Non comprate pesce pescato in Sicilia. È nutrito di carne umana. C’è una città, in Sicilia, che si chiama Portopalo – ed è un normalissimo paesino di pescatori, dove la mafia c’è poco o niente – in cui per cinque anni i paesani si sono incontrati ogni giorno nei negozi e per la strada si sono detti buongiorno e buonasera, ognuno sapendo dell’altro che era testimone reticente di una strage, guardandosi negli occhi e sorridendo e senza dire una sillaba che non fosse “normale”.
Quel paesino, appena vent’anni fa, era uno dei luoghi più limpidi e più innocenti della terra. Uno di quei luoghi fermi, dove la ferocia umana non arriverà mai, in cui si vive facendo un lavoro da uomini (coltivare la terra, affrontare il mare) e in cui la sera ci si incontra tutti insieme seduti sul marciapiede a spettegolare.
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Duecentoottantatrè emigranti annegati, dimenticati e nascosti, un giorno di Natale. Diventa futilissima, di fronte a una frase del genere, tutto ciò di cui, come italiani, oggi ci stiamo occupando. La discussione politica, l’economia, i preparativi per le vacanze, la Roma… Tutto ciò che succede, e che è successo negli ultimi cinque anni, succede ed è successo mentre duecentoottantatrè emigrati venivano cancellati in fondo al mare. Cambia tutto.
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Pesa sulla nostra Italia, ma ancora di più sulla mia Sicilia. In Puglia, la gente accoglie fraternamente gli scampati. In Puglia, non avrebbero nascosto per cinque anni trecento morti annegati.
E di tutta la Sicilia, la colpevole è la più fuorimondo e innocente, quella degli dei antichi e lievi, quella senza potere. Io, pieno di paura, non capisco.
G8. Finora la migliore è la seguente: gli anarchici si stanno organizzando con piccoli aerei telecomandati per bombardare la polizia a palloncini pieni di sangue infetto. Lo scrivono alcuni giornali su fonti (dicono) dei servizi segreti. Complimenti.
Il ministro dell’interno fascista ha confermato le disposizioni del ministro dell’interno democratico circa l’uso dei militari nelle manifestazioni: saranno circa tremila, in assetto di guerra, fra cui reparti del Battaglione San Marco. Così, dopo tanti secoli, San Marco finalmente è riuscito a conquistare Genova. Complimenti anche ai due ministri.
Per evitare intoppi alla circolazione dei veicoli ufficiali, verranno istituite delle fasce di sicurezza inibite alla circolazione dei cittadini in determinati orari. Ai tempi del prefetto Basile (quello che c’era a Genova nel 43) questo si chiamava coprifuoco. Purtroppo questa istituzione non è più prevista dalle leggi fatte dopo la Costituzione, e così il prefetto di ora per appellarsi a qualcosa di legale ha dovuto tirar fuori un Regio Decreto del ’31: “Vittorio Emanuele III, per grazia di Dio e per volontà della nazione Re d’Italia e di Albania…”. E pure al prefetto, complimenti.
Fratelli d’Italia. A Roma danno il Flauto Magico di Mozart e il direttore dell’Opera, naso fino, ha disposto che a tutti gli spettatori massoni venga praticato uno sconto del dieci per cento. Loggico.
Se passi da Roma, dagliela un’occhiata alla mostra dei gladiatori, al Colosseo. Tranne Spartaco (per non far venire idee sbagliate in testa ai pupi) il resto c’è proprio tutto.
Consiglio turistico: per vedere il Colosseo, non scendere al metrò Colosseo fra le bancarelle, bensì fattela a piedi – di notte – per tutti i fori imperiali. Ti apparirà all’improvviso questa gran massa sinistra, irta di buie aperture minacciose di cui tu – barbaro come sei e stralunato, e ignorante della lingua – intuisci tuttavia subito che menano a qualche scannatoio d’esseri umani. Vai avanti come risucchiato, nel gregge dei tuoi simili avanti e dietro: poi improvvisamente ti ricordi che il centro della Civiltà, adesso, è da qualche altra parte, e a far da carne barbara ora tocca a qualcun altro. Svolti per via Cavour, ti fai l’ultimo whisky e te ne vai a letto.
