San Libero – 381

10 febbraio 2009 n. 381

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Tecnica del colpo di stato

Ci sono due tipi di persone completamente differenti, in questi giorni, che appaiono confuse fra loro ma non hanno, come esseri umani, assolutamente nulla in comune. Quelli che in buona fede “difendono la vita” e la danno giustamente un valore superiore a ogni altra cosa. E quelli che difendono semplicemente un potere. I primi sbagliano solo, secondo me, su un elemento di fatto: un corpo che credono vivo (per come presentato dai media) e che in realtà non lo è. I secondi, lucidissimi, gestiscono il passaggio finale del Piano di Rinascita: l’abolizione dell’odiata democrazia (comunista, faziosa, antifascista, demagogica, senzadio, modernista e chi più ne ha più ne metta: sono tutte definizioni storicamente usate in un momento o nell’altro) e l’instaurazione del regime d’ordine, della dittatura dei pochi.

Ai primi bisogna tributare più che mai rispetto, perché seguono una coscienza, e la diversità di opinioni non menoma la loro onestà di cittadini. E’ ormai da generazioni che i cattolici, in Italia, hanno superato il loro esame civile. Non c’è stata battaglia sociale, dagli anni Settanta in poi, in cui credenti e non credenti si siano sostanzialmente differenziati. Il triste Vaticano di Ratzinger non è che un episodio passeggero e ha le sue radici in luoghi “laici” (neoconneries, razzismi, idolatrie dei consumi), non in una cultura cattolica diffusa.
Non è il primo papa che “fa politica” e s’illude, facendola, di esercitare chissà quale funzione provvidenziale. Ma costruisce sull’acqua: la chiesa è papa Giovanni, non è lui. Due cose, dal sessantotto in poi, sono veramente cambiate nella società italiana: i cattolici e le donne. Chi vuol resuscitare i Pii dodici ha la stessa consistenza storica e la stessa probabilità di successo di una Carfagna che teorizzasse un ritorno ai poteri monarchici di qualche madame Pompadour.

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E’ vero invece che, su un terreno accuratamente scelto e con una programmazione evidentemente ben meditata, il regime sonda il colpo di stato. Alcune cose dette da Berlusconi in questi giorni sono da impeachment ai sensi dell’articolo 90 della Costituzione. Benissimo ha fatto il Presidente della Repubblica a fare – sostanzialmente – appello al popolo in questo caso. Garante della Repubblica e Capo delle forze armate, egli ha materialmente i poteri per fermare il putsch. Che non è fatto solo di propaganda e politica ma di risorse concrete (ultras, camorristi, squadristi organizzati) che potrebbero in un domani essere mobilitate, non per la prima volta, a sostegno di un golpe neanche tanto “legale”.

In questi giorni difficili, i più decisivi dalla fondazione della Repubblica in poi, manca però un protagonista fondamentale, la sinistra. Nella sua connotazione moderata come in quelle più radicali, essa sta dando una prova penosa di superficialità, leggerezza e disunione. Fra i “democratici”, i grotteschi egocentrismi di Veltroni; fra i “rivoluzionari”, cinque o sei partiti e aspiranti partiti ridicolissimi, non in grado nemmeno di fare una lista unica in un momento come questo; Di Pietro a condire il tutto con le tirate “rivoluzionarie” contro Napolitano.

Tocca a noi “cittadini semplici”, a quanto pare, tirarci fuori dai guai. Un esempio da seguire c’è, ed è quello del movimento antimafia degli anni Ottanta e Novanta. Che in momenti difficili, con i politici nel pallone e la Repubblica sotto il mirino dei potenti, ha pur saputo unirsi, fare Cln e fare rete, essere trasversale ma risoluto, attaccare. Certo è durato poco, ma forse allora, in quegli anni, ha impedito molte cose. E’ ora di ristudiarlo con attenzione, capire i suoi punti di forza ed i suoi errori, rifarlo senza questi ultimi ma con la stessa decisione. E’ l’unica via d’uscita, adesso, e in fondo è sempre la stessa e si potrebbe anche chiamare Resistenza.

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Italien

“Vietato curare i negri”. “Denunciare gli stranieri sospetti”. “Vietato dormire su questa panchina”. “Solo per bianchi”. “Per eventuali delazioni, rivolgersi all’Ufficio Spie”. E il governo che proclama: “Sì, siamo molto cattivi”. Non è che per caso sta cambiando qualcosa, in questo paese?.

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Mailand

Milano. L’assessore alla cultura, per commemorare i futuristi, organizza una “Rissa in Galleria” con ballerini, attori, ecc. Nessuno però avverte i vigili, che arrivano, vedono la rissa e bloccano i “rissanti”, fra cui l’assessore. “Lei non sa chi sono io!”.  Trambusto, concitazione, poi tutti a casa.
Al liceo Parini, invece, dove c’è un dibattito sul darwinismo, di notte arrivano i giovani del Comitato antievoluzionista (che combattono Darwin, scimmie e tutto il resto) e appendono dei pupazzi scimmieschi sul portone, a titolo di  contestazione.

