San Libero – 66

Non so. Mi pare che Luttazzi abbia sbagliato, a non invitare anche qualche dipendente di Berlusconi. Io avrei chiamato direttamente Emilio Fede, o Liguori o Dell’Utri. Bisogna sentire sempre tutte le campane, e anche farle sentire. La punizione, visto che è un comico, dovrebbe essere essere la classica (De Foe, Fiorilli, ecc.): un paio di giorni sulla gogna, al mercato. E questo per Luttazzi. Per gli altri, il discorso si fa complicato.
Luttazzi, in quella maniera scorretta, ha parlato di un libro (“L’odore dei soldi”, di Travaglio) che era uscito già da qualche giorno. E com’è che io, ascoltatore della Rai, non ne sapevo niente? Giustamente, il maresciallo Gigi Proietti ci ammonisce (“Ecchè, non paghi?”) a pagare il servizio pubblico Rai. Giusto. In cambio del canone, però, io voglio essere informato. Però, io questa notizia (“È uscito un libro su Berlusconi, in cui si dice questo questo e quest’altro, e ora sentiamo anche che ne dice Berlusconi…”) non l’ho avuta. Perchè? (Non mi chiedo perchè non l’ho avuta da Mentana. Giustamente, Mentana è dipendente di Berlusconi. Non dando questa notizia mi ha detto semplicemente: “Io sono un giornalista solo fino a un certo punto. Debbo tener conto degli interessi di chi mi dà lavoro. Però non t’imbroglio perchè, se stai attento, questo te lo dico in partenza col logo aziendale all’inizio della mia trasmissione”).
Dunque, a me ascoltatore della Rai, che paga i telegiornali, i telegiornali Rai hanno rubato circa centottantamila lire. Le voglio indietro. E poi, per equità, mentre Luttazzi sta sulla gogna (oh, posa giù quel mattone! Si può tirargli solo pomodori e pesci marci), voglio che siano licenziati in tronco i direttori dei tre tiggì. Motivazione: “Per aver sottratto una notizia al Signor Telespettatore”. (E Mentana? Niente. Solo, se va al club della stampa, non lo facciano entrare. A meno che non sia parente di qualche giornalista. Lui non lo è).
Lasciamo perdere tutte le belle chiacchiere sulla trasparenza, sul dovere dei politici a esporre tutto, ecc. Qualcuno in questi giorni ha detto che in America, per molto meno di ciò che s’è imputato a Berlusconi, un presidente è stato mandato a cassa (Nixon) e un altro c’è andato molto vicino (mr Lewinski). Balle. L’Italia sta in Italia, non in America. Da noi, fai quello che vuoi, e poi ti vai a confessare. Se per caso ti beccano, non per questo sei colpevole: sei fesso. In compenso in Italia, dei politici si può dire tutto quello che si vuole: se non ti sparano, più che levarti il lavoro non ti fanno. Così io mi posso togliere il capriccio di dire che Berlusconi non solo è riciclatore e “mafioso”, ma anche si traveste da Lola la Bambola di notte. Tanto, non mi ascolta nessuno. Questo vale per me, vale per voi e vale ogni giorno di più per tutto il sistema dell'”informazione”. Ormai, parlano in pochi. E quei pochi, che sono oramai tutti un corpo del Palazzo, stanno attenti a non giocarsi lo status per la bella faccia dei lettori. Tecnicamente, dal punto di vista del sistema informativo, questa situazione è l’Eiar degli anni trenta. Fra tre mesi, a quanto pare , lo sarà pure ufficialmente. E allora, giù con le scritte sui muri, le barzellette antifasciste e i volantini. E, naturalmente, le Catene. Avremo un bel po’ da fare, noi giornalisti senza giornale – e imbriagoni e reumatici: ma giornalisti – nei prossimi anni.
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Questa è la parte allegra. Poi c’è l’altra. Fra le cose contenute nel libro su Berlusconi portato irregolarmente in onda da Luttazzi, e deplorevolmente non portato in onda dai tg, fra queste cose c’è l’intervista su Berlusconi e dintorni di Borsellino. Ora, questa intervista può essere variamente interpretata (la mia impressione è che Borsellino in qualche modo rimpiangesse di non potersene occupare lui), ma non è questo il punto. Il punto è che quest’intervista, che era in possesso della Rai, dalla Rai non è mai stata messa in onda. Non solo cioè il lettore è stato derubato di una *notizia* che aveva pagato (vedi sopra). Ma è stato censurato il magistrato Paolo Borsellino.
Questo è gravissimo, e non è questione più di licenziamento (si licenzia per incapacità o per vigliaccheria). È questione di indagine. Perchè i dirigenti Rai hanno tanto a lungo censurato Borsellino? Solo per non passare guai, solo perchè vigliacchi? O hanno avuto pressioni? O sono stati pagati? DA chi hanno avuto pressioni? Da chi sono stati pagati? Non c’è ipotesi, a questo punto, che uno non possa fare. Se hanno censurato *Borsellino*, può essere che l’ordine sia venuto direttamente da Provenzano. “Prontu, dottor Zaccariu? Provenzanu sugnu. Guardassi che quella cassetta di Borsellinu non deve andare in onda”. “Comandi!”. Può essere andata così. Adesso, è Zaccaria che deve spiegare il contrario. E dico Zaccaria per dire il gruppo.