Valori. La società dell’Acqua Marcia ha presentato le prime decine di residence ricavati dall’ex pastificio in disuso della Pantanella, a Roma. Nell’edificio, undici anni fa, avevano trovato rifugio circa tremila immigrati, gettati sulle vie di Roma da tragedie di tutto il mondo. Fra un orrore e l’altro, avevano tentato di organizzarsi una convivenza meno animalesca di quanto loro fosse destinato; li aiutava un prete romano, don Luigi Di Liegro, della Caritas.
Alla città don Di Liegro faceva delle richieste ben precise: che si salvassero queste persone, che le aiutasse a vivere, lì o altrove, in modo degno. Il comune, invece, preferì pensare all’area edificabile: e mandò la polizia coi lacrimogeni e coi cani. Degli uomini della Pantanella di allora, nessuno sa che fine abbiano fatto. Di Liegro non c’è più, e un’area edificabile ha molto più valore di loro.
Bookmark: http://www.caritasroma.it
Giornalismo 1. Solidarietà al collega Ernesto Auci, direttore del quotidiano della Confindustria: lo vogliono licenziare perchè dicono che è troppo di sinistra per ‘sti tempi. Oltre a me, hanno espresso solidarietà al giornalista vittima della stretta padronale anche i compagni Pirelli e Agnelli. Non so. Mi devo essere appisolato un momento e si vede che dev’essere successo qualcosa nel frattempo, mentre dormivo.
Giornalismo 2. Un “avvertimento” razzista è stato indirizzato al collega Fidel Mbanga Bauna, dei programmi regionali romani del Yg3. Auto danneggiata, parabrezza in frantumi e scritte intimidatorie eulla carrozzeria.
Giornalismo 3. La collega Anna Chimenti, su Panorama, si chiede com’è che in Italia, a differenza che in America, non si riesce ancora a ridere della mafia e perchè la rappresentazione della mafia è basata ancora sull’obsoleto schema “buoni contro cattivi, eroi lasciati soli contro il racket, preti missionari martiri della violenza”.
Miseria e nobiltà. Scrivono a Veltroni (Veltroni sindaco, non Veltroni communista) quelli dell’Associazione Proprietari Dimore Storiche: che sarebbero i padroni dei palazzi Borghese, Aldobrandini, Colonna e via dimorando. Sor sindaco – dice più o meno la lettera – lei nun ci ha idea di quer che costa tenè casa a Roma di ‘sti tempi. Nun se ne po’ più! Ci dia ‘na mano, sindaco, armeno lei!
New economy. Concorso per un posto precario di bidello a Roma: davanti all’ufficio del lavoro di via Vignali s’è formata una fila di sedicimila persone
New economy. Un operaio di undici anni, a Caltagirone, produce millesettecento pezzi al giorno e costa centoventimila lire al mese. Cent’anni fa, alla stessa età e nella stessa zona – i “carusi” delle zolfare – costavano un po’ di meno e producevano un po’ di più.
Gatti. Sei gatti rapiti e assassinati dal cortile di un condominio in via Passo Corese a Roma. (Va bene, ci sono cose più importanti. Ma se tu fossi un gatto ti sembrerebbe importante anche questa).
Beria. Un’orrenda condanna è stata inflitta a un gruppo di giovani teppisti siciliani (fuoco ai registri scolastici e danni all’istituto) da un giudice palermitano: leggere dei libri!
Cronaca. Blitz dei carabinieri a Porta Portese. Gioco delle tre carte. Sette truffatori fermati. La professoressa colombiana che aveva perso trecentomila lire.
