatti >
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Alla fiera (autogestita) del quartiere
Sonia Giardina, I Cordai (Catania), wrote:
< Con grande successo qui a S.Cristoforo si è conclusa la fiera natalizia del risparmio solidale. Migliaia di persone, nei turbinosi giorni di dicembre, hanno invaso il nostro mercatino a caccia di vestiti nuovi di fabbrica, capi di ogni fattura per donna, uomo e bambino. Il Gapannone si è animato di visitatori che, a frotte, si sono incrociati per curiosare e frugare negli stand colorati e sui banchi stracolmi. Una novità assoluta in un momento in cui arrivare a fine mese è per troppe famiglie una lotta per la sopravvivenza. È stata una novità assoluta sì, ma al tempo stesso l’ennesima iniziativa sociale promossa dal basso che esprime la voglia del nostro quartiere di combattere il degrado e l’abbandono a cui ci affida l’incuria di chi governa.
Il mercatino si è rivelato anche un modo originale di vivere momenti di aggregazione sociale che consentono di pensare la città nella sua dimensione unitaria di crescita collettiva e di scambio culturale. Riproporremo la fiera nei mesi primaverili in un capannone che speriamo possa essere ancora più ospitale grazie ai lavori di pavimentazione che partiranno anche col ricavato delle vendite >
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Diventare grandi
Anna Pascuzzo wrote:
< Molti anni fa qualcuno, mi pare un vecchio dirigente con la barba dell’allora Pds mi disse: “Anch’io alla tua età avevo tanta voglia di lottare, ma poi si cresce e si diventa grandi e all’entusiasmo della lotta subentra la responsabilità!”. Ricordo ancora l’effetto che mi fecero quelle parole, fui attraversata da brividi in tutto il corpo. Beh, da allora sono trascorsi più di dieci anni e molti di noi sono diventati “grandi” ma lottare per i diritti lo facciamo ancora. Buon anno! >
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Lavori in corso
Mirko Viola <diablo310@msn.com> wrote:
< Dopo l’incontro-dibattito di lunedì 5, prosegue il percorso comune dei giornali di base catanesi con il primo laboratorio che si terrà mercoledì 14 gennaio ore 20.30 presso la sede di CittàInsieme, in via Siena 1. Il tema che affronteremo insieme sarà “Dalla carta stampata al web, tecniche di impaginazione nei nuovi media. A mercoledì, Mirko >
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Alle due anime di Rifondazione
B.B. wrote:
< Qui giace sepolta
Rosa Luxemburg
Un’ebrea polacca
Che combattè in difesa dei lavoratori tedeschi
Uccisa
Dagli oppressori tedeschi. Oppressi,
Seppellite la vostra discordia! >
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)