Al Comune, politici e Ufficio legale cercano un modo di salvare gli stipendi dei supermanager delle SpA comunali: Catania dell’Atm, Bonomi della Sea ecc.: mezzo milione di euri ciascuno, ma la Corte dei Conti – visti i parametri di legge – dice che sono troppi e invita “ad adottare gli interventi correttivi ritenuti opportuni”. Peggio dei comunisti, del cardinal Tettamanzi, della Cgil, del Leoncavallo.

Nei bar chi ne ha voglia (pochi, col freddo che fa) discute della notizia del giorno, la condanna del capo-lega di Rovato (Brescia) per violenza di gruppo e stupro: da sindaco aveva organizzato pattuglie e ronde contro le prostitute  rumene; da privato cittadino, con altri giovinastri, ne aveva sequestrato e violentato una.  Discorsi da bar, e con cautela, perché nei telegiornali non se ne parla e le ronde padane, ormai ufficializzate per legge, potrebbero segnarsi i nomi di chi parla troppo…
Vicino alla dogana, nel frattempo, è morto il settimo barbone di quest’inverno. E’ morto di freddo e gelo, morte naturale. Nessuno gli ha dato fuoco, ed è già qualcosa.

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Facciamoci conoscere

La Svizzera ha approvato in un referendum la libera circolazione dei lavoratori con l’Unione europea, compresi bulgari e rumeni. Tutti i cantoni hanno votato sì con larga maggioranza, meno i quattro tradizionalmente più retrivi. Fra questi ultimi si è distinto (sessantacinque per cento dei voti contro i lavoratori) il Canton Ticino, l’unico cantone svizzero abitato da italiani.

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Nel frattempo

Si può essere violentate, se si è donne, da un gruppo di rumeni ubriachi o da una banda di ragazzini-bene di Como. Si può essere fatti fuori, se si è neri,  da un camorrista campano o da un barista milanese. Si può essere bruciati vivi, se si è senza casa, da tre coatti laziali o da quattro annoiati ragazzi riminesi (questi ultimi sono già fuori di galera, quattro mesi dopo). Tutto ciò è indubbiamente complesso e dà infatti luogo a dibattiti molto approfonditi. Nel frattempo:

– mettere le donne in condizioni di difendersi contro i maschi, lombardi o albanesi che siano: porto d’armi gratuito per le donne, a semplice richiesta; armi da fuoco, non peperoncino;

– mettere gli immigrati in condizioni di essere veramente difesi dalla legge: arruolare subito diecimila carabinieri e poliziotti immigrati, cittadini italiani; se ci sono gli operai neri, non si vede perché non ci debbono essere i poliziotti neri, come in America;

– difendere l’italianità, l’identità nazionale e tutte le altre belle cose di cui si parla: se fai lo stronzo non sei italiano, ci fai fare figura di merda a tutti; perciò chi picchia un immigrato, molesta una donna, fa il razzista o il nazista va preso, privato della cittadinanza italiana, imbarcato su una nave e regalato al Marocco, al Senegal, a chi se lo prende. Potrà tornare in Italia dopo dieci anni e dopo avere attraversato il Mediterraneo in canotto. La sua carta di cittadino italiano, nel frattempo, sarà stata data a un marocchino o un senegalese ufficialmente “clandestino” ma onesto e lavoratore.

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Giornali e razzismo

Meno male che c’è il Cospe, una delle organizzazioni promotrici della campagna “Mettiamo al bando la parola clandestino”, altrimenti non avrei mai scoperto la caccia al rumeno lanciata da “Il Giornale” sul proprio sito web, da cui mi tengo prudentemente alla larga. Il 4 febbraio, alla vigilia del decreto che trasforma i medici in poliziotti/spie, legalizza le ronde di vigilantes e batte cassa sulla pelle dei più poveri con la tassa sul permesso di soggiorno, il sito ilgiornale.it dà lezioni di populismo con l’articolo “Cacciamoli. Bucarest si riprenda le sue canaglie”:
http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=325970

Un articolo che sarebbe ridicolo se non fosse inquietante, dove Paolo Granzotto parla di “rispedire al mittente la feccia romena”, e spera “che non mi si dia del razzista se chiamo col loro nome individui che ammazzano, stuprano, rubano agendo con furore belluino”. Il teorema è semplice:
mandiamoli a casa loro perché da noi la giustizia è troppo buonista.
Granzotto si chiede anche “se desti più furore sapere che il colpevole in qualche modo l’ha fatta franca – magari scarcerato dopo un paio di giorni – o sapere che è fuori dai piedi, in qualche galera o in qualche souk [sic!] romeno”. E che saranno mai questi “souk romeni”?

