11 dicembre 2009 n. 384
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Democrazia 2.0
Dal Rita Express al colore viola
Lorenzo wrote (30 settembre 2007):
< Ciao R. Sono uno studente universitario di 24 anni, vivo tra Castelfranco Veneto e Padova. Ho letto il commento in cui parli di sciopero dei precari organizzato su Internet. Vorrei saperne un po’ di più, la cosa mi interessa e sono prontissimo a dare una mano >
< Guarda che sei tu che lo devi organizzare. Non hai bisogno di me, e nemmeno di Beppe Grillo. Basta che trovi un paio di centinaia di precari come te (nell’internet li trovi facilmente) e cominciate ad allargarvi (con l’internet è facile) su un obiettivo preciso (sull’internet è facile fare brain storming per individuare obiettivi) >
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Beh, se avete passato gli ultimi anni a prevedere le ricadute politiche di internet è probabile che dal cinque dicembre in qua vi sentiate un po’ meno utopisti e molto meno isolati. E’ stata la prima manifestazione grossa interamente organizzata su internet, senza Vip – gli organizzatori si sono dimessi tutti appena fatto il loro lavoro – e senza politici di mestiere.
La prima, veramente, no: un paio d’anni fa, col Rita Express, molti studenti s’erano organizzati su internet per organizzare manifestazioni per la Borsellino; funzionò benissimo, ma nessuno (nè Rita) ci fece caso.
Adesso siamo molto più avanti, le dimensioni sono ben altre e siamo abbastanza vicini alla massa critica. E’ una svolta nella politica, una svolta vera. Non è “contro i partiti” (goffi i tentativi di usarla in tal senso, tutto sommato dentro il Palazzo) ma, più drammaticamente, “dopo i partiti”.
I quali infatti, se vogliamo guardarci negli occhi, da tempo brutalmente non esistono più. Ce ne sono residui e surrogati, e caricature. Ma come l’Ottocento (l’industria, il socialismo) rese obsolete le logge e i club e “inventò” i partiti, così questi nostri anni (la comunicazione globale, l’interattività) rendono obsoleti i partiti verticistici e inventano, sotto i nostri occhi, qualche altra cosa.
Io credo che questo “qualcosa”, di cui non conosciamo ancora esattamente i confini, ma che già cominciamo a odorare e tastare, sia qualcosa di bello e (parlando da liceale) di ateniese. E’ questa la nostra frontiera. Ed è significativo che il prodromo, la versione 1.0, il Rita Express insomma, si sia verificato all’interno del movimento giovanile antimafioso.
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Il processo Dell’Utri, con la manifestazione targata internet, apparentemente non c’entra niente. In realtà ne è l’esatto complemento, l’altro polo. Dal processo Dell’Utri sapremo se è vero che Cosa Nostra (dire Dell’Utri è dire tout-court Berlusconi) è andata anche ufficialmente al governo.
Se la presenza di Cosa Nostra in questo nostro regime – o, per usare Saviano: questo Sistema – fosse ufficiale, allora non sarebbe più questione di opposizione e men che mai di “regole del gioco” ma solo di disobbedienza civile, di rifiuto d’obbedienza – per tutti i pubblici ufficiali patrioti – e infine di restaurazione della Repubblica, nei modi che i tempi di internet possono suggerire. Essi comprendono sia Obama che gli studenti di Teheran. Non toccherà a noi decidere quale di queste due strade ci toccherà seguire.
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Un eroe del nostro tempo
Gianfranco Miccichè, sottosegretario alla presidenza: «Non mi sento di escludere che Spatuzza voglia rifarsi un’immagine. E non escludo che sia pagato, magari da magistrati, o da terzi».
Va bene. Proviamo a “non escludere” pure noi. Micciché comincia negli anni ’70, con Lotta Continua. A differenza di Rostagno o Impastato, cambia idea ben presto. Nel 1984, con Dell’Utri, diventa capo di Publitalia a Palermo; nel ’93 coordinatore di Forza Italia in Sicilia. Nel gennaio ’88, sospettato di spaccio, “Non sono uno spacciatore – risponde – ma solo un assuntore di cocaina”.
L’8 agosto 2002 un’informativa dei Carabinieri ipotizza che si faccia recapitare cocaina al ministero delle Finanze, dov’è viceministro. Ciò dopo indagini sulle visite che il presunto corriere Alessandro Martello faceva presso il ministero pur non essendovi accreditato. Lui smentisce.