Freaknet MediaLab wrote:
< Dal 7 giugno 2001 il portale dell’Unesco (United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization), l’organismo delle Nazioni Unite che tutela la cultura in tutto il mondo, ha messo un link al sito del FreakNet MediaLab e del centro sociale autogestito Auro di Catania. Nella pagina degli “Other Archives”, accessibile direttamente dalla home page dell’organizzazione mondiale (http://www.unesco.org) il primo link risulta essere proprio “Italy – Associazione Culturale Lorenzo Aiello” e punta alla url http://www.freaknet.org/auro
Questo nuovo riconoscimento internazionale dimostra l’interesse che c’è ogni dove di fronte alle attività e alle sorti del centro sociale. Dimostra anche l’erroneità della scelta compiuta dalla giunta comunale di revocare la convenzione che affida i locali di via santa Maria del Rosario all’associazione “Lorenzo Aiello”. Al contempo rende sempre più inspiegabili le azioni “informali” della polizia tese a intimidire i militanti e i frequentatori dell’Auro. Cosa aspettano ancora la polizia e il signor sindaco per lasciarli in pace? Che le provocazioni della giunta e della polizia approdino fino al Consiglio di sicurezza dell’Onu? FreakNet MediaLab Approfittiamo per ricordare agli organi di informazione che da venerdì 22 a domenica 24 giugno 2001 avrà luogo il quarto Hack-meeting nazionale proprio al centro sociale Auro. Nei prossimi giorni verrà comunicato l’orario della conferenza stampa di presentazione dell’evento. per contatti veloci: 360969268 >
Persone. Il sedici giugno di cinque anni fa è morto Giuseppe D’Urso, un ingegnere catanese che fu fra i più lucidi ideologi della lotta al potere mafioso.
È stato il primo, in tutta Italia, a dire cos’era veramente la mafia dei nostri tempi. Non un’escrescenza criminale, non una patologia; ma il braccio armato, organizzato da molti anni su basi ben precise, di una parte consistente della classe dirigente siciliana e nazionale, quella inquadrata – negli ultimi decenni – dalle massonerie deviate. Fu lui ad postulare per primo, e a descrivere con precisione, il legame organico fra mafie e massonerie, ad analizzarne le strutture, a denunciarne la strategia. Tutti gli altri, vennero dopo. E quando, faticosamente, il concetto di “massomafia” – il termine da lui coniato nei primi anni Ottanta – divenne senso comune, allora e solo allora la lotta ai poteri mafiosi potè cominciare davvero.
Nel 1982; prima ancora – anche qui, l’unico – dei Siciliani egli già denunciava pubblicamente i cavalieri catanesi, i magistrati al loro servizio, le servitù, gli affari. Era allora presidente dell’Istituto Nazionane di Urbanistica e di questa prestigiosa posizione si valse – oltre che per una notevole attività scientifica – per una documentatissima battaglia civile. Nel gennaio dell’84, dopo l’assassinio di Giuseppe Fava, raccolse l’appello dei giovani e si arruolò – non c’è altra parola – nei Siciliani.
Nell’autunno del 1984 fondò l’Associazione I Siciliani, di cui fu il Presidente. Piccolo gruppo di militanti, l’Associazione si radicò rapidamente ed aquistò peso ed influenza; insieme col Coordinamento Antimafia di Palermo e col Centro Peppino Impastato, fu il primo esempio in assoluto di politica militante, nell’Italia degli anni Ottanta, fuori dei partiti. Oltre a D’Urso, l’Associazione potè contare su uomini come il sacerdote Giuseppe Resca, il magistrato Scidà, il professor Franco Cazzola, l’operaio Giampaolo Riatti ed altri ancora. Era la nuova classe dirigente, quella che avrebbe potuto davvero cambiare tutto; finchè essa fu unita, non passarono i gattopardi.
Nel 1990, il professore fu fra i ventiquattro fondatori della Rete, nata allora non come un partito ma come un movimento unitario di liberazione. Egli ne organizzò i primi passi dal letto in cui già era inchiodato, contribuendo come pochialtri alle sue prime vittorie. In seguito, le ambizioni personali vi presero – per sventura del Paese; come in tante altre occasioni – il sopravvento, e solo il coraggio individuale, che non fu mai tradito da alcun siciliano, sopravvisse agl’ideali con cui s’era partiti. Ma già allora, e non casualmente, egli ne era stato emarginato.
Gli ultimi anni, di lunga malattia, furono una feroce vendetta della Fortuna invidiosa. Egli la sopportò virilmente, ragionando fino all’ultimo. Io ricordo una sera, quando una diagnosi dei medici gli dava poche settimane di vita. Mi avvertì pacatamente che non avrebbe potuto, non per sua colpa, far fronte ad alcuni impegni organizzativi predisposti. Me ne espose il motivo. Mi dette cortesemente alcune istruzioni per continuare in sua assenza. Il resto della serata fu speso in una conversazione su alcuni punti controversi del pensiero di Benedetto Croce.
Will sksp@uk.gay.com > wrote:
< Fà pure il peggio, vecchio Tempo! A tuo marcio dispetto
giovane per sempre vivrà nei miei versi il mio amore >