L’immagine evocata da questo articolo è quella di un carcere duro tipo quello che ospitava Dustin Hoffman e Steve McQueen in “Papillon”, dove carcerieri unti e nerboruti sono pronti a farti fuori al minimo gesto di ribellione. In realtà ci vuol poco a confondere i mercati arabi con un piatto nordafricano, e dall’unione dei “suq” con il “couscous” nasce il “souk” di Granzotto.
La notizia gira su Facebook fino ad incontrare l’ironia dello scrittore pugliese Giuliano Pavone:
“dall’articolo si evince che Granzotto non sa cosa sia un suq, convinto che la Romania – dove notoriamente si parla l’arabo, altrimenti non potrebbero essere così canaglie – sia piena di suq. A quando i kibbutz paraguayani e gli igloo congolesi?”

Il senso di grottesco che nasce da questo esempio eclatante di disinformazione aumenta al pensare che queste cose sono scritte anche con soldi “rumeni”: quelli versati al fisco dai lavoratori immigrati e successivamente dirottati ai quotidiani grazie ai finanziamenti pubblici. Se fossimo un paese civile, il razzismo ce lo pagheremmo almeno di tasca nostra, e oltre alla “feccia rumena”, avremmo il coraggio di perseguire anche quella italiana, perfino quando si nasconde nei banchi del Parlamento e nelle redazioni prestigiose.
[Carlo Gubitosa]

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Libero e il Riformista

Dello stesso padrone, il sor Giampaolo Angelucci. Che, ha detto il giudice prima di mandarlo ar gabbio per una serie di milionari intrallazzi con le cliniche private, li usava imparzialmente entrambi per “fare lobby” (in latino: ricatti) sui politici che annavano lobbizzati. Di cui, il Riformista signorilmente glissa e parla d’altro mentre il sanguigno Feltri sbraita: “Vonno mette a tacè er ggiornale ppiù Libbero! Er mio ggiornale!”. Tutt’e due so’ giornali “politici” e, in quanto tali, cianno li scudi pubblici assicurati. Più quelli de Angelucci, che nun sso’ pochi.

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La Storia

“Silvio Berlusconi, interrogato al termine di una cena della principessa Nicoletta Odescalchi…”.

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La base

Il ministro della difesa La Russa, sul quotidiano La Sicilia di Catania:
“Sigonella diventerà ancora di più un punto nevralgico della sicurezza dove si concentreranno le forze di intelligence dell’Italia e della Nato, e questo non solo aumenterà il ruolo italiano nella Nato, ma darà posti di lavoro con l’arrivo di alcune migliaia di americani, cioè le 800 famiglie dei militari”.
Il proprietario de La Sicilia, il costruttore Mario Ciancio, è proprietario di un immenso aranceto nel territorio di Lentini di cui, provvidenzialmente, l’amministrazione comunale ha autorizzato a variare la destinazione d’uso. Vi potranno essere costruite più di mille villette unifamiliari per il personale USA di Sigonella. Per il progetto esecutivo e i futuri lavori esiste già una società, la Scirumi Srl. I soci? La Maltauro di Vicenza e la famiglia Ciancio.
[antonio mazzeo]
Bookmark: www.terrelibere.it

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Carta d’identità

“Giuseppe Gatì Savio, nato ad Agrigento il 18 /10/1986, residente a Campobello di Licata (AG), cittadino libero. Ho voluto specificare il mio “status”, per combattere il servilismo che ogni giorno di più avvolge il nostro Paese. Ho scelto di rimanere in Sicilia, di non andare via anche se vivere qui è duro, durissimo…”.

Così si presentava sul suo blog Giuseppe Gatì, morto sabato mentre lavorava in campagna aiutando suo padre. Un siciliano d’altri tempi: fiero, lavoratore, affezionato alla famiglia, coraggioso e buono.
Sulla stampa perbene ha avuto quattro misere righe, da morto sul lavoro. Qualcuno, di sfuggita, ha ricordato che aveva contestato Sgarbi in Sicilia: ma questo certamente non basta a farne un personaggio mediatico, ci mancherebbe. Ha lavorato, ha studiato, ha fatto la sua breve utile vita: lontano dai palazzi, completamente estraneo al mondo artificiale e spregevole dei Vip.

Un pezzo di questo mondo, con la consueta arroganza, a un certo punto è piombato in Sicilia, con le fattezze di Sgarbi, chissà perché. I “cappeddi”, i notabili, i nobili culo-a-ponte di Agrigento e Salemi si sono affrettati a servirlo, a riverirlo abiettamente, a strisciargli ai piedi.
Giuseppe, ragazzo siciliano, invece no: gli si è piantato davanti e “Viva l’antimafia! – gli ha urlato in faccia – Viva Caselli!”.
I servi guardaspalle siciliani, fra le urla degli altri servi e gli applausi del pubblico servo, l’hanno afferrato e portato via. Ma là, per un istante, s’è udita la voce vera della Sicilia, ed era una voce giovane, senza paura.