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L’anno della resa dei conti
La crisi, da finanziaria, è diventata industriale; e tocca il massimo adesso. Gli elementi mafiosi, da truppa di complemento, diventano componente essenziale del sistema. Nell’economia, tornare a prima di Keynes; nella società, tornare a prima di Falcone. Questi sarebbero gli obiettivi di lor signori. Ma la partita, a dispetto di tutto, è ancora aperta
Le cose quando precipitano succedono tutte in una volta. Che, in bene o male, il sistema stia andando a una decisione è evidente. Dal nostro punto di vista – dell’antimafia sociale – gli eventi più importanti sono due: la crisi industriale e l’integrazione ufficiale di pezzi di mafia nel sistema.
La crisi industriale (la produzione dei beni, l’occupazione, ecc.) è ormai al suo culmine, e comincia a prendere connotati diversi dalla crisi finanziaria. Quest’ultima, dal punto di vista delle banche, è data oramai per “superata”; ma non lo è affatto, e tende anzi a diventare stabile, per i consumatori e i produttori. Il sistema industriale che ne risulta, innestandosi sugli outsourcing degli ultimi dieci anni e sulle delocalizzazioni degli ultimi cinque, è completamente diverso da quello di prima della crisi: adesso è puro Ottocento.
Le fabbriche occupate (con i padroni che cominciano ad attaccare le occupazioni con squadre armate) diventano sempre più un elemento “normale”, ancorché censurato, del panorama (qui in Sicilia, a Termini, gli operai hanno occupato il comune e eletto un loro “sindaco”).
Rompere il silenzio dei media sulla crisi industriale è ora un obiettivo essenziale dell’informazione dal basso. In questo senso vanno appoggiate iniziative come quelle di CrisiTv.
L’altro elemento catastrofico, l’integrazione ormai aperta di pezzi di mafia nel sistema, è ormai evidentissimo in una serie di fatti: la candidatura alla regione Campania, e la difesa a oltranza su tutti i fronti, di un camorrista accertato; la restituzione alla mafia, mediante un giro di compravendite, dei beni sequestrati; il tentativo di abolire il concetto stesso di concorso esterno in associazione mafiosa (fondamentale per colpire imprenditori e politici del Sistema); il tentativo insomma aperto e dichiarato di tornare a prima di Falcone. Non è un’offensiva qualunque di una qualunque destra più o meno rinnovata; è la resa dei conti, l’uscita programmata e cosciente dalla democrazia.
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A Catania, microcosmo in cui si anticipano le tendenza del più grande Paese, l’offensiva dei poteri contro la città è stata violenta sì ma nel complesso bene affrontata. L’Experia, lungi dall’essere rasa al suolo senza problemi, è diventata il caso sui cui si è aggregata un’opposizione forte e dal basso, che minaccia di voler espandersi molto oltre l’occasione che l’ha provocata. A Librino, le iniziative delle associazioni sociali (e anche di qualche partito, come Rifondazione), hanno portato a una prima acquisizione, la revoca della concessione a privati di Villa Fazio e la possibilità di utilizzarla come centro vitale del quartiere.
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Piccole vittorie, certo; ma che lasciano un segno. E s’inseriscono bene nella fase immediatamente successiva, quella della Catania senza Ciancio – la cui uscita dal mondo dell’editoria viene da sempre più fonti prevista per la fine dell’anno venturo – in cui tutto il sistema dell’informazione subirà una profonda trasformazione.
L’esito più probabile di quest’ultima, allo stato dei fatti, è quello di un ciancismo senza Ciancio, coi grandi gruppi editoriali che colonizzano senza problemi l’informazione in città, la “civilizzano” formalmente e la dislocano, come sempre, a difesa dei grandi interessi edilizi e imprenditoriali. “Cambiare tutto perché non cambi niente”.
Ma qui, per fortuna, anche noi giornalisti – e movimento – democratici avremo forse qualcosa da dire. Ne parleremo fra un mese, il cinque gennaio. Cerchiamo intanto di essere sempre di più all’altezza dei nostri compiti, che ora possono essere decisivi.
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Sher Khan
Roma. E’ morto un politico, di freddo, sul marciapiede. Si chiamava Sher Khan e aveva cominciato la sua carriera politica lottando contro il regime militare del suo Paese, il Pakistan. Esule politico, era fuggito in Italia e qui aveva organizzato le prime associazioni degli immigrati (come l’United Asian Workers Association). Con padre Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas, e Dino Frisullo aveva partecipato all’occupazione della Pantanella, nei primi anni ’90. Anche dopo la scomparsa di Frisullo e padre Di LIegro aveva continuato il suo impegno politico a favore degli immigrati, senza maio chiedere nulla per sè, vivendo anzi in estrema miseria.