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Io dovrei scrivere, adesso, qualcosa sulla signora Antiochia, che è morta l’altro giorno. Non ci riesco affatto, e ne sono contento. Perchè, signora Saveria, io mi vergogno. Ne sono passati degli anni, da quando hanno sparato Robertino. Faceva il poliziotto a Palermo, uno sbirro ragazzo di ventitrè anni. Palermo degli anni dei mitra, Palermo di guerra. Robertino, ala fine, è riuscito ad andarsene da Palermo. Sul continente – a quel tempo – non ammazzano la carne umana per le strade. In Sicilia sì. Per questo è bello essere qui al sicuro sul continente, e non a far da bersaglio giù in Sicilia.
Ma ecco, corre voce a Palermo – e sono voci che non sbagliano – che è già stato deciso il prossimo, che il prossimo è l’uomo della Mobile, Cassarà. “Cassarà come esempio, sbirro infame”. Per Cassarà non c’è problema: è un soldato. Deve solo stringere i denti, continuare a fare quel che fa ogni giorno, e prepararsi a morire. Ma Robertino? Roberto Antiochia è un amico di Cassarà, e gli amici, in Sicilia, non si lasciano soli. Così il ragazzo prende carta e penna, e chiede alla Competente Autorità di essere ridestinato a Palermo. Sbarca all’aeroporto di Punta Raisi in una mattinata afosa e calda, perchè è già estate, l’estate di guerra 1983.
Quell’estate arriva fino al sei agosto, per Cassarà e per Robertino. Il sei agosto, gli esecutori col mitra sono pronti a sparare sotto casa di Cassarà. Lui ha il tempo di suonare il citofono, di dire “Sono qua” alla sua donna. Muoiono tutt’e due insieme, i due amici.
Ho visto la compagna di Cassarà alcuni mesi dopo, al giornale. Una ragazza serena, fortissima, troppo forte. Parlava di Cassarà lucidamente, e anzi, in certi momenti, con un sorriso. Non riuscivo a capire come potesse. Poi, in una pausa, improvvisamente mi sono reso conto che lei parlava di lui come se fosse vivo, sentendolo vivo, credendolo forse.
Laura Cassarà e Saveria Antiochia sono state in prima fila, negli anni, nella lotta contro la mafia. La signora Saveria, militante della sinistra e del Coordinamento Antimafia – immaginate una signora dolcissima, con un’aureola di capelli bianchi; dipingeva – ha insegnato a molti ragazze e ragazze, in Sicilia e fuori, perchè noi lottavamo. Mai con grandi parole; sempre con un sorriso mite. Non scrivo altro di lei, perchè non ne sono all’altezza. Dirò soltanto che il mio Paese, negli anni più difficili e di maggiore bisogno, ha avuto fra i propri cittadini una donna come lei e un ragazzo come suo figlio. Forse basterà questo perchè esso possa vivere. Forse.
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Se di fascismo si tratta (“Autobiografia della nazione”, scrisse Gobetti) sarà un fascismo staraciano, quello che i prossimi anni ci hanno in serbo. Greve, banale. “Il duce ha sempre ragione”, “Noi tireremo diritto”. C’è molta mediocrità, nell’aria. Molt’ansia di piccola carriera. Molto servilismo. L’episodio Luttazzi – ma quello assai più grave che esso contiene: che possa cioè diventar tutto un uomo sospettato da Borsellino – dipinge tutto. C’è voglia di silenzio. Di silenzio da imporre, di silenzio autoimposto. Non tutti taceranno. Ma la maggior parte sì. “Concorrenza sleale”, “Una giornata particolare”… Rivedremo questi film. Vedremo ridere in piazza i rivoluzionari della grappa e del buon vino. Vedremo dimenticati coloro che, negli anni in cui costoro rinnovavano l’Italia ingiuriando i concittadini “terroni”, rischiavano i colpi di mitra per difendere Sicilia e Lombardia.
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Quante miserie umane, quanto grigiore, porta con sè in questi giorni (neanche il ponentino, c’è più) l’aria di Roma. Penetra nei palazzi, e diffonde torpore. Ispira scetticismo ai vecchi “giacobini”. Sciorina sogni manageriali davanti a coloro che un tempo “noi andiamo lontano”. Nasconde pietosamente, ai vecchi “giustizialisti” e “fascisti”, il nome del morto Paolo Borsellino. Solleva lievemente la polvere, la spande sulle poltrone e sugli esseri umani.
Tutti staremo meglio, fra pochi mesi. Chi ministeri, chi sottosegretariati, chi carriere… Purtroppo, tutte queste belle cose si pagano. Bisogna non sentire più i vecchi sogni, bisogna rimuovere i nomi – che al nuovo padrone non piacciono – di quelli che combatterono per il Paese. Morirono solitari, sapendo che bisognava, credendo che i loro amici avrebbero combattuto anche per loro. Non avevano il concetto della resa.
Noi ci siamo passati, noi di sinistra, per questa resa. Quando i vecchi ideali e il nuovo potere si affastellano, e non c’è posto abbastanza per tutt’e due. La maggior parte di noi, ingenuamente, ha afferrato a piene mani il mucchio nuovo e scintillante. L’ha pagato carissimo, chi non l’ha fatto: tenersi al vecchio e al buono, in tempi di vincitori, non è da tutti. Quei pochi, tuttavia, oggi sono gli unici a sorridere nel disastro generale. Sicuri di sè, fiduciosi – per lungo esperimento – nei giri della storia, serenamente e senza paura si preparano a rimettere in piedi, col tempo che ci vorrà, la sinistra. Ma questo è un altro discorso.
Adesso, amici di destra, tocca a voi. Potrete comandare, finalmente, potrete essere i quarti e i terzi e i secondi – dopo il Capo, s’intende. Il prezzo è tale: non illudetevi su questo. E auguri.