Sbava, Sgarbi, strisciate, servi, ringhiate la vostra rabbia quanto volete: la voce vi azzera tutti, è più forte di voi. Viva Caselli, viva la nostra antimafia, viva sempre Giuseppe ragazzo siciliano.

Bookmark: www.lamiaterraladifendo.it/

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Pizzini

coppol32@coppolasalvatore.191.it wrote:

<…ho partecipato con uno stand Coppola Editore alla Fiera del libro di Torino dove ho esposto I “pizzini” della legalità (allegato) e ho conosciuto Rosario Esposito La Rossa (allegato) che mi ha chiesto se fossi disponibile a pubblicarne sulla camorra e da allora ne abbiamo stampato 5 titoli (nell’allegato ultimi 5 titoli).. Tempo fa Rosario mi aveva chiesto se fosse possibile farli a Scampia, ma c’erano problemi logistici e di investimento capitali X stampanti, carta, macchinari e luogo che potesse ospitare questa fabbrica. Dai primi di gennaio a ieri abbiamo risolto questi problemi, per cui entro fine settimana tutto dovrebbe essere disponibile a Scampia e io andrò a Napoli 2-3 gg x spiegare come si fanno i pizzini. Pensiamo di farne 10.000 x la Giornata della Memoria 21 Marzo a Napoli >
Bookmark: www.coppolaeditore.com

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Ucuntu

Siamo passando alla seconda fase: sito rinnovato (vedere), e soprattutto network (La periferica, I cordai, Casablanca, Step1, Cieli, 095, Telejato, Itacanews, Catanianotizie) fra siti e giornali di quartiere, seminari di lavoro (dal 5 gennaio in poi), seconda assemblea operativa entro febbraio.
Bookmark: www.ucuntu.org

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Tre amici

< … Non credo che Orlando con Di Pietro possa servire a molto. Non mi sembra che Fava, col suo partitino, serva a qualcosa. E anche dalla Chiesa mi sembra molto più isolato, nel Pd, di quanto egli stesso non creda. Ma ciascuno dei tre ha una forza sua. Orlando è – a mio vedere – l’unico, nella variopinta galassia Di Pietro-Grillo, che sia un vero democratico, non un demagogo anche generoso  ma un repubblicano. Fava è quello che ha le maggiori possibilità di dialogare (se lo volesse) con tutta la povera area “di sinistra” che è buffa sì per via di Bertinotti, Luxuria, Fagioli e compagnia bella, ma che è pur sempre la sinistra, e in circostanze diverse potrebbe tornare ad agire come tale. E dalla Chiesa, infine, è quello che può recuperare qualcosa dalla mala avventura del Pd, salvare le masserizie dallo sfascio, tramandare l’idea del riformismo italiano onesto e buono.
Tutti e tre insieme… Non so, tutt’e tre insieme forse sarebbero solo una testimonianza civile, forse il catalizzatore di un percorso virtuoso; comunque verrebbero presi sul serio dai ragazzi dell’Onda, dai Pd onesti e dalla base dispersa e confusa della sinistra dei vecchi baroni. Avrebbero un’idea forte alle spalle, la Rete. Non farebbero il gol, ma certo sarebbe un buon assist, la presenza loro.
La Rete 2.0, insomma. Non remake, ma partita nuova. Non di Nando, Claudio e Luca, ma con una buona spinta da parte loro. Non vedo altre strade realistiche. Per ora, sono impantanati – ognuno nel suo recinto – tutt’e tre. Il Pd continuerà a marcire, Di Pietro continuerà a gridare forte, Vendola Ferrero e soci continueranno a fare i gruppettari. Ci vuole una forzatura, contemporaneamente in tutt’e tre le direzioni… >

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“Siamo solo all’inizio”

g.g. wrote:

< Non ci limiteremo alle contestazioni plateali e rumorose: il nostro impegno sarà nel diffondere più informazioni possibili, in tutti i modi possibili… non solo da internet. Nel mio paese sono pochissimi ad usare internet e l’unica loro fonte di informazione è Il Giornale di Sicilia o, peggio, la televisione. Siamo solo all’inizio, siamo giovanissimi (abbiamo 23 anni) e tanta rabbia dentro. Il nostro comune è in mano ai commissari da quasi tre anni perchè è stato sciolto per mafia. Il nostro ex sindaco (di sinistra!!!) è stato condannato in primo grado a tre anni e quattro mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa >

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Quelqu’un a ecrit:

< Ami, entends-tu le vol noir des corbeaux sur nos plaines? >

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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)