Ultimamente viveva in una casa occupata, in via Salaria; “sgomberato” di forza,con tutti gli altri, per ordine del Comune negli ultimi mesi dormiva in mezzo alla strada. Aveva ottenuto lo status di rifugiato politico ma questo, essendo stato abolito l’articolo 10 della Costituzione (“Lo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l’effettivo esercizio delle libertà demoratiche, ha diritto d’asilo…), non l’ha salvato da Ponte Galeria nè dal marciapiede. Il freddo delle ultime notti, e il basso livello di civiltà di questo Paese, l’hanno ucciso. Fra le molte cose di cui noi italiani dovremo vergognarci per questi anni, la fine del politico Sher Khan è fra le peggiori.
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La giornalista e il politico
Mi sono perso una scena bellissima, l’altro giorno, e cioè l’intervista che Antonella Mascali (lavora per Radio Popolare e per Il Fatto, ma io me la ricordo liceale redattrice di SicilianiGiovani) ha fatto al senatore Dell’Utri, famoso come amico di Cosa Nostra e politico “inteso”. A un certo punto Antonella gli ha fatto, ovviamente, qualche domanda su queste sue caratteristiche e quello, tornando in bestia, s’è incazzato. Le cose dette dall’onorevole non si possono riferire: l’avessero sentito all’Ucciadone – dove si troverà benissimo, quando verrà il momento – l’avrebbero certo guardato con ammirazione. Brava Antonella :-)
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Nun me piace, ‘o presepe
Quest’anno, per la prima volta, non farò il presepe (che di solito ho sempre fatto, disobbedendo a Voltaire, con le statuine di creta ereditate da mia madre). Il motivo è che Herr Bossi ordina: “Quest’anno, voglio il presepe per forza in tutte le scuole!”. Perciò i magi e il Bambinello mi scuseranno, non è che ce l’ho con loro (ateo, li ho in simpatia); è che il presepe per forza non mi dice niente, se non un “Gott mit uns” che fa orrore.
(En passant, ‘u zzù Bossi dice che bisogna tappare la bocca a ‘sti ‘nfami pentiti. Fra Bossi e boss, a quanto pare, la distanza è poca).
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Internet vietato ai poveri
Per salvare i giornali, il governo tedesco dice: mettiamo una tassa sulla rete. Diciotto euri al mese per chi usa internet, da regalare all’oligopolio degli editori. Internet vietato ai poveri, in altre parole. Qualcosa di simile, nel milleseicento o giù di lì, avvenne in Inghilterra, dove re Carlo per fermare quei maledetti pennaiuoli ribelli mise due penny di tassa su tutte le pubblicazioni. Non gli andò bene, a re Carlo. Poveretto.
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Spubblicità
Basta Averna. La ditta, dalla provincia di Caltanissetta, s’è spostata (alla faccia degli operai) a Finale Modenese. Ormai è una ditta grossa, una multinazionale. Ma con l’amaro nostro non c’entra più. Perciò, mangiate tortellini, che sono buoni, ma bevete qualcos’altro..
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Lettera all’Arma
Alcuni carabinieri wrote:
< Noi siamo quelli che un tempo ci chiamavamo Crimor, gli uomini dell’uomo che si chiamò Ultimo, quelli che oggi vengono accusati ed offesi. Il nostro Comandante viene colpito alle spalle da basse insinuazioni e viene privato della scorta, in un Paese dove la scorta viene concessa, come status symbol, anche a chi cannibalizza il Paese.
Noi ci offriamo, tutti noi, in congedo o in servizio, per scortare e difendere il nostro Comandante dalle insidie della Mafia. Una Mafia che arringa, tiene banco e spiega la storia, utilizzando come uditorio spettacoli televisivi grondanti falsità ed odio nei confronti di chi ha sofferto e combattuto >
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Luciano Bonfrate wrote:
L’ATTENTO OSSERVATORE
< Quando rifiutarono il diritto di voto
solo perché era nato lontano
a chi vive qui e paga le tasse e lavora duramente
dissero i prominenti: bazzecole.
Quando riaprirono i campi di concentramento
con la legge Turco-Napolitano
dissero i prominenti: quisquilie.
Poi con la legge Bossi-Fini
fu stabilito che gli esseri umani
potessero muoversi solo se un padrone
fischiava loro come fossero cani.
Poi si passò alle deportazioni.
Chi era sfuggito alle stragi e agli aguzzini
nelle mani degli aguzzini di nuovo era gettato.
Infine l’apartheid, la caccia all’uomo.
E le squadre fasciste a mantenere l’ordine.
E tu guardavi e stavi sempre zitto? >
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Un’occhiata a:
www.ucuntu.org (il settimanale, i giornali di quartiere, il sito universitario, la satira di Mamma…).
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“A che serve vivere, se non c’è il coraggio di lottare?” (Giuseppe Fava)