Lezione di giornalismo. L’intervista a Borsellino, che la Rai ha censurato per tutto questo tempo, da noi era stata data a novembre dell’anno scorso. Tardi, perchè in effetti era già disponibile in diversi siti: Sicilyonline, girodivite, Antimafia2000, Peacelink, Namaste ed altre.

Bookmark:

http://www.namaste.ostiglia.it/
http://www.girodivite.it

Insomma, qualche giornalista in Italia c’è ancora.
A proposito di giornalisti: ripropongo l’intervista di Rocco Rossitto alla signora Rita Borsellino (la sorella del giudice, e vice presidente di Libera) sull’intervista in questione. L’avevamo già “messa in onda” a novembre, e la Rai avrebbe potuto benissimo fare la stessa cosa.
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– Un’opinione in merito alla recente scoperta di un’intervista, che suo fratello Paolo rilasciò due giorni prima della strage di Capaci, in cui si facevano nomi illustri come Dell’Utri e Berlusconi.
“Allora non erano ancora dei nomi illustri ed è questa la cosa che mi ha colpito di più, che Paolo parlasse di queste persone quando ancora non erano coinvolte in politica. Allora sorrido pensando al sorriso di Paolo, e alla sua capacità di ironizzare. Che Paolo sia stato tanto previdente da voler perseguitare certi personaggi pensando che un giorno potessero scendere in politica, mi sembra piuttosto inverosimile, decisamente aveva degli elementi validi a sua conoscenza che lo inducevano a fare le osservazioni che ha fatto. Paolo non era uno che azzardava ipotesi, era uno che di solito parlava su fatti concreti, altrimenti preferiva non parlare. Io personalmente quest’intervista non l’ho vista, ho avuto solo oggi, finalmente la possibilità di leggere la trascrizione, quindi non avevo voluto, fino ad ora non dire nulla in merito, proprio perchè non avevo conoscenza di ciò che Paolo disse, ora ne parlo anche se voglio ancora vederla, mio fratello Paolo, diceva molto di più con l’espressione del viso, con l’atteggiamento, con le pause E non soltanto con le parole. ”
– Che risvolti potranno avere le parole di Paolo in quell’intervista?
“Io questo non so dirlo e non posso dirlo, probabilmente non l’avrebbe detto nemmeno Paolo, sicuramente un fatto inquietante che delle persone su cui c’erano già degli elementi su cui si stava indagando, non solo siano poi entrati prepotentemente sulla scena politica nazionale, e questo è un fatto che inquieta, in quanto la speranza è sempre quella di avere in quel campo persone perfettamente limpide, ma inquieta molto di più che di questa cassetta si erano perse le tracce e che grazie alla tenacia di un giornalista, è stata ritrovata dopo otto anni. ”
– Ma la mafia è veramente alla “fine”?
“No, io ritengo che Pino Arlacchi, abbia peccato di un eccesso d’ottimismo, probabilmente visto l’atmosfera che lo circonda, che sicuramente è molto positiva e molto bella, ritengo che si sia lasciato scappare un desiderio che in lui e non solo in lui è molto forte, però bisogna essere molto concreti e tenere i piedi ben saldi nel terreno, e bisogna prendere atto dei grossi risultati, che si sono ottenuti, ma senza dimenticare tutto quello che ancora c’è da fare, che sicuramente è proprio tanto. ”
– Essere oggi a Palermo è molto importante: perchè?
“Perchè è un riconoscimento grandissimo del lavoro che Palermo ha fatto. Palermo ha avuto una grande capacità di reazione, ha attuato delle strategie, le più diverse, che hanno dato degli enormi risultati. La cornice palermitana è senza dubbio la più adatta per un vertice del